Il mio umore migliora nettamente quando, dopo aver vissuto sulla mia
pelle un'esperienza straordinariamente intensa come quella vissuta quest'estate
con il romanzo russo Limonov, entrando
nel cerchio personale dell'autore, trovo qualcosa che mi appartiene. Può essere
dovuto da una cosa soltanto, mi dico sempre; letture come quella dei romanzi di
Emmanuel Carrère, aprono mondi, anfratti, porte invisibili ma insormontabili in
cui ci si sente prigionieri, protagonisti di un dramma il cui copione è triste
e immutabile, in cui storie di follia, gelo, insoddisfazione inevitabilmente ti
stringono nella loro morsa.
Un trattato biografico che oscilla continuamente sulla visione ambivalente
di un uomo affascinante e coraggioso è Un
romanzo russo, aperto a tutti e al mondo, il cui autore si cimentò nell'arte
dello scrivere mediante pensate intellegerime e straordinarie.
Il tutto però scritto in maniera a dir poco sconcertante; non mi
riferisco solo al modo per com'è stato raccontato, ma è qualcosa che ha a che fare
col suo essere. Con la sua anima distorta, malvagia, perversa, schietta che ha accarezzato
l'idea che quella di Carrère sia un anima divorata da meschinità, da atrocità,
impulsi violenti del cuore, possessore di mostri del passato di cui ancora non
riesce a liberarsi, in cui lo stesso autore non si è preoccupato di non infondere
le proprie idee, di mettere a nudo la propria anima, evitando nettamente che tali
racconti potessero risalire a lui.
La storia di Un romanzo russo
è senza dubbio la storia realistica dello stesso autore sicuramente non adatta a
tutti, in cui si ha l'impressione di vivere in un luogo lontano anni luce,
immersi in un atmosfera onirica in cui si perdono le tracce. Affiorato dal nulla,
da congetture sensate e insensate o reliquie
perdute, una storia di cui io ho tuttavia amato proprio per la sua natura destabilizzante,
travolgente, irritante nell' essere scomodo, inadatto, incompreso agli occhi di
molti.
Titolo: Un romanzo russo
Autore: Emmanuel Carrère
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 19 €
N° di pagine: 288
Trama: "Hai creduto che l'amore di Sophie, la lingua russa, le
ricerche sulla mia vita e sulla mia morte ti avrebbero liberato, ti avrebbero
permesso di chiudere i conti con un passato che non è il tuo ma che si ripete
in te in modo ancora più implacabile proprio perché non ti appartiene. Ma l'amore
ti ha mentito, ancora non riesci a parlare russo correttamente e quello che in
me era irrimediabilmente infetto continua a infettare anche voi, e vi sta
uccidendo l'uno dopo l'altro. Per amore non c'è bisogno di saltare dalla
finestra, ci sono quelli come te che muoiono restando vivi. Per te non c'è
liberazione. Ovunque tu vada, qualunque cosa tu faccia, ti aspettano l'orrore e
la follia."
Un giorno, però, dopo aver concluso la stesura dell' Avversario, alla
follia e all'orrore decide di sfuggire. Trova un nuovo amore e accetta di realizzare
un reportage su un prigioniero di guerra ungherese dimenticato per più di cinquant'anni
in un ospedale psichiatrico russo. Arriva così in una cittadina a ottocento
chilometri da Mosca, dove tornerà poi una seconda volta, ad aspettare, quasi in
agguato, che accada qualcosa. Qualcosa accadrà; un delitto atroce. La follia e
l'orrore l'hanno dunque << riagguantato >>. Anche nella vita amorosa:
un racconto erotico scritto per gioco, per << fare irruzione nel reale
>>, precipita lui e la sua compagna in un incubo destinato a devastare le
loro vite e il loro amore. Nel frattempo, il viaggio in Russia ha messo fatalmente
in gioco le sue origini e il suo rapporto con la lingua della madre - e così Carrère
comincia a indagare su quello che, non solo implicitamente, gli << è stato
proibito raccontare >>; la storia del nonno materno, il quale, dopo
un'esistenza segnata dal fallimento e dalle umiliazioni, è scomparso nell'autunno
del 1944, ucciso probabilmente per aver collaborato con l'occupante. <<
E' il segreto di una madre, il fantasma che ossessiona la nostra famiglia
>>. Per esorcizzare quel fantasma lo scrittore compie << un oscuro
percorso nell'inconscio di due generazioni >>, che lo porterà alla resa
dei conti con un retaggio << di paura e di vergogna >> e al tempo
stesso alla riconciliazione con l'incombente genitrice - e marcherà la disfatta
( sia pur soltanto provvisoria ) di quel nemico ghignante, crudele e mostruoso
che da sempre lo assedia.
La recensione:
La nostra
forza non sta in questo, noi procediamo lentamente, a piccoli passi. Siamo la
moltitudine, siamo legioni di legioni, siamo il mondo intero, e tu, chi sei tu?
I
giorni passano, e le cose si riassestano nuovamente secondo la più piatta
routine. Come sempre scrivo, leggo, esco, lavoro, vedo occasionalmente qualche
amico. Emmanuel Carrère non compariva nel mio cerchio personale da qualche
mese. Ho cominciato a pensare che da un giorno all'altro sarebbe ricomparso nel
momento in cui meno me lo sarei aspettata, con un romanzo intenso proprio come
il suo esordio nel mio panorama culturale con la storia di qualcosa di
potente che mi avrebbe costretto a pensarci per giorni e giorni. Carrère è un
autore che o lo si ama o lo si odia, dunque poteva essere possibile che i miei gusti
di lettrice non coincidessero una seconda volta con la sua anima tormentata e
impura. Ma non è accaduto nulla del genere. La meticolosa descrizione della
vita dell'autore in un marasma di scene di vita quotidiana non ha provocato
semplicemente innumerevoli emozioni, reazioni apprezzabili da parte mia nei
riguardi dell'autore, ma adesso che è trascorso qualche giorno dalla sua
intensissima lettura i miei pensieri continuano ad essere rivolti puntualmente
in un'unica direzione. Tanti saluti alla semplicità, alla bellezza delle
piccole cose. In Un romanzo russo c'è un mucchio di cose, atrocità, pervesioni
dell'anima, tanta tanta violenza - fisica e
morale -, peccati irrimediabili da cui non si potrà più tornare indietro.
In
questo momento, il mio stato d'animo si può definire ambivalente e
contradditorio. A momenti si avverte e si nota quanto il mio cuore ancora
sanguini, destabilizzata da un gioco di effetti travolgenti e inspiegabili che
mi hanno letteralmente fuso, saturato, stretto in un'unica e pulsante morsa,
che per viverle, seguire di pari passo ogni cosa, decidendo quando proseguire e
quando fermarmi, mi è bastato guardarmi dentro. Confrontare il mio essere con
quello dello stesso autore. Di tanto in tanto mi sono invischiata nel procedere
a seguirlo in condizioni davvero pessime, in spedizioni solitarie dell'anima
che lo hanno allontanato da chiunque, sapendo benissimo che sebbene romanzata
questa storia è completamente realistica. Come faccio a esserne sicura, rimane anche
per me un mistero, dato che lo stesso Carrère ha affermato in un intervista che
<< La follia e l'orrore hanno attanagliato la mia vita, e Un romanzo
russo parla di questo e nient'altro >>. E in effetti, tutto ciò che qui è
narrato è stato vissuto come una vera e propria follia. Delle volte mi sono
sentita così estraniata dal mondo, isolata con il suo autore in una misura nera
e assoluta da farmi perdere la coscienza della mia identità. La solitudine mi
ha avvolto e mi ha reclusa, accompagnata da terrori atroci di qualunque altra
cosa conosciuta. Mi sono stupita di trascorrere così rapidamente da uno stato a
un altro, dover fare la spola a lungo fra gli estremi di ciò che è giusto e ciò
che è sbagliato senza sapere quale fosse vero e quale fosse falso.
Eppure,
dopo una manciata di giorni intrisi di infelicità, malinconia, particolarmente
insoddisfacenti, ha cominciato a mancarmi la compagnia. Adesso che sono alla
scrivania, scrivo di lui una recensione particolarmente lunga e sentita,
descrivendo come io ancora mi senta e cosa la lettura di questo ennesimo
straordinario romanzo mi ha procurato. Emmanuel Carrère è un uomo di cui io non
penso avrei mai potuto innamorarmi, ne tantomeno concepire dei figli, che
tuttavia sa adoperare le parole constatando come da esse, come da una melodia
proveniente chissà dove, ne riceve risposte con una bramosia che presto o tardi
è divenuta ossessione. In un certo senso, chi abbraccia la scrittura e la
letteratura in generale, penso sia ossessionato dalle nobili arti del linguaggio.
Cosa però gli procura scrivere romanzi del genere è per me ancora un mistero! Non formulo nemmeno gli interrogativi; Lemonov, Un romanzo russo, sono esempi
di scrittura che hanno un chè di monumentale, sono ricordati dalla sottoscritta
con un certo ossequio, in cui le parole sono sempre state le stesse: luminose e
straordinarie che nonostante ci parlano
di ossessioni, inferni, perversioni, ti
sbattono sempre addosso la cruda realtà.
Man
mano che ho avanzato in questo labirinto, ogni cosa diveniva straziante,
angosciante, irrazionalmente disperante. Ma questo non è quello in confronto a
ciò che l'autore ha provato, in questo lasso di tempo in cui i fatti sono
narrati. Perché Carrère non fa nemmeno un accenno all'idea di essere un povero
disgraziato, vittima di sopprusi e violenze varie. Piuttosto esprime il suo
essere violento e oppressivo. Non proprio un piacere a leggere o a vedere, ma
per me è stato un caso davvero interessantissimo.
Lo
scompiglio generale che imperversa dentro la sua anima - apparentemente
semplice, ma macchiata da atrocità - ha coperto gran parte del suo essere
arcigno, antipatico, irrispettoso nei confronti del prossimo, il suo essere
amaro e pessimista. Eppure, i suoi pensieri non riuscirono a coprirne il
rumore. Talvolta girano continuamente verso esiti all'insegna dell'erotismo,
altre volte ti immobilizzano in un ambiente famigliare e varioripinto, come un
quadro impressionistico, sempre a rischio di vita.
Come
con il suo antagonista, Limonov, non è stato facile capirlo. Emmanuel Carrère è
una figura talmente complicata, enigmatica, introversa, arcigna, malinconica,
bellicosa, tracotente e irritante a cui penso non dimenticherò tanto
facilmente; non a caso mi interessano molto i suoi scritti, sebbene le mie idee
non coincidano con le sue. Eppure è la sua vita il trionfo della mia curiosità,
la materia per cui si muovono le cose, destinate a recitare nel mondo una
comparsa, amareggiata e sbalorditiva.
Nell'incanto
della scrittura, ho accolto Un romanzo russo come consolazione o saluto da
lontano, nel mio cantuccio personale. Non è una storia che molti potrebbero
amare o apprezzare, se non addirittura capire. Solo una forte tormenta che
infuria nell'anima di chi si appresta ad imbarcarsi in questo strambo viaggio,
infuriosa, implacabile, consapevole del suo essere incredibile e allo stesso
tempo incomprensibile, che trascende qualunque limite di razionalità o
saggezza. Il fervore della vita come una burrasca, che avanza in una larga
ondata, senza sapere dove, sulla terra o sulla città, abbracciandoci col suo
fremito nel momento la si incontra nel nostro cammino.
Leggendo
Un romanzo russo non mi è sembrato di assistere alla rinascita del suo stesso
autore, sebbene il desiderio di scrivere è qui esaltato come espressione
necessaria delle cose. Piuttosto di una lenta e crudele agonia in cui ci si
trova immancabilmente coinvolti. E non c'è stato niente che abbia potuto fare o
dichiarare, sebbene il mio volere.
Una
storia che dilania letteralmente il cuore. Uno schiaffo che ancora brucia sul
viso. L'anima stessa così pesante e insopportabile tanto è tenebrosa, netta, malvagia,
senza passaggi o mezze misure, incrociata mediante oscurità che conferiscono una
certa confusione, una certa inquietudine come la lettura di un necrologio o un
sommesso borbottio.
Tutto passa,
tutto crolla, tutto stanca, un'amara verità che ho sperimentato fin troppo
spesso sulla mia pelle.
Valutazione
d'inchiostro: 4
Bellissima recensione, mi sono completamente immersa nelle tue parole! Sembra un libro che ha bisogno del suo tempo, quindi lo segno ma cercherò di trovare il periodo giusto per leggerlo! :)
RispondiEliminaGrazie mille, Katia! Non é una lettura semplice, se sei interessata a leggerlo :) Tutt'altro :D Ma se ti incuriosisce non te ne sconsiglio la lettura ;) Anzi se lo leggerai fammi sapere; sarei curiosa di conoscere qualche altro parere :)
Elimina