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lunedì, giugno 20, 2022

Gocce d'inchiostro: Effi Briest - Theodor Fontane

Non scherzo quando scrivo, che su questi schermi approdano molti più classici che fantasy o romanzi di narrativa contemporanea. Sebbene questi tre generi sono la linfa vitale del mio essere, della mia esistenza, probabilmente è solo un caso che in questo periodo questo angolo di paradiso mancato ospiti più opere classiche che altro. Ci saranno appassionati del genere, fra chi mi legge, o semplici curiosi, candidati così eccellentemente a leggere queste poche righe semplicemente per saziare la loro sete di conoscenza. Questa recensione non toglie niente ad altre scritte tempo fa, ad altri romanzi, e il destino aveva serbato per me una piacevole sorpresa. Quella di fiondarmi fra le pagine di un romanzo che ha la parvenza bovaryana della produzione flaubertiana, sforzandosi di trascendere a qualunque forma di orgoglio, ostilità, ritrosia. Dove mi avrebbe portato tutto ciò? Certamente non dove sono giunta, nel bel mezzo di un caos emotivo e irrazionale che involontariamente mi coinvolse, mi attirò come un magnete nella sua orbita, nulla evitando di sognare, immaginare di poter passare i prossimi giorni in sua compagnia.
Questa è un’opera che non mi ha conquistata particolarmente ma indotto a godere del tempo trascorso in sua compagnia, in quanto esplica le condizioni di una giovane nobildonna, alquanto egoista e viziata, che non alla pari di Emma Bovary, non esce proprio allo scoperto perché non era talmente sicuro di ciò che l’amore, il cuore le stava sussurrando, ma ancora diciassettenne, priva di quel coraggio e la sicurezza che spesso pone irreversibili ultimatum sul proprio futuro.


Titolo: Effi Briest
Autore: Theodore Fontane
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9, 50 €
N° di pagine: 336
Trama: "L'uomo naturale," spiega Fontane, "vuole vivere, non vuole essere devoto, o casto, o morale, tutti tratti artificiali il cui valore, poiché manca l'autenticità e la naturalezza, è sempre dubbio. Tale elemento naturale mi affascina da molto tempo, è l'unica cosa cui attribuisco importanza, l'unica che mi attira, ed è forse questo il motivo per cui i miei personaggi femminili sono tutti un po' disturbati. Proprio per questo mi sono cari; mi innamoro non delle loro virtù ma della loro umanità, detto altrimenti, delle loro debolezze e dei loro peccati." Il destino di Effi, la "figlia dell'aria", che ancora giovanissima viene data in moglie al prefetto von Innstetten, sarà segnato, infatti, proprio dal conflitto tra i suoi contraddittori impulsi interiori, la sua aspirazione a una vita di "tenerezza e amore", a un futuro "bello e poetico", e una realtà che invece impone all'individuo rigorosi confini. Effi Briest, più ancora di Emma Bovary, tradisce non per passione, ma per noia, per rompere la monotonia della vita coniugale. La sua è stata anche ripresa in un bellissimo film del regista tedesco Fassbinder.

La recensione:

