giovedì, dicembre 09, 2021

Gocce d'inchiostro: Memnoch il diavolo - Anne Rice

L’eternità di questi vampiri non scandaglia alcunchè di diverso da ciò che ho letto sino a oggi. Già cinque romanzi sono stati divorati uno a presso a un altro e non ho ancora ripensamenti – ne credo li avrò – per comprendere se il percorso intrapreso sia stato adatto o meno. Credo che ogni romanzo sia in attesa del suo momento, che se una storia la si legge in quel determinato momento è perché come gli aggiustatori chiamano una serie di esami intensi a me piace vivere avventure di questo tipo. Voglio dire, la vita è imprevedibile. È una giostra altalenante di gioie, sensazioni, felicità che possono prolungarsi molto più del dovuto o dileguarsi in una manciata di secondi. Questa saga però per me aveva il biglietto per innumerevoli giri di giostra, comportano una strana felicità dalla quale mi risveglio senza comprenderne i motivi di quel che comporta leggere questo tipo di letture. Per questo è indispensabile che sappia e conosca come andrà a finire. Di nuovo toccava a me scoprirlo.
Questo quinto volume comporta una strana anestesia dei sensi dalla quale mi sono risvegliata come se immersa in una realtà simile alla nostra ma parallela di cui ne sono oramai assuefatta. Lestat aveva ancora molto da dirmi, da scoprire e scoprirsi e affinchè il paesaggio mantenga una sua piacevole vista è necessario saper interpretarne certi meccanismi. Molti già evidenti in precedenza, qui ancora più salienti, in risalto divenuti simbolo di magia, estasi in mezzo ad altri vampiri e sconosciuti che giocano ad essere in grande intimità.


Titolo: Memnoch il diavolo
Autore: Anne Rice
Casa editrice: Tea
Prezzo: 6, 50 €
N° di pagine: 430
Trama: New York, inverno. Il vampiro Lestat è sulle tracce di Dora, la bella e carismatica figlia di un boss che lui ha ucciso. Combattuto tra l’istinto vampiresco e un forte slancio d’amore per la ragazza, Lestat si confronta con gli avversari più pericolosi che abbia mai conosciuto. Viene rapito dal misterioso Memnoch, che sostiene di essere il Diavolo, e che lo porterà fuori dal mondo per metterlo di fronte alla scelta più difficile.

  La recensione:

 

I mortali arrancano attraverso la vita, dalla culla alla tomba.

 
I vampiri di cui ci parla Anne Rice, pur quanto belli, affascinanti, ammalianti, non esistono più nell’immaginario collettivo come quelle forme di vita provenienti da terre inesplorate che, in una manciata di minuti, secondi o attimi, riscucchiano te e la tua sfera privata senza comprenderne le ragioni. Non esistono più, disgraziatamente popolari molto tempo fa, poiché soppiantati da tipi più smielati, luccicanti e dal forte senso dell’etica. Le letture, per un certo periodo, quelle per giovani ragazzi, ricordo, erano tutte incentrate su storie che intavolavano relazioni fra adolescenti e il loro modo di approcciarsi nel mondo come un’angosciante collezione di neoimmigrati; ragazzine svampite che incarnano in queste figure il Principe Azzurro per eccellenza. Creature della notte che vivono vagando su questa terra come se impossibilitati a fare altro. Tutti col loro sorriso smagliante, tutti con una serie di resti di una qualche esistenza precedente pronti a ripartire per una rinascita.
Rimettendo dentro quel poco che sarebbe loro rimasto dell’esistenza, Anne Rice descrive in questo quinto volume qualcosa del genere, ma snocciolando una serie di motivazioni per cui i suoi vampiri sono così problematici. Del resto la vita è quel trampolino di lancio che avrebbe dovuto impartirci culti, forme o dottrine esoteriche che avrebbero dovuto indurci a comprendere il mondo. Avere una coscienza, una ragione, un certo tipo di dedizione, tutte forme di vita che avrebbero illuminato i corridoi bui di anime oscure e malvagie. La consapovolezza della creazione, la comprensione del suo deliberato sviluppo, una conoscenza casta della bellezza e delle sue leggi che rendono possibile ogni cosa, l’accettazione della sofferenza, l’apparente ingiustizia e tutto ciò che riveli forme di dolore, Lestat, Pandora si differenziano dal resto del mondo proprio per il loro desiderio di amare e comprendere gli altri.
Questo sbocco ardente di comprensione, già onnipresente nei volumi precedenti, diviene più ardente, più fitto poiché comincia a delinearsi una trama, un meccanismo di idiomi in cui il mondo riceniano è quel posto perfetto, quel mondo perfetto in cui si nasce e non si muore, e nonostante la bellezza di questa eternità ciò genera sconforto perché incomprensione, irriducibilità, in cui tutti sono dipendenti e sconosciuti in mezzo alle sorti di un Dio potente e onniscente. Il costante, inquieto destreggiarsi di queste creature che non riescono a salvarsi dal mondo senza miracoli o opportunità di avere a fianco una donna consapevole di non poter sprecare la loro eistenza in vari e numerosi tentativi di comprenderlo. Non sono demoni che non potranno mai morire ne comprendere il Male. Per gli umani, infatti, la prova che il maligno esista è la prova vivente che esiste il sovrannaturale, il mistero, il meraviglioso che si mescola al crudele e cruento, la prova che ciò di cui ci piace esiste. Dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza e la Creazione coincide con un esperimento enciclopedico per vedere se il prodotto è simile a lui. Antropomorfo ma non materiale, si osserva l’evoluzione dell’uomo che si appresta a comprendere il mondo circostante grazie alle metodologie di giudicare solo ciò che si vede. Le anime sono energia che conservano una loro conoscenza, una certa forza derivante dalla materia. Venerazione, lucicchio, calore dovrebbero esorcizzare la debolezza, la paura, la sofferenza nel momento in cui ce lo saremmo aspettati trascinandoci nella semioscurità, tenendo lo sguardo fisso sulla brillante luce della vita sulla terra. Queste anime però avvulse in un tipo di energia naturale e complesso per la capacità di comprendere poiché fatti della stessa sostanza, l’invisibile di cui ogni individuo ne possiede una sua forma. Si contempla la vita passata come se immersi in un lungo sogno privo di ansie da cui si cerca di esaudire forme di desiderio nutrendo compassione per il prossimo. Così come l’uomo, inculcate di speranza, lealtà, compassione, mediante cui giustificano il mondo circostante.
Il costante inquieto muoversi di questi vampiri, il loro sentirsi senza limiti in un mondo immenso crea certo quella sensazione di libertà che è alla base dei romanzi della Rice. Pur quanto si parli di comprensione, di Bene e Male, è un romanzo pregno di vendetta, esoterismo, sui folli meccanismi secondo cui ciò che è accaduto è accaduto e che ci induce a guardarci attorno, comprendere la realtà circostante annientando qualunque forma maligna del cuore. Il rispetto dell’altro è un mezzo, un trampolino di lancio per comprendere chi siamo e soprattutto perché soffriamo. Niente sembra incongruo poiché il miscuglio fra paranormal, gotico, esoterismo divengono un tutt’uno in una storia intellegibile che riduce in minuscoli pezzettini. Il sangue e la dolcezza sono due elementi contrastanti, agro e dolce di cui è difficile non farsi tentare. E come tali contraddizioni non si spiegano i motivi per cui Dio ha creato il Male e soprattutto come si possa convivere con l’idea che esista questa scissione. Il Paradiso è concentrato sulla terra, la denigrazione sulla materia, la corruzione che presenta e rappresenta la prigione dell’anima. Nemmeno Dio e la sua straordinaria opera può rispondere alle nostre domande. Nonostante ci si aggrappi a forme di redenzione, ad interpretare le Sacre Scritture.
Questo quinto volume, così come i suoi precedenti, è un piccolo gioiello gotico. Un frammento della magnificenza di questa saga, un po’ meno elaborato e riflessivo ma estremamente romantico e filosofico che genera stupore e ammaliamento. Uno spettacolo che per la ricchezza di dettagli e struttura risulta ancor più bello se confrontato alla crudeltà e alla cruenza di certi eventi. Una sorta di languore, dai toni selvaggi e moralisti che in un gioco di luci e ombre, fra Bene e Male è un trampolino di lancio per comprendere chi siamo ma soprattutto perché siamo condannati a vivere su questa terra.
 

Quando sono con te, vedo la bellezza della cosa. Ma non appena scendo laggiù e mi rotolo tra l’erba alta, ne ho una visione diversa.

 

Valutazione d’inchiostro: 5

2 commenti:

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