sabato, aprile 06, 2024

Gocce d'inchiostro: I cani e i lupi - Irène Némirovsky

Amante temporanea della prosa nèmirovskiana? Forse altri lettori che non hanno amato cimentarsi in una delle sue opere, ma non io. Curiosissima e impavida lettrice. Impavida, per un certo senso, per ciò che i miei occhi color nocciola videro e che fu troppo attinente a ciò che accadde sul finire degli anni ’30, in Francia, a gruppi di anime, in questo romanzo suddivisi in classi e differenziati da tre gironi il cui ceto più basso si riconosce dall’umiltà, dalla tenacia…

Si finisce come si inizia: col cuore ridotto in minuscoli pezzettini, e gli eventi vissuti che gravano e scorrono dinanzi a me come un doloroso poema romantico. Per arricchire la mia collezione letteraria delle opere nèmirovskiane, è necessario ogni tanto imbattersi in romanzi la cui lettura non è per nulla semplice e che, squarci di una vita passata, lontana, sono strutture narrative che si intersecano nel tempo e nello spazio.

Le intime confessioni della sua autrice, qui proiettate in una ragazzina di soli quindici anni, che si nasconde dietro una coltre appiccicosa di forme e parole sono tradite dai sentimenti del cuore. Un pochino come in ogni suo romanzo, che pur quanto crudo e brutale rivela una donna sincera, sensibile, coraggiosa e anticonformista, che non ha avuto bisogno di nient’altro per spiegarci tutto questo.

Sia Il calore del sangue, ma anche Suite francese e I doni della vita, non ha bisogno di spiegare il vero significato che si cela dietro tutto questo, in quanto c’è dietro quanto più noi crediamo. Ed il tutto è descritto così crudelmente perfetto, pieno di vita, forse perché la stessa Nèmirovsky lo era.



Titolo: I cani e i lupi

Autore: Irène Nèmirovsky

Casa editrice: Adelphi

Prezzo: 10 €

N° di pagine: 240

Trama: Le basta vederlo una volta sola, quel bambino ricco, ben vestito, dai riccioli bruni, dai grandi occhi splendenti, che abita nella meravigliosa villa sulla collina e di cui dicono sia un suo lontano cugino, per essere certa che lo amerà per sempre, di un amore assoluto e immedicabile. A Kiev, la famiglia di Ada abita nella città bassa, quella degli ebrei poveri, e suo padre appartiene alla congrega dei maklers, gli intermediari, quegli umili e tenaci individui che si guadagnano da vivere comprando e vendendo di tutto, la seta come il carbone, il tè come le barbabietole. Fra le due città sembra non esserci nessun rapporto, se non il disprezzo degli uni e l’invidia degli altri. Eppure, quando il ragazzino Harry si troverà di fronte la bambina Ada, ne sarà al tempo stesso inorridito e attratto: “come un cagnolino ben nutrito e curato che senta nella foresta l’ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi”. Molti anni dopo il destino li farà rincontrare a Parigi: e Harry cederà a quella misteriosa attrazione del sangue che Ada esercita su di lui.

La recensione:


Del resto la vita finisce col l’insegnarti che non puoi aiutare nessuno, nonostante tutta la tua buona volontà, tutto il tuo affetto.. Ma, né davanti al dolore, né davanti alla malattia, né davanti alla morte è possibile fare alcunchè per gli altri.


Perché non ci si rialza o ci si pone con una certa indifferenza, dinanzi a questo tipo di romanzi, mentre l’orchestra della vita ha creato dal nulla una sinfonia dilaniante e sconcertante da squarciare persino i timpani? Se qualche lettore, che ha letto e amato la Né mirovsky, c’è riuscito, beh, ci sarebbe da concedergli qualche buon merito. Fa sempre tanto freddo, un freddo sia nel corpo sia nell’anima, nei romanzi nèmirovskyani, una brezza rigida che attanaglia le viscere, fiammeggiando esclusivamente solo sul vasto momento in cui vi è una sorta di ricongiunzione fra anime, che si trattino di amanti, amaci, genitori non ha importanza. E’ qualcosa che scalda e che ti induce ad ascoltare anziché vedere << divertendosi >> maggiormente dall’esterno, fra un pubblico troppo giovane o adulto e famiglie venute lì pur di trovare anche un misero tozzo di pane che stavano già avanzando lungo una strada da cui non c’è alcuna via d’uscita. Qualche fila più avanti Ada, la protagonista di questa ennesima bellissima storia, si mosse tranquillamente fra schiere di pionieri, rivoluzionari, farmacisti che sgomitano furiosamente pur di farsi spazio nella società e che io, seriamente, sapevo di dover asssitere.

