domenica, giugno 12, 2022

Gocce d'inchiostro: Una nobile donna - Frances Hodgson Burnett

Lascio sempre che siano i fatti a parlare da soli. Se mi trovo nuovamente qui, a riporre queste poche righe, è perché scrivere mi aiuta a mettere in contatto il mondo di qua con quello di là. È anche un distacco dal mondo, poiché le vite che vivo non sono completamente mie. Ci si immedesima nei panni, nelle vicende di una giovane donna che, nel momento in cui l’amore busserà alla sua porta, sconvolgerà completamente il suo universo personale. Se desidero che la pila della vergogna decresci sempre più è necessario accettare qualunque inconveniente. Lasciarsi andare all’ondeggiante ritmo di parole che, messe di traverso nella corrente di un fiume, potrebbero sorprenderti o colpirti drasticamente. Ed ecco che mi sono imposta di vivere qualunque avventura le mie strapiene librerie mi portano: l’esigenza di tuffarsi in storie che attendono di essere lette da un sacco di tempo e tenersi allo stesso tempo in disparte come un ospite, un osservatore esterno. Con il romanzo di Frances Hodgson Burnett mi sono sentita così: un’intrusa, un ospite indesiderato che nonostante l’atto di tuffarmi fra le pagine della sua storia abbia sortito svariate emozioni, restarne del tutto fuori tuttavia fu un vero e proprio problema. Non ho simpatizzato con Clorinda, nobildonna furba, saccente, altezzosa e ligia al dovere, lontana dal suo mondo e da quei rigidi dogmi che tuttavia le continuano a girare intorno come una trottola. Tuttavia non farsi coinvolgere è stata un’impresa, specie nel momento in cui Clorinda si avvierà verso un processo di pura rinascita. Del resto essere lettori comporta anche questo, non poter mai sapere cosa aspettarsi dalla vita o dagli stessi personaggi, sebbene ci si guarda attorno prevedendo ogni mossa. E personalmente amo quando ciò accade, perché in un certo senso comprendi molto più di quel che c’è da comprendere, spiegare il significato del perché ci si tenga ancorate a certe cose sebbene non coincidono completamente con la tua anima. Proprio come speravo, metodo più ragionevole che in un certo senso agitano il tuo spirito.

Titolo: Una nobile donna
Autore: Frances Hodgson Burnett
Casa editrice: Elliot
Prezzo: 17, 50 €
N° di pagine: 256
Trama: Quale sorpresa sarà quest'incredibile romanzo per il lettore italiano. Chi si aspetta una semplice storia d'amore ambientata in epoca vittoriana o chi crede di ritrovarvi elementi comuni con la letteratura per l'infanzia ("Il piccolo Lord" e "Il giardino segreto"), per cui Frances Hodgson Burnett è maggiormente nota, rimarrà meravigliato e positivamente colpito. La scrittura e i contenuti eccezionalmente moderni, i protagonisti dallo spessore profondamente realista, i dialoghi vivaci, i temi trattati rivoluzionari per l'epoca e, in alcuni casi, persino per quella odierna rendono la storia di Clorinda, la nobile donna cui fa riferimento il titolo, un'eroina indimenticabile. La sua storia è emblematica di una condizione femminile comune nei secoli passati: alla sua nascita, la madre muore di parto e il fatto che sia una femmina la priva di ogni valore agli occhi del padre, il quale rifiuta ogni contatto e l'abbandona. Qualche anno dopo, l'uomo torna e trova una bimba fuori dal comune, i cui modi lo conquistano, creando così un forte legame tra loro, destinato a durare nel tempo. Clorinda diventerà una giovane donna dalla lingua tagliente e dalla volontà di ferro, capace di capovolgere gli schemi che la vorrebbero docile e sottomessa alla volontà degli uomini, una donna di nobili sentimenti in grado di affrontare ogni esperienza (incluso l'amore) con coraggio e determinazione.

La recensione:

Quanto sarebbe durata questa lettura?
Nel mentre ripongo queste poche righe, penso a quanto spesso mi sia chiesta per quanto tempo mi sarei trascinata un romanzo la cui protagonista si è rivelata antipatica, saccente, furba. Clorinda, giovane nobildonna abituata a condurre una vita agiata, si posò dinanzi al mio cerchio quasi senza che me ne rendessi conto e famigliarizzare con lei, instaurare anche un minimo legame, fu davvero difficile. Si era coperta sotto strati e strati di diffidenza, alterigia, diffidenza che quelle povere creature che la attorniarono come cuccioli in calore, la condussero a vivere con coscienza << operazioni >> contro il suo non poter essere diversa dagli altri, spiccare in mezzo a una folla di gente umile e riservata. L’autrice credo abbia riversato se stessa in Clorinda, esprimendo le svariate difficoltà che una nobildonna doveva incorrere per spiccare in società. Ma a mio avviso irrilevanti perché a volte non basta possedere una certa dote per spiccare nel bel mezzo del niente.
Eppure Clorinda ha aspettato per tutta la vita, rintanata nella soffitta della sua casa, nel grembo freddo e cinico di un padre severo e rigido, non immaginando che al peggio non c’è mai fine: la sua bella e fatiscente casa, i suoi genitori, i suoi libri, le intercettazioni spontanee con la natura, cessarono nel giro di un battito di ciglia. Ma Clorinda sa di non essere sola perché sebbene sua sorella minore, Anne, non l’abbandonerà mai, rievoca ricordi, apre ferite dell’anima non ancora marginate che rivelano tuttavia una certa predisposizione per cosa e chi la circonda. Riconoscere la propria identità, capire come ci si senta nel bel mezzo del niente, sfuggendo da ogni convenzione, da qualunque cosa, il cui potere della letteratura fu puro e spontaneo. Ogni cosa sarebbe stato espresso con la potenza delle parole.
Una trama apparentemente banale che si districa in vicende di vita quotidiana, talvolta monotone talvolta appassite dai miasmi del tempo, che l’autrice identifica come principale oggetto di studio. Verve dell’intero romanzo che mediante la presenza di figure di spessore, dà credito al rapporto fra uomo e natura secondo cui la stessa agiva da arma che da semplice congegno cognitivo.
Ho letto questo romanzo senza alcuna pretesa e con gli stessi sentimenti che riverso ai classici. Non pretende di essere capito, piuttosto sapere come ci si sente quando si resta soli, e non vogliamo nient’altro che essere lasciati soli, disperatamente incompresi.
Tali parole, sebbene adoperate in maniera diversa, mi hanno fatto sparire. Mi hanno indotta a << dialogare >> con la sua autrice, e osservando come Cordelia si fosse battuta in filippiche in cui denunciava l’egoismo del prossimo e la vita borghese, ho identificato come la ragione prevalga spesso e non poche volte sul sentimento. Questa tipologia di romanzi mi lasciano contagiare dalla malinconia, raccogliere tutta la passione insita nell’animo per poter fagocitare storie come queste. Qui mi si sono presentate delle cose bellissime: la casa, un giardino di una splendida tenuta, personaggi che hanno vissuto e respirato assieme a me. Una penna mossa da una mano invisibile che traccia un segno indelebile: una luce che divampa nella notte, il mondo di carta in cui amo viverci perfetto e tangibile.
Una miscela disomogenea di colori che convergono in un unico quadro, un pasto lauco per un lettore avido di storie ma non soddisfacente del tutto, una pace interiore perfettamente rimodellata e costruita come una corazza, abilmente realizzata mediante un momento di perpetua follia. Un’ opera solennemente letteraria che evidenzia come la bellezza talvolta può essere colei che lega qualcosa di forte, tangibile, indelebile che ha funto da filo conduttore fra me e questo mondo, che però non fa trattenere il fiato come credevo ne richiama la narrativa romantica vittoriana a cui sono abituata, che è arrivato in sordina, mi ha reso partecipe di una vicenda dolce/ amara in un mare di ricordi che fluttuano nel tempo sempre più remoto.

Valutazione d’inchiostro: 3+

2 commenti:

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