domenica, giugno 07, 2020

Gocce d'inchiostro: I love Dick - Chris Kraus

Quando ci si innamora - come si innamorò Chris Kraus -, chiedere i motivi per cui ci si è illusi dal sollievo di un momento, per dubbia che ