venerdì, novembre 20, 2020

Gocce d'inchiostro: La guerra dei papaveri - R. F Kuang

Certi racconti, certi romanzi, giungono nel tuo cantuccio personale senza che nemmeno te ne accorgi. Si affermano sulla scia dei romanzi fantasy per giovani adulti, per adulti o lettori voraci e famelici, lunghi circa cinquecento pagine a tomo, con l’intento di lasciare un segno del loro passaggio. Alla pubblicazione di questo romanzo, rammento quanto fossi indecisa se approcciarmi alla sua lettura o meno: affannarsi ed iniziare un viaggio che avrebbe proclamato certi diritti e doveri, combattendo al punto di sacrificare se stessi e tutto ciò che ci circonda, o lasciare tutto nelle mani del caso e pazientare l’arrivo della sua chiamata? Ma l’anima di quest’opera giunse come un eco chiaro e prorompente alle mie piccole orecchie, con la spiacevole situazione che Rin dovette vivere sulla propria pelle pur di non essere più utilizzata come un oggetto sacrificabile, un animale da macello. Poiché appartenente ad un'unica e specifica tribù, gli speerliani, che non hanno mai rinunciato alle loro illusioni combattendo, proclamando la loro supremazia dinanzi a qualunque forma o assetto materiale. Se ciò avrebbe comportato scovare la pace, sarebbe stato necessario rivendicare così la memoria di ogni forma di vita che in passato perse la sua umanità. E quasi come una forma di riscatto, questo romanzo bellico, avventuroso, avvincente e frenetico ci induce ad assistere alla sua nascita e alla sua maturazione, alla proclamazione di certi valori che il tempo ha sbiadito, combinando ad elementi epici situazioni che hanno una parvenza sadica che personalmente non mi hanno infastidito. Ma tutti convergenti nella realizzazione di un unico essere, un meraviglioso quadro che conferiscono un forte senso di angoscia, una certa sofferenza, poiché calamita per forme anonime, incolori, indescrivibili che si incurvano al nostro tocco come nastri di seta.


Titolo: La guerra dei papaveri
Autore: R F Kuang
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 22 €
N° di pagine: 516
Trama: Rin ha passato a pieni voti il keju, il difficile con cui in tutto l’impero vengono selezionati i giovani più talentuosi che accadranno a studiare all’Accademia. Ed è stata una sorpresa per tutti: per i censori, increduli che un’orfana di guerra della provincia di Ji potesse superarlo senza imbrogliare; per i genitori affidatari di Rin, che pensavano di poterla finalmente dare in sposa e finanziare così la loro impresa criminale; e per la stessa Rin, finalmente libera da una vita di schiavitù e disperazione. Il fatto che sia entrata alla Sinegard – la scuola militare più esclusiva del Nikan – è stato ancora più sorprendente. Ma le sorprese non sono sempre buone. Perché essere una contadina del Sud dalla pelle scura non è una cosa facile alla Sinegard. Presa subito di mira dai compagni, tutti provenienti dalle famiglie più in vista del Paese, Rin scopre di avere un dono letale: l’antica e semileggendaria arte sciamanica. Man mano che indaga le proprie facoltà, grazie a un insegnante apparentemente folle e all’uso dei papaveri da oppio, Rin si rende conto che le divinità credute defunte da tempo sono invece più vive che mai, e che imparare a dominare il suo potere può significare molto più che non sopravvivere a scuola: è forse l’unico modo per salvare la sua gente, minacciata dalla Federazione di Mugen, che la sta spingendo verso il baratro di una Terza guerra dei papaveri. Il prezzo da pagare, però, potrebbe essere davvero troppo alto.

 
La recensione:

Voi umani credete sempre di essere predestinati a qualcosa. Alla tragedia o alla grandezza. Il destino è un mito. Il destino è l’unico vero mistero rimasto. Gli dei non scelgono alcunchè; sei tu a scegliere.


Non è che fossi contraria o restia a leggere questo romanzo o lasciarsi andare o andare in orbita, ma avevo bisogno della sua chiamata per farlo, e adesso che sono reduce dalla nostra separazione, avvenuta qualche ora fa, la mia prima impressione e la mia prima esperienza con il mondo cinese non riesce a scindere l’idea di essere ciò che io credevo di poter vedere che va al di là di qualunque mia necessità. La guerra dei papaveri è un epic fantasy che possiede del potenziale, del prestigio, vita quotidiana con la possibilità di mettersi in gioco, combattendo e salvaguardandosi, di stare insieme in un'unica flotta in cui la memoria dei cari perduti bisogna essere ripristinata. Ma comprendo come certe tematiche, nonostante la semplicità della frase in sé, non debbono essere prese sottogamba e che bisogna possedere un certo talento, delle nozioni, degli << stratagemmi >>, addirittura conservare ricordi famigliari che fondano le loro radici nel passato, purché il viaggio che intraprenderà la protagonista, Rin, avesse bisogno di più spazio di quel che sembra, che la realtà circostante e soffocante l’aveva resa allergica a qualunque forma di sottomissione e pressione emotiva, e che se avrebbe preteso molto più di quel che si era prefissata, più di quel che era disposta a dare, prima o poi sarebbe accaduto qualcosa. Un complicato caleidoscopio di situazioni o eventi che richiamano certe tradizioni della cultura giapponese e cinese, e che evidenziano quanto sia importante il passato in tutto ciò. Forse fin troppo agguerrita, a tal punto di renderla più di un semplice personaggio di carta e inchiostro, ma esecutrice di un certo potere che le avrebbe concesso quella libertà, quella pace tanto sperata quanto agognata. Mi rendo conto che sembrano pensieri eccessivi, se pensiamo che mi riferisco ad una ragazzina di soli diciotto anni, ma la sua voce è stata fin troppo assordante. La sua autrice ha tentato di farla stare zitta, ma invano. Anche se la stessa Kuang, che estrapola questa storia dalle tradizioni che sono insite nella cultura cinese, nel quale gli stessi cinesi furono soggetti ad atteggiamenti malevoli.
Quando ci si imbatte in storie di un certo livello, mi trovo sempre in difficoltà. L’idea di delineare i limiti della vendetta e che la protagonista oltrepasserà, un paese che si appresta ad infuriare presso un destino cruento e sadico, e che perpetua negli anni, ha un chè di straordinario. Sensazionale e sconvolgente non tanto per il tema in sé, quanto per Rin. Eroina in gonnella che spicca in mezzo a un marasma di miseria, povertà e lerciume perché timorosa di essere solo un tramite e non quella combattente gloriosa e forte. Lei che, ritratta in ogni forma e sfaccettatura, è la proiezione personale della storia dell’autrice, intimamente connessa al mondo materiale grazie alla meditazione, gli allucinogeni, l’oppio il cui spirito forte e potente prevalerà contro ogni avversità e impossibilità di vivere in pace.
Ce l’ho messa tutta a cogliere i suoi aspetti d’animi e rispondere alle mute suppliche del cuore, sottili indicazioni che dicono molto più di quel che sembra e che dicono come quelle tre linee narrative marcate – Rin e il suo affacciarsi sul mondo; Rin che osserva il suo popolo combattere una guerra che non avrà mai fine; Rin che muterà la trama dell’universo lacerando e aprendo un grosso buco nel tessuto della realtà – rispondono a una forma distorta di sopravvivenza in cui protagonista assoluta è la vendetta. Vendetta perché si rincorre qualcosa di tradizionale che confluisce in continui scontri bellici, vendetta perché appartenenti a una geriarchia in cui la forza, la distruzione, la creazione, l’amore e l’odio si contrappongono e completano verità fondamentali. Se Rin avrebbe potuto aspettare il suo tempo per divenire più forte e invincibile, per ricordarci il suo essere ostile a farsi sottomettere