martedì, aprile 27, 2021

Gocce d'inchiostro: Middlemarch - George Eliot

Secondo me sarei dovuta nascere in un epoca parecchio antecedente a questa. A quel tempo il mondo circostante, la società verteva su paradigmi ed enigmi in cui il rapporto fra vivere e sopravvivenza è una linea così sottile, chiamata diversità, che è di per se un problema per chi è intrappolato in forme ridotte e quasi invisibili. Chiunque ami la letteratura classica, come la sottoscritta, non ci pensa due volte a bearsi di forme sofisticate di arte e scrittura che possano ripulire lo spirito da qualunque impurità. Le istruzioni, la religione, alcune forme politiche o dottrine, seguite ancor oggi da detentori che hanno disgraziatamente prostrato il nostro paese in due, dovevano entrare in un fiume finchè l’acqua non arrivasse al punto di soffocarci, poi, lentamente, in gesti di vita quotidiana che apparentemente sembrano insulsi attraverso cui è possibile comprendere il mondo circostante. George Eliot, non fu solo una grandissima scrittrice, ma anche una << rivoluzionaria >>. Un’esponente di svariati partiti la cui isola di fondamentale ispirazione fu la scrittura. Il mondo è zeppo di banalità che ci inducono ad indulgere su importanti discorsi, moralismi. Lo spirito di cui è avvulso, così autentico da sembrare tattile, e la forza di certe esigenze che possano piegare chi ignora il tutto alle sue funzionalità. Ci si scopre a imboccare una strada diversa dagli altri, non solo per cultura o intelligenza, ma grazie all’aiuto di Dio e della Fede si può conservare intatta la visione interiore da cui proviene il tutto.

Titolo: Middlemarch
Autore: George Eliot
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: €12
N° di pagine: 830
Trama: Al centro della storia è proprio l’immaginaria cittadina inglese di Middlemarch, all’interno della quale si articolano i destini di quattro personaggi e di due matrimoni infelici, indagati da George Eliot nel loro più impercettibili interstizi attraverso lo strumento chirurgico di uno stile espressivo sempre acuminato.

 La recensione:

 

Il genio mal sopporta i vincoli: da una parte deve avere le possibilità di svilupparsi con la massima spontaneità dall’altra può rimanere in attesa fiduciosa di quei messaggi provenienti dall’universo che lo chiamano al compimento dell’opera cui è stato destinato, adottando quindi atteggiamenti di apertura verso tutte le possibilità di un’esistenza superiore.

 

La strada che ho percorso per giungere a Middlemarch, piccolo paesino immaginario dell'Inghilterra, costeggiò dinanzi alla mia anima per qualche tempo come una delle più belle opportunità per scoprire e conoscere a fondo un mondo di cui avevo sentito parlare tantissimo tempo fa, diventando così per quasi una settimana quella strada maestra popolata da contadini, nobili, negoziatori, cultori, agricoltori e, tipico moto di attrazione per la mia anima, figure  intrappolate in fantasmi di passati o epoche differenti che aiutano in un certo senso a costruire quello che successe prima che il mondo cadesse, si sgretolasse, stritolasse in mutamenti che potrebbero sortire conseguenze. La ragione è quel lume fievole che dovrebbe essere acceso e tenuto in vita costantemente, ma purché ciò accada non è necessario non farsi contagiare dalla scienza, dalla religione, dalla stessa cultura. Se aperta alla speranza, all’azione prevale su ogni cosa – sulla presunzione, l'umiltà; la brama del sapere nasce dal desiderio di operare a favore degli altri da cui derivano impulsi e idee. La vita dovrebbe essere vissuta con ardore e razionalità e dal momento che la preghiera alimenta tutto questo struggimento la cultura è l’unico espediente per cui elevarsi, scovare a fondo nel nostro spirito che non ci induce ad ottenere la felicità piuttosto a sguazzare in stanze spoglie di solitudine e spossatezza, in un allargamento dei rapporti sociali, la crescente consapevolezza di gestire una certa consapevolezza. La Eliot si premura a descrivere cosa succede quando si prende a cuore il destino di una donna specialmente se essa è intrappolata in un presente sordido, degenerante, atrofizzante, vigoroso, veritiero, comprendendo i segreti dell’esperienza umana che riflettono quel senso di solitudine citato. Il tutto immerso in un'atmosfera così ossessiva, persuasiva, così invisibile ai sensi ma non al tatto, così irraggiungibile dietro i vari concatenamenti dell’universo, altre forme espressive che affinano il resto.

