giovedì, marzo 20, 2025

Gocce d'inchiostro: Piovevano uccelli - Jocelyne Saucier

Le storie in cui finisco per essere sballottata, qua e là, da un luogo ad un altro, sono quasi sempre quelle che posseggono anime sporche, grumi di passato che con opacità contornano il tutto e rendendo ogni cosa poco visibile ad occhi umani. Ma gli occhi umani, perlomeno quelli dei lettori, in un modo o nell’altro, da questa opacità, alla fine, riescono sempre a vedere, scorgere qualcosa e in questo qualcosa colgono una certa luce, un rantolo, un lamento. Nell’insieme, la razza umana, che in ogni forma o sfaccettatura la si osservi, trasmette qualcosa. Basta scambiarci due parole, uno scambio preciso e netto di suoni ed ecco come una storia che apparentemente sembrava non potesse trasmetterci niente, diviene poi una fotografia da cui è possibile scorgere la vita. Una galleria d’arte in cui la scintilla di cui facevo cenno prima è relativa alla razza umana e ad una fase di cui, presto o tardi, giungeremo un pò tutti. La vecchiaia. Imprescindibile a spianare il sentiero di una lunga riflessione sul senso della vita, intingendo nei colori della vita quel pennello che avrebbe poi lasciato un segno indelebile nell’etere.

Titolo: Piovevano uccelli

Autore: Jocelyne Saucier

Casa editrice: Iperborea

Prezzo: 16, 50 €
N° di pagine: 210

Trama: Tre ottantenni che amano la libertà hanno scelto di vivere gli ultimi anni a modo loro, quasi senza contatti con la società, ciascuno nella propria capanna di legno nel folto della foresta canadese dell'Ontario settentrionale: Charlie, che ha rifiutato un destino di cure ospedaliere, Tom, che ha voltato le spalle a una vita dissoluta tra alcolismo e assistenti sociali, e Boychuck, taciturno e dall'oscuro passato. Unico contatto con il mondo esterno sono due personaggi ai margini della società: Steve, gestore di un albergo fantasma nella foresta, e Bruno, intraprendente coltivatore di marijuana. La visita di una fotografa sulle tracce degli ultimi sopravvissuti ai Grandi Incendi che hanno devastato la regione quasi un secolo prima sembra solo una breve parentesi nel loro isolamento, ma quando un'altra donna, fuggita dall'ospedale psichiatrico, arriva in quell'angolo sperduto del mondo, niente sarà più come prima: con l'aiuto dei suoi nuovi amici, l'anziana Marie-Desneige, un essere etereo e delicato che custodisce il segreto di amori impossibili, riuscirà a riprendere in mano la sua vita e a cambiare per sempre le regole di quella piccola e insolita compagnia. Il cauto, rigoroso rispetto degli spazi di ciascuno lascia il posto a un nuovo senso di comunità, a una condivisione delle emozioni e degli affetti che solo chi ha a lungo vissuto e sofferto può esprimere nella loro pienezza. Sullo sfondo silenzioso dei grandi spazi del Nord canadese, tra drammi del passato e nuove tenerezze del presente, Piovevano uccelli costruisce una storia luminosa di dignità e sopravvivenza, innalzando un inno alla libertà, fosse anche quella di ritirarsi dal mondo e scegliersi un'altra vita o quella di morire.

La recensione:

Capitai in una regione dell’Ontario, nel folto della foresta, trascinata quasi dalla sua autrice…. assieme a un gruppo di vecchietti, arzilli e simpatici. Avevo letto sul sito della casa editrice, che questo romanzo, in patria, aveva subito innumerevoli riconoscimenti, sollevato un polverone di assensi, un certo entusiasmo per le tradizioni che la sua autrice aveva perpetrato mediante la genesi di un romanzo, rievocando in particolare le nobili gesta di un uomo che perse la vita in uno degli innumerevoli incendi di cui questa terra fu protagonista. Una specie di omaggio in cui è cosa nota che gli incendi, i boschi, le sterpaglie siano inaccessibili, il fuoco un nemico impossibile da domare. E questa storia rievoca tutto questo bene. Bene, ma non benissimo, dato che il taxi su cui salì a bordo si spalancò, come un grande cancello nero, su una pianura verdeggiante in cui il solo colore, i raggi solari che si posano agiamente sulle foglie, su ogni sterpaglia, conferiva un forte senso di pace, di quiete.

