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sabato, maggio 30, 2020

Gocce d'inchiostro: Le mezze verità - Elizabeth Jane Howard

Di tutte le opere di Elizabeth Jane Howard pubblicate in Italia dalla casa editrice Fazi, della sua celeberrima saga de I Cazalet devo ancora cibarmi. Quando il primo giro di perlustrazione in libreria, dopo il terribile periodo che lentamente ci stiamo lasciando alle spalle, mi vide ammaliata a trascorrere un fine settimana soleggiato e mite con figure di carta e inchiostro che popolano l’ultima fatica dell’autrice – perlomeno questa -, non riuscì a non resistere per accaparrarmene una copia. Nel giro di due giorni, andando a Londra e in qualche malfamato locale giornalistico, ho amato particolarmente scrutare ogni suo romanzo come se si trattasse di un opera architettonica splendida ma fuggente, dove del resto amo immergermi e viverci, con un guazzabuglio di cose da guardare e su cui riflettere. Viste quasi tutte per la << prima >> volta, come sussulti ripetuti e destabilizzanti della << prima volta >>, e stare in compagnia di un autrice straordinaria come la Howard è stata delle più memorabili vissute, nello spazio lussuoso e sontuoso di una villa, nei cuori di personaggi tristi imprigionati in un paesaggio bellissimo e luminoso che, quasi come un componimento lirico, drammatico e manieristico, spiccano per il loro essere perennemente attanagliati da episodi che producono dissidi, equivoci, confidenze intime.
Titolo: Le mezze verità
Autore: Elizabeth Jane Howard
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 338
N° di pagine: 18, 50 €
Trama: May Browne – Lacey ha da poco sposato in secondo nozze il Colonello Herbert; entrambi hanno figli dai precedenti matrimoni e vivono in una casa di singolare bruttezza nelle campagne del Surrey, fortemente voluta dall’uomo e acquistata con l’eredità di May. Aluce, la figlia di Herbert, si sta per sposare, più per fuggire dal padre che per amore. Il Colonello non piace nemmeno ai due figli di May, Oliver ed Elizabeth: lo considerano un borioso tiranno che si comporta in modo strano e opprime la madre. Oliver, un ventenne brillante e ironico, abita a Londra, non ha un lavoro stabile e vorrebbe tanto sposare una donna ricca che lo mantenga. Elizabeth, la sorella minore, che nutre un complesso di inferiorità nei suoi confronti, è una ragazza ingenua e sentimentale. Quando quest’ultima decide di trasferirsi a casa del fratello per cercare lavoro. May, rimasta sola nel Surrey con Herbet, inizia a pentirsi amaramente di averlo sposato. Intanto Elizabeth trova lavoro e anche l’amore, Oliver cerca la sua ereditiera mentre si fa mantenere dalla sorella, e Alice, incinta e infelice, vorrebbe scappare di nuovo.

martedì, maggio 26, 2020

Gocce d'inchiostro: Cime tempestose - Emily Bronte

E’ davvero strano inaugurare la fine di questo quinto mese dell’anno con la lettura di un romanzo che ho voluto compiere tre mesi fa, quando di pantemie o quarantene non se ne vedeva nemmeno l’ombra. L’unico periodo adatto però in cui una nuova edizione del romanzo della Bronte approdò in edicola in una veste ed un’edizione curata e ben tradotta, che ho accettato volentieri e senza pensarci, sapendo che di Cime tempestose gli scaffali delle mie librerie contenevano già qualche vecchia edizione. Questa nuova ristampa, ad un prezzo a dir poco modico, aveva già saputo di essere il soggetto di spericolate e frenetiche corse all’edicola più vicina, eppure ogni qualvolta è davvero bellissimo stringerne al petto una copia. Dai colori sgargianti e svariati, intessuti di storie ben note, con un corredo di autori intrappolati prevalentemente alla fine del XIX secolo.
Cime tempestose è la seconda pubblicazione di questa carrellata, il ritratto di anime inquiete dai  cuori algidi e scostanti il cui amore sfocerà in qualcosa di atroce, in un vaneggiamento dei sensi nel quale la pietà, la compassione saranno quegli unici moti perpetui che una lettrice romantica come me ha dovuto sorbirsi. Ebbene, sono stata così felice, così << orgogliosa >> di aver compiuto nuovamente questo passo, nonostante il mio – mi rendo conto – possa apparire come un’intento a dir poco folle, insensato, attraverso il quale ho potuto scandagliare non solo l’anima di Heatchcliff e Catherine ma anche la mia, non potendo fare a meno di tornare col pensiero agli anni in cui mi cibai di questa storia d’amore e d’odio, fra i banchi di scuola, e di ricordare come io ero completamente invaghita da queste pagine che fortunatamente negli anni non sono state sostituite da niente e nessuno, l’incarnazione letteraria di un amore guasto e nocivo imperfetto e mortale soggetto a pene perenni rinchiusi in solai oscuri.
Titolo: Cime tempestose
Autore: Emily Brontë
Editore: Feltrinelli
N° di pagine: 428
Prezzo: € 9, 50
Trama: “Per Heathcliff e Catherine la gioia più grande è fuggire nella brughiera e restarci tutto il giorno. Sono spiriti liberi, selvaggi, ribelli. A loro non importa delle convenzioni sociali, di cosa pensano gli altri nel vedere insieme lui, semplice stalliere, e lei, ragazza di buona famiglia. Si piacciono, si amano. Almeno fino a quando non entra in scena Edgar: bello, ricco e raffinato. È così che il cuore di Catherine si spacca: da un lato la passione divorante per Heathcliff, sua anima gemella; dall'altro l'attrazione per Edgar e le lusinghe di una vita aristocratica. Una storia senza tempo, il racconto di un amore tormentato e di un legame fortissimo, indistruttibile, così potente da sconfiggere la morte.” 