Romanzo suddiviso da degli idiomi, quelli che poggiano su una forza prodigiosa di conoscenza e quello che lo rendono ambivalente per la dolcezza che trasudano alcune pagine, commedia di costume che richiede pazienza, concentrazione, dotata di una voce polifonica, suddiviso in quattro trame in cui è possibile discernere da pensieri interni ed esterni. Un meccanismo architettonico in cui è possibile scorgere i primi segni di modernità, quelli difficili da interpretare, permeato da uno spirito riformatore da cui è possibile scorgere una certa ritrosia, la longevità del testo per gli innumerevoli problemi che affliggono il cuore umano, incuneato in un mondo apparentemente ristretto ma vasto in cui si scruta la vita sociale e quella economica, severamente, in cui lo sfondo idilliaco della campagna inglese dell’infanzia dell’autrice si contrappone alla mediocrità della vita di provincia, fra passato e presente.

Middlemarch mi ha riservato un piccolo spazietto, un angolo di Paradiso in cui ho amato viverci ma un po’ appartato dagli altri, la più vicina alle  mie predisposizioni spirituali. Un posto semplice, accogliente il cui vero obiettivo o messaggio sta nell’interpretazione concreta che si dà alla vita, vestita di principi morali e filosofici che esulano da qualunque forma semplicistica di solo intrattenimento, lontanissima da tutto ciò che ho visto sino a ora, in uno stato fangoso in cui cresce un piccolo cigno senza però poter spiccare il volo. Ed ecco che Dorothea si distanzia da ciò costruendo un mondo il cui passato possa prevalere sulla forza del presente, sulla verità, la vera ricchezza non sia valutata mediante l’esame fondato ed esplicito dell’osservazione ma che rivelano prezzi che gravano sulle nostre spalle, spingendo così chi abbraccia questi concetti ad entrare nell’essere che li divora. Perchè la mancanza di un eroe o antieroe dà sfogo a posizioni svantaggiose, sfavorevoli in cui l’indagine minuziosa di ogni cosa, quelle epigrafi poste all’inizio di ogni capitolo rivelano l’ispirazione dell’autrice a cui attinse affinché il romanzo funzionasse. E ciò deriva dall’enigma, dalla volontà di difendere la cultura e rendere unanimi chiunque nella sua diversità, l’universale che avrebbe dovuto abbattere ogni impossibilità di comprendere il genere umano come un organismo biologico. Insito in nuovi confini volti ad un’accurata indagine morale di cui la fede è conseguente ad ogni scelta, George Eliot fu la prima donna ad interessarsi di umanità, individualità, ad abbattere ogni pregiudizio, mediante quella pedanteria emotiva e culturale ma raffinata che mediante la protagonista, Dorothea, sarà possibile accedere ad un tipo di conoscenza unica, solida mediante cui non basta conoscere solo noi stessi, l’attività culturale, ma anche la natura nascosta che è intrinseca in ognuno di noi, rendendoci umani ed uguali dovrebbero influire in un reciproco scambio di idee. 

Il mio percorso con la Eliot, avviato con il bellissimo Il mulino sulla Floss, era al centro dei miei pensieri e il suo arrivo provocò grandi effusioni di affetto da parte mia, che si precipitò su di me perché avevo fissato una meta che mi sembrava irraggiungibile, incomprensibile. I concetti aulici, riflessioni profonde e struggenti di un’esistenza completa, fiduciosa, all’ombra dei miei istinti, delle mie esigenze aleggiò in questo villaggio, in questo paese qualunque movimento, qualunque riforma che ostacolano svariate forme di libertà. La donna è quella figura angelica che si pone dinanzi a Dio e alla vita con estrema umiltà, la grandezza dell’intensità, abbracciando qualunque forma, qualunque qualità, comunicazioni di aspetti culturali derivanti da rilevazioni originali. Le idee sono un pallido riflesso e persino le esperienze e qualunque forma di vita si riflettono in piccoli stagni da cui riflettersi.

