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giovedì, giugno 16, 2022

Gocce d'inchiostro: Il sonno del crepuscolo - Edith Warthon

Mi chiedo il motivo per cui i classici sortiscono un certo fascino in me. E tante letture ancora da leggere e vivere mi inducono a pensare, che ognuno di noi ha un’attitudine, un’inclinazione verso qualcosa o qualcuno che in un certo senso rivelano una parte di te. Mi chiedo del perché scriva sempre la stessa cosa, pensi sempre le stesse cose, forse perché leggere così tanti classici non è propriamente << normale >>. Dubito però che sia l’unica lettrice esistente sulla terra. No, non credo. Non ho ancora avuto la fortuna di conoscere qualche lettore di questo calibro. Certo, e se qualcosa salta agli occhi, diviene evidente nell’immediato. Non è qualcosa per cui credo di convincere. Non devo giustificarmi con niente e nessuno. Eppure questa riflessione nasce dall’ennesima bella lettura ambientata in epoca vittoriana, che suggerì un repentino cambiamento dal mio mondo a quello ritratto in queste pagine, miglioramenti sotto certi punti di vista, completamente affascinata e persa. Ed ecco che Il sonno del crepuscolo mi irretì con un semplice sguardo, o, meglio, con un forte coinvolgimento emotivo, che non indimenticabile come L’usanza del paese, Raggi di Luna e Estate mi ha donato l’impressione di tornare in un epoca che non è più la nostra da cui sembra non vi sia alcuna via d’uscita, metafora di uno stato malinconico ed emotivo che appoggia più su aspetti relativi al presente che al passato.


Titolo: Il sonno del crepuscolo
Autore: Edith Warthon
Casa editrice: Corbaccio
Prezzo: 14, 50 €
N° di pagine: 254
Trama: La famiglia di Mrs. Manford è decisa a sfuggire la noia, il vuoto della vita e il dolore a ogni costo. Sesso, droga, lavoro, denaro e un'infatuazione nei confronti dell'occulto e della spiritualità sono i modernissimi temi che animano il romanzo. Il sonno del crepuscolo a cui si riferisce il titolo è proprio lo stato fisico mentale nel quale i protagonisti cercano di perdersi per non sentire il peso della loro vita. Un romanzo ironico e tagliente, ambientato nella New York degli anni '30 ma così moderno nella dissacrazione della finta spiritualità da risultare attualissimo nell'era della New Age.

La recensione:

Non tutti i classici sono famosi. Quando mi cibo di letture, preferibilmente scelte e soppesate con cura, non riesco ad immaginare da dove esse derivano o come siano giunte a noi, nonostante siano state scritte anni, secoli fa, così quando mi accaparro di un classico non ci penso due volte alla loro provenienza quanto a chi lo ha scritto. Cosa abbia voluto esprimerci il suo autore, la sua autrice, andando in un college londinese o in una villa sfarzosa e fatiscente del Massachuchest, che amo particolarmente cimentarmi per osservare la vita di figure che in una manciata di ore divengono persone. I classici mi piacciono tanto perché evidenziano, portano a galla, sentimenti, emozioni che tengo saldamente nascoste e trovando nell’arte delle parole maggior diletto, maggior sfogo per osservare la realtà circostante con più giudizio, passando così tra queste pagine molto più tempo di quel che credevamo, così tanto da guardare e riflettere, visti quasi tutti per la prima volta, il sussulto ripetuto e destabilizzante della prima volta, ma l’esperienza più memorabile vissuta insieme avviene in un luogo specifico e cioè in quello in cui l’anima trova maggiore sfogo e diletto. Per questa ragione e per molte altre, i classici esprimono un fascino di cui io ne sono completamente rapita, ammaliata, contenta ad osservare queste opere misteriose, conosciute e non, tattili e solitari che ti tengono in vita per una manciata di ore o di giorni, e quando osservi la pila della vergogna decrescere sempre più, felice di aver trascorso l’ennesimo pomeriggio in piacevolissima compagnia, comprendi come gli anni in cui lo shopping compulsivo era un dovere, l’atto del leggere è una necessità. Se mi accaparro di un figlio di carta è giusto stringerlo fra le tue braccia, riporlo in un piccolo angolino del tuo cuore, riminarlo fin quando la sua stessa anima ti induca ad essere aperto.
Sono reduce da questa ennesima esperienza di letture, senza parole, perché decisi di cimentarmi in questa nuova avventura perché spinta da un forte e ardente desiderio di cibarmi di tutti quei romanzi che riposano silenziosamente sui miei scaffali da troppo tempo. A passo svelto, perché poi loro saranno il passato. Il futuro mi vedrà impegnata nell’acquisto e nella lettura di altri romanzi, perché il mio spirito non credo potrà reggere a lungo a non comprare libri per così tanto tempo, ma la fortuna in tutto questo sta nel mio essere testarda e tenace a non voltare le spalle a niente e nessuno ma camminare a testa alta per strade gremite, assolate, veloci come potrebbero camminare due persone senza mettersi a correre. E, quando si giunge alla fine, il silenzio di aver raggiunto l’ennesimo obiettivo è pura magia.
Una sfida che bisogna affrontare a testa alta, quella ritratta in questo romanzo. Una serie di difficoltà in cui non sempre si ha l’occasione di affrontare in questo mondo viscoso, mutevole purchè non vengono allo scoperto gli interessi professionali della portata del coinvolgimento di quelli che si possiedono già, combinandosi in grandi pause in cui lo spirito si rifocilla. In questo modo ci si sarebbe potuti rifugiare, nascondere con l’anima in pace. Ci si muove fra i meandri di una vita affamata con l’intento di scovare un certo tipo di libertà, in cui la visione illogica della felicità è una parvenza di vita lontana, quasi irraggiungibile in cui la magia di ogni affetto sembra essere stato cancellato.
Non che un piatto così coinvolgente ma un po’ insipido servitomi come espediente di conoscenza del mondo circostante potessi definirlo come indimenticabile e bellissimo, zuppo di nozioni filosofiche che intrecciano un manipolo di vite incerte e tumultuose che rappresentano una sorta di Paradiso mancato, poiché ogni cosa è falsa. Anche l’arte lo è, nonché sintesi di personalità forti e inesprimibili. Mi sono fatta strada nel bel mezzo di cuori confidenti, zeppi della memoria di una rude vita di lavoro, cuori in cui vi è radicata un certo tipo di tradizione che perdura nel tempo. Ma marcio alla radice, poiché il nutrimento morale cui inconsapevolmente aspirano i personaggi è più forte di qualunque sentimento di rivalsa. La natura mostra sempre assetti che dovrebbero essere celati ma con difficoltà. L’efficienza americana della produzione letteraria di una delle autrici vittoriane più lette, nella sua incarnazione più semplice, ma distaccata e fredda, accattivante, sana e consapevole, per i lettori famelici come me, evidenzia un certo dogma preimposto a guardare le miriade di opportunità sono poste all’individuo. La famiglia Monford, infatti, è ottenebrata da un alone di benevolenza, incuneata in una New York scintillante ma frenetica in cui l’equità e la perfezione stonano con un’aura austera, devastante in cui il tempo ti divora dal suo interno. Proseguendo nel sentiero irto e insidioso della vita anche se in realtà non possono fare nient’altro che lasciarsi andare al flusso incerto e potente di una corrente che, consumandosi nella luce morente del mattino, abortiscono il ricordo di qualcosa che non è mai esistito.
Vivere fra queste pagine non è stato propriamente impossibile, ma non così tanto da scriverci sopra: redigere piccoli accorgimenti da cui trapelano riflessioni che danno spazio non solo al mondo visibile degli esseri senzienti e degli oggetti inanimati ma anche delle vaste e misteriose forze inosservate che si celano dentro questi mondi. Disturbano e disorientano, ma soprattutto aiutano a riflettere, spezzano i cuori e sabota la mente e fa ballare la danza demenziale di figure animate da sentimenti contrastanti, forti quasi inviolabili nel vortice di un duetto fra autore e lettore. Si, i classici mi fanno questo effetto. E tutto sommato anche Edith Warthon mi ha fatto gola, con questa storia intricata di svolte drammatiche e sempre più drastiche nella vita di Mrs Manford, in un momento particolare della sua vita in cui ha parlato più forte del dovuto.
I primi sforzi da giovane donna dell’alta società: la storia di un adolescente come tutte le altre che un mattino si << sveglia >> da un profondo stato di torpore e scopre di avere una visione diversa. Un’anima completamente discontinua a quella dei suoi coetanei, della sua famiglia in una città che ha da sempre sortito un certo fascino e vende persino ogni rimasuglio della sua spiritualità pur di sopravvivere; la storia di una ragazza per i miei gusti antipatica, saccente ma furba e intelligente che scoverà il Male del secolo mediante ideali che ne alimentano il suo desiderio di essere libera. Galleggiando in una piscina colma di ansie, paure, luoghi e anfratti bui e angusti la cui mente acuta si scontra con idiomi poco compatti.
Edith Warthon, così come ogni classico che si rispetti, mi insegnò a guardare la storia ritratta con più attenzione, a misurare il peso di ogni parola e sillaba che entrarono nella costruzione di un capoverso, ma per quanto semplice ed essenzialmente stantia fosse il tutto, conversero in una rinascita totale che sguscia in forme mostruose e artificiali. Niente di sconvolgente e mai visto, per quanto mi riguarda, ma questo sfoggio di coraggio, altezzosità talvolta, baldanza e superba mi sono sembrati un tantino ridicoli, ma ho tergiversato perché Mrs Manford scoverà quella giusta strada che, ancora più importante per ognuno di noi, per non dire preziosa e fondamentale che tuttavia trova posto in un angolino speciale del mio cuore, come del resto ogni romanzo che leggo, perché pur non essendo bellissimo è stato davvero bello e significativo.
Sublime per ricchezza di contenuti e precisione. Costruisce una fase di vita facilmente riscontrabile al presente, così attinente alla realtà come un pugno allo stomaco o la febbre nel corpo. Ogni parola esprime chiaramente brividi forti di fronte alla percezione della propria individualità che risulta più spiccata del quotidiano. La vera felicità è facilmente riscontrabile nella quotidianità domestica, a saper conformarsi all’ambiente circostante, affinchè lo spirito possa rinascere e rifocillarsi, incarnando il disagio sociale visto mediante svariati punti di vista a cui ci si ribella inevitabilmente.

Valutazione d’inchiostro: 4

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