venerdì, maggio 22, 2020

Gocce d'inchiostro: Jane Eyre - Charlotte Bronte

La metà di un mese particolare e fervido, la mia cara e amica Jane venne a trovarmi, dopo tantissimi anni dalla sua ultima visita. Sempre inquieta, dal viso sfilato, il fisico snello come un giunco, un energia pericolosa, l’animo ribelle, si mosse in mezzo ad acque fangose e torbide, combattendo dinanzi a tutto e niente pur di guadagnarsi continuamente il bene altrui. Lei che non ha mai osato adempiere a qualunque dovere, è stata istitutrice di svariate dottrine scolastiche, giunta dinanzi alla mia porta nel momento in cui meno me lo sarei aspettata. Sfociata nella sorprendente doppia confessione delle sue più celate paure, dei suoi più reconditi segreti, il suo ardente desiderio di ricongiungersi alla persona amata ma che sotto certi aspetti si è rivelata << guasta >>, ed in tal caso la sua presenza ha spalancato la porta dei ricordi affinchè potessi scorgere uno spiraglio della mia vita passata. La mia e quella di Jane Eyre, nella quale mi sono vista così chiaramente che l’ho sempre considerata come una cara amica. Un amica in carne e ossa.
È stato bello, dunque, ritrovarsi, così spontaneo, travolgente, destabilizzante, intenso, così piacevole stare in sua compagnia che ha avuto gli stessi propositi, le stesse predisposizioni d’animo che io covavo alla sua età, una me ingenua e insicura, ed ora accolti nel mio cantuccio personale con un certo affetto. Tenerezza, sensibilità, amore, che mi hanno indotta a studiare Jane e il suo personalissimo mondo guardandola proprio dentro, convincendomi sempre più della nostra unione, della nostra affinità, che non svanirà mai, perché felice di preservarne il ricordo che io ho e ripongo a queste pagine. Il diario di un personaggio a dir poco affascinante, una compagna fedele e vitale, le cui vicende sono squarci di comprensione individuale proiettati su uno spazio apparentemente illusorio ma oscuro.
Titolo: Jane Eyre
Autore: Charlotte Bronte
Casa editrice: Feltrinell
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 596
Trama: Jane Eyre racconta la storia dell’educazione sentimentale di una giovane istitutrice inglese, orfana e di umili origini, che ottiene alla fine, dopo molte peripezie, la felicità in amore unendosi all’ardente, impetuoso Edward Rochester, suo padrone; con questa si intreccia una precedente e tragica storia d’amore e follia che ha avuto per protagonisti Edward e Bertha, la donna strappata alla sua terra caraibica e relegata come pazza in una soffitta nella grande magione di Rochester.Thornfield Hall.

mercoledì, maggio 20, 2020

Gocce d'inchiostro: Molto forte, incredibilmente vicino - Jonathan Safran Foer

La seconda volta con Jonathan Safran Foer andò meglio della precedente, che avevo giudicato Ogni cosa è illuminata una bella lettura ma non indimenticabile, filando tuttavia dritto al mio cuore. Stanziò per qualche tempo non riuscendo però a toccare le corde del mio animo dove dovevano essere toccate, a farmi scongiurare di poter leggere qualcos’altro il prima possibile osservando il cammino che avevo intrapreso con piacere, tranquillità, e poi il languore di leggere qualche altra sua opera che non si smorzò se non quando lessi Molto forte, incredibilmente vicino. Era diventata una questione personale, anziché solitaria, lasciando dietro alle spalle le migliorie di una bellissima storia che non credevo potesse colpirmi così tanto, e in meno di tre giorni mi sono abbandonata alle brutali e drastiche elucubrazioni di un bambino di soli dieci anni senza più dubitare mentre mi lasciavo contagiare dal suo tono malinconico, maturo, tenero e dolce che ha scorso lungo il mio corpo, su e giù, non comprendendo i motivi per cui ho procrastinato per così a lungo questa lettura. Perché i ricordi, le relazioni, i sentimenti, sono tenuti a bada mediante semplici pagine di diario, che solo impersonando chi scrive possiamo ringraziarlo del piacere sedotto.



