E' in questi momenti, dove il mio spirito sembra splendere di una luce tutta sua, che mi piace pensare che esistono testi che non sono altro che lettere indirizzate a nessuno in particolare. Fermi ai bordi dell'anima, come un brusco scorto di sensibilità che spiega qualcosa sull’autore o sulla sua trama contorta. Cose che si possedevano già sotto la pelle, ma che non sapevo dire. Ma, pur di scrollarsi addosso la tristezza, la curiosità, o l'inappagamento dei sensi, la scrittura avrebbe allietato ogni cosa. I miei pensieri, mentre leggo, rivolti chissà dove, verso mete sconosciute o luoghi da cui non so se ne uscirò più come prima, ma in cui ci si interroga quasi sempre sul vero e proprio significato della vita. Qual’è il suo significato? Quanto si può apprendere da ciò, e quanto si può fantasticare sulle vite altrui dall'osservazione di un dettaglio o un gesto? Da questa riflessione ho concepito il proposito di rispondere mediante letteratura, in un dato o specifico momento in cui ci sentiamo
vuoti come gusci, desiderosi di essere riempiti da qualcosa, in una realtà che è un grande tuffo nel vuoto. Scrivere, identificarsi e stabilire dei rapporti col prossimo è la linfa vitale dell'anima. Rinascita di un nuovo sole, come quello della Creazione, mentre alcune forme oscure escono da un'oscurità cosmica per svanire completamente come per dare speranza, sulla soglia della vita e della morte. E di romanzi che parlano di vita, la letteratura ce ne conferisce un numero gigantesco, se non illimitato. Suddiviso in due parti, questo post promulga questo tema ed espugna la vita esattamente per com’è: crudele e spietata, delle volte, ma bella e soddisfacente, delle altre.
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Racconto di vita di una giovane ragazza, ma anche omaggio alla libertà d'espressione e d'azione di cui Baricco ci parla come in un lungo sonno, in cui l'idea stessa di destino è una fantasia. Una favola per giustificare le proprie viltà.
Titolo: La sposa giovane
Autore: Alessando Baricco
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 17€
N° di pagine: 183
Trama: Siamo all'inizio del secolo scorso. La promessa sposa è giovane, arriva da lontano, e la famiglia la accoglie, quasi distrattamente, nella elegante residenza fuori città. Il figlio non c'è, è lontano, a curare gli affari della prospera azienda tessile. Manda doni ingombranti. E la sposa lo attende dentro le intatte e rituali abitudini della casa, soprattutto le ricche colazioni senza fine. C'è in queste ore diurne un'eccitazione, una gioia, un brio direttamente proporzionale all'ansia, allo spasimo delle ore notturne, che, così vuole la leggenda, sono quelle in cui, nel corso di più generazioni, uomini e donne della famiglia hanno continuato a morire. Il maggiordomo Modesto si aggira, esatto, a garantire i ritmi della comunità. Lo zio agisce e delibera dietro il velo di un sonno che non lo abbandona neppure durante le partite di tennis. Il padre, mite e fermo, scende in città tutti i giovedì. La figlia combatte contro l'incubo della notte. La madre vive nell'aura della sua bellezza mitologica. Tutto sembra convergere intorno all'attesa del figlio. E in quell'attesa tutti i personaggi cercano di salvarsi.
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Un’avventura in cui la giovane Queenie, donna anziana ma arzilla, riscopre la fede,l'amore,l'amicizia. Celebrando in ogni forma, sino a quando non esalerà l’ultimo respiro.
Titolo: La canzone d'amore di Quennie Q
Autore: Rachel Joyce
Casa editrice: Sperling e Kupfer
Prezzo: 16, 90€
N° di pagine: 342
Trama: Queenie Hennessy sa di non avere molto tempo, non vuole lasciare nulla in sospeso prima di andarsene e allora desidera salutare per l'ultima volta Harold Fry, l'uomo che è stato il suo migliore amico, il compagno di tutta una vita, almeno nel suo cuore. Per questo gli ha scritto quel biglietto: un affettuoso messaggio di commiato, nulla di più. Ma quando scopre che Harold sta attraversando l'Inghilterra a piedi per salvarla e lei deve aspettarlo, rimane quasi stordita. La vita le sfugge rapidamente dalle dita, non ce la farà mai! Il solo modo per ingannare la morte fino all'arrivo di Harold, Queenie lo capisce subito, è scrivere un altro messaggio, più lungo, più autentico: quello in cui gli confesserà tutto. Tutti i suoi segreti. Tutti i suoi ricordi. E tutto il suo inesauribile, straordinario amore. Sotto forma di lettera, tanto più profondo ed emozionante perché così totalmente vero, La canzone d'amore di Queenie Hennessy è un romanzo bellissimo fatto di coraggio, speranza e gioia, la storia di una donna unica, capace di un sentimento gratuito e infinito. E capace perciò di dare il valore più alto alla propria esistenza e a quella di chi ha amato.
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Ennesima esperienza che ha scandito attimi di vita quotidiana, mediante una certa solennità di stile che hanno suscitato qualche effetto collaterale ma che non denigrano la sua importanza nel panorama letterario. Il mondo diviene una lente d'ingrandimento che si interpreta mediante concetti di diverso genere. Specialmente personali.
Titolo: E venne chiamata due cuori
Autore: Marlo Morgan
Casa editrice: Bur
Prezzo: 240
N° di pagine: 11€
Trama: La straordinaria esperienza di una donna alla scoperta di sé, una professionista affermata che vive in Australia e parte, su invito di una tribù di aborigeni, convinta di partecipare a una cerimonia in suo onore. Si ritrova invece nel cuore di una foresta vasta e minacciosa, dove le viene chiesto di seguire la Vera Gente, come la tribù si definisce, in un viaggio di quattro mesi nell'Outback australiano, a piedi nudi, a volte senza acqua, cibandosi di quanto le offre la terra. Ma tra le privazioni e i sacrifici, impara a vivere in competa armonia con la natura e con sé stessa, in un percorso di conoscenza e cambiamento, e scopre, nei tanti giorni in cui la sua fragile vita è minacciata, il vero significato della parola stessa.
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Le modalità di sopravvivenza di una ragazza posseduta dal diavolo. Una di quelle rare occasioni in cui il sentimento prevale sulla ragione, e che fra le pagine del romanzo si evince una notevole conoscenza di questa natura: le ricerche dell’autrice sono una continua ricerca di rivelare verità sconcertanti e cocenti lasciano le loro abituali quotidianità per urbanizzarsi nell’estirpare questo male assoluto rivelando dalle maglie dell’oblio la più cocente verità.
Titolo: Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma
Autore: Fernanda Alfieri
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 21 €
N° di pagine: 376
Trama: E’ il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via Sant’Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna << ritenuta ossessa >>, Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia così questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un’accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell’Archivio generale della Compagnia di Gesù. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui il “diavolo”, tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un’epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall’altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l’isteria. Dall’anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l’impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il più colto e dubbioso ( e se la ragazza stesse solo fingendo? ) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono.
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Riuscire a guardarsi dentro con gli occhi di un altro serve sempre. Ed è un'esperienza, questa, che in un modo o nell'altro vivo quasi sempre sulla mia pelle. Un orizzonte circolare come la terra, senza un inizio da cui partire. Un moto veloce e perpetuo, che sta sempre in movimento. Il ritorno, l'attesa quasi come un incenerirsi.
