Nella
mia testa spesso si affollano un mucchio di pensieri.
Pensieri che parlano profusamente,
brillantemente, a getto continuo, senza una conoscenza profonda, di cose o
persone che mi intimidiscono e che nella maggior parte dei casi cerco di
riversare in quel contenitore imperfetto che è la scrittura. E' qualcosa di
davvero straordinario tutto ciò. E' qualcosa che sin da sempre mi ha procurato
una felicità imprecisata. Lo scrivere è una manifestazione di eccitazione,
godimento, che a volte può prendere varie forme. La mente degli scrittori del XIX o XX
secolo, ad esempio, divenne fantasiosa mediante questo processo e, in poco
tempo, famosa.
Forza e determinazione.
Felicità.
Tranquillità interiore. E' tuttavia davvero impossibile eguagliare scrittori
del calibro come Gabriel Garcia Marquez, Jane Austen, Alfred Hitchcok, Robert
Louis Stevenson, e molti altri. C'è bisogno di essere talentuosi. Possedere un
dono, se innato o meno ha poca importanza, che ci ossessiona talmente tanto da
indurci a divenire scrittori di noi stessi.
Nel
mio salotto virtuale abitualmente non mi soffermo a compiere riflessioni così profonde riguardo la
letteratura e in particolare i suoi autori.
La droga che provoca il piacere di un
libro appena concluso, sentimenti che si agitano dentro e che ti opprimono sino
a quando non vengono messi a balia sono tutti punti di riferimento a cui io mi
aggrappo, portando alla gioia e alla soddisfazione personale.
Nella Giornata internazionale della donna rivelo tutto
questo consacrando su Sogni d'inchiostro una nuova rubrica,
che avrà cadenza mensile, e nella quale mi premurerò di parlarvi costantemente
di quegli autori che hanno fatto storia nella letteratura, come una
viaggiatrice che torna sul luogo preferito. Ho sentito il bisogno di una
ventata d'aria fresca, pur negando violentemente di non lasciare un giorno il
blog inattivo. Ho realizzato una scaletta su chi potrebbe annoverarsi nella
lista, con nuove forme personalissime di vita che rivelano gran parte del mio
animo.
Mi pronuncio dunque in questo giorno così importante
gettando i riflettori su una figura di spicco del XX secolo: Virginia Woolf.
Una figura la cui visione è più spregiudicata della realtà letteraria vissuta,
una donna la cui visione consacrava i romanzi come elementi primordiali legati
alla vita e a chi li ha scritti. Non tessuti a mezza'aria da creature
incorporee, ma lavorate da uomini che soffrono, legate a cose volgarmente
materiali.
Si tratta di quesiti che talvolta mi pongo anch'io,
grandi e profonde riflessioni su ciò che più considero davvero indispensabile,
accecata dal profilo spigoloso di qualche autore solo o insoddisfatto, che come
mura vecchie e ingrigite si staglia con uno strano profilo sull'orizzonte.
La sua prosa, così pura, elegante, priva di genio ma
ricca di maestria, richiama alla mente un diletto tutto particolare, con
messaggi di un linguaggio che non è del tutto sconosciuto, che vibrano in modo
che si riproducessero continuamente nel loro modo segreto. Non importa più
nemmeno di ciò che si sta leggendo, è un piacere sottilmente fisico provocato
dal puro disporsi della scrittura nello spazio, dalla leggerezza delle sue
movenze, dal suono cristallino che fa rimbalzando sul tavolo di marmo della
nostra attenzione. Ho letto dunque la Woolf non tanto per curiosità, ma, in
fondo per essere intrattenuta da una donna così intelligente. Come? Lasciandomi
cullare dalla sua prosa scorrevole, entrando nella sua mente, nel suo corpo, facendo
vibrare il mio cuore nel suo modo segreto.
Una giovane donna aveva volto le spalle ai paradigmi
del secolo, e che in poco tempo divenne un elegante sconosciuta dal disordine
mentale grazioso e distinto. Una stanza tutta per se, Mrs
Dalloway, sono alcuni dei suoi romanzi in cui è evidente tutto questo di
cui la Woolf si è servita lasciandosi completamente andare ad istinti, passioni
che non pensava di avere, alla ricerca costante di ogni forma di verità. In
pagine che hanno funto come mezzo per raccontarsi, parlare, e magari
avventurarsi là dove le emozioni non si sono ancora avventurate.