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venerdì, maggio 13, 2022

Gocce d'inchiostro: L'automa insanguinato - Gaston Leroux

Le prime ore del mattino del 30 aprile scorso mi videro giungere alla fine del capitolo di un romanzo che divorai nel giro di una manciata di giorni. Seduta sulla mia poltrona preferita nel piccolo santuario della mia camera, circondata da amici di carta che dalla soglia strapiena di una libreria sussurrano cose, storie di cui ho già potuto avvalermi o devo ancora vivere – a seconda dei casi -, e adesso completamente persa perché tornata dall’ennesimo straordinario viaggio, in compagnia di un autore che due anni fa accompagnò la mia avanzata lenta nel periodo del lockdown, in un teatro bellissimo e fatiscente in cui incorse la bellezza di una storia d’amore con quella di un fantasma che popolava le nottati miti dei protagonisti. Ecco che quell’autore, lo stesso dunque del celeberrimo Il fantasma dell’opera, in poco più di duecento pagine redasse una storia, l’ennesima, di cui non sapevo l’esistenza ma che mi tenne incastrata a un gioco perverso di magia, scienza e alchimia che sortì effetti devastanti. Quali? Quelli che il silenzio col quale questa storia si ammanta pervade nelle nostre orecchie ma inzuppa la nostra anima con estrema cura, ci intrappola in un limbo di incertezze, atrocità, opulenze mediante cui l’individuo deve sottrarsi a qualunque forma di malvagità, soffocamento. Lo spirito dovrebbe gioire agendo non solo sul corpo ma anche sullo spirito. Le sembianze di un romanzo alchemico, scientifico e cognitivo che si premura a creare e spiegare la vita, in mondi nettamente contrapposti ma accessibili alla fantasia. Quanto la più sdegnosa e mostruosa delle passioni ci è servita come un piatto caldo e succulento.


Titolo: L’automa insanguinato
Autore: Gaston Laroux
Casa editrice: RBA
Prezzo: 9,90 €
N° di pagine: 300
Trama: Christine Norbert, figlia di un orologiaio e fidanzata dello studioso Jacques Cotentin, trova solo un difetto al suo affascinante automa Gabriel: l’assenza della sua anima. La fanciulla vorrebbe che avesse l’anima del suo vicino e poeta Bénédict Masson, un rilegatore d’arte dallo spirito raffinato e sensibile, sfortunatamente afflitto da una bruttezza tale da non riuscire ad avvicinarsi a nessuna donna, compresa la sua tanto amata Christine. Bénédict Masson non capisce la provenienza di quell’affascinante giovane dall’aspetto così perfetto; decide di osservare la famiglia Norbert dall’abbaino della sua soffitta ed ecco che una sera è testimone di una lite tra la fanciulla e il padre: Christine lo supplica di non ucciderlo. Di chi sta parlando?


La recensione:

 

Ma poi l’abbandono, e dimentico tutto e mi lascio andare nell’abisso, felice di lanciarmici per lei, sotto quello sguardo che mi sorride e  che mi dice il bisogno che lei di me, perché non sarebbe qui con tutta la sua civetteria se non avesse bisogno di me, nel suo diletto. Si faccia pure di me tutto quello che vuole: io sono pronto a prendermi qualsiasi responsabilità.

 