Quello che fa presente questo romanzo è che costituisce un nucleo piuttosto significativo della produzione dell’autore, il tema principale verso cui l’adulterio, la mancata aspirazione a una parvenza di felicità, costituì quel male che indusse la sua protagonista a non poter rinunciare alle passioni inconcepibili del cuore. Era come se avesse cancellato, se ci si imponesse di dimenticare ciò che si è fatto, le azioni sbagliate realizzate, fingendo non fosse mai esistito, non solo l’idea di sposare una persona che non conosceva ma anche il fatto di avere figli, oramai affidato alle cure della sua famiglia.
In questi casi, mi domando sempre che bisogno c’è di continuare con simili sceneggiate e queste inutili conversazioni in cui mente e cuore non entrano in sintonia quando la verità è talmente evidente, sta a galla, che niente e nessuno può contraddirla, e che tristezza assistere al cammino incerto di queste figure nel momento in cui prendono consapevolezza di ciò. Magari era meglio riflettere sulle azioni imposte per capire da dove ricominciare. Il Fato sarebbe stato più magnanimo.
Ho letto e divorato questo romanzo nel giro di pochi giorni. Un’incessante sete di curiosità, sentimenti forti e indomabili che oramai mi contraddistinguono ogni qualvolta mi inerpico in certe invalicabili situazioni, sono spesso risposte che desidero avere. Perché leggere di queste eroine pragmatiche ma egoiste e indomabili, se l’atto di riconquistare la felicità perduta è molto più difficile di quel che sembra?
Di certi romanzi la letteratura comprende un vasto corredo, e l’occasione di cibarmene di uno dei tanti giunse inaspettatamente una mattina di fine maggio, consapevole di conoscere le modalità stilistiche ma soprattutto nutrendo il sospetto si trattasse di qualcosa che avesse a che fare con l’animo umano. Avendo già consumato la maggior parte dei libri che compongono le mastodontiche librerie della mia camera, una volta compreso il meccanismo è stato alquanto facile esplicarne i meccanismi. Non ambisco a niente di particolare, ma questo è il verso del mondo che mi è stato affibbiato e non vedo perché non dovessi trarne esempio o insegnamento.
Questa prima esperienza con La Fontaine, dove dubito non si ripeterà, fu quello splendore bucolico ed emozionale cui inconsapevolmente aspiravo, molto meno grande di quel che si spaccia, sorretto da un architettura classica che ha vasti richiami a quelli della produzione flaubertiana, incredibilmente coinvolgente, ma non indimenticabile come Madame Bovary. Una versione distorta e francese di una giovane donna incastrata nel mare del vizio e dell’egocentrismo, ma chi ero io a giudicare, e quando mai sarebbe giunto il momento di calcarne il suolo come beneficiaria di una simile occasione? Effie era l'antagonista della donna emancipata, ribelle priva di pretese che vive di fantasticherie e sogni, stoica e riservata cova nel suo cuore il desiderio di vivere una vita appieno, liberamente, ambiziosamente, che coincide col desiderio di scovare un tipo di felicità illusoria. Ma frantumata dal consolidarsi del matrimonio che le impediranno tale riscatto al fine di condurla lungo uno stato di impasse e tragicità.
I miei ricordi nei riguardi di questa storia,  l'insoddisfazione e la malinconia della protagonista - così palpabili da potersi perdere in un certo smarrimento - come pure la soggezione che circondava Emma Bovary come un aura lucente alla quale la sua giovane età le impedì di estirpare, non tormentarono la cittadella invisibile della mia coscienza nel corso di questi giorniquanto la memoria frammentaria di sporadici giorni all'insegna del tedio e di ciò che ne conseguì. Un passato di cui sapevo ben poco, il desiderio di ricavare dalle cose un qualche profitto personale rifiutando tutto ciò che il suo cuore considerava inutile. Qualunque cosa da cui non era possibile fare immediato consumo, per via del suo temperamento più sentimentale che artistico, alla ricerca di emozioni e di non paesaggi. La superstizione, il pettegolezzo erano entità maligne e la dicotomia fra ragione e follia, espressa dalla figura della dolce Effie, come espediente di rievocare il passato da ciò che si è visto o scoperto, e la natura non dovrebbe indurci al peccato quanto allontanarci da esso, così difficile da scrutare l'anima di chiunque.
Le parole, le occasioni, l'ardire: l'ho avvertito intensamente. La sua vita era fredda come una soffitta con la finestra esposta a nord, la noia era come un piccolo fastidiosissimo tarlo che la divorava e che, come un ragno silenzioso, tesseva la sua tela nell'ombra, in ogni angolo del suo cuore.
Non si vedono tutti i giorni eroine dall'aria così stanca e afflitta, racchiuse nei propri dolori e nella loro solitudine, nei romanzi che solitamente leggo. Sarà stato il suo aspetto, la sua condizione di penitente e adultera, che mi ricordò Emma Bovary. Convinta di possedere quella meravigliosa passione che planerà come un grande uccello dalle piume rosse nello splendore dei cieli poetici. Credendo di vivere in uno stato di torpore che fosse molto simile alla felicità. Una luce intensa negli occhi, come se aspettasse un miracolo.
Per un po' sono rimasta a bocca aperta. L'egocentrica Effie non sembrava fosse consapevole della solitudine del suo animo che la tormentava. Addentrandomi in un labirinto oscuro e profondo, dove è stato quasi impossibile scorgerne la luce, mi ha permesso di condividere pienamente questa storia che, l’autore si portava dentro. Una storia che passa oltre gli ingranaggi dell'amore, le implausibilità dell'intreccio, diretto e schietto, in cui pervade una certa malinconia. Nelle lande deserte del mio cuore, speravo che la luce di un mero sprazzo di luce rischiarasse, prima o poi, le tenebre di questa tormentata ragazza. Una porta doveva aprirsi ed invitare ad entrare: assistere ai continui tormenti del cuore umano, alle punizioni quasi sempre inflitte.
Uno straordinario intreccio di tradimenti, peccati, azioni inviolate e violate. Un impasto di pensieri, ricordi indelebili di una giovane donna rievocati dal tempo davanti agli occhi del mondo. Gli istinti più nobili, le simpatie più pure sono oggetto di persecuzione, di calunnia, e se finalmente si trovano due povere anime, tutto è organizzato perché non possono congiungersi. Ma loro ci proveranno, sbatteranno le ali, si chiameranno. E presto o tardi, dopo sei mesi o dieci anni, finiranno col riunirsi, si ameranno, perché è il destino che lo esige, perché sono nate l'una per l'altra.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

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