Titolo: La spiaggia di quarzo
Autore: Anna Maria Falchi
Prezzo: 17 €
Casa editrice: Guanda
N° di pagine: 232
Trama: Dopo anni di lontananza, Alessia torna nella terra dov'è nata, la Sardegna, e a una spiaggia che le è molto cara. Il contatto con i bianchi granelli di quarzo la riporta indietro nel tempo, al ricordo di un'estate che ha segnato indelebilmente la sua vita, un'estate degli anni Ottanta, quando le ragazzine leggono Cioè e appendono in camera i poster di Miguel Bosé. Alessia ha un'amica del cuore, Mariella, e a quattordici anni le amicizie sembrano destinate a durare per sempre. Mentre lei è studiosa, timida e un po' goffa, Mariella è già civettuola e disinvolta, e Alessia stenta a credere che la voglia con sé in una breve vacanza che segna la conclusione delle scuole medie. La prima estate con il motorino, il Sì Piaggio rosso fiammante che Alessia si guadagna raccogliendo pomodori nei campi di uno zio, pegno da pagare per l'ingresso nel mondo degli adulti. Loro due da sole, lontane dai genitori, in uno di quei casotti sulla spiaggia che gli isolani usano per godersi il loro mare. Il primo assaggio di libertà, con la scoperta del corpo, il desiderio di spiccare il volo e la paura di essere se stessa, il bisogno di rivelare i propri sentimenti che si mescola al timore di essere fraintesa, allontanata, tradita. Intorno alle due protagoniste, tutto un mondo di personaggi che raccontano un intreccio di temi fortemente legati alla terra sarda: il profondo attaccamento alle tradizioni, il dramma dei rapimenti, il paesaggio ferito di un'isola che non vuole avere padroni.
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Messaggera nel comprendere e nel proteggerla, creatura anfibia sospesa tra vile e disprezzo, mera decenza e bonarietà forzata. Sopravvissuta ad azioni meschine di potenti mediante cui ironizza postulando la vita come matrice della stessa, dopo la morte, racchiusa nell’aura lucente, celestiale di scovare quella beata esaltazione di un'eternità mai interrotta.
Titolo: Le carte della signorina Puttermesser
Autore: Cynthia Ozick
Casa editrice: La nave di Teseo
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 340
Trama: Con una scrittura affascinante, originale, che canta come un intero coro di sirene, Cynthia Ozick dà vita al suo personaggio e alla sua storia più coinvolgente. Ruth Puttermesser vive a New York. La sua cultura è monumentale. La sua vita amorosa minima (preferisce versare lacrime per Platone che divertirsi con Morris Rappoport, sposato). Le sue fantasie, invece, rivelano una sconcertante tendenza ad avverarsi – con conseguenze disastrose per ciò che, comicamente, definiamo realtà. La Signorina Puttermesser vorrebbe tanto una figlia, e prontamente ne crea una, senza aiuto, nella forma del primo golem femmina di cui si abbia memoria. Mentre si dà da fare nelle pieghe polverose del servizio civile, sogna di cambiare la città – ed ecco che riesce a diventarne il sindaco. La Signorina Puttermesser riflette sull’aldilà e vi si butta a capofitto, solo per scoprire che trovare un paradiso significa anche perderlo. Strabordante di immaginazione di vibrante umorismo, Le carte della Signorina Puttermesser è un vero e proprio luna-park letterario, scritto da una delle autrici più visionarie del nostro tempo.
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Un romanzo crudo, violento, nero come l’inchiostro che, in una manciata di pagine, ha imbrattato persino la mia anima, a cui mi sono dedicata con fervore, stimolata da uno stile semplice, frenetico in cui il Se resta immutato quando ogni cosa prese il via, il Se di questa storia che dipendeva dall’esistenza dall’altro. Da un manipolo di personaggi dominati da moti, istinti rabbiosi la cui venuta, mi parve, fosse dovuta esclusivamente per trasmettere un messaggio, quasi l’autore volesse mandarmi qualche segnale, un barlume di conoscenza o verità che avrebbe cambiato le cose.
Titolo: Il capanno del pastore
Autore: Tim Winton
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 276
Trama: Il quindicenne australiano Jaxie Clackton ha avuto una vita difficile: rimasto orfano di madre, abita con il padre alcolizzato e violento. Quando il padre muore in un incidente domestico, il ragazzo teme di essere accusato di omicidio e decide di fuggire. Scappando finalmente dalle botte, dall’ubriachezza e dai soprusi, come sua madre non è mai riuscita a fare, ha in mente di raggiungere Lee, la fidanzatina che gli è stata portata via. Nella speranza di procurarsi prima o poi una macchina, Jaxie parte a piedi con una borraccia, un fucile, un binocolo e poco altro. Per evitare l’autostrada e la polizia, si addentra nelle distese semidesertiche in cerca di qualche albero sotto cui ripararsi. Nel giro di poco, la sua diventa una lotta per la sopravvivenza in uno dei luoghi più ostili del pianeta. Sopravvivere da solo, in quelle terre aspre, non è cosa facile. Ma per fortuna non è solo: ormai allo stremo delle forze, s’imbatte nel capanno di un vecchio. È un prete di nome Fintan MacGillis, esiliato in quella zona in seguito a qualche misteriosa trasgressione. Dopo varie esitazioni e diffidenze, Jaxie accetta l’invito dell’uomo a mangiare, bere e lavarsi; non è certo di potersi fidare, ma da lui presto dipenderà la sua vita. Ha così inizio la loro convivenza, governata da una regola ben precisa: non parlare del passato, non chiedere all’altro quali segreti si porta dentro.
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Un romanzo di rivolta, una perpetua conquista alla fuga o alla libertà che credo bisognerebbe leggere, almeno una volta nella vita, non tanto per l’importanza del tema trattato quanto per l’anima che vi è racchiusa in questa storia. Un anima semplice, devastata, svezzata che rifacendosi al passato si proietta in avanti. E giunge alla fine solo dopo aver intuito il principio, dopo aver scovato la vera e propria essenza della vita.
Titolo: Ragazza donna altro
Autore: Bernardine Evaristo
Casa editrice: Sur
Prezzo: 19€
N° di pagine: 520
Trama: È una grande serata per Amma: un suo spettacolo va in scena per la prima volta al National Theatre di Londra, luogo prestigioso da cui una regista nera e militante come lei è sempre stata esclusa. Nel pubblico ci sono la figlia Yazz, studentessa universitaria armata di un’orgogliosa chioma afro e di una potente ambizione, e la vecchia amica Shirley, il cui noioso bon ton non basta a scalfire l’affetto che le lega da decenni; manca Dominique, con cui Amma ha condiviso l’epoca della gavetta nei circuiti alternativi e che un amore cieco ha trascinato oltreoceano… Dalle storie (sentimentali, sessuali, familiari, professionali) di queste donne nasce un romanzo corale con dodici protagoniste: etero e gay, nere e di sangue misto, giovani e anziane; impiegate nella finanza o in un’impresa di pulizie, artiste o insegnanti, matriarche di campagna o attiviste transgender. Cucite insieme come in un arazzo, le loro vite (e quelle degli uomini che le attraversano) formano un romanzo anticonvenzionale e appassionante che rilegge un secolo di storia inglese da una prospettiva inedita e necessaria.
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In questa schiera di tante cose, pronti a scovare quella giusta via in uno dei periodi più importanti dell’umanità: la giovinezza.
Titolo: Attenta, Cappuccetto rosso
Autore: Shoji Kaoru
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 200
Trama: Tokyo 1969. La giornata di un ragazzo alle prese con le rivolte studentesche, una fidanzata permalosa che ogni due per tre dice di voler «mordersi la lingua e morire soffocata», signore della buona borghesia intente a combinare matrimoni, una dottoressa sexy e una bambina che lo farà piangere di dolore e di gioia. Un torrentizio flusso di parole in cui la polemica del giovane protagonista contro l’ipocrisia del mondo adulto e sempre intrecciata all’ironia e alla comicità. «La bulimia di "cioè", "in altre parole", "come spiegarmi?", "come farmi capire?" è la forma assunta dalla volontà di non cedere alla logica binaria del giusto / sbagliato, la rassegnazione accompagnata da un malcelato piacere nell'inseguire all'infinito un pensiero inafferrabile che è più sensazione che idea. Quando Kaoru si mette alle strette da solo ma è obbligato lo stesso a dare una parvenza di intelligibilità alle sue opinioni, allora ci investe con un profluvio di parole, i periodi si allacciano l'uno all'altro spasmodicamente in un rimando senza fine, i concetti si avvitano su sé stessi come in una spirale perpetua. Ma per nostra fortuna è un fiume di parole che si accompagna a una salutare dose di umorismo tutto sui generis, alla freschezza e all'ariosità di cui dicevamo e a un certo potere ipnotico» (dalla prefazione di Alessandro Clementi degli Albizzi).
Ottimo post, grazie
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