domenica, gennaio 20, 2019

Gocce d'inchiostro: Piccole cose paurose - Ivano Mingotti

Questa ennesima lettura conferma il talento del mio amico di carta, Ivano Mingotti. Raccontarvi il mio percorso letterario, avvenuto in passato, mi risulta un po' difficile. Ma per accennarvi qualcosa di Ivano e della sua ultima fatica, ho deciso così di darvi il buongiorno, quest'oggi, scrivendo e intrappolando su due fogli di Word, un breve racconto di chi sia il suo autore e un breve pensiero sul suo ultimo romanzo. Ma per timore di dire troppo, data la mole piuttosto ridotta del romanzo, vi lascio a questo ennesimo pensiero stando in ascolto per percepire il minimo rumore dei vostri commenti.
Ivano e i suoi libri sopravvengono, oramai annualmente, ed io non posso che abbracciare il suo entusiasmo, venendogli incontro, rallegrandomi della sua compagnia anche se per poco tempo!
Titolo: Piccole cose paurose
Autore: Ivano Mingotti
Casa editrice: Augh!
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 138
Trama: Il protagonista è un ragazzino di undici anni: durante il processo ai suoi genitori accusati di omicidio, viene chiamato a testimoniare davanti al giudice. Con una scrittura adattata a un linguaggio infantile, l'autore affronta tematiche contemporanee attraverso gli occhi di un bambino, dalla povertà allo sfruttamento sul lavoro, dalla prepotenza gratuita a una violenza ancora più subdola sotterranea, su uno sfondo surreale, ipnotico, in cui il male sociale affiora in vesti demoniache. Da una tragedia annunciata, prendono forma gli implacabili incubi del teste, immerso negli abissi spietati della propria psiche.

La recensione:
Mi è sembrato tutto così strano, avvolto in una cortina di turbamento o perplessità, ma non dissi ne scrissi alcuna parola, sulla mia immancabile agenda, nemmeno quando avevo letto una cinquantina di pagine. Cosa mi stava riservando Ivano? Se non mi avesse contattato lui, non penso avrei scoperto l'uscita della sua ultima pubblicazione, non penso sarei stata così fortunata da scovarlo da sola. Così un mercoledì sera di metà gennaio, Ivano mi scrisse ed era chiaro già dall'oggetto della sua email che qualunque cosa contenesse questo suo messaggio intendeva condividerlo con me. Sono sempre stata franca, realista con lui, e poteva darsi che con Piccole cose paurose i miei dubbi o le mie perplessità fossero infondate. Certamente Celeste 1872 e Minoica hanno lasciato un segno indelebile che sono certa né il tempo né una nuova veste grafica potranno soppiantare.. Ed io che li amo ancora, nonostante sia passato del tempo, proprio così come sono, e che rivelano maggiormente quel mio lato romantico e passionale, e che ridicolarizzano la mia ansia come uno sciocco atteggiamento, provo un'improvvisa ed entusiastica sicurezza quando si tratta dei romanzi di Ivano che effettivamente non ha un vero e proprio fondamento logico.
Ivano, come scrittore, col tempo, ha subito diversi cambiamenti. Ogni anno, una nuova opera, una nuova storia,  hanno rivelato aspetti che l'anno scorso o tre anni fa non riuscivo a vedere. Ogni volta sorpresa di cogliere certi cambiamenti in onore di opere scarne ma ricche di contenuto. In momenti svariati della mia vita, dipingendo su semplici fogli bianchi disegni di ogni tipo, forma e colore, che nel momento in cui prendono vita fanno il proprio dovere. Questi rinnovati aspetti che adesso mi preme evidenziare sono i punti focali della prosa semplice ma diretta di Ivano Mingotti, che in tristi mattine di metà o inizio gennaio danno un aspetto più gaio a tutta la sua produzione.
Avendo accolto questo nuovo anno con la lettura de il terzo volume de L'amica geniale, ho deciso di dare omaggio e fare onore a Ivano, con l'ennesimo delirante post, l'ennesimo sproloquio, consapevole che quando questi avrebbe bussato alla mia porta il suo tempo di soggiorno sarebbe stato ridotto, come del resto accade tutte le volte, ma entusiasmante nell'aver partecipato all'ennesima sceneggiata a cui sono stata invitata.
Piccole cose paurose, a dispetto dei romanzi precedenti, non assicurava che io sarei stata felice di leggere e seguire le vicende di un ragazzino presente in questo breve racconto; non avevo però considerato che sarebbe stato proprio il ragazzino a chiedermi aiuto. Non ho idea se altri lettori, prima di me, gli hanno risposto, mentre il padre e la madre erano impegnati con i loro problemi lavorativi e di coppia, deplorando la loro fretta di trascurare il frutto del loro amore. Ma facendo buon viso a cattivo gioco, Piccole cose paurose non esula alcuna informazione da quella che la vittima di violenza fisica o mentale sia un ragazzino di soli dodici anni, quel bambino che ha un età in cui non si può supporre sia il miglior giudice.
Questa freddezza da parte di questi due coniugi mi ha addolorato molto, se non avessi avuto la famosa occasione con la quale Ivano mi aveva sorpreso a suo tempo. Presentare un ragazzino come violato mentalmente dalle stesse persone che lo hanno messo al mondo, familiarizzato nel mio cerchio personale da un incredibile ma breve viaggio di una lettura come questa, mi indusse a provare moti di affetto o tenerezza come tale degno di un simile comportamento.
Ho trascorso qualche manciata di ore in sua compagnia, contemplando in assoluto silenzio ciò a cui presto avrei assistito. Ciò che non mi aspettavo fu che, osservando questa coppia sgomitare fra la monotonia del giorno, avanzare in una trama che ha di per se nulla di originale, capì che ancora una volta Ivano mi aveva sorpreso. Ho avvertito quasi lo sghembo satanico dell'orribile entità che popolerà ben presto le loro vite, il suo modo riservato di uscire allo scoperto solo nel momento più adatto e, chiaramente, nessuna idea di quello che poteva essere. Da dove essa deriva, o quale sconcertante spiegazione che ne esplichi la sua provenienza.
Ivano Mingotti ha riempito una storia di quasi centocinquanta pagine logorando lo spirito da dentro. Un orrore che si aggiunge ad altri orrori, che è stato creato con certe immagini, tenuto a bada grazie al filo della routine e alla vita in generale. Raccontate in poche ma salienti pagine, separate dall'unità della totalità e della concretezza, scritto con parole che hanno avuto una sua importanza.
Quel romanzo in cui la mente umana è soggetta a diversi giochi di vita. L'individuo è signore e padrone di tutto ciò che vede e che immagina, talmente forti da trasmettergli ogni tanto malessere o disagio, in cui il centro del corpo si intorpidisce come quando un treno in corso si arresta a una stazione.
Ivano Mingotti, in questa sua ennesima straodinaria opera, affronta una tematica davvero assurda che, elaborata minuziosamente, quasi claustofobica e dal ritmo moderato, mi ha permesso di sprofondare abilmente nel sotterraneo buio della psiche umana di cui non si trovano limiti, non si conosce la fine e che forse non dà alcuna via d'uscita.Una lettura davvero bella e particolare che nonostante la poca originalità del tema trattato, mi ha condotta lungo una strada da cui non ci sarà alcuna via d'uscita. Un opera i cui protagonisti sono figure recise, solitarie, quasi folli, dalla personalità vivacissima, dominati da un istinto disumano che si mescola ai grandi conflitti interiori della letteratura classica che io amo particolarmente.
Valutazione d'inchiostro: 4

4 commenti:

  1. Spero che il 2019 sia un buon anno per te😊i tuoi sogni diventano realtà,leggi molti libri 😊

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  2. Proprio oggi ho recensito anch'io un romanzo della Augh, e mi sono andato subito a spulciare il suo catalogo.
    Poi ecco il tuo post, proprio sul titolo che più mi aveva attratto. Un caso?
    Segno. :)

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    1. Uh, penso proprio di no ☺☺ questo autore non è la prima volta che leggo qualcosa di suo. Se ti interessa, te lo consiglio caldamente ☺☺

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