martedì, agosto 03, 2021

Gocce d'inchiostro: Estate - Edith Wharton

Leggere pian pianino la raccolta completa di un autore o autrice che in una manciata di giorni diviene il tuo << preferito >> è un’esperienza a dir poco straordinaria. Non lascio mai perdere un progetto, un obiettivo, quando lo inizio. E questo si che è un modo per conoscere, valicare quei confini che mi sono ancora sconosciuti e che istillano nient’altro che quelle basi su cui si poggia la letteratura classica. Ho sempre pensato, che chi ebbe la fortuna di conoscere in vita Edith Warthon si sarà sentito intimorito, quasi a disagio, nel nutrire un timore quasi reverenziale nei riguardi di una donna bella, ma algida e anche un po’ schizzinosa, che anche alcuni importanti personaggi, come Fitzgeralfd, andavano a chiedergli consiglio. Discretamente, s’intende. Nessuno potè mai sfondare quella corazza imperscrutabile e invalicabile. Persino chi la conosceva da anni. Allora si lessero i suoi romanzi, le sue opere, i suoi diari per comprenderla appieno. Scavando nella terra proprio dove lei mise piede e portarci dietro tutto ciò che lei vi trovò. Per quanto mi riguarda, ho constatato questa esperienza mistica esattamente come fecero in passato altri autori, tentando di manovrare quei meccanismi che inizialmente mi sono sembrati criptici. Non nego che all’inizio L’età dell’innocenza sortì qualche effetto negativo, nel senso che proprio lo stile, il modo per cui è stato scritto non mise a posto qualcosa nel mio animo ma al contrario rovesciarono completamente. In seguito scoprì che tutto ciò mi piaceva, e finì per amarlo. Estate, a dispetto de L’età dell’innocenza, mi indusse a pensare di essermi immersa in un paesino sfavillante, quasi lontano dal tempo, che battuto dall’incuria del tempo, era abbandonato all’occhio attento dei più esperti conferendo quasi una parvenza di malinconica meraviglia che tuttavia grava sulle nostre coscienze come correnti effervescenti di colori e suoni.
Questa storia ha spiccato tra le sdolcinatezze di una ragazza paziente ma insoddisfatta cui, se in un primo momento ho creduto fosse intollerabile, in un secondo ha planato nel mio cuore con una certa tenerezza. I suoi innumerevoli tentativi di viaggiare, fuggire avrebbe equivalso a volgere le spalle a tutte le curiosità meschine. Cosa fare, quando da ciò dipende la sua salute e la sua sicurezza?


Titolo: Estate
Autore: Edith Wharton
Casa editrice: Elliot
Prezzo: 17, 50 €
N° di pagine: 185
Trama: La giovane Charity trascorre una vita noiosa a North Dormer, nel New England. Arrivata in città dalla “Montagna”, dove viveva in misere condizioni in una comunità di reietti, era stata adottata da bambina dall’avvocato Royall, ora rimasto vedovo. Un giorno nella biblioteca in cui lavora appare l’affascinante architetto Lucius Harney, il quale mostra subito un interesse particolare per la ragazza. Il patrigno, che ha già fatto delle avances a Charity chiedendole di sposarlo, fiuta una complicità tra i due e cerca di ostacolarli. Nonostante i suoi tentativi, Charity e Lucius diventano amanti ma, con la fine dell’estate, anche quell’amore si avvia verso l’autunno, portando con sé le conseguenze della scandalosa relazione.

La recensione:

In una sera infuocata di fine luglio mi trovai a valicare il vialetto di un piccolo cottage intrappolato fra due rientranze montagnose, diretta in un posto sconosciuto ma bellissimo che sortì sin dal principio il mio fascino. A questo mio ennesimo viaggio spericolato si aggiunse il tentativo di comprendere come e perché mi fossi piombata qui, in un paesino dell’Inghilterra sul finire del 1800, piena di strane storie da ascoltare e sentire. Ogni giorno è portatore di speranze, eventi, sensazioni che mi sconvolgono completamente; il richiamo al vecchio e al nuovo, è sempre così prepotente  che negli ultimi tempi mi sono trovata ad amare i classici molto più di quel che credevo. Nella mia carriera di lettrice non sono mai stata un tipo di lettrice incostante. Se decido di avviare un progetto, devo portarlo alla sua conclusione. È così, e basta. Ed ho chiamato questo mio mantra, metodi di assorbimento al mio animo mediante cui scopro sempre qualcosa in più del mio animo, vivo esperienze che non credevo possibile, mi ritrovo a camminare a tentoni rivivendo certi momenti o situazioni che so prendere per me. Il passato, penso, quanto mi sarebbe piaciuto viverci!
La protagonista della storia che mi è stata letteralmente sbattuta sotto il naso abitava in una casetta a un piano in una lunga fila di casette tutte uguali, incastrate fra due avvallamenti, il cui accesso conduceva in un posto meraviglioso: una biblioteca. L’immagine della mia felicità. Non il luogo più adatto da scegliere fra posti diversissimi e migliori – il Cimitero dei libri dimenticati è un esempio -  ma quel covo di incontri e scontri che picchieranno sulla testa di Charity con prepotenza e ossessione, quasi una confessione lanciata dalla soglia del suo animo. Ogni cosa era descritta benissimo. Accettare quell’ineluttabile accettazione del mondo così com’è e di noi stessi in quanto esseri sostanzialmente completi, sono alcuni di quegli elementi che evidenziano la personalità di Charity formata dallo stesso sistema, che la opprime e la induce a entrarne a far parte.
Gioisco nel pensare di essere capitata in un luogo che ha sortito nell’immediato un certo fascino, a vedermi lì camminare silenziosa fra scaffali polverosi e ragnatele, come si accompagna dal medico uno che ha paura di andarci da solo. Finisco sempre con delle donne a parlare dei fatti della loro vita, e quasi sempre devo cercare di contenermi per non scoppiare a ridere all’idea che qualcuno che ai giorni nostri avrebbe volto le spalle a tutto e tutti per raggiungere i suoi scopi potesse invece soffrire in questo modo, senza però ottenere effettivamente niente. Si, poiché Charity si vedeva come dominata dalla presenza di un luogo da cui vorrebbe allontanarsi, così trascurato e malinconico. Dominata da una forte riluttanza del vivere, a osservare il mondo che la circonda. Ciò che vede o sente ha un suo peso e una sua vivacità di cui non è abituata. Persino le cose sgradevoli sembrano essere degne d’attenzione perché anch’esse sono parte di lei. Il passato non poteva tenerla avvinta quando il presente è così ricco, quando le stesse sorprese della vita hanno il potere di offuscare persino le cose più impensabili.
Ero io che stavo suggerendo tutto questo, o effettivamente Charity aveva bisogno di capire che per intensificare lo splendore del suo animo, la sensazione di giovinezza e tenerezza che questa fuga dovrebbe conferire perdono in lei quei pochi contorni che aveva assunto. Allegoria di una mancata libertà, sopravvalutata e vana che impedisce ogni cosa, causata da disordini, dalla decimazione di un sistema che ti induce a non poter fare altrimenti. Ed io che la incitavo a fare tutto questo. Non mi parve però che Charity mi avesse sentito.
In Estate ho visto il preludio di uno scenario meraviglioso che avrebbe potuto diventare più grande e maestoso. Se quelli che lo hanno abbandonato non avessero considerato il loro ritorno alla stregua di una risa, non avrebbero visto come l’America era quel luogo oscuro, svuotato di fascino e ricchezza di cui la stessa autrice avvertì sensazioni avvicendarsi come ombre sempre più ostili di cui la società fu oscurata da un’ombra più oscura della guerra civile. La Wharton avvertì un certo dissenso, in tutto ciò, perciò descrisse così bene queste storie. L’irritante egualitarismo della vita americana, sentimenti ambivalenti o ignoranti nei confronti del passato, la nebulosità di valori, l’assenza di cultura, e la povertà intellettuale che si riscontra in quest’opera e in altre pubblicate dall’autrice descrive quell’età dell’oro in cui la gerarchia sociale, la libertà personale, il rispetto per il prossimo e il passato e una consapevolezza di quei valori che dominano la vita dell’alta società di New York. C’è un vincolo che lega i valori di una società e il suo ambiente sociale, l’esistenza vuota dei personaggi e la sua correttezza. Ma comprendendo l’ambiente possiamo comprendere le persone. I poveri infatti non erano tali come classe sociale quanto condizione. Da qui l’inutilità dello sforzo umano. La vita aveva molto di più da offrire a dispetto di ciò che ci riserva. Bisogna solo abituarsi ad osservare il mondo con occhi gentili, anziché criticarlo e scrutarlo a fondo. E nel momento in cui ci è riservata una parola gentile ci sorprendiamo che ci sia posta.
Algido e impenetrabile, circondato da quella patina di emozioni che ti scavano dentro, Estate affonda le sue radici nel cuore di chi legge non badando a niente e nessuno se a ciò che potrebbe intaccare la sua anima semplice e lucente.
Non solo quella pantomima scissione fra vecchio e nuovo in cui il vecchio sembra mescolarsi al nuovo con estrema cura, ma il bisogno impellente di scovare quella via di fuga, una libertà intrinseca a qualunque forma di possessione e ossessione, slancio di azioni e pensieri che si tramutano in impulsi emotivi la cui ondata è però talmente travolgente da aprire varchi nel cuore. La veridicità di certi fatti che sono stati sottoposti dall’impossibilità dell’uomo di adottarsi al progresso, in cui alla fine Charity resterà ancorata ai suoi obiettivi, che non ha mai abbandonato i suoi principi, non ha mai toccato la corruzione, venduta ma essere audace di cui l’ignoranza dei paesini di provincia, l’assetto sociale non avrebbero potuto prevalere. Piuttosto cambiare prospettiva, visione del mondo.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

4 commenti:

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