Salve, ragazzi! E' trascorso un po' di tempo dall'ultima volta che ho
aperto blogger, pubblicato l'ennesima recensione, trapelato qualcosa di me con
parole che mi hanno aiutato nel momento del bisogno. In questo primo giorno
della settimana, però, rieccomi nuovamente pronta e determinata più che mai ad
esporvi il mio pensiero riguardante un classico della letteratura italiana: Se
una notte d'inverno un viaggiatore. Pilastro della produzione calviniana che, a
mio avviso, bisognerebbe leggere almeno una volta nella vita. Un 'opera
sensazionale e travolgente sull'immediato quanto benefico potere che cela
talvolta la parola scritta, la cui natura invisibile e sconosciuta trascina in
un limbo letterario illuminato sospeso fra due oscurità: quella del fascino di
chi legge e quello invisibile della cittadella che alberga la mente
dell'autore.
Spettatrice
di qualcosa che non avevo ancora visto, il mio pensiero, le mie prime
impressioni indelebili come un tatuaggio, in uno spessore di piombo fitto e
opaco in cui sono potuta passare inosservata e spedita.
Titolo: Se
una notte d'inverno un viaggiatore
Autore:
Italo Calvino
Casa
editrice: Oscar Mondadori
Prezzo: 14 €
Trama: Un viaggiatore, una piccola stazione, una valigia da consegnare a una
misteriosa persona... Da questa premessa si possono snodare innumerevoli
vicende, ma sono dieci quelle che l'autore propone in questo sorprendente e
godibilissimo romanzo. "E' un romanzo sul piacere di leggere romanzi:
protagonista è il lettore, che per dieci volte comincia a leggere un libro che
per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. Ho dovuto
dunque scrivere l'inizio di dieci romanzi d'autori immaginari, tutti in qualche
modo diversi da me e diversi tra loro." (Italo Calvino)
La recensione:
Ho un bel dirmi che non ci sono più
città di provincia e forse non ci sono mai state. tutti i luoghi comunicano con
tutti i luoghi istantaneamente, il senso d'isolamento lo si prova soltanto
durante il tragitto da un luogo a un altro, cioè quando non si è in nessun
luogo. Io appunto mi trovo qui senza un qui né un altrove, riconoscibile come
estraneo dai non estranei almeno quanto i non estranei sono da me riconosciuti
e invidiati.
In un luogo
sconosciuto, ma suggestivo, su una vecchia scrivania ingombra di cartacee e
vecchie stilografiche, fogli e quaderni sparsi alla rinfusa, c'è un giovane
uomo che scrive. Tutti i giorni dopo aver svolto le sue mansioni abituali siede
alla scrivania. Si guarda attorno come se dimentico di qualcosa ed estraneo al
mondo esterno - separato dall'avversario con una spinta furiosa - comincia a
scrivere. In quest'aria trasparente e sottile mi è parso di cogliere nella sua
figura immobile i segni di quel movimento invisibile che è la scrittura, lo
scorrere dello sguardo e del respiro, il fluire o l'arrestarsi delle parole,
gli slanci, gli indugi, le pause, l'attenzione che si concentra o si disperde,
le cancellature, un percorso che sembra uniforme e invece è sempre oggetto a
mutazioni o cambiamenti.
Da quanto tempo ho
abbracciato la scrittura? Con certezza non so dirlo, ma posso affermare che
scrivere mi ha sempre donato un certo senso di abbandono. Fra la mia anima di
lettrice e l'anima di chi scrive s'instaura quasi sempre un rapporto passionale,
un legame forte e stabile. Ma che cosa succederebbe se fosse qualcun altro ad
abbandonarsi alle mie parole, senza nessun rapporto con chi mi legge? Seduta
alla scrivania, con il cursore di Word che continua fastidiosamente a
lampeggiare penso che ci sarebbero tanti capitoli che vorrei cominciare. Tante
storie che avrebbero bisogno di un battito per vivere; tanti amici da cui
ritrarre conforto e solidarietà. Da quando il blog è in vita, il piacere della
lettura e quello dello scrivere si sono rafforzati. Ciò che riporto in queste
pagine bianche ha come fine lo stato d'animo di una giovane sognatrice,
romantica e un po' malinconica, ed è uno stato d'animo che gran parte delle
volte tengo a bada.
Tutti i romanzi letti,
ogni storia vissuta è diversa a modo suo e l'atto dello scrivere, mi dico, è
spesso il risultato dello sforzo innaturale cui mi sottopongo scrivendo di
personaggi immaginari il cui respiro si fonde al mio; l'operazione dello
scrivere diventa così un processo naturale, un fiume di parole conduce a
sfiorare i bordi della mia anima, a fermarsi per un attimo prima di essere
assorbite dalla linfa vitale del mio essere. Prima che questa svanisca del
tutto, muti in qualcosa di personale e incomunicabile.
Dal momento che ho
terminato di leggere questa storia, all'improvviso il mio stato d'animo nei
riguardi di quest'autore è completamente mutato. Il mio animo è pervaso da una
certa luminosità. Il mio corpo avvolto da un forte e caloroso abbraccio. Non
passa neanche qualche minuto che nella cittadella della mia coscienza sbocci
l'arcobaleno: ogni forma e colore sembrava trasmettere una certa tranquillità.
Ed io non ho potuto fare a meno di lasciarmi completamente andare. E' una
sensazione straordinaria. Parole ricche di significato, forti e dure, semplici
e innocue mi colpirono in ogni parte. Nella corrente di questo fiume c'era un
senso di comunione col mondo, come se mi sentissi finalmente nel posto giusto,
e ciò provocò in me una felicità senza limiti. Di colpo, provo l'ebbrezza della
scrittura. Affacciata ad una finestra virtuale, entrando ed uscendo da un
capitolo a un altro, passando dall'odore stagnante della pioggia all'odore
fresco e appena rovesciato dell'inchiostro, tutto mescolato in un unico odore
che nel romanzo di Calvino ha un unico nome: l'attesa.
Parole, frasi
continuavano a mescolarsi e a muoversi nell'indeterminato, nel grigio, in una
specie di terra di nessuno con un ritorno all'indietro, una rioccupazione dei tempi
e dei luoghi perduti. In un gioco di luci e suoni che rivelano il senso della
nostra esistenza.
Chissà se Calvino,
quando aveva la mia età e sedeva nel suo ufficio da solo, era già tormentato
dal desiderio della scrittura. Credo di si. Romanzieri talentuosi e memorabili
come lui affondano il seme della scrittura già dalla tenera età. Lui si era
definito << una persona diversa >>, sebbene di diverso io non abbia
trovato nulla di particolare. Un viaggiatore aveva perso la sua coincidenza, e Se una notte d'inverno un viaggiatore mi
diede la possibilità d'identificarmi con lui. La mia sostanza era comune alla
sua e perciò qualcosa di forte e potente sarebbe rimasto, non si sarebbe perso
con la fine del mondo. Una comunicazione ancora possibile nel deserto arido
delle parole, così pieno di vita e quasi di ogni ricordo.
L'autore era un punto invisibile da
cui venivano i libri, un vuoto percorso da fantasmi, un tunnel sotterraneo che
metteva in comunicazione gli altri modi col pollaio della sua infanzia.
Una storia semplice ma
appassionante, sospesa e racchiusa in una luminosità diffusa, pallida, quasi
priva di ombre, in cui non ho potuto fare a meno di viverci. Una brama intensa
per i libri, la buona letteratura, così come l'atto del leggere e dello
scrivere in un filo intrecciato che ha dato vita a un graziosissimo disegno. Un
motivo memorabile ricco di parole, ricordi, emozioni che manipola frasi,
modifica paragrafi o interi capitoli affinché non si sgualciscono
completamente. Spiegazzandole e cincischiandole. Una dichiarazione d'amore ai
libri, all'essere Lettore la cui storia riesce a districarsi perfettamente fra
esperienze dell'autore comuni e non, tra presente e passato. Una storia che
crea dipendenza, struggimento. Sa di amore, fede e fiducia. Una pace interiore
che potrebbe durare a lungo. Intensa, affannosa, calorosa come una sposa
premurosa che desidera riabbracciare l'amato: - Mancavi solo tu, sei in
ritardo. -
Scrivere è sempre nascondere qualcosa
in modo che venga poi scoperto, perché la verità che può uscire dalla mia penna
è come una scheggia saltata via da un grande macigno per un urto violento e
proiettata da lontano, perché non c'è certezza fuori della falsificazione.
Valutazione d'inchiostro: 4
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