Quando mi approcciai a questa storia, fui come folgorata da Battiato, semplice e anonimo bibliotecario e la maturazione di quel che effettivamente è, secondo la personale interpretazione dell’autore, come un essere orripilante a cui bisogna stare alla larga. Ma di orripilante, Benedetto, ai miei occhi, ha posseduto ben poco, quasi inconsapevole che quest’uomo fosse attanagliato dai demoni della paura e dell’incertezza. Nessun uomo è un Dio. Nemmeno Benedetto lo sarebbe stato, ma nemmeno desiderava assomigliargli. Ma il suo essere così schivo e diffidente, segretamente innamorato della figlia dell’orologiaio del negozio più vicino, reca talmente tanta sofferenza che sono la punta di diamante di un piccolo vasto tesoro di sorprese e magia.
Le storie in cui magia, alchimia e scienza si mescolano in un'unica morbida patina compatta, fra il ciò che è possibile e l’impossibile, mi procurano un certo effetto. Oggi di romanzi di questo tipo se ne leggono a bizzeffe. Il campo editoriale ne propone ogni giorno a dismisura, ma leggere L’automa insanguinato come romanzo alchemico, moralista e cognitivo che scava sulla strada del possibile, nel bel mezzo di anime che si tengono per mano, proiettò sulla mia anima un raggio di sole che ancora brucia ai miei occhi. Non credevo una storia apparentemente insulsa potesse affascinarmi così tanto!
L’automa insanguinato è il secondo romanzo che leggo di Gaston Leorux. Prima era venuto Il fantasma dell’opera, e dopo aver letto da cima a fondo questo poema entusiasmante e intraprendente scritti da un autore che sottrasse la vita alla sue marionette, promisi a me stessa che al romanzo e all’autore avrei concesso presto una seconda visita, fra cui la lettura di L’automa insanguinato sperando di restarne affascinata, esattamente come due anni fa accadde con Il fantasma dell’opera, inorgoglita dal raggiungimento dei miei obiettivi, quei pochi titoli che devo ancora leggere e che conteggiano una pila sempre più ridotta di romanzi mai letti.
Rispettare la promessa di smaltire la pila della vergogna non è più una scommessa con me stessa. Nel tempo è divenuto uno stile di vita, un desiderio, perché voglio leggere i libri che possiedo e che acquistai impulsivamente e non in svariati momenti della mia vita, con nient’altro l’intenzione di leggerli dal primo all’ultimo. Era così toccato a questo bel romanzo, che mi indusse a trascorrere quasi due pomeriggi a ignorare gli effetti di una vita sempre uguale a se stessa, talvolta fin troppo inappagante, semplicemente risiedendo in un luogo in cui vi ho fatto perdere le mie tracce, sorbendo così le lezioni impartite da questo autore come ambizioni di vita con cui divengo conoscitrice e esploratrice di svariati mondi. L’unico motivo per non rinunciare ai miei obiettivi, il desiderio impellente di arricchirmi non solo culturalmente ma anche spiritualmente, allontanandomi definitivamente affinchè il mondo che si era animato nella mia testa adesso mi aveva fagocitato completamente, senza dover dare peso a niente e nessuno.
Il prevalere di magia, esoterismo, alchimia sarebbe dipeso la creazione di una bellissima tela in mezzo alla totale distruzione. Imporre un ordine al mondo della realtà che avevo davanti agli occhi era il tema principale. Per farla breve, la storia di un uomo comune le cui vicende di vita saranno intrecciate a quelle insulse e banali di una donna e del suo folle padre, ma in cui vi ho viaggiato per quasi due giorni, in cui è risultato abbastanza evidente il mio amore nei riguardi della letteratura, di quelle storie in cui possibile e impossibile sono riversati in quel contenitore imperfetto che è la scrittura: un gruppo di uomini folli, scienziati ambiziosi ma crudeli che si apprestano a realizzare qualcosa che doni l’immortalità.
Movente da cui L’automa insanguinato prende vita, che pose su di me il suo caldo sguardo. Uno sguardo acceso, che mi infuse calore e conforto, e dipinse il mondo di Laroux di una tonalità inebriante e confortevole. Non c’era nulla che mi avrebbe fatto cambiare idea. Eppure restare ammaliati di scrutare un paesaggio bellissimo, come questo, con i suoi segreti e le sue pozioni alchemiche è stato un istinto naturale.
Non è stato troppo difficile scegliere fra varie formule alchemiche, questioni di cuore, e, soprattutto, muoversi fra schiere di vampiri, trovando un sentiero e subito dopo attraversarlo. E' possibile che questa via mi si era posta dinanzi molto prima di quel che credevo. Le certezze mi danno sempre da pensare.
Nessuno mi aveva vista, oltre gli sguardi freddi e distaccati dei personaggi ho riscontrato una serie di eventi che hanno marchiato me e Benedetto, Cristina, suo padre come un segno indelebile. La magia prudeva sulle punte dei miei polpastrelli, tenendomi saldamente ancorata all'anima di questa storia e intrappolandomi nella linfa vitale della carta. Con una mano stringevo il libro al petto, con l'altra prendevo appunti sul mio blocnotes preferito.
Sembrava così bella e ammaliante, così ricca e avventurosa, che ho ignorato per qualche tempo e avevo quasi dimenticato che quando il momento giusto arriva le regole normali dell'esistenza si devono arrendere. Si può fare o permettere che siano dette tante cose, ma c'è sempre un momento che diventa indimenticabile e ci colpisce nella memoria per sempre.
Ho accolto la storia di Benedetto e Cristina vivendo nell'immaginazione tante vite, tentando di porre rimedio alla limitatezza della mia esistenza, trovando nei romanzi un margine di libertà in cui spesso vi trovo rifugio. Posso infatti urlare a gran voce che L’automa insanguinato è stata quel genere di lettura che mi ha sorpresa tantissimo, e in cui ho potuto vederla come effettivamente è. Una storia d'amore molto dolce e intensa, l'affannosa ricerca di un metodo che doni la vita eterna.
La prosa asciutta, talvolta diretta talvolta malinconica, intriso di quella solennità tipica dei libri dell’autore, le forme rigide di letteratura arcaica e storica, la mancata felicità, il tatto di alcune situazioni, le buone e antiche maniere, sono alcuni degli elementi che caratterizzano questo volume, presentatomi senza degno con in sottofondo una musica che alle orecchie mi è sembrata melodica. Sincopata ma soave. Qualcosa che ha avuto a che fare con l'anima di questa storia, con il suo potenziale, la sua determinazione, oscurità e magia fuse in un unico ma brillante volume.
Architettata egregiamente, forza disintegrante di ogni cosa, dotato di una forza devastante con la quale non si può costruire niente, ma ti fa scivolare impunemente nei cuori degli algidi protagonisti. Toccandoli, inebriandomi della loro essenza, rivelandomi con le arti e le loro figure tutti i loro segreti che si portano nel cuore, giorno dopo giorno.
Tentativo di cucire due lembi rossi che strisciano verso l'alto, lama incandescente e infuocata che recide un segno nella sabbia nel tempo, sentimenti che non hanno mai avuto una sua collocazione, una lettura sublime, ostica, fatta di alchimia, pozioni, muscoli, pelle e ossa, in cui ci si sente continuamente assetati di potere, di follia sino a quando questo misterioso arcano non verrà ritrovato.
 

La menzogna e l’errore sono meno nelle cose che ci vengono riferite, che noi non comprendiamo che nelle nostre cognizioni. Le tenebre circondano implacabilmente, fermandoci ad ogni passo.

 

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

2 commenti: