domenica, novembre 22, 2020

Gocce d'inchiostro: L'affare Kurilov, Film parlato, La moglie di Don Giovanni, L'Orchessa - Irène Nèmirovsky

Parigi. Un bellissimo scenario, non c’è che dire. Parigi, che per antonomasia è definita la città dell’amore, del romanticismo, del sentimento. Parigi, che per un breve lasso di tempo, Irène Nèmirovsky visse con la sua famiglia e i propri cari, con un correlato di ricordi da cui si avverte nell’immediato un forte senso di angoscia, oppressione in cui la stessa autrice si mostra attaccata, legata a temi che le sono stati parecchio cari. La promessa di conversare con la sua anima il più possibile, di evitare le rappresaglie della Guerra, di attaccare discorso con la gente del posto per sentirsi unanime, unita a gente recisa dalle atrocità del secolo, leggendo così nient’altro che frammenti del suo passato, che spediscono dietro conversazioni che avvengono esclusivamente mediante un connubio di eufemismi, illusioni ed eventi di un epoca dimenticata. Quasi un eco estrapolato dal passato, antico e atipico in cui è stato davvero difficile non immedesimarsi, fondendosi in un unico quadro. Scrutando nel baratro delle incertezze con assoluto disincanto.

Titolo: L’affare Kurilov, Film parlato, La moglie di Don Giovanni, L’orchessa
Autore: Irène Nèmirovsky
Casa editrice: Newton Compton
Prezzo: 4, 90 €
N° di pagine: 256
Trama: La narrativa di Nèmirovsky, come quella dei maestri che ammirava, Cechov e Maupassant, ha la capacità di dipingere con semplici pennellate interi mondi ( interiori ed esteriori ), e intanto scavare dentro i destini individuali, trascinati o travolti dalle correnti della Storia. Questa raccolta si apre con L’affare Kurilov. Leon M. infiltratosi sotto mentite spoglie nella casa del potente ministro che deve eliminare, conoscerà le miserie umane della sua vita, il suo amore per la seconda moglie, per la quale è disposto a mettere a rischio la carriera politica, e soprattutto i tanti, troppi dubbi che non traspaiono dal suo agire con pugno di ferro. Film parlato è un racconto scritto quasi come una sceneggiatura, in cui dialoghi e didascalie essenziali portano avanti la vicenda con un risultato di grande nitore e vividezza. La moglie di don Giovanni è il diario di una tragedia coniugale, della quale veniamo a scoprire il terribile segreto, L’Orchessa, infine, è la storia di una donna che non vuole rinunciare alla bellezza, al fascino e al potere di un tempo.

La recensione:

<< Il vero potere è nelle mani dei pazzi o dei bambini, che non riescono nemmeno a riconoscerlo quando lo hanno tra le mani, e il resto dei mortali insegue un’ombra! >>

 

Mi è stato assegnato il compito di rifugiarmi fra le pagine di questi quattro racconti, operette perlopiù per me inedite, la lettrice che si cimenta in meandri nuovi e ancora da scoprire, ma una volta entrataci e modellato una forma che ha la stessa consistenza degli altri romanzi scritti dall’autrice, presi un attimo di fiato per schiarirmi le idee. Il correlato di scene, immagini che costellano queste raccolte, che si dirigono dritto dritto nei meandri più oscuri dei nostri cuori, dove mi sono attardata a restarci, mi indusse a fermarmi sui miei passi e riflettere. Irène Nèmirovsky aveva vissuto gran parte di ciò che vi è ritratto, anche se personalmente credo che ogni opera sia nettamente biografica, e ripose su taccuini sgualciti e macchiati d’inchiostro cose che all’epoca vennero tollerate ma che sono state sottratte e distrutte ogniqualvolta si riempiono di racconti o ricordi. E quasi tutto scritto da lei fu definitivamente definito con una certa passione, un certo lirismo come suoi tratti distintivi che alleggeriscono il tono tagliente di chi è in bilico perenne fra la vita e la morte.
In una manciata di giorni, fu così che mi ritrovai in una Parigi che conserva un certo fascino, in mezzo a vincitori e vinti il cui motore di distruzione è questa rivoluzione che recide i legami e gli animi. Patria della reminiscenza che ebbe fama per essere divenuta << buona >> grazie al sentimento che la Nèmirovsky riservò a queste pagine e che gravano sul tono confidenziale, quasi leggessimo pagine di diario. Questi quattro racconti hanno la stessa verve di altri romanzi precedentemente pubblicati dall’autrice, che come scrittrice e sfollata, e dopo aver vissuto esperienze perlopiù dolorose, fatti strani e ingarbugliati, che posseggono un patrimonio per la popolazione francese, che è sempre più stanca di inoltrarsi nel sentiero insidioso della vita con la protesta estrema contro un mondo di lacrime e sangue. Figli esiliati, privi di amore, che sguazzano nella povertà o nella miseria più assoluta nutrendosi esclusivamente di discorsi, letture, esempi di risoluzione il cui tono manca tuttavia di forza ed entusiasmo. Essere imperfetti, sbagliati è qualcosa che condiziona la vita di tutti noi. Ma grazie all’amore, la famiglia, gli amici, gli affetti ci rendono persone migliori. Poiché trincerati dietro gabbie dorate da cui per tanto tempo ci si è rifugiati. Ingenuamente si attribuisce la definizione di << maligno >> o << maledetto >> siano quelli ottusi o mascalzoni che stringono senza danno nelle loro maglie. L’ubiquità della Nèmirovsky, il suo essere assoluta, che a dispetto dei suoi concittadini visse una vita particolarmente agiata, sono figure piccole in contesti giganteschi che hanno prevalso maggiormente per il loro preservare il ricordo della Rivoluzione e della pace, a cui ci si attacca con un certo slancio. Ed io non ho potuto fare a meno di farmi trascinare, chiedendomi quali fossero le ragioni per cui ogniqualvolta certi romanzi mi fanno questo effetto.
È sempre bellissimo leggere i romanzi di Irène Nèmirovsky. Checchè essi siano racconti, saggi od opere autobiografiche, che toccano l’anima con minuziosi, piccoli dettagli che convergono nella realizzazione di un grande tutto che hanno la violenza, l’intensità di un pugno sulla faccia. Ritrarsi alla tradizione che i parigini dovettero vivere sulla propria pelle per indossare e vestire panni scomodi, insopportabili, che aderiranno poi alle loro fragili membra, usanze abominevoli che avrebbero dovuto essere aboliti da anni ma che perpetuano nel loro lento avvenire, un ritorno alle umilianti iniziazioni della vita da umile lavoratore francese. Ad ogni modo, la Nèmirovsky li identifica come anime che sono tenute in vita grazie ai richiami del passato, in cui aspetti come la pazienza, la diversità, l’amore proiettano quasi fuori dal tempo, a confidare che forze superiori possano trapelare e vincere sopra ogni cosa.
Di romanzi nuovi della Nèmirovsky oramai ne sono rimasti pochi, che compongono gli scaffali della mia libreria già da qualche tempo. In un periodo prevalentemente inaspettato, questa raccolta di racconti mi indusse a divorarne le pagine e a guardarmi dentro e constatare come non si tratti di nient’altro che di piccoli squarci di anima che tendono la mano a chiunque. Mi compiaccio sempre immaginando questa giovane ambiziosa donna raccogliere nel palmo della sua mano piccole anime che come un piccolo convoglio si sono raggruppate o attanagliate da dolori o simili tormenti, senza comprendere appieno il vero significato di questo raccolto né perché previde un numero alquanto ampio di storie, e poi ha abbracciato e continua ad abbracciare me con il cuore colmo di amore, affetto, che non potei davvero non innamorarmi di lei e di tutto ciò che si portò dentro. La situazione ritratta in questi racconti, non scevra da quei concetti o prototipi imposti dall’amore o dall’amicizia, di cui la Nèmirovsky è sempre bravissima, troppo seria, scrupolosa, algida a cui ho riservato un’attenzione maggiore, più di un semplice attacco di comprensione, di un rapporto abituale in cui l’individuo si veste dei mali che attanagliano la sua anima fragile e debole: il raggiungimento di eroe indistruttibile, quindi Super Uomo.
La forza cui si riserva a Dio bisognerebbe renderci più umani, solidali, unanimi a combattere qualcosa più grande di noi alimenta una scintilla di cenere che man mano diventa sempre più forte, culla tanti deliziosi ritratti di anime appassionate ma semplici che sono il prototipo di un disegno ambizioso, delicato ma importante, in cui sebbene ci si impegna a passare lo straccio sul passato, cancellare quei momenti di astio o povertà che attanagliano il nostro cuore trascina sempre più nel basso, non pienamente soddisfatti nemmeno quando si raggiunge l’agognato traguardo.
Scavando in ogni azione, nell’illusione di incidere nel destino qualcosa di cui non ci si stanca pur di sopravvivere, è necessario cogliere certe occasioni. Nonostante è davvero difficile dissipare i mali del tempo.
Racconti che emergono dal passato come immagini ben definite, con una voce dolce ma altrettanto aspra, uno sguardo profondo di occhi intensi, accesi ma imperscrutabili, dai contorni marcati, opere esposte ai venti della vita, predisposti sulla condizione di benessere e sopravvivenza a cui fa riferimento l’autrice. E la bellezza in tutto ciò deriva dal fatto che talvolta il cervello produce automaticamente qualcosa di indispensabile. Ma nell’attimo in cui veniamo travolti dalla risacca disomogenea delle emozioni è davvero impossibile ignorare tutto ciò.

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti:

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