Titolo: Molto forte, incredibilmente vicino
Autore: Jonathan Safran Foer
Casa editrice: Guanda
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 350
Trama: A New York un ragazzino riceve dal padre un messaggio rassicurante sul cellulare: “C’è qualche problema qui nelle Torri Gemelle, ma è tutto sotto controllo”. È l’11 settembre 2001. Tra le cose del padre scomparso il ragazzo trova una busta col nome Black e una chiave: a questi due elementi si aggrappa per riallacciare il rapporto troncato e per compensare un vuoto affettivo che neppure la madre riesce a colmare. Inizia un viaggio nella città alla ricerca del misterioso signor Black: un itinerario ricco di incontri che lo portetà a dare finalmente risposta all’enigmatico ritrovamento e ai propri dubbi. E sarà soprattutto l’incontro col nonno a fargli ritrovare un mondo di affetti e a riaprirlo alla vita.

lunedì, maggio 18, 2020

Gocce d'inchiostro: Epepe - Ferenc Karinthy

Il romanzo di Ferenc Karinthy stanziava sullo scaffale della mia strapiena libreria da tantissimo tempo, poco più di due anni, e questa lettura da un'unica seduta mi servì a comprenderne la grandezza e soprattutto a prendere consapevolezza di come mi abbia fagocitato e ospitato nonostante il mio riserbo iniziale. Fra ebrei, politici, gente dal colorito di pelle diverso, una fetta della classe lavoratrice di una generazione che via via sta incamminandosi verso il declino e un’altra dalle fasce alte dei ricchi colletti bianchi, nessuno però protagonista del viaggio surreale, quasi magico di un estimato professore, uomo di lettere, amante delle parole e dell’idioma linguistico di una lingua o cultura incomprensibile ed impossibile da esaminare, che inevitabilmente si troverà invischiato nella lotta ad un tipo di liberazione di reclusione forzata in un luogo in cui non credeva potesse metterci piede.
Nelle duecento pagine che popolano Epepe, perdurano tracce della poetica kafkiana, in genere sotto forma di episodi surreali, onirici, quasi ovattati, silenzi e interdizioni, che sebbene non eguagliano né emulano i romanzi di Franz Kafka mi impedì di dimenticare la croce che il povero Budai si trascina inesorabilmente, dall’inizio alla fine. In un vortice di parole, frasi, nozioni, curiosità letterarie che sarebbero rimaste dov’erano e che ho studiato, esaminato come una creatura aliena capitata casualmente dinanzi a me che non è stato bellissimo ma straordinario come pochi romanzi ai miei occhi, rimpiattato in se stesso come un intrepido animale prigioniero in uno zoo, che da dietro le sbarre ha osservato con coraggio ciò e chi gli è stato attorno.

Titolo: Epepe
Autore: Ferenc Karinthy
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 217
Trama: Ci sono libri che hanno la prodigiosa, temibile capacità di dare, semplicemente, corpo agli incubi. “Epepe” è uno di questi. Inutile, dopo averlo letto, tentare di scacciarlo dalla mente: vi resterà annidato, che lo vogliate o no. Immaginate di finire, per un beffardo disguido, in una labirintica città di cui ignorate nome e posizione geografica, dove si agita giorno e notte una folla oceanica, aninima e minacciosa. Immaginate di ritrovarvi senza documenti, senza denaro e punti di riferimento. Immaginate che gli abitanti di questa sterminata metropoli parlino una lingua impenetrabile, con un alfabeto vagamente simile alle rune gotiche e ai caratteri cuneiformi dei Sumeri – e immaginate che nessuno comprenda né la vostra né le lingue più diffuse. Se anche riuscite a immaginare tutto questo, non avrete che una pallida idea dell’angoscia e della rabbiosa frustazione di Budai, il protagonista di “Epepe”. Perché Budai, eminente linguista specializzato in ricerche etimologiche, ha famigliarità con decine di idiomi diversi, doti logiche affinate da anni di lavoro scientifico e una caparbietà senza uguali. Eppure, il solo essere umano disposto a confrontarlo, benchè non lo capisca, pare sia la bionda ragazza che manovra l’ascensore di un hotel: una ragazza che si chiama Epepe, ma forse anche – chi può dirlo? – Bebe o Tetete.

