mercoledì, luglio 02, 2025

Gocce d'inchiostro: L'incarico - Friedrick Durrenmatt

Leggo spesso di uomini che, come relitti, assurgono ad intenti moralistici ed intransigenti, così incorruttibili da giustificare ogni cosa. Nel giro di una settimana, ho divorato tre romanzi di Friedrich Durrenmatt - si, tre perchè il desiderio di comprendere da dove provenisse questa insaziabile fame di conoscenza era una forma di monito alle avversità esterne - finché non mi imbattei in questo << terzo >> volume, in questa ennesima indagine scrupolosa e attenta in cui si illustra in maniera esauriente ed esaustiva le conseguenze di un delitto nella società borghese. I personaggi durrenmattmani vagano lungo la riva dell’assurdo come vegetali, quasi privi di preoccupazione, in cui la vita scorre su solidi binari ma il passato fa temere ogni struttura. Questa struttura, ad essere onesta, mi è sembrata un pochino meno solida di quel che credevo, ma a cui ci si aggrappa come forze che reclamano qualcosa di consapevole, un diritto inviolabile che dipenderà solo da loro. In un gioco di affari in cui inevitabilmente si immagina, si fantastica di un uomo robusto, dalla pancia prominente, seduto ad una scrivania, dinanzi ad un campo di battaglia i cui personaggi sono stati creati dal nulla ma respirano in un bozzolo di finzioni.


Titolo: L’incarico

Autore: Friedrick Durrenmatt

Casa editrice: Adelphi

Prezzo: 16 €

N° di pagine: 107

Trama: Allo psichiatra Otto von Lambert hanno ammazzato la moglie nel deserto del Marocco, presso le rovine di Al-Hakim: chi l'ha violentata lasciando poi che gli sciacalli ne dilaniassero le spoglie? Autentico mostro, von Lambert incarica la giornalista televisiva F. di volare a Marrakech e ricostruire le tappe della scomparsa di Tina e un delitto "di cui lui come medico era l'autore, mentre l'esecutore non rappresentava che un fattore casuale". Si tratta di mettere in piedi una simulazione che consenta un'osservazione postuma e fittizia dei fatti: del resto, un occhio onnipresente e occulto ci scruta, e la realtà è percepibile solo attraverso l'obiettivo glaciale di una telecamera o di un satellite. Ma ciò in cui F. e la sua équipe si imbattono è uno scenario apocalittico: missili confitti nelle sabbie del Sahara, mezzi corazzati arenati come gigantesche testuggini, cadaveri di acciaio radioattivo, in un folle gioco di guerre simulate e abbandonate dopo i test. E via via che la temeraria indagine prosegue, F. si addentra in una storia più grande di lei, precipita nel gorgo di un intrigo internazionale e golpistico, si cala nei labirinti scavati nelle viscere della terra da apprendisti stregoni. Con questo "giallo", che ha la densità di un racconto filosofico, Dürrenmatt ci trascina in un universo alla mercé di occhi elettronici, dove il solo cui sia dato osservare tutto e tutti è un indifferente Dio nascosto.

La recensione:

Quanto è assurdo credere nella fantasia, se si resta perennemente dubbiosi se la libertà sia necessaria, individuale? Quanto potere detiene un uomo, se descritto in ogni forma e sfaccettatura, con negli occhi una luce diversa che, come una coltre perenne offusca i suoi occhi, i suoi sensi, addensando a se grumi di odio e ribrezzo, finendo per perdere ogni individualità Quello de L’incarico è un’astrazione dell'individuo, una forma di depressione come fenomeno psicotico che è scatenato dalla comprensione di quanto sia insensato esistere, insensato implicare nell’esistenza questa forma di depressione insita nell’animo, se da ciò derivano i suoi desideri, le sue necessità di scovare un senso dell’esistenza e non tollerare tale mancanza.

Mediante una visione esacerbata dei fondamenti nichiani e kierkeghiani, l’uomo è massa di carne e ossa in cui lo spirito, in relazione ad assetti politici e sociali, diviene espressione. Tale espressione però Durrenmatt l’ha personalizzato da Turgenev, che nel suo splendido Padri e figli intestò l’autorità come esplicazione di concetti che ripudiano ogni forma di fedeltà o credenza. Non accettando la scienza, la sua razionalità quanto adottare dei sistemi che aiutano a comprendere il presente proiettandosi su forme materialistiche. Indirizzate alla distruzione, alla lotta per la libertà, delle istituzioni tiranniche e fasulle.

Come in La panne e in Giustizia, anche L’incarico sembra essere privo di trama, di quella patina opulenta in cui l’incarnazione di personaggi fasulli, in bilico fra buoni o cattivi, rovesciano la realtà, qualunque forma di verità che tuttavia scandagliano o redarguiscono forme di giustizia. Ciò è derivazione di forme fantastiche in cui la pittura e la scrittura, due sue più grandi passioni, mediante immagini trascrivono o catturano quel genio intellettivo in cui ci si affida mediante la filosofia. Forse un compito esistenziale che avrebbe condiviso, corrotto ogni forma di scetticismo sulla possibilità di conoscere ogni aspetto. L’uomo può così affermarsi, sia sul piano architettonico sia su quello filosofico e storico, in cui la vita interiore può fissarsi in una specie di cornice. Merce di scambio con bestie aliene che vorrebbero solo giocare al potere altrui sugli altri esseri umani, la stessa sensazione di porsi su Dio.

Nichilista per antonomasia, i suoi testi potrebbero confondere, disorientare, generare quel malessere profondo che fende come una crepa l'autocomprensione del nostro tempio, poiché continuamente povero di ideali, di quei valori che illuminano la mente umana, orgogliosi e fieri di non inchinarsi dinanzi a niente e nessuno, non prestando fede o massima autorità o principio. Concezione idealistica di forme di riflessione in cui appare evidente, chiaro l’inconsapevole attività del soggetto. Un soggetto perennemente tartassato da tormenti interiori, che inevitabilmente trascinano.

Sebbene i suoi romanzi possono considerarsi dei gialli, ne sono rimasta affascinata, ammaliata perchè è proprio nell'esistenzialismo che si cela verità, in cui il mondo è sorretto da strutture regali codificate ben precise, metafora di una società costruita e veicolata dall’uomo a sua immagine e somiglianza. Efficace mediante il fallimento di tutto questo complesso sistema requiemiano, mediante cui ci avviciniamo all’autore che lo ascolta mediante finali nefasti e inevitabili. E, se come dicono le Sacre Scritture, esiste un Dio, è lui, l’uomo, ad essere incrollabile, incontrollabile e privo di onnipotenza, ai limiti di un pensiero che va al di là del paradossale? Da ciò quella visione cinica, disincantata della fede che è priva di corpo ma non di sostanza perché esauriente nel suo significato.

Valutazione d’inchiostro: 4

2 commenti:

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