venerdì, dicembre 17, 2021

Gocce d'inchiostro: Armand il vampiro - Anne Rice

Quando ci si lascia contagiare dal tono, dall’hype che si cela dietro un romanzo, un film, una saga si insiste sul medesimo senza contare che dietro questo processo ci sia un lavoro arduo che nel momento in cui lo si realizza c’è anche un’importante componente sentimentale. Sia io che altri confermeranno nel dire o nel credere, che quando ci si innamora o appassiona a qualcosa o qualcuno sanno che la profilica e straordinaria tradizione di perpetuarne il processo di vita causa un certo magnetismo. Conferiscono orgoglio e forza a quella tradizione.
Sul finire del mese di ottobre, con l’approssimarsi di Halloween, Intervista col vampiro giunse nel mio Kobo come un moto perpetuo e bellissimo. Le grandi fondamenta poggiavano su aspetti in cui alla fine non resta nient’altro che lasciarsi andare fra le braccia di creature che in un mutuo incantensimo si lasciano travolgere da sensazioni vibranti, quasi una mappa miniaturizzata di circuiti elettrici luminosi dal suono lento. Quasi la linfa di tutta una vita.
Il mio progetto di leggere interamente questa saga prosegue imperterrito includendo certamente il desiderio di ridare un certo prestigio, quasi un caro omaggio al lavoro straordinario di una donna che è un’icona della letteratura gotica. Forse, come ogni cosa nella vita, era giusto giungesse anche per me questo momento: far mettere in luce alcuni aspetti salienti dell’individuo in cui arte, poesia, scrittura si unicoscono e decompongono in un unico straordinario miscuglio di sensazioni altalenanti a cui mi sono affidata completamente.

Titolo: Armand il vampiro
Autore: Anne Rice
Casa editrice: Tea
Prezzo: 6, 90 €
N° di pagine: 430
Trama: Morto carbonizzato sul sagrato della cattedrale di Saint Patrick, a New York: questa era la fine che tutti credevano avesse fatto il vampiro Armand. Invece Armand è sopravvissuto ed è pronto a raccontare al vampiro biografo David Talbot la sua vita, lunga oltre cinquecento anni. Bello come un angelo, Armand ha l’aspetto di un eterno adolescente; tuttavia, dietro quell’eterea sembianza, si celano una vicenda colma di violenze e un’anima tormentata e profondamente inquieta. Dalle steppe russe alla Venezia più misteriosa fino all’incontro con Marius, il Maestro, colui che gli offrirà la conoscenza e l’immortalità, colui che lo salverà dall’abisso e lo condannerà in eterno…

La recensione:

 

Siamo immortali. E soltanto un nemico può distruggerci: il fuoco che arde in quella fiaccola laggiù o nel sole che sorge. È dolce pensare che, quando alla fine ci stanchiamo di tutto questo mondo, possiamo contare sul sole che sorge.

 

Per quelli della mia generazione, lettori e non, l’ideologia di vampiro, i suoi tratti, le sue fattezze celebri e orripilanti, la bramosia di sangue e potere, l’odore di sale e ruggine resteranno il simbolo del fascino perduto della vecchia letteratura gotica americana. Definisco vecchia perché il XXI secolo ha soppiantato nuove forme di vampirismo. Molto più veloci, stucchevoli, romantiche, ma è una tipologia di letteratura che all’epoca mi affascinò tantissimo: inspiegabilmente, ero caduta anche io fra le braccia dell’algido Edward Cullen. Trascinante, sofisticato, cruento, folle, immersivo e inimaginifico furono però i primi cinque volumi di Anne Rice: soffocante, senza concederti un attimo di respiro, dominata da una folle sete di sapere e conoscenza, il cui odore di vecchio invade ancora le mie narici. La vista di un mondo che disgraziatamente non avevo ancora visto, uno dei mille esempi di come l’uomo si immiserisce la vita comprendendo chi è e per quale motivo è stato trascinato in questa landa deserta.
Armand il vampiro, quindi, non toglie niente  né aggiunge alcunchè che non sapevo o avevo visto nei volumi precedenti. È l’ennesima bellissima metropolitana di sadismo, misticismo, magia, esoterismo in cui si retrocede nel passato, nell’antichità affinchè si faccia luce sul potere che fu investito attraverso questo vampiro, non scacciando alcuna forma quanto ascoltando la ragione. Conoscendo così se stesso, valicando i confini del possibile e dell’impossibile. Era tutto così bello, affascinante che anche nel tratto in cui questo treno sferragliante corse inarrestabile in una catena di minuscoli avvenimenti che convergono in tanti altri, sorrido se penso che nel momento in cui misi piede a Costantinopoli la gente che mi attorniò mi fissarono sbalorditi. Più che una città nel nulla mi sembrò di essere in una grillaia nel pieno della notte. Sentimenti come l’isolamento e la tristezza, la conoscenza come l’amore spiccano in un cielo ammantato di stelle osservandole splendenti, brillanti sopra scintillanti torri di città di vetro quasi avessero emesso un canto. Un perfetto suono tremolante che si è propagato nell’universo la cui natura prevede che tutte le cose siano divorate, il tempo era una bocca sanguinaria che divora da dentro.
Chi ha letto questa saga, mi aveva detto di prendere una bella boccata di aria fresca, fra un romanzo e un altro, una lettura e un’altra…. Non aveva tutti i torti! Dal primo volume avevo scorto come queste bellissime creature erano nate dal nulla e dal nulla tornano. Hanno goduto di illusioni dell’immaginazioni, dell’immortalità che disgraziatamente hanno asservito al Male senza curarsi dei desideri di Dio e della Grazia concessa quella cioè di non bruciare fra le fiamme dell’inferno bensì nelle ombre della terra. Del resto, non si tratta di figure macchiate di impurità create a immagine e somiglianza di Gesù Cristo nella sua infinita perfezione? Belli come divinità, sculture di bronzo così immortali la cui vista seducente ma non infallibile affiorano sulla terra come gigantesche falene sulla grande terra, ma alla lunga consapevoli di essere più uomini che riveli quel rimasuglio di nobiltà che si cela e che deriva dalla stessa umanità. Ed ecco che l’immagine che l’autrice ci propone di questo Signore assoluto, misericordioso, non causando dolore e confusione, ma sfruttando ogni possibilità di essere generosi con gli altri, in modo tale che la morte diventasse il guizzare di una fiamma nell’estasi e poi il più dolce dei silenzi. Come dei bellissimi Adone si mossero in battaglie fra il carnale e l’ascetico – quello in cui si cerca la perfezione – l’anima elevandosi nel più alto livello di esaltazione di cui si trova o riscontra nelle belle arti.
Come credevo, tutto ciò mi ha suscitato un guazzabuglio di sentimenti contrastanti. Avevo trovato tutto ciò estremamente affascinante. Vivendo in questa landa deserta, in mezzo a queste creaure estremamente tormentate, ho imparato che si può interpretare un opera come la si vuole ma niente e nessuno toglie lo splendore e la magnificenza delle sue tematiche. Perché pur quanto cerchi di scrivere lunghi e inutili sproloqui, riporre nero su bianco le mie più nitide impressioni al riguardo, ho imparato come l’idea di << capolavoro >> è spesso sopravvalutata o meglio adoperata in contesti irreversibili. Questo romanzo, così come i suoi precedenti, esprime qualcosa che va al di là dello stesso capolavoro, qualcosa di trascendentale e potente che non conosce alcun limite. Perché proiettato in un paradiso pagano dinanzi a forme dissonanti ma non prive di redenzioni finali, ho scorto e desidero scorgere ancora questi vampiri come piccoli grandi Prometeo strappare stelle lontane, eterne, illuminado la luce di un cammino fosco e tetro grazie a cui è possibile comprendere tante cose. L’odore della corruzione mescolato a quello della crescita, la magia di cose che sbocciano e maturano in cui ogni processo verso la maturità o la tomba delizia e affascina a eccezione della disintegrazione dell’anima. Lo studio delle arti avrebbe indotto a una conoscenza più ampia, deplorando o celebrando le condizioni degli uomini, non spiccando il volo, ma vagliando i confini umani come qualcosa di raggelante. L’amore, i sentimenti, la supremazia della carne derivano da tutto ciò, in una magnifica fiamma chiazzata di autentico cespuglio di fiamme per trasfigurarle in eterne, nella stessa estasi della carne, in qualcosa che riflette lo splendore carico di speranza.
Dopo una manciata di settimane in compagnia di questi vampiri, dove se non altro per osmosi, ero divenuta parte integrante delle loro vite, ora trovavo ancor più seducente il mio starci fra le sue pagine che queste <<povere >> bestie venissero tenute su come delle marionette appese a dei fili, solo per il semplice gusto di tenerli ancorati in un perpetuo equilibrio instabile. Il tempo passa, l’anno sta per concludersi. Le letture aumentano sempre più, un toccasana contro gli effetti devastanti e sorprendenti della vita, come qualunque altro viaggio letterario vissuto in precedenza. Armand il vampiro fu così vicino alla mia anima, esattamente come i suoi predecessori, che inconsapevolmente aveva prodotto un impeccabile prestigioso arazzo di bellezza, grandezza, beatificazione allo scontro di una battaglia che è stata intrapresa lungo la Redenzione.
 
Posso vivere nell’ombra. Adorandola, posso vivere per sempre nel buio perché non esiste buio quando le sono vicino.
 

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

2 commenti:

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