lunedì, febbraio 28, 2022

Gocce d'inchiostro: La custode dei peccati - Megan Campisi

Le sfide di lettura mi inducono quasi sempre a leggere e smaltire quei romanzi che risiedono silenziosamente sulla mensola delle mie librerie da qualche tempo. Non in un momento specifico, ma quando meno me l’aspetto, quando sono pronta a combattere e a vivere la bellezza di una nuova storia. A qualunque costo. Ma quando sul finire del mese di febbraio decisi di partire per un viaggio di nemmeno quattrocento pagine, non credevo che quella vocina interiore che mi redarguiva di stare attenta avesse ragione. Talvolta non l’ascolto, me ne rendo conto. Eppure dovrei avere abbastanza consapevolezza da non poterne più ignorare la sua presenza. Tutto questo per dire, che il romanzo di cui vi parlerò quest’oggi non si è rivelata una lettura malvagia, ma che non ha esaudito i miei desideri di seguirla appassionatamente in un’avventura che possiede i connotati di qualcosa che avrebbe dovuto sortire fascino, misto a magia. Un romanzo carino ma che non mi ha coinvolto né convinto al 100%, che personalmente avrebbe potuto rivelarsi tale se le vicende fossero state proiettate in una verve diversa dall’originale. Questa custode dei peccati era una povera donna che è stata accusata ingiustamente. Ma quale sarà il suo percorso per perseguire la redenzione? Quale sarà il suo sbocco per accrescere il suo personalissimo favore di spiccare il volo e divenire una persona come tante altre?

Titolo: La custode dei peccati
Autore: Megan Campisi
Casa editrice: Nord
Prezzo: 19 €
N° di pagine: 400
Trama: Ha rubato solo un pezzo di pane, ma la giovane May avrebbe preferito essere impiccata come tutti gli altri ladri. Invece  il giudice ha scelto per lei una condanna peggiore della morte: diventare una Mangiapeccati. Dopo la sentenza, May è obbligata a indossare un collare per essere subito riconoscibile e le viene tatuata la lettera S sulla lingua. Da quel momento, non potrà mai più rivolgere la parola a nessuno. Poi inizia il suo apprendistato presso la Mangiapeccati anziana che, nel silenzio più assoluto, le insegna le regole del mestiere. Un mestiere spaventoso: raccogliere le ultime confessioni dei morenti, preparare i cibi corrispondenti ai peccati commessi e infine mangiare tutto, assumendo su di sé le colpe del defunto, la cui anima sarà così libera di volare in Paradiso. Le Mangiapeccati sono esclusivamente donne, disprezzate e temute da tutti, eppure indispensabili. E infatti, un giorno, May e la sua Maestra vengono convocate addirittura a corte, dove una dama di compagnia della regina è in fin di vita. Dopo la confessione e la morte della donna, però, alle due Mangiapeccati viene portato un cuore di cervo, un cibo da loro non richiesto e che rappresenta il peccato di omicidio. Sconcertata, la Maestra di May, si rifiuta di completare il pasto e viene imprigionata per tradimento. Rimasta sola, la ragazza china la testa e porta a termine il compito, ma in cuor suo giura che renderà giustizia all’unico persona che le abbia mostrato un briciolo di compassione. Quando viene chiamata ancora a prestare i suoi servigi a corte, May intuisce che una rete di menzogne e tradimenti si sta chiudendo sulla regina e che solo lei è in grado d’intervenire. Perché essere invisibile può aprire molte porte, anche quelle che dovrebbero restare chiuse per sempre…

La recensione:

C’era una ragazza che era stata accusata di aver rubato. E disgraziatamente era vero, ma si era trattato di pura e semplice salvezza. Da qualche parte, nel mondo in cui ci proietta l’autrice, la storia di una Mangiapeccati poco socievole e fragile, mi aiutò a conoscere queste figure << alate >> della letteratura storica, quasi inavvicinabili e temute, che pur di sopravvivere erano costrette a rubare e ad accaparrarsi cose che gli avrebbero costato cara la vita. Alcune sole al mondo, altre con mariti o fidanzati che attendono la loro amata sulla soglia di casa. La storia che la Campisi si porta dentro aveva sortito il mio fascino sin dal principio. Una bellissima copertina dai colori accesi, una trama imbastita come quella che induce agli amanti della lettura a restare attaccati alle pagine e un ottima scissione fra passato e presente in cui questa figura si sarebbe mossa nel mio cerchio con la costante presenza di una condanna che le alitava sul collo, con un guazzabuglio di colpe e omissioni che forse non le appartengono, ma che avrebbero aumentato la sua valenza e soprattutto incrementato il mio fascino. Però, dal momento in cui vi misi piede, l’atmosfera densa ma ovattata mi riservò qualcosa di cui non ne riesco ancora a spiegare le conseguenze.
Di queste Mangiapeccati non sapevo assolutamente niente, ma quando la sua autrice mi sussurrò all’orecchio questa storia non credevo di possedere quei giusti requisiti per giudicare. Le mie sono solo pure e semplici supposizioni. Non hanno alcuna valenza, ma questo è ciò che ho avvertito nel momento in cui ho sentito come mie le vicende di questa ragazza …. O forse no? Beh, credo proprio dovrei partire da qui. Questa povera ragazza a cui la Sorte aveva riservato un destino orribile era come se vivesse sospesa in una realtà che non le apparteneva. Aveva finalmente scontato la sua condanna, e si apprestava ad imboccare una nuova strada che l’avrebbe dovuta condurre alla redenzione.
Probabilmente quello che l’autrice aveva immaginato era una storia che si rifacesse a Il racconto dell’ancella, proiettato in un epoca lontana anni luce dal romanzo della Atwood, il fior fiore di uno stato totalitario che in uno sciorinamento fra la condizione della donna come vittima di inganni e oppressioni varie. Il racconto dell’ancella fu quell’esperienza di lettura che mi impedì di buttarlo giù, questo romanzo invece mi fece desiderare il contrario. Intestardirsi a voler concludere qualcosa che già, in partenza, evidenzia aspetti che non coincidono con la tua anima, i tuoi gusti personali, sono piccoli dettagli che rivelano una certa importanza sull’impatto emotivo che quel genere di lettura suscita su di te.
La complessità stessa dei miei sentimenti consolidó nella certezza di trovarmi dinanzi a una storia che non ho compreso appieno. Sulla soglia di un teatro di emozioni adulte e di segreti la quale la scrittura non terrà completamente giustizia. Se si pensa già solo al termine << mangiapeccati >> lo si interpreta e lo si accosta a qualche nozione religiosa, profana, esseri sacrificati e sacrificabili, contraddistinti da un segno sull’anima. Ombre deformate o parodie di qualcosa, che inevitabilmente imboccheranno una strada da cui non se ne scorge la luce.
Una curiosità sfrenata, in occasione della pubblicazione mi spinse a leggere questo libro - letto in un weekend all'insegna del tedio, della solitudine, della monotonia -, e sebbene la violenza del messaggio mi sconvolse non di poco, ciò non mi impedì di maledirmi per esserci giunta in questo modo. Non mi pento dell'aver provato qualche remora o indugio nei riguardi di questo romanzo, ma da un romanzo come questo mi aspettavo ammaliamento, sconcertamento, ma così non è avvenuto. Avrei potuto leggere ed interpretare un mondo estremamente profano, simbolico, religioso e criptato, subito il fascino e lo zelo di vivere e respirare fra le sue pagine dandomi l’opportunità di rimanere esclusivamente con la protagonista per capire e riflettere su questo racconto pervaso di vita vera. Nulla di tutto ciò! La storia che l’autrice si porta dentro, l'atmosfera greve di oppressione, ottundamento, soffocamento, veritiero, disturbante, inquietante, un percorso scelto e scritto da un Ditanere che spazza via alcuna via di salvezza, la penetrante e sordida aura di attesa, solitudine, drammi del cuore che attanagliano sempre di più nella loro morsa, sono tutti quegli elementi che costellano queste pagine come i continui singhiozzi della protagonista, che mi hanno fatto riflettere molto. Questo racconto, poi, espugna un elemento fondamentale, forse persino più cerimonioso di come l’autrice lo tratta nel romanzo, principio di tenebra che reclama qualunque aiuto possibile. Tale concetto è quello della schiavitù o sottomissione femminile che recisa da obblighi, costrizioni, impedimenti, conferiscono al romanzo il messaggio prorompente di non poter fare alcunché pur di ribellarsi. Poiché spinte, violentate, deflorate, sottomesse, vittime carbonizzate di una realtà che si piega continuamente su loro stesse.
Questo è il principale motivo per cui ho letto La custode dei peccati, perché nonostante gli innumerevoli tentativi che esso rieccheggi dentro i miei pensieri,
contendendosi il diritto di non potersi muovere così bene in una trama in cui sarebbe stato impossibile sfuggire alle trappole della vita, toccando tuttavia le corde più sensibili del nostro animo. Mi sono sentita in dovere di essere solidale, comprensiva, mi sono sentita umiliata, sconcertata, appassita e poi gettata via, affinché potessi scorgere un posto migliore. Più vicino a un'idea di paradiso mancato. I libri a questo proposito divengono delle porte da valicare, e chi legge corre affannato a spegnere le stelle e offuscare il sole. Non si cerca più dunque quel rifugio dove fuggire, ma quella scialuppa di salvataggio che non ci limiti più alcuna forma di libertà. 
Una lettura che avrebbe potuto detenere una certa potenza, ma rivela i pori sulla faccia di una vita che scorre come una fiumana in profusione. Non quel genere di romanzo che ti entra in testa o nel cuore, ti distrugge da dentro, ti divora ma mette a nudo una parte dell’anima intrinseca del sesso femminile. Semplice e noiosetto, cela una miriade di significati.
Assimilazione del processo di natura predominante sulle donne che produce un'infinità di domande a cui non ci verrà data una risposta. Accozzaglia di sensazioni che predominano su forze o entità sconosciute che gettano il sesso femminile fra le fiamme, anneriti e distrutte come carta dalla crudeltà umana. Così forte e assordante da promulgare tale 'supremazia' nel tempo a venire, tributo oltraggiante e scandaloso che omaggia l'ingiusta condizione di chi, indifeso e vulnerabile, è dato impunemente alle fiamme.

Valutazione d’inchiostro: 2

2 commenti:

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