giovedì, gennaio 12, 2017

Gocce d'inchiostro: Oblòmov - Ivan Goncarov

Buon giovedì, amici lettori. Dopo l'intervista con la cara Jd Hurt, una breve chiacchierata con protagonista lei e la sua duelogia d'esordio, in cui mi è stato possibile aprire una finestra su un mondo in cui ho potuto contemplarne le meraviglie, dopo qualche giorno di inattività torno a farvi nuovamente compagnia con la recensione di un classico della letteratura russa, Oblòmov, la cui anima romantica è planata lentamente nel mio cuore di lettrice.
In balia di sensazioni particolari, sensazioni delicate e profonde, che mi hanno invitato ad aprire porte che mi hanno invitato a entrare e a scorgere la bellezza di ogni cosa racchiusa al suo interno, persino la più insignificante, mettere in ordine i pensieri, confesso, non è stato facile. E, quando l'ispirazione arrivò, le parole e le immagini sgorgarono dalle mie mani come se avessero aspettato con rabbia nella prigione dell'anima.
Augurandovi buona lettura, se ancora non l'avete fatto, vi invito caldamente a inoltrarvi fra le pagine di questo classico della letteratura russa in cui vi sorprenderete a non percepire la minima traccia di animazione nel trentenne Oblòmov, comprendendo che in un silenzio compatto il martellare del nostro cuore è l'unico segno di vita presente.
Titolo: Oblòmov
Autore: Ivan Goncarov
Casa editrice: Bur
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 580
Trama: Un provinciale idealista vive a Pietroburgo della rendita di una tenuta dimenticata, nella più assoluta inerzia fisica e psichica. In una camera coperta di ragnatele e di libri ingialliti giace su un divano, dormendo e sognando, stanco e insensibile ai rumori della vita.

La recensione:

Tutto ciò era un unico cantico, un'unica melodia, un'unica luce che ardeva vivida, mentre i suoi raggi si infrangevano in rosa, verde e paglierino, fremendo nell'atmosfera che li circondava. Ogni giorno e ogni ora portavano suoni e nuovi raggi, ma la luce che splendeva era unica, il tema che risuonava era lo stesso.

Mi trovai in quello stato in cui si trova chi ha appena accompagnato un anziano nella sua dimora e si delizia della purezza di questo gesto, senza distogliere lo sguardo dal suo viso rubicondo, senza voltarmi indietro, verso il punto in cui mi avrebbe permesso di tornare a casa, pensando solamente al suo ardente desiderio di eterna quiete. All'assenza di movimento, paura o pericolo che lo indusse a ergere un muro contro i brutti sogni e a trincerarsi in un mondo diverso, irreale che concateni cause ed effetti di un fenomeno al di fuori del fenomeno stesso.
Sdraiata su un letto ingombro di piumoni e coperte e deliziandomi per le vicende vissute nel mio ultimo incontro col provinciale Iljà Oblòmov, sentivo ancora su di me gli ultimi raggi del suo sguardo vacuo. Leggerne il significato, carpirne la sua anima sognatrice ma indolente determinò la mia permanenza nella sua vecchia e aristocratica dimora, nella dacia campagnola di San Pietroburgo, che mi indusse ad agire con intensità, ad accogliere la sua immagine come se si muovesse in vicinanza, nella nebbia, come un innamorato che attende il ritorno della sua amata con sguardo tetro e addolorato. Ma cosa avrei potuto fare se l'idea di proporgli una chiacchierata mi sembrava una scelta improponibile? Oblòmov non avrebbe tollerato a lungo la mia presenza, cosa che consideravo praticamente impossibile, perché il suo disinteresse non si limitava unicamente a me, ma si estendeva anche a quella piccola cerchia di persone che lo consideravano amico. Le motivazioni? Semplici! Sprecare tempo, idee, esercitare la propria anima per inutili inerzie, mutare convinzioni, vendere l'intelligenza e la fantasia non dando pace nemmeno a se stesso, è una crudeltà estremamente angosciante, dinanzi agli occhi del mondo.
Forse attendere che una passione tumultuosa gli sconvolgesse l'esistenza, una febbre violenta gli bruciasse l'anima, una gioia incontenibile lo obbligasse a prendere decisioni trascendentali sarebbe stata una svolta all'inesorabile senso della sua vita?
Una sfida letteraria indetta su Facebook, risvegliarono la mia curiosità addormentata, invitandomi a pensare che inerpicarsi su una strada sconosciuta come quella che lentamente si è snodata fra le pagine di Oblòmov, malgrado le mie continue reticenze, non fosse del tutto inutile. A sua insaputa, Iljà mi aveva convocata nella sua polverosa dimora con tradizionale urgenza, ed io avevo accettato l'invito con una certa curiosità, temendo che il mio nuovo amico d'inchiostro mi riservasse qualche inutile e spiacevole sorpresa. Con lo stesso entusiasmo con cui abbraccio storie di autori sconosciuti, ho seguito con fervore l'incredibile sete di vita di un uomo solo e insoddisfatto. Allusione alla massa umana che, come un eco remoto o un riflesso opaco, ha scandito pomeriggi all'insegna della solitudine e della monotonia. Sprofondando dentro di lui e vivendo nel mondo da lui stesso creato. Trascinata dalla corrente scintillante dei sogni, volgendo gli occhi a un fato un po’ crudele ed egoista che si limitava a riversare macchie d'inchiostro in un paesaggio rurale in cui sembra impossibile cogliere speranze o consolazioni.
Come un sonno lungo e purificatore, sono stata a bordo di una nave il cui lento e pigro flusso mi ha trasportata in un'altra epoca, in un altro luogo, fra gruppi di artisti e girovaghi. Ho osservato silenziosamente questo meraviglioso paesaggio, sebbene simile a un catino di rame ben lucidato, musa ispiratrice di un poeta russo, che ha ricambiato il suo sguardo con passione ed eloquenza. Io che ho sempre creduto alla poesia delle passioni, ad entusiasmarmi alle sue manifestazioni burrascose, alle sue conseguenze, ho abbracciato la storia di Goncarov come se si trattasse di una rinascita. La rinascita di un satellite silenzioso e solitario, affetto da oblòmerismo, che ha fluito nel suo animo per tanto tempo come un lungo letto uniforme.
In un sudario di oppressione, inattività, che hanno attanagliato le mie fragili membra come un cappotto troppo ingombrante, la storia di Goncarov è un quadro prettamente realistico di uomini o artisti russi dell'epoca ottocentesca che, infittendosi come nebbia nel momento in cui ho scorso un barlume di energia in un mare di tediosità e spossatezza, ha fatto vibrare il mio cuore con una strana armonia. Come il tentativo di aprire il nostro cuore ad un uomo che di forza di volontà ne ha ben poco e che, evidenziando il confronto con l'aristocrazia e l'individuo nella società borghese, è una novella che nel suo grigiore splende e illumina i cuori di chiunque, inaspettatamente, decide di inoltrarsi fra le pagine di questa stramba storia.

Senza di te, anche per me non c'è più giorno, non c'è più vita; di notte sogno sempre vallate in fiore. Se ti vedo, sono buono, attivo; se no, mi annoio, sono indolente, avrei voglia di coricarmi, senza pensare a nulla… Ama, non vergognarti del tuo amore.

Valutazione d'inchiostro: 4

7 commenti:

  1. Come sempre, complimenti per la splendida recensione capace di appassionare sempre!
    Mi hai incuriosito. Devo ammettere che per me la letteratura russa è ancora un inesplorato universo ed un indecifrabile mistero: secondo te Oblomov potrebbe essere un buon inizio per questa avventura? :)

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  2. Wow!! che recensione appassionata :-)

    Io sono invece tendenzialmente un'amante della letteratura russa... ho letto diversi autori, da Tolstoji a Pasternak a Gogol fino al mio amatissimo Bulgakov. Tutti - a mio parere - assolutamente straordinari.
    Oblomov è tutt'ora una grave carenza tra i miei viaggetti letterari... carenza che spero un giorno di colmare!!
    Intanto, mi sono goduta volentieri la tua splendida recensione.. brava!!!
    un abbraccio

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  3. Ciao Gresi, non conoscevo questo libro e la sua trama mi ispira e irrita allo stesso tempo, non so perché :) Sono comunque curiosa di leggerlo, i classici sono un genere che ho abbandonato da un po' e vorrei riprenderli. Bellissima recensione, complimenti :)

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    1. Grazie mille, Maria! Se lo leggerai, ti assicuro, non te ne pentirai :)

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