Non avendo alcuna padronanza, né alcuna attinenza a certi paradigmi anglicani, Middlemarch entrò direttamente nelle mie vesti come una gigantesca bevanda disintossicante. L’idea di non berla, all’inizio, mi parve la più congegnata – la lotta fra classi, i limiti del cattolicesimo sulle forze ardenti del mondo sono alcune di quelle forme che dovrebbero aiutarci a comprendere il mondo circostante. Inutile impelagarsi in una lotta da cui non avrò scampo. Eppure c’è stato qualcosa in queste pagine, che sebbene mi abbia indotta ad imparare a controllarmi, a estraniarmi completamente per integrarmi con Dorothy, Celia, James e tutti gli altri, insistere mi parve un modo per mettermi alla prova. L’uomo << primitivo >> digiuna di affetto, comprensione, intelligenza con lo spettacolo della sua volontà. Solo quando le predisposizioni dell’animo coincidono con quelle di chi narra, la sua lettura acquisì la sua veste moralistica di autopurificazione e autoflagellazione. Era come astenersi dai piaceri dei sensi. E a dispetto della dolce Jane Eyre, Dorothea ha la capacità di vedersi e accettarsi, porre quei cambiamenti radicali e ben costruiti che nel tempo hanno rivelato un certo valore, compiendo scelte o azioni che sono dettate dalla consapevolezza o dal desiderio di voler raggiungere qualcosa. E non potendo essere uomo ma donna, non si accontenta di ambizioni mediocri quanto di qualcosa la cui natura è sconosciuta. Come un antropologo non parziale ma fallace, tralascia alcuni scenari sebbene il tema della moralità sia forte ma il proposito del romanzo è quello di redistribuire questa diversità. E tale filosofia è insinuata in ogni personaggio che non si presta a riconoscersi in forme in cui possiamo riconoscersi quanto legando piccoli e grandi aspetti di società infinita e universale. Visione da cui la Elliot attinse da una maggiore visione del reale. Una visione in cui l’esistenzialismo può definirsi come tale, mediante accurate ricerche, di cui i personaggi non possono infondere una visione distaccata quanto lucida perché ne sono completamente immersi. Ma la realtà analizzata con dovizia perché fa luce su ogni cosa e crea un’illusione che dona percezione realistica che non dà significato alla materia quanto esaltando il valore dell’oggetto. E il finale è l’approdo a questa consapevolezza in cui Dorothea non si avvicina all'ideale di Santa Teresa perché esplica ciò che siamo, aspirando a un tempo contingente, influenzata dal mito, in cui l’autrice non manca a ricordarci come ognuno di noi vive una sua realtà. La donna è relegata come angelo del focolare, una forma da cui la scrittrice si promise di evitare, denunciare, sebbene con difficoltà ma come necessità di cambiamento. Derivazione di un tipo di libertà relegato in un cosmo gigantesco da cui è solo mera illusione.

Ugualmente conosciuto fin dall’antichità che è il valore in sé dell'intero romanzo. Una prassi in cui si racconta la vita in se, ma dipinta in una tela raffinata ed esauriente che è un frammento di veridicità, consapevolezza di una realtà politica, sociale in cui non bisogna lasciarsi contagiare. Innumerevoli personaggi, lo status delle donne, la natura del matrimonio, l’idealismo e gli interessi personali, la religione e l’ipocrisia, è stato davvero impossibile non farsi contagiare dal tono spumeggiante, umoristico, fresco, una netta sensazione che non degenera psicologicamente quanto una buona dose di saggezza rivolta specialmente alle donne. Alle spalle di ognuno di noi vi sono angeli e demoni, una distinzione di sessi che intacca ogni giudizio morale in cui la donna sente come il rischio morale che è proprio e cui l’uomo sente di non appartenere. Perché il destino di ognuno è osservato mediante un’ottica cristiana in cui le ansietà della vita avrebbero avuto conseguenze eterne con un vivo interesse. Dotata di un’anima ardente, Dorothea sarà alla ricerca perenne di un tipo di grandezza che dona illusione, false speranze, inappagamento, ma non per questo ambiziosa a realizzare forme che possano contribuire a migliorare il genere umano. Aspirando ad un tipo di libertà in cui la lotta fra bene e male diviene superflua, le speranze intensificano la brutalità e la malvagità, ma tengono vivo l’impegno civile, attuando quei cambiamenti che possano indurre il paese a crescere. Aspirando a questo futuro, a questa tipologia di progresso che preveda un miglioramento della razza, alla prossimità di un apocalisse in cui i pochi eletti sono destinati a sollevarsi mediante ogni forma di solidarietà.