sabato, maggio 16, 2020

Gocce d'inchiostro: L'amico fedele - Sigrid Nunez

A volte commetto l’errore di sopravvalutare la fiducia che certi autori, certi romanzi mi ripongono. Il gran ruggito dell’io che promana dall’anima di spiriti inquieti, solitari, spesso disumani e crudeli sembrano escludere ogni caduta nel dubbio o nell’incertezza, ma come nella vita di tutti i giorni anche con i romanzi capitano di << vivere >> momenti inattesi, momenti di pura sorpresa, cupa introspezione, e siccome capitano di rado, mi colgono quasi sempre alla sprovvista. Dubbi esistenziali, perlopiù, che mostrano quasi sempre le mie idee, i miei pensieri, mostrano le mie attitudini, specialmente i sentimenti o l’emozioni che ripongo alle sue pagine. Sarebbe valsa la pena << combattere >> per qualcosa che non cambierà mai, se giudicare un romanzo nel miglior modo possibile avrebbe migliorato o peggiorato le cose? Con L’amico fedele, primo romanzo di un autrice conosciutissima invece in America, è accaduto esattamente quello che non mi aspettavo, sebbene quelli ritratti non sono stato altro che torture senza posa di un anima troppo fragile, solitaria e inquieta nel quale non ho potuto non sentirmi coinvolta. Impossibile sebbene il comportamento di Karen sia stato a dir poco riprovevole, ma adeguandomi a una visione distorta e personale della letteratura come vocazione racchiusa in storie, piccoli tasselli di grandi e piccole ingiustizie che pretendono il diritto di essere ascoltate.
Titolo: L’amico fedele
Autore: Sigrid Nunez
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 17, 60 €
N° di pagine: 220
Trama: C’è un'unica persona a cui potrebbe chiedere: il suo amico più caro. Ma, ora, non può più farlo. È passato tanto tempo da quando si sono conosciuti, lui, professore di un corso di scrittura, e lei, la sua studentessa più promettente. Quelle lezioni le hanno aperto un mondo fatto di libri. Le hanno insegnato che nessuna pagina scritta è mai sprecata, perché anche se viene gettata via, l’autore impara qualcosa. Le hanno infiammato il sogno di fare della letteratura la ragione della sua esistenza. Da quelle ore nelle aule dell’università sono diventati inseparabili. Un’amicizia che si è nutrita del sapere, del ragionamento, della poesia. È a questo che Karen si appiglia mentre accoglie l’eredità inaspettata che le ha lasciato: un simpatico e ingombrante alano. Forse dietro quel regalo si nasconde qualcosa. Perché il tempo passa e la natura di quello che la legava al suo amico assume forme diverse, sopite, mai confessate. Chissà se con davanti la pagina bianca è arrivato il momento di dare vita a quel romanzo che non ha mai avuto il coraggio di scrivere.

giovedì, maggio 14, 2020

Gocce d'inchiostro: Il labirinto del fauno - Cornelia Funke e Guillermo Del Toro

E’ indispensabile parlare, non limitarsi a frasi circoscritte ma parlare sul serio, raccontare cosa ho visto, come mi sono sentita affinchè riversassi, in quelle che non sono altro che pagine di diario, le mie impressioni, i più vividi ricordi di ciò che la lettura di Il labirinto del fauno mi ha elargito. Perché c'è tanto da dire su un connubio di forza e talento come questo, troppa magia da contenere in meno di quattrocento pagine, che nella settimana che ci siamo lasciati alle spalle ha descritto così bene l’anima di una storia semplice ma molto carina, rievocata magnificamente mediante uno stile diretto e appassionante che tuttavia rinuncia a certe meraviglie che ho potuto vedere invece nel Mondo d’inchiostro. Non una parola in più dunque, su un romanzo che è un piccolo cantuccio di segreti, misteri, ricordi, speranze violate, che non censura il male né quel messaggio intrinseco che conferiscono bene le sue pagine: la fede è l’unico disvelamento di una tenebra che avvolge il nostro cuore come uno stampo e che ci aiuterà a scovare la pace.





Titolo: Il labirinto del fauno
Autore: Cornelia Funke e Guillermo Del Toro
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 347
Trama: Spagna, 1944. Ofelia è soltanto una bambina quando con la madre prossima al parto si trasferisce in un vecchio mulino tra le montagne dove il patrigno, lo spietato capitàn Vidal, è di stanza per annientare i ribelli che si oppongono al regime franchista. Presto le sue amate fiabe e l’antica foresta incantata attorno alla casa divengono l’unico conforto, una via di fuga dal terrore e dal dolore che avvelenano la sua vita. Finchè un giorno, guidata da una Fata, si addentra in un labirinto nelle cui profondità un misterioso Fauno la attente da tempo per sottoporla a tre prove di coraggio. Solo superandole, potrà fare ritorno nel Regno Sotterraneo, lei, la principessa perduta, fuggita perché sognava il mondo degli umani, e condannata a vagare sulla terra senza memoria. Sembra il finale di una fiaba. Ma quando la magia si rivelerà non meno oscura e terrificante della realtà, Ofelia dovrà scegliere cosa è disposta a sacrificare per salvare se stessa.

martedì, maggio 12, 2020

Gocce d'inchiostro: Quando Cupido tira frecce ( ma anche brutti scherzi ) - Tiziana Pagano

Bella storia, bell’idea, bei personaggi, l’esperienza con Tiziana Pagano è stata piuttosto soddisfacente. Dolce, romantica, sensibile, sotto ogni aspetto, e tra le altre cose che ho apprezzato, in un posto confortevole e carino, c’era uno stile semplice e diretto che ammantò il tutto come un cappotto fin troppo pesante. Le regole passatistiche e la sottigliezza di certi protocolli, un certo interesse per << l’alato Cupido che sarebbe diventato cieco >>, rispecchiano l’idea dell’amore o del desiderio di un mondo in cui l’uomo è oggetto d’unione alla sua anima. La sua freccia avrebbe scoccato su due piccioncini, un tempo sconosciuti ed estranei, e in assenza di conseguenze o remore a interferire sulle loro azioni, colpisce dritta al cuore in qualunque momento senza dare spiegazioni. Non che non avessi intenzione di fermarlo, ma la lettura del romanzo di questa giovane esordiente italiana ha dimostrato esattamente questo, nel momento in cui meno me lo sarei aspettata, quando un gran numero di letture imperversava nel mio animo combinandosi in una massa grigiastra ma potente.
Entusiasta di perdermi fra le pagine di un romanzo i cui temi non rispecchiano più quelli che prediligie la mia anima, entusiasta però di essere stata in compagnia di Lucrezia, fra un gioco di luci e ombre, passato e presente, finalmente situata fra le fauci di una storia raccontata con semplicità, in cui l’amore, i sogni, le speranze o i desideri cospargono il nostro spirito come unguenti benefici. 



Titolo: Quando Cupido tira frecce ( ma anche brutti scherzi )
Autore: Tiziana Pagano
Casa editrice: Selph pubblishing
Prezzo ebook: 1, 99€
N° di pagine: 122
Trama: A chi di noi, dopo la fine di una relazione, non è capitato di sbraitare contro Cupido, il dio dell’Amore, incolpandolo di tutte le nostre disgrazie? Si diverte a scagliare frecce per farci innamorare ma spesso, per capriccio o per distrazione, manca l’altro bersaglio ( o centra un caso umano ) facendoci soffrire le pene dell’inferno. Sarà proprio lui a tessere la trama di due grandi storie, una del presente e una del passato. Lucrezia, giovane Storica e scrittrice, ha un ottimo rapporto con l’ex marito, Roberto: i due ritorneranno insieme o ad avere la meglio sarà Riccardo, l’affascinante produttore di vini francese? Riccardo la ingaggia per un’entusiasmante indagine storica che vede protagonista il suo antenato, il Duca Francois Dumont, giustiziato per volontà del Re Luigi XVI il 13 luglio 1789, alla vigilia della presa della Bastiglia: una lettera, ritrovata in un vecchio baule di famiglia, getta un velo di mistero che avrà risvolti inaspettati e svelerà oscuri tradimenti. Ci catapulteremo così nel passato, alla Corte di Francia, con i primi moti della Rivoluzione a farle da cornice. È qui che nasce l’Amore tra Isabelle ( fiera sostenitrice delle idee illuministe e dell’emancipazione femminile ) e Francois ( amante gentiluomo ) tra intrighi, cospirazioni e inganni di corte che tracceranno le loro sorti. Ognuno imparerà dai propri errori e dal proprio vissuto, ma a quale prezzo? Chi ha sempre tenuto l’Amore alla larga, dovrà ricredersi e accettarne gioie e dolori; chi ha tradito, conviverà con questo peso sulla coscienza fino alla fine dei suoi sogni. Ai lettori, la scelta di incamminarsi o meno in questo viaggio nel tempo, tra forti emozioni e buffi imprevisti.

domenica, maggio 10, 2020

Un piccolo gesto di tenerezza: the Mother's day

La festa della mamma è una di quelle cerimonie, quelle commemorazioni, di gradevole o piacevole forma, con circa innumerevoli ragioni, propositi, supposizioni che evaporano qualunque disguido o litigio creatosi in precedenza ma che si incolla alla suola delle nostre scarpe per colpa di rimorsi o sensi di colpa che ci si versano inevitabilmente addosso in certi momenti.
Per quanto mi riguarda, la mia mamma è quel genere di genitore che un figlio potesse desiderare. Dolce, sensibile, premurosa, talvolta esagerata talvolta soffocante, ma tenera nel suo affettuoso slancio di bontà, impossibile da non poterne essere contagiati. Nei miei quasi ventotto anni, si contano sulla punta delle dita quei momenti in cui ho mostrato un certo rancore, risentimento, rabbia, ma una manciata di ore mi hanno sempre fatto prendere consapevolezza di come alla fine si sia trattato di qualcosa di estremamente inutile. E, a quel punto, vano, battagliare e vestire il ruolo di figlia immatura e insensibile. In questi casi, nel periodo della mia adolescenza, mi sono resa conto quanto siano state inconcludenti certe discussioni, perché il bello dell’essere figlia è anche vedere l’apprensione, il calore che i genitori ti riservano, giorno dopo giorno. E anche se spesso vedo in questa apprensione forme di esasperata esagerazione, mi rendo conto che forse un giorno sarò anche io così. Non comprendo ancora se si tratti di qualcosa di bello o brutto, ma lo so.
Questo decimo giorno del mese non fa caso né tiene conto alle insulsaggini di una ragazza qualunque, ma, come da tradizione, celebra quelle che ai miei occhi sono e saranno eroine in gonnella. Ai fornelli o con un camice impolverato stretto ai fianchi, le nostre mamme. E quale miglior modo, se non questo, per ricordare questo giorno così speciale affiancandolo a dei libri? Ovvero il genere di post, che come esattamente quello pubblicato ad inizio anno nel ricordare le vittime dello sloha, consiglio romanzi che potrebbero incontrare i gusti di qualunque viaggiatore d’inchiostro, elaborate, ponderate scelte condite da esplosioni di umorismo, violente crisi ed apprensioni, in cui le mamme sono un personaggio fondamentale. Donne che amano, si prendono cura dei figli che mettono al mondo, interpretano la vita come sognatori passivi, sentimentali ma destinati a trascinarsi nella vita nel desiderio e nel rimpianto. Ad impersonare ruoli che in un modo o nell’altro ci si riconosce, talmente realistici che sembrano parlare al nostro cuore.

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Per mamme creative ma desiderose di rimettersi in gioco


Titolo: Se son donne fioriranno
Autore: Margherita Belardetti
Casa editrice: Piemme
Prezzo: 17, 50 €
N° di pagine: 288
Trama: Elisa, sessantenne di fresca data, bibliotecharia in pensione, è l’ex di un avvocato in carriera che ha buttato la grisaglia alle ortiche. Madre appassionata di una figlia ormai adulta e residente, in una grande città del nord dell’Europa, nonché affettuosa proprietaria di una gatta psicolabile, Nina – detta Prozac nei periodi di turbe -, vive le sue giornate con spirito da ragazza. Mille progetti sempre interrotti e una buona dose di improvvisazione: riordina casa, rimesta nei ricordi, osserva e commenta quanto le accade intorno, si accalora in consigli e rabbuffi alla figlia, sogna le gite in montagna che una caviglia rotta le costringe a rinviare e, quando questo suo tempo a singhiozzo glielo permette, scrive. Anche l’amore, mascherato dalle difese e dagli impacci dell’età matura, si riaffaccia nella vita di Elisa. Prende le vesti di tre campioni maschili che più diversi non potrebbero essere, ma che le permettono di riassaporare tutto il corredo emotivo che pareva dimenticato – batticuori, aspettative, rabbia, eros, indignazione, sfottò. Insieme al teatro amoroso, però, in lei si fa strada una consapevolezza nuova: non sarà nella relazione con un uomo il suo componimento. E nemmeno nel ruolo di madre. Perché anche Elisa sta crescendo: infatti è solo una distorta visione delle cose a far si che oggi l’invecchiare sia dipinto come decadenza, quando invece è una forma alta di crescita, di messa a fuoco di se stessi. E così Elisa scopre che la aspetta una nuova fioritura: un tempo tutto suo, per mettere a frutto i talenti accantonati – a malincuore – per tutta la vita.

venerdì, maggio 08, 2020

Gocce d'inchiostro: L'età dell'innocenza - Edith Wharton

Ho trascorso i primi giorni del mese di maggio con un gruppo di anime appartenenti alla società new yorkese. Non sono sempre stati in grado di cavarsela, di ottenere il successo tanto desiderato, ma quelle ritratte nelle pagine di L’età dell’innocenza è il disegno di un mondo elegante, soddisfacente, lieto a riunirsi in posti che conferiscono un certo polo d’attrazione in cui la Grande Mela è da tempo rassegnata ad alcune avventatezze, ma saldamente legata ai suoi colori vivaci e sgargianti. Un esperienza del genere di guardare questa città come se si trattasse nient’altro di un opera d’arte, mi ha concesso l’opportunità di scoprire che << guardare >> certe opere d’arte mi piacciono molto, nel quale il tempo trascorre lento ma immerso in un’atmosfera quasi opulenta, diversa da ciò che mi aspettavo e nel quale l’avventura, il brivido dell’eccitazione svanisce in quello delle proficue riflessioni, delle sagaci e accorte osservazioni, sottilmente evocative in antichi scenari e sentimenti romantici. Tante cose da guardare, dunque, e da riflettere, viste quasi tutte per la prima volta, come un sussulto ripetuto e destabilizzante, ma l’esperienza più memorabile vissuta come primo approcio con l’autrice, nello spazio ristretto della mia casa, in una mostra di scenari freddi, distaccati, che donano tuttavia una nuda e cruda bellezza alle più elementari passioni umane.


