Autore: Neil Gaiman
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 28, 50 €
N° di pagine: 523
Trama: Dopo tre anni di prigione Shadow sta per tornare in libertà quando viene a sapere della morte misteriosa della moglie e del suo migliore amico. Sull’aereo che lo riporta a casa l’uomo riceve una proposta di lavoro da un tipo piuttosto enigmatico, Mister Wednesday; Shadow accetta, ma gli servirà ancora qualche tempo per scoprire chi sia in realtà il suo capo, chi siano i suoi compagni d’affari e chi i suoi concorrenti.
La recensione:
Se non fossimo isole andremmo alla deriva, caleremmo a picco
nella altrui tragedie. Siamo isolati, non bisogna dimenticare che “isolare”
viene da isola, dare drammi delle vite altrui grazie alla nostra natura
insulare e alla ripetività.
Il problema, secondo me, è che American Gods avrebbe potuto rivelarsi bellissimo e indimenticabile se il suo creatore non si fosse affannato a << programmare >> una realtà nella quale bisogna comprendere il suo linguaggio incomprensibile, interpretare un sistema operativo di una prigione le cui preghiere sono un mantra. Se ci è concessa un po' di libertà, bisogna fare conto anche con le conseguenze. L’America che ho visto in queste pagine mi ha ricordato moltissimo quella ritratta da John Steinbeck nei suoi spettacolari capolavori. L’America di oggi è un impero tenuto assieme e dominato dalla gente di razza, sesso o religione diversa. È un covo di bellezze e scoperte da cui ci si rende conto come quella descritta dal mio amato Steinbeck e quella di Gaiman sono piuttosto affini, e che la sua forza risiede nella cooperazione, nell’unione. Da qui forme di dittature di cui ancora ci si affanna a contrastare, da qui l’uso immediato di forme di sopravvivenza di cui non sempre si riesce a sopravvivere, da qui l’uso immediato, violento, brutale contro ogni dissenso, contro ogni richiesta di maggiore autonomia.
Come cittadino americano l’autore credette a principi attraverso cui ci si affanna ad ottenere un certo liberalismo senza limiti, e American Gods da questo punto di vista è un arcipelago di grandi e piccole isole a cui ci si affida con un certo slancio.Dopo una manciata di giorni trascorsi a inseguire gli innumerevoli tentativi di un uomo a comprendere quali furono le cause che tolsero la vita alla sua amata moglie, incominciò a delinearsi un quadro che se in un primo momento mi parse straordinario in un secondo mi annoiò moltissimo. A quanto pare io e il famoso Neil Gaiman non andiamo d’accordo, non c’è bisogno di aggiungere alcunchè: le nostre anime non sono destinate a scintillare nelle avverse stelle. La curiosità è però una delle mie più leali e fidate compagne, e se non fossi stata animata da essa non credo che American Gods avrebbe visto la luce. Ci si avvelena delle malesorti che la vita talvolta ci riserva, di quell’incertezza che talvolta sono le stesse parole o idee a renderci qualcosa o qualcuno. Ci si affanna a credere che con una buona dose di intelligenza e un certo prestigio, l’uomo possa ascendere sopra ogni cosa. C’è un motivo particolare per cui Shadow è quello spettro senza vita che cerca perennemente se stesso, senza però trovarlo, cammina in questa landa deserta e desolata colando a picco nelle altrui tragedie? I drammi delle vite altrui, la natura insulsa e ripetitiva, l’adempimento a forme di conoscenza quasi impossibili, che cosa ha di speciale questa lettura? Disgraziatamente per me, assolutamente niente. Non brilla nemmeno per stile, ma sicuramente di originalità per queste forme divine che sconvolgeranno la vita di Shadow e della sua famiglia.
American Gods è un epopea fantastica che in un certo senso scorge quella che è l’America dei nostri giorni. Pregiudicosa, cinica, razziale, attraverso cui possiamo osservare e comprendere il mondo. Ma al di là di questo velo << rurale >> non vi è alcunchè che ai miei occhi fosse degno di rispetto e onorevoli. Ci sarebbe da dire che questi fantasmagorici Dei sono molto più presenti nel titolo che nella storia in se. Perciò di per se da qui credo sia evidente il motivo per cui non mi ha entusiasmato più di tanto. Quasi si trattasse di uno scherzo del destino che mi è stato riservato. Interessante come approccio ad un autore di cui ho sentito solo grandi cose, ma concetto di scrittura che per la maggior parte della sua durata mi ha indotta a vagare come uno spettro privo di vita, anche quando trapelò il mero dolore dell’abbandono, dell’insoddisfazione, che innegabilmente l’ho trovato piatto, quasi disturbante.
Valutazione d’inchiostro: 3
Grazie per l'interessante recensione
RispondiEliminaA te 🤗
EliminaBella recensione, grazie, credo che questo libro lo salterò
RispondiEliminaA te. 🤗🤗🤗
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