Oggi certi preconcetti sembrano quasi delle banalità e l’arte di far sentire la propria voce fra tante altre voci, come lo scrivere un romanzo, produrre un film con fini esclusivamente spirituali, divenuti atti fisici, centrati sul corpo e intrapresi solo per comprendere chi e cosa siamo.

Una perenne lotta all’impossibile, messaggi che respingono ogni concetto morale di irrazionalità, rivolte con arguzia ad una certa attenzione, proiettato sulla psicologia dei personaggi e alla loro interiorità, il suo maggiore pregio è quello di indagare sulle spinte emotive, i pensieri nascosti, le ansie segrete e le motivazioni non espresse dei personaggi presentati in tutta la loro verità psicologica.

L’intreccio formale si concentra sulle note complicazioni ereditate dalla proprietà terriera, perché come un operaio radicale deciso a rimanere unito alla sua classe fa appello solo alle sue energie e alla sua forza morale, crede nella sobrietà e nell’istruzione, lotta per delle riforme sociali più che meramente politiche, vestendo i panni di demagogo creando uno schema fondamentale che viri a una drammatizzazione della paura di essere coinvolti nella violenza. Per la Elliot il popolo era pericoloso nella sua costante tendenza a disordini ciechi, alla possibilità di simpatizzare con chi facilmente resta travolto, ma saggiamente discostandosi da quell’insana idea si tratti di semplice plebaglia, che ha istinti e abitudini un po al di sopra dell’ubriachezza, della superstizione, dell’ignoranza. E non a caso i lavoratori dovrebbero prima essere sobri e istruiti attuando delle riforme che comportino a un cambiamento, a forme di pregiato rispetto che tuttavia si allaccia senza successo a quel senso di società come una complessa eredità che è alla radice di ogni cosa. Ed ecco come la visione viziosa dei cittadini, quelli dei più umili, ha a che fare con una gigantesca matassa, risultato di complessità che innesca effetti negativi, tendendo a rappresentare relazioni sociali personali come forme passive più influenzate che influenti.

Di letture così ardue alla fine conservo sempre un bellissimo ricordo. Middlemarch è uno di questi, perché il mio temperamento cerca disperatamente di raggiungere gli obiettivi prefissati. Se rivelatasi un buco nell’acqua al primo tentativo, cambia ritmo e diventa più accessibile. Curiosa e intrigata nel perseverare nei miei obiettivi, di cui questo è il risultato. E, a renderlo unico, la sua meravigliosa padronanza della complessità singolare, il riconoscimento del male come bilancio di forme di paura di coinvolgimento in cui la comprensione non si trasforma in azione quanto in ritirata.

Indagine di una crisi ideale di una comunità organica situata in provincia ai margini della Rivoluzione industriale che coglie il processo di svuotamento di fronte all’avanzata di nuove idee o forme di produzione. All’esistenzialismo sono affiancate forme darwiniane, quelle filosofiche di Spencer in cui l’indagine umana tende a individuare una comunità le cui dinamiche hanno carattere psicologico, emotivo, intellettuale secondo un dovuto congegno di cause ed effetto che tendono ad escludere l’intervento di un caso provvidenziale o soprannaturale. Quella verità interiore che dovrebbe falsificare qualunque tentativo, affinché ogni cosa sia soggetta a forme di sviluppo.

Valutazione d’inchiostro: 5

4 commenti:

  1. Ciao Gresi, ho sentito parlare di questo romanzo, ma non l'ho mai letto, anche se dalla tua recensione sembra molto bello :-)

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  2. Sempre sentito nominare a lezione di inglese: ora capisco perché!!

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