Titolo: L’età dell’innocenza
Autore: Edith Wharton
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9, 50€
N° di pagine: 378
Trama: Il libro è una critica spietata alla convenzionalità dell’alta società newyorchese: una vera aristocrazia immobiliare in cui le famiglie sono le stesse da generazioni, le donne un ornamento e gli uomini nonfanno nulla neppure quando findono di andare in ufficio. I ricchi personaggi del romanzo vivono tutti nello stesso quadrilatero di strade, e d’estate si spostano tutti quanti a Newport. Sono sempre insieme, sono privilegiati e severi al contempo, e non concepiscono l’esistenza di un mondo fuori dal loro. Il mondo, ovviamente, progredisce, cambia e rischia di lasciarli indietro. Ai cancelli della vecchia New York premono l’aristocrazia imprenditoriale e bancaria – i Morgan, i Lehman, i Guggenheim -, gli operai migrati dall’Europa e soprattutto stili di vita dinamici e aggressivi. Il protagonista del romanzo, Newland Archer, è un giovane raffinato che nella prima parte vediamo emanciparsi lentamente dai valori della vecchia New York ma che poi si trova costretto a sposare una donna che non ama assolutamente.

mercoledì, maggio 06, 2020

Amori di carta: Cornelia Funke

Un martedì pomeriggio di fine aprile, neanche un mese dopo l’inizio di questa tremenda ed infinita quarantena, decisi di rifugiarmi fra le pagine di una saga fantasy che quando ero ragazzina amai intensamente. Con gli anni cedetti più volte alla tentazione di soggiornarvi nuovamente, ma quel giorno si impose come uno strappo alla regola perché il Mondo d’inchiostro era il luogo che avrei voluto vedere, sebbene tale itinerario non fosse in programma, ma né alcun romanzo o nuovo autore avrebbe distolto i miei intenti che mi avrebbero vista impelagata in situazioni o vicende che già conoscevo. Se non avessi assecondato tale desiderio, per l’ennesima volta, avrei dovuto vederlo ancora una volta.
Cornelia Funke fu quell’autrice tedesca, naturalizzata statunintense, che come tanti altri autori, ha segnato la mia infanzia, e gran parte della mia adolescenza, nonostante quelle ritratte nei suoi romanzi sono storie che se fossi stata un po’ meno grande avrei apprezzato molto di più dell’entusiasmo che riservo ogni qualvolta mi ci imbatto, ma il Mondo d’inchiostro che amo tanto è perfetto così com’è. Quante volte ho immaginato viverci? Incontrare Maggie, Mo, Dita di Polvere, quel meraviglioso mondo in cui i libri hanno un importanza fondamentale. Tanto fondamentale quanto pericolosi.

Ed è stato un caso in cui sono stata involontariamente coinvolta. E’ oramai un’ossessione questa, lo riconosco, ma rivedere una vecchia amica come Meggie, sentire sui miei polpastrelli quella magia trascendentale che trasuda tutt’intorno, è qualcosa di meraviglioso. Cornelia Funke, schiva e misteriosa, non concesse molte interviste quando questa meravigliosa saga approdò nel campo dell’editoria. Gli innumerevoli tentativi di agganciare un barlume d’informazione erano vani, ma non come la forte speranza di andare a finire in un posto particolare: nel mio cuore. Eppure, in ogni storia descritta dall’autrice, la magia sembra fuoriuscire da pagine cariche di promesse. Suoni, rumori, voci, sussurri, sembrano completamente diversi. Come ricordi lontani, racchiusi in piccole sfere di vetro, di cui il lettore custodisce gelosamente nel palmo della sua mano. E ciò è infatti ciò che ho fatto anche io. Custodire gelosamente ogni sua storia. E le ragioni sono le più svariate: ragazzini che amano i libri e la letteratura, ladri furbi e fuggiaschi ma giovani e imberbi, fauni spaventosi ma dotati di un cuore. Tutte storie perfette per il mio essere, che giorno dopo giorno desidero rileggere all’infinito.
Si è come catapultati in una realtà che in pochissimo tempo diviene nostra, ci si rifugia cercando aiuto o conforto vivendo realtà parallele molto simili alla nostra, in cui la letteratura è sempre l’unica e sola linfa di sostentamento per il nostro essere. Luoghi sicuri in cui depositarsi, che scritti in tempi diversi, con amore e passione, rinfocolano lo spirito. Attingono a memorie che non sentono la voce acuta di un lettore da qualche anno, o da alcuni decenni.
Ciò che secondo le leggi della natura dovrebbe svanire viene, grazie al miracolo dell’inchiostro sulla carta, conservato. La magia dei romanzi della Funke, infatti, si cela in questo. Mentre la nostra anima è smossa dal tocco lieve come piuma di un’altra mente che legge, sensibile e sentimentale, ma anche tragico e realistico, un sogno meraviglioso come un vivido ricordo lascia un dolce sapore. Una piccola lanterna che divampa, all’infinito.

