sabato, dicembre 27, 2025

Nella baia delle parole: romanzi sfidanti. Le peggiori letture

Quando ci apprestiamo a salutare un altro anno, e accoglierne un’altro, tento quasi sempre di porre delle riflessioni attente su ciò che ho vissuto e su ciò che vorrò vivere. Rimettersi in sesto, in poche parole, in quel fatidico momento dell’anno in cui bisogna tirare le somme, e tentare di gestire la mia vita senza pormi alcun problema. Eppure, arriva anche questo momento, quello cioè a cui per le letture bisogna dedicare qualche brutto momento: rievocare quelle che, in questi 365 giorni, mi hanno delusa, insoddisfatta. Fortunatamente - tento sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno - il numero di queste letture è ridotto, quasi di poco conto, ma soggetti o protagonisti di aspre critiche che, per qualche momento, hanno rovesciato il mio universo personale.

Non mi aspettavo che in questo saggio non potessi guardarmi allo specchio, scovare un piccolo se, una me lontana, remota, quella più ingenua, che si poneva dinanzi ad ogni cosa con un bagaglio di illusioni, quanto una serie di nozioni moraliste in cui non gli si riserva del rispetto quanto insoddisfazione. Perché non basta scrivere, propinarci delle mere conoscenze filosofiche, spirituali, per << convincere >>, trasmettere qualcosa, un messaggio, muovere l’uomo mediante il gesto fatale di non poter scegliere, quanto divenire eterodiretto…

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una serie di nozioni moraliste in cui non gli si riserva del rispetto quanto insoddisfazione. Perché non basta scrivere, propinarci delle mere conoscenze filosofiche, spirituali, per << convincere >>, trasmettere qualcosa, un messaggio, muovere l’uomo mediante il gesto fatale di non poter scegliere, quanto divenire eterodiretto…


Titolo: L’uomo  che voleva essere amato e il gatto che si innamorò di lui

Autore: Thomas Leoncini

Casa editrice: Sperling & Kupfer

Prezzo: 17, 90 €

N° di pagine: 198

Trama: La felicità è il superamento delle difficoltà, dei problemi, è quell'intervallo in cui tutto torna alla legge naturale dell'equilibrio tra gli opposti. Christian è un ricco broker immobiliare, guida una Porsche e vive in una sontuosa villa. Quando conclude un ottimo affare, a cui aspirava da tempo, non si sente come sperava e si trova a chiedersi: il denaro, l'ambizione e il successo sono davvero la chiave per la felicità? È così che, seguendo misteriosi bigliettini anonimi che qualcuno gli fa trovare, l'uomo intraprende un cammino fisico e spirituale in una riserva naturale in cui incappa quasi per un segno del destino. A fargli compagnia, un gatto rosso, ribattezzato Joshua, che sembra non volerlo lasciare solo in questa avventura. Immerso in una natura pacifica e piena di meraviglie nascoste, Christian incontra un ex manager che ha trovato conforto nella solitudine, una misteriosa monaca, un giovane che vive con gli animali, e altri personaggi tra il sacro e il profano che lo faranno riflettere su quella perfezione che ha sempre tentato di inseguire e non ha mai raggiunto davvero. Quel viaggio, che qualcuno ha voluto per lui, lo aiuterà a comprendere il vero significato della vita e della felicità.

giovedì, dicembre 25, 2025

Gocce d'inchiostro: Racconti di Natale - Charles Dickens

La mia vita, delle volte, sembra somigli a un libro, una storia che comincia a pagina 1 e va avanti finchè l’eroe o l’eroina non muore a pagina 250 o 300, ma ora che il futuro immaginato stava cambiando, stava cambiando anche la sua interpretazione del tempo. Il tempo, mi rendo conto, non è per molti un grande alleato. Va sempre avanti, mai indietro, e siccome nei libri le storie si possono anche tornare indietro, la metafora del libro può anche stare in piedi. Ho accolto la lettura di questi romanzi checchè io non ne sapevo nemmeno l’esistenza. Di Dickens di cui ho già letto alcuni suoi romanzi, e altri autori, di cui sicuramente leggerò presto altro, non conoscevo affatto. Dunque, al limite, la vita mi aveva regalato queste belle sorprese. Molto simile alla struttura di altri romanzi classici che conosco, all'esperienze quotidiane che si vivono sulla pelle, giorno dopo giorno, ma ho comunque proceduto su una strada che, imperterrita, mi ha donato sensazioni, ho riscontrato forti emozioni, che non si aspettava che letture apparentemente semplici potessero essere piccole perle. Graziose ma preziose.


Titolo: Racconti di Natale

Autore: Charles Dickens

Casa editrice: Rizzoli Bur

Prezzo: 15 €

N° di pagine: 445

Trama: I racconti pubblicati in questa raccolta uscirono in un unico volume nel 1852: l'intento di Dickens era di scrivere delle fiabe per grandi e piccini, e la capacità dello scrittore di raccontare la tenerezza della famiglia e del focolare domestico nel giorno più gioioso dell'anno ha trasformato quei testi in capolavori universali e senza tempo. A partire dal celeberrimo "Canto di Natale" per proseguire poi con "Le campane", "Il grillo del focolare", "La lotta per la vita" e "Lo stregato e il patto col fantasma", Dickens dà voce in queste storie alla sua poetica fatta di attenzione per il quotidiano, per la vita umile e per le piccole cose di ogni giorno. E ancora oggi i racconti di Dickens continuano a infondere in noi tutta la dolcezza e la poesia del Natale, catturandoci e commuovendoci con il loro linguaggio semplice e carico di magia.

La recensione:


         Com’è duro invecchiare, morire e pensare che avremmo potuto consolarci e aiutarci l’un l’altro; com’è duro continuare per tutta la vita a volerci bene e a tormentarci separati l’uno dall’altro e a vederci l’un l’altro lavorare, mutare d’aspetto. Farci vecchi e grigi!


Il tempo sembrava muoversi in due direzioni perché ogni passo che ho compiuto è stato predominante, porta dietro di se un ricordo del passato, e anche se di questa storia non ne sapevo nemmeno l’esistenza ho accumulato una serie infinita di ricordi per sapere che il mondo intorno a me veniva plasmato di continuo dal mio mondo interiore, così come ogni altro lettore è plasmato con i ricordi della sua esistenza del mondo, e come tante altre lettrici anche io mi sono sentita collegata dallo spazio circoscritto di queste pagine che ho occupato e hanno occupato le protagoniste, gigantesche, dorate campane, la cui storia di cui furono protagoniste fu molto simile a quella del Canto di Natale, con la differenza che la si vive in modo diverso.

Cos’aveva di diverso tutto questo? E in che modo ha destato la mia attenzione? Innanzitutto, lo Scrooge che conosciamo qui è soppiantato dalla figura di un padre, che, assieme alla figlia, vivono di stenti, allegoria della stessa povertà, lontani dalle buone e generose azioni di uomini ricchi, un uomo completamente diverso dal tirchio Scrooge che vivono confidando nella prosperità dell’umanità, con la sua complessa e tormentata vita interiore concepiti forse come desiderio di crearsi un destino eroico, da cui in un modo o nella‘altro avremmo tratto insegnamento.

La solitudine, l’amore non ricambiato, la mancata compassione per queste povere vittime, lascia un segno indelebile sul cuore, nella profondità del nulla. Nel pellegrinaggio della sua vita si sono riversate in quel contenitore che è la sua anima, corrodendolo e annientandolo senza che questi se ne accorgesse. Avvolto da un manto di comprensione ma cinismo che ha le più svariate forme. Eppure, nel cammino impervio della sua vita, esaminerà a fondo ogni cosa, riconoscendo la natura del cuore umano, la bontà, un piccolo miracolo per il semplice fatto di aver dovuto capire quanto sia impensabile smettere di amare qualcuno. Alla ricerca di una via che porti alla redenzione e liberi dal pesante fardello della vita in grado di scaldare il suo freddo cuore in qualche notte, in maniera impercettibile e continua, che riempia il nostro animo.

Forse non esattamente una coincidenza, ma una volontà stessa del suo autore che, credo, abbia intenzionalmente voluto impartire una sorta di lezione affinché le colpe commesse non si ripetano ma << smaltite >> dalla redenzione e la comprensione. L’uomo fa ammenda delle azioni compiute, la memoria perpetua così nel tempo, nonostante i ricordi dolorosi del passato si scontrano col tormento, l’impossibilità di raggiungere o ottenere qualcosa di cui non si raggiungerà mai. Il cuore si dibatte fra le gabbie dell’impossibile invitandoci a guardarci dentro e osservare con gli occhi di un altro.

Questi racconti recano i segni di un epoca e si contrappone alla celebrazione della solidarietà cristiana a una realtà dolorosa e degradante. Come nel romanzo, Dickens traccia una mappa del malessere, segnala i guasti sull'altra faccia del mito del progresso. E non ritrae l'Inghilterra del progresso quanto i terribili anni della fame, della disoccupazione, del disordine sociale. Uno spaccato che altri autori hanno tentato di ravvicinare facendo appello alla comprensione, allo spirito filantropico. Scardinando ogni forma di benessere nella dilatazione del tempo, offrendo così allo sguardo di chi legge ma anche di chi vede un'interpretazione del mondo, dimostrando quel processo labile fra vero e apparente, la difficoltà di ciò che si ha.

Mentre ripongo queste poche righe, non riesco a fare a meno di pensare quanto di << terribile >> ci sia stato, cercando di non immaginare gruppi di gente umile, uomini poveri e soli radunarsi in luoghi appartati affinché la loro anima possa trovare ristoro, pace, sperando che quel Dio cui fanno tanto affidamento possa ascoltarli, almeno una volta, poi per un attimo il viso si trasforma in una smorfia di dispiacere, rammarico mentre nella mia testa si formava un’immagine: bambini morti su pagliericci logori, matrone impegnate ad allattare figli di cui non conoscono provenienza. Dopo una discreta esperienza con Charles Dickens ero consapevole di ciò che avrei riscontrato in queste pagine. Lo stregato, Il grillo del folcolare, Le campane però ha superato ogni previsione di bello e godibile, con qualcosa di somigliante al Canto di Natale che ogni anno amo ascoltare, prima che si concluda l’anno, che riecheggia ancora fra le stanze luminose del mio animo, lungo una vetrina di specchi di cui devo ancora riflettermi. Scivolandomi addosso, entrandoci, posizionandosi in un posticino speciale del mio cuore che qualunque persona sana di mente serberà gelosamente.

Valutazione d'inchiostro: 4

martedì, dicembre 23, 2025

Nient'altro che libri e fiocchi di neve 6°

Perché parlo sempre di libri? Perché non posso proprio farne a meno … è una cosa così strana? Per me, che divoro romanzi come fossero Nutella, assolutamente no! Non ho idea come possa apparire, dinanzi agli occhi del mondo, ma dare peso a ciò che pensano gli altri non ha mai avuto importanza. Ho sempre creduto in ciò che più amo, e questa filosofia mi ha condotta lontana e lontano. In poche parole, ho sempre nutrito un certo amore per la letteratura e le parole e checché pensino gli altri, non riesco mai ad averne abbastanza. Saziare quella sete di conoscenza..Poiché leggere la vita di altri mi ha sempre dato la possibilità di sentirmi parte di una storia, non nel mondo reale ma in un mondo molto simile ad esso. Amo le storie, e come tali confido sempre di leggerne delle altre. E non fingo che esse siano la linfa vitale della mia stessa esistenza. In un periodo come questo, con le strade illuminate da decorazioni e luminarie varie, i libri sono quel contrappeso che dona felicità, magia alla mia anima semplice e appassionata. E, divorata da un piacere inesprimibile, questi alcuni consigli che confido possiate tenere in considerazione se desiderate regalare libri a Natale. La magia, in questo periodo, si intensifica dalla luce intensa di un’atmosfera dai toni chiari, freddi, in cerca forse di qualcosa che ancora non so dare una sua forma ma che sono un porto sicuro per il mio spirito.
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Titolo: Grandi speranze
Autore: Charles Dickens
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 10, 50€
N° di pagine: 656
Trama: La misteriosa fortuna che la sorte assegna all'orfano Pip, il suo altezzoso rifiuto dei vecchi amici, le sventure e le sofferenze che segnano il suo percorso esistenziale verso una consapevole maturità costituiscono la base di un racconto ove il senso di colpa e la violenza si fondono con spunti grotteschi nei quali la commedia assume connotazioni caustiche e crudeli. Dal momento in cui, nelle spettrali paludi del Kent, Pip si imbatte in Magwitch, un forzato evaso, fino all'ultimo incontro con la bella e cinica Estella che suscita in lui emozioni e turbamenti, il lettore si trova coinvolto in una vicenda tanto drammatica quanto affascinante.

domenica, dicembre 21, 2025

Gocce d'inchiostro: La cartoleria Tsubaki - Ito Ogawa

Sapevo che quando sarebbe sopraggiunto il Natale, questa sarebbe stata l’occasione ideale per parlarvi di scrittura, di arte e di parole. Di un’opera che espugna un tipo di espressione che richiede tempo, pazienza, precisione, induce a scoprire cose che a occhio nudo sono irrimediabilmente nascoste. Non ci sarebbe nulla da dire, nulla da utilizzare per realizzare una presentazione di senso compiuto. Eppure, parlare, l’arte di narrare qualcosa che non è tattile bensì visiva, è un'impresa. Si avverte uno strano smarrimento, si prova quasi soggezione. Un pennarello dalla punta sottile, un corollario di colori dalle tonalità o sfumature più accese, un quadro o una tela prettamente affascinante in cui la sua autrice si affida alla bellezza delle calligrafie,ma non di una in particolare, bensì di molti, che esorcizzano o denigrano l’eccessiva ricercatezza. Perché scrivere, non solo per se stessi ma anche per gli altri, è una dichiarazione d’amore che, specialmente nei momenti di difficoltà, può indurci alla salvezza, ancorarci alla speranza, al conforto di una nuova vita o prospettiva.

Titolo: La cartoleria Tsubaki

Autore: Ito Ogawa

Casa editrice: Neri Pozza

Prezzo: 18 €

N° di pagine: 304

Trama: La venticinquenne Hatoko discende da una genía di illustri calligrafe che, a partire dall’epoca Edo, hanno svolto funzioni di scrivane pubbliche. Questo, almeno, è ciò che le ha sempre raccontato la nonna, con cui la ragazza è cresciuta. Alla morte della nonna, Hatoko si ritrova a prendere il suo posto, sebbene a differenza di un tempo ora il mestiere consista – nella migliore delle ipotesi – nel tracciare in bella grafia un nome sulla busta per un dono in denaro, un epigrafe in memoria di un defunto o il nome di un nuovo nato oppure, ancora, l’insegna di un negozio, il motto di un’azienda o una semplice dedica. È dunque una calligrafa tuttofare, con il pennello e l’inchiostro sempre a portata di mano, nonostante all’apparenza figuri solo come la proprietaria di una piccola cartoleria di quartiere. La cartoleria Tsubaki è un negozietto di articoli di cancelleria e il servizio speciale di scrivano non è mai stato pubblicizzato in via ufficiale. Eppure, grazie al passaparola, sono in tanti a varcare la soglia della cartoleria con le richieste più sorprendenti: Hatoko si trova quindi a redigere eleganti biglietti d’auguri, a compilare telegrammi di condoglianze per la morte di una scimmia, a comunicare la fine di un amore, tutto rigorosamente scritto a mano e senza mai dimenticare che il suo lavoro è molto importante, perché contribuisce alla felicità altrui. La nonna, del resto, le ha sempre ripetuto che essere uno scrivano al servizio degli altri significa agire nell’ombra, come una controfigura, per aiutarli a comunicare emozioni anche molto profonde. Un giorno, alla cartoleria Tsubaki si presenta un giovane sconosciuto che parla un giapponese alquanto stentato. Con sé ha un sacchetto di carta pieno zeppo di lettere con un indirizzo italiano e vergate nell’elegante, inconfondibile grafia della nonna di Hatoko. Lettere capaci di sovvertire tutto quello che Hatoko ha sempre creduto di sapere non solo sul suo passato, ma anche su quello della cartoleria Tsubaki.

venerdì, dicembre 19, 2025

Nella baia delle parole: romanzi sfidanti. Le migliori letture

Nel mentre ripongo queste poche righe, seduta alla scrivania dinanzi a un computer che profuma ancora di nuovo, e, alle orecchie, il suono dolce e melodioso di un pianoforte, penso a quest’anno, questo 2025, fra una manciata di giorni pronto a congedarsi, a salutarci definitivamente, ma con una me fermamente consapevole di ciò che ha vissuto, visto. Personalmente e privatamente, da questo 2025 confidavo di poter ottenere qualcosina di più. Non che ciò che avevo progettato non sia andato a buon fine, ma quella vocina irreprensibile del mio cuore spesso mi sussurra qualcosa che forse non vorrei sentire, ma che detiene del vero: motivo per cui questo 2026 mi premurerò ad essere migliore di questo. Questo 2025, rivelatosi bello, ma questo 2026, dovrà essere bellissimo. Indimenticabile, soddisfacente, lusinghiero, zeppo di novità ed eventi che, se in un primo momento sconvolgeranno il mio universo personale, in un altro fungeranno da rimedio o cura, a qualunque assalto esterno. E, per i libri, la letteratura, quest’anno ha comportato al mio poter stare in uno stato di profonda beatitudine, in luoghi che non pensavo di poter vivere, vedere, in zattere o vascelli letterari che, sballottata da un posto ad un altro, hanno funto da portali segreti che alla fine si sono riempiti di magnificenza, bellezza. Quel calore che generalmente sortisce una storia, e di cui noi lettori spesso, inconsapevolmente o meno, ne abbiamo bisogno. Affinché la nostra vita continui ad essere stabile e soddisfacente.

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Esplica mediante un certo potenziale, espresso in una dolcezza inquieta, breve e incompleta il cui titolo, il colore, rosso, è riferimento alle quattro divinità animaliste della tradizione cinese che impartisce quei principi solidi mediante cui dovremmo muoverci, vivere mediante una goffa ma pertinace analisi individuale.


Titolo: Attenta, Cappuccetto rosso

Autore: Shoji Kaoru

Casa editrice: Einaudi

Prezzo: 18, 50 €

N° di pagine: 200

Trama: Tokyo 1969. La giornata di un ragazzo alle prese con le rivolte studentesche, una fidanzata permalosa che ogni due per tre dice di voler «mordersi la lingua e morire soffocata», signore della buona borghesia intente a combinare matrimoni, una dottoressa sexy e una bambina che lo farà piangere di dolore e di gioia. Un torrentizio flusso di parole in cui la polemica del giovane protagonista contro l’ipocrisia del mondo adulto e sempre intrecciata all’ironia e alla comicità. «La bulimia di "cioè", "in altre parole", "come spiegarmi?", "come farmi capire?" è la forma assunta dalla volontà di non cedere alla logica binaria del giusto / sbagliato, la rassegnazione accompagnata da un malcelato piacere nell'inseguire all'infinito un pensiero inafferrabile che è più sensazione che idea. Quando Kaoru si mette alle strette da solo ma è obbligato lo stesso a dare una parvenza di intelligibilità alle sue opinioni, allora ci investe con un profluvio di parole, i periodi si allacciano l'uno all'altro spasmodicamente in un rimando senza fine, i concetti si avvitano su sé stessi come in una spirale perpetua. Ma per nostra fortuna è un fiume di parole che si accompagna a una salutare dose di umorismo tutto sui generis, alla freschezza e all'ariosità di cui dicevamo e a un certo potere ipnotico» (dalla prefazione di Alessandro Clementi degli Albizzi).

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