da una data gerarchia o restare inerme affinchè qualcosa o qualcuno avrebbero cambiato le sorti, avrebbe equivalso non detenere più quel potere che non rende i protagonisti della Kuang particolarmente buoni o cattivi, nonostante il loro spasmodico desiderio di distruzione, né di riavvolgere il nastro del tempo per riportare in vita i morti. Solo così sarebbe stata più libera, ma anche maggiormente meschina che non giustifica il suo perenne abbandono al furore di un destino in cui bisogna prevalere. Non giustifica ampiamente quel lato violento di cui è farcito il romanzo e che fluttua come forma immutabile e intransigente. Prende ogni decisione perché sa che così facendo si sarebbe sentita più libera e felice quando sarebbe stata lei a decidere, che è esattamente ciò che la sua autrice voleva, ritrarre un personaggio fiero, orgoglioso, irreprensibile ma rancoroso, liticondo, figura vacua dai lineamenti pallidi quasi sempre nascosta da forme di diniego e repulsione. Ma viva, quasi tattile, grazie ai forti legami che riserva alla famiglia, alle sue origini a ciò che ci rende ciò che siamo.
Ho considerato La guerra dei papaveri una fortuna per essere stato quel compagno perfetto, quell’espediente con cui ho trascorso ammaliata interi pomeriggi, con laude pause durante i pasti e i turni lavorativi. Affondando in un pozzo di crudele sfinimento, e nei parecchi secondi di nebbia che si distacca dal mondo odierno scoprendomi emozionata, sconcertata più del previsto. Il primo volume di questa saga è davvero una ventata d’aria fresca, bello e piuttosto significativo.
Ogni cosa ancora saldamente ancorata alla mia mente. L’opposto puro della vita di un adolescente qualunque. L’opposto puro di tutto, in effetti, perché La guerra dei papaveri non possiede niente di puro, paternalistico, piuttosto assediato da forme distorte di ribellione dal quale si evidenzia la connessione che c’è fra Dio e l’uomo, il quale cammina nel mondo dei sogni, degli spiriti, delle divinità rinnegando ciò che si è fuso con l’esistenza. Avanzando a tentoni nel limbo in cui la materia  e l’azione non sono ancora stati determinati. La morte diviene così non la conclusione, il punto alla fine di una frase, bensì un grande riconoscimento. È la prassi. Rin è una giovane combattente che a sua insaputa sta allestendo una specifica unità di lotta, che dipinge il carattere forte, la tempra solida e inespugnabile di un sicario che presto o tardi temerà chiunque.
Quello di R F Kuang è un fantasy epico per adulti costruito mediante aspetti che esplicano un unico assetto: esplicare la sofferenza. Evidenzia come, mediante una sequela di errori, l’individuo è soggetto a scontri e razioncini vari, e che lo rendono atipico e particolare non quanto per la storia in sé tanto per la protagonista. Il suo essere originale, in mezzo a carcasse di guerrieri morti in battaglia, innumerevoli dettagli che richiamano la tradizione cinese scritti in maniera alquanto realistica e attenta che hanno un’importanza simbolica e non metaforica.
Ho così vissuto una storia che irrimediabilmente si è impressa nella mia memoria. Una lettura che mi ha donato la sensazione di essere avvolta in un atmosfera densa come caramello, appicciosa e soffocante, dove predomina la malvagità, il desiderio di sopraffare il prossimo, la vendetta, la lealtà, lo sconforto, rappresentano il guizzo di una storia che ha appena emesso un vagito all’inizio di una nuova era e che è possibile leggere o interpretare come se stessimo guardando un caleidoscopio dai toni sgargianti e forti nella cui combinazione si avvicendano a decorazioni belliche.


Le vie del cielo operano senza indugio e non lasciano traccia del loro passaggio in alcun luogo; cosicchè tutte le cose raggiungono la perfezione grazie ad esse…

Valutazione d’inchiostro: 5

2 commenti:

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