E le anime che popoleranno questa splendida dimora, sono parte integrante di una lotteria, quella naturalmente della vita, da cui ho potuto osservarne ogni fattezza. C’era un fotografa, incappata fra le fronde di questi splendidi arbusti, soggiornare per una manciata di ore, in una piccola casa di legno, nel cuore di un grande bosco, i cui padroni sono una coppia di anziani. Gruppi di uomini e donne che tentano di vivere sereni, consapevoli che la vita non sia solo dispensatrice di piccole gioie ma anche di cocenti dolori e delusioni. E la pace restaurata, scovata, intatta, nella continuità di piccoli atti o gesti che, di qualunque natura essi appartengano, erano fini a se stessi. Solo quando sopraggiunge la morte siamo intimoriti e intimiditi di questa grande signora che è la vita, e ciò che prima avevamo considerato superficialmente ora acquisisce una forma diversissima.

Chi si approccia a una lettura come questa e pensa che entrando in questo harem segreto sfugge alle trappole della vita si sbaglia. Certo, tutto ciò che apprendiamo tocca in minima parte le corde sensibili del nostro animo. Ci sentiamo in dovere di essere solidali, comprensivi e lottiamo per un posto migliore. Più vicino possibile ai piedi della nostra anima. I libri divengono, a modo loro, trappole. Diatribe fra professori che si danno reciprocamente dell'idiota, correndo affannati a spegnere le stelle e ad offuscare il sole. Non più quel rifugio che offrono protezione e garanzia, ma come qualcosa che limita la libertà. Rivelano i pori sulla faccia della vita, una vita che scorre come una fiumana in infinita profusione.

Ho imparato molto, tante cose che prima ignoravo volontariamente adesso mi sono entrate in testa. Quello che avevo davanti era uno spettacolo di burattini, che prevedeva ogni mossa, ogni gesto, ogni movimento prima che lo spettacolo cominciasse. Le persone erano anime vacue che vagavano lungo la riva dell’assurdo, fino a spegnersi con un sibilo. L'atto dell’avanzare a tentoni, il piacere di assaporare ogni cosa. La vita come un immensa cicalata senza costrutto, un'interiezione sonora e vuota.

Considerato come una sorta di ribellione sociale in cui l’autrice rievoca il ricordo di quelle povere vittime che persero la vita nei boschi, fra gli incendi, nelle maglie di questi giganteschi colossi infuocati - incastri e composizioni di parole, musica e suoni che si consumano, nell'inutilità del tempo - Piovevano uccelli può considerarsi come un romanzo di rivolta che potrebbe apparire semplice ma che cela un infinità di significati. L'epilogo è una rapida assimilazione del processo assimilativo mediante cui le parole, questa accozzaglia di sensazioni e pensieri di vario tipo gettati fra le fiamme, anneriti e distrutti dall'incuria umana, sono così innumerevoli, persi nell'infinito e assordanti da promulgare il pensiero a grandi distanze e nel tempo a venire.

Quasi un ritratto sociale terribilmente conformista a cui tuttavia manca quella concretezza e conformità per cui la storia di queste << vittime >> avrebbero potuto raggiungere persino il nostro cuore, un gesto impuro che vale come un oscenità. Perché si trattava di anziani, uomini e donne maturi che lentamente avrebbero potuto accarezzarci l'anima e, in questo tocco, scorgere piccoli omini che considerano e vivono con il fiato di tutta una vita. Una scoperta utile a trarre profitto dalle negatività della vita.

Un tributo rispettoso che l’autrice porge nei riguardi di queste povere vittime, ma che non rende ingiustificabile il loro essere privi di anima. Poiché piccolo contenitore di riflessioni e idee su ciò che ha dettato il cuore all’autrice che, tra situazioni che scivolano un po' nella malinconia, condensa in pochissime pagine, attraverso una sorta di ammenda interiore in cui riporta personali e modeste riflessioni sui boschi, la vita e il modo per cui si tenta di comprenderla. Un meccanismo, un archetipo da cui spesso non si scovano quelle giuste risposte che si desidera ottenere.

Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo

2 commenti:

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