lunedì, maggio 04, 2020

Gocce d'inchiostro: Il castello - Franz Kafka

Cosa ho provato nel leggere Il castello di Franz Kafka, mi hanno domandato.
Sul mio volto è comparso un sorriso caldo e affettuoso, gli occhi lucidi che riflettono quella che non è stato altro che un’avventura straordinaria, che però ebbe la parvenza di qualcosa di provvisorio e antico, condotta qui senza che lo sapessi, sempre con calma e parsimonia. Avrò avuto ventuno o ventidue anni, quando conobbi lui e la sua dolce Milena. E per me fu amore a prima vista, un moto improvviso e prorompente di cui è stato davvero impossibile non farmi coinvolgere. E, dopo qualche anno, eccomi nuovamente qui. Questa volta dinanzi alle mura fatiscenti e maestose di un castello, isolato da tutti e da tutto, libero e indifferente da qualunque sguardo magnanimo. L’aura di mistero si fondeva con l’oscurità, e prima che me ne potessi accorgere mi trovai impelagata in una vicenda che pullula di personaggi che covano segretamente la speranza di poter trovare un posto confortevole, avendo la possibilità di << rinascere >> sia mentalmente sia spiritualmente.
Da un romanzo ad un altro, eccomi dunque giunta in questo bellissimo luogo che a mio avviso ha sfiorato l’eccellenza, con un’elevazione poetica e sentimentale che, malgrado le vicende oniriche, quasi surreali, in cui l’immaginario collettivo si immerge a tal punto nel trovare una specie di coesione fra uomo e uomo, è stato quel segno, quel simbolo mistico nel quale ognuno di noi è desideroso di elevarsi al possibile senza però trovare niente di lodevole. Sebbene ci si rischia di sminuire il prossimo, ma nel quale sogno e bellezza divengono qualcosa di sopportabile e << abituale >>> come fardello che pesa sulla nostra coscienza.



Titolo: Il castello
Autore: Franz Kafka
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9 €
N° di pagine: 386
Trama: L’ultimo romanzo, incompiuto, di Kafka, la cui stesura ebbe inizio nel gennaio 1922 ( l’autore non ha ancora quarant’anni e ne mancano due alla morte per tubercolosi faringea ) e proseguì fino al settembre dello stesso anno. Non esiste una versione definitiva dell’autore che anzi dispose che il manoscritto fosse distrutto. Più che un romanzo “Il castello” si può definire un insieme di frammenti in cui il personaggio K, arrivato a un non – luogo, un misero villaggio immerso nel freddo, tenta di avvicinarsi alla meta, il Castello appunto. Sono frammenti di “vuoto”, “stanchezza”, “solitudine”, presentimenti di una non – vita che attende l’autore nei meandri dell’ultima meta.

sabato, maggio 02, 2020

Romanzi su misura: Aprile

Le mie letture contano oltre un miliardo di parole, frasi sparse, sprazzi di pensieri o ricordi che, in poco più di un centinaio di pagine o di un miliardo, sono quella fabbrica d’istruzione, di conversamento attraverso il quale giungono ragazzi o ragazze, uomini o donne le cui vicende si districano da qualunque posto o parte del mondo. Nessuno, in questo quarto mese dell’anno hanno portato tracce di contrarierà, in genere sotto forma di bisbigli, silenzi, della mia presenza, ed io non dimenticherò tanto facilmente certi episodi, certe spericolate avventure in posti o luoghi cui confido un giorno di poter vedere con i miei stessi occhi.
Ed è stato così che ho conosciuto Philippeas Phog e il suo fido domestico, Passepaurt, Maggie e suo padre Mo, la portinaia Renèe e la sua << amica >> Paloma, Cosimo e la sua folle avventura sui sentieri boscosi, e, assieme a loro, imparato certe lezioni che la stessa vita ci riserva.
Per me che amo la letteratura come se fosse la stessa vita, fra le sue pagine vi ho riscontrato tanti bellissimi messaggi, e, specialmente, la possiiblità di poter passare il resto delle mie giornate in posti in cui avrei voluto far perdere le mie tracce.
Questo quarto mese dell’anno, decreta dunque l’ennesimo mese di letture numerose e folli. Viaggi sensazionali e indimenticabili, nel quale hanno fagocitato una creatura di sogni e inchiostro che si affida alla letteratura come l’essenza di tutta una vita, come un trepido animale imprigionato in uno zoo, che da dietro le sbarre osserva il mondo circostante e attende pazientemente che qualcuno presto o tardi lo liberi.

Romanzi su misura in digitale:

 Pervaso da una strana magia, che mi ha permesso di accettare la storia di Roberts che si porta dentro, ha reso il tutto come una serie di opportunità in cui la libertà individuale e di pensiero, la bontà d’animo e d’azione, sono i capostipiti dell’intero romanzo. Fra forme e colori, parole e suoni, opera bellissima su cui predomina la forza spirituale, la volontà di scovare un’opportunità per rinascere e magari risorgere.

Valutazione d’inchiostro: 5