Perché sapevo tutto questo? Tutti sanno, anzi… Perché? Perché quella della Seconda guerra mondiale fu uno dei disastri apocalittici della storia, assieme a tanti altri, ma che reca una certa sofferenza. Si sta sotto il potere, la dipendenza di un’anarchia, e le vicende, i contratempi che caratterizzarono le vicende umane dove furono? Chi si interessò mai ad estrarle dalla soffitta buia e polverosa del tempo? Molti autori, certamente, se si getta uno sguardo a quegli artisti contemporanei del Novecento, invocarono ciò come clichè, inizio ad un processo di assesto alla banalizzazione, ma è proprio la solennità con cui è descritto tutto ciò che rendono certe opere dei veri e propri capisaldi della letteratura. Ciò di cui sono assolutamente certa, è che io non ero ancora nata e ciò che leggo non sono altro che vivide testimonianze, manifestazioni di chi li visse sulla propria pelle. Leggerli però mi è alquanto sufficiente: arricchisce il mio bagaglio culturale, specie nel constatare di credere a ciò che noi sappiamo effettivamente.

Mentre ripongo queste poche righe, le cocenti sensazioni che la lettura de I cani e i lupi vorticano furiosamente attorno a me, immaginando il morbo fatale che, senza che nessuno desiderasse contrarre, nasceva e si deformava dentro di noi. Le vicende narrate in questo romanzo furono anche vicende che sentì come mie in quanto opera insita dalla nascita che ci permette di vedere ogni cosa: osservare ogni marchingegno, interpretare qualunque meccanismo, atrofizzando ciò che è necessario spingendoci di nascosto ad combattere ciò che ci avrebbe riservato.

In questa ennesimo splendido ritratto, la  Nèmirovsky non riuscì a trattenersi e la decimazione a cui facevo riferimento prima è accolta dal popolo francese come il momento in cui la morte ci accoglie nel suo freddo grembo e ci porta via. Diffamazioni, legami recisi, famiglie i cui membri sono mutilati… In questa marmaglia, però, ecco apparire una piccola giovane donna. Ada, la pittrice, che non lascia nascondere nulla. Qualunque cosa deve uscire, prende vita mediante un disegno amorfo, astratto di un dipinto su tela. E quando accade, quando il cervello sembra azzerrarsi, si accende un eco di vibrazione che possiede linfa, si lancia dritto dritto dinanzi al nostro cuore.

Il profumo dolce di una svolta, un nuovo inizio, sembra espandersi dalle pagine come un pericolo crescente; nell’ombra di I cani e i lupi, nell’aria e nel silenzio, una bella ma non bellissima storia d’amore a riscaldare i nostri cuori. Concisa e un po’ acerba e lenta nella sua maturazione, a mio avviso, in una confusa e mortale apprensione, si fa strada con vigore e intensità sull’asfalto polveroso di una terra così traboccante d’interesse. Dov’era nascosta la sua forza? Efficace, ma non sin dall’inizio, avanzerà nei nostri cuori attraverso conturbamenti morali e previsioni di mosse, che getteranno una certa inquietudine fra masse di carni instabili e maldestre, enttià create altrove … nel momento in cui una viaggiatrice crede di non scorgere in queste pagine alcuna parvenza di amore. Eppure è fra provocazioni di crisi d’angoscia, distinzioni, allontanamenti, brutali incomprensioni, in una città circondata dall’innocenza e dalla ripugnanza, con gli stessi colori dell’inferno, una piccola donna, col suo diario, creò l’ennesimo bellissimo ritratto che, in un montaggio di scene attraveso il quale ci fece conoscere il suo punto di vista personale, ci inoltrò in una sequela di fotogrammi, brevi e repentini, sequenze d’immagini nitide e colorate che evoca un lutto interiore, una confidenza alla speranza e alla felicità, al vivere non un sogno camuffato in incubo ma vecchie ruggini che io ignoravo non completamente.

La sua operosità procede con lo scandirsi dell’orologio della vita, e i suoi romanzi sono ognuno macchiati di sangue e polvere, popolati da anime vagabonde che assistono allo spettacolo ripugnante della guerra, sopportando con qualunque sacrificio questo disordine. Figli macchiati dal peccato che non possiedono nemmeno la forza spirituale per elevarsi alla luce: non la percepiscono, non la desiderano ne hanno alcuna nostalgia. Osservano una tela dipinta d’azzurro mutarsi d’argento o grigio al colore della pioggia.

Quello di I cani e i lupi è l’ennesimo toccante viaggio del cuore umano ma così dilaniante e logorante la cui melodia mi ha permesso di assistere all’avanzata di ombre che corrono verso la supremazia, la superiorità oscurando ogni cosa. Un’enorme quantità d’informazioni su ciò che fu più caro per l’autrice che lentamente si stanno fissando sempre più nel mio cuore, assetata di sapere e amore consapevole di quanto ancora non basti ciò che ho conosciuto.

Valutazione d’inchiostro: 4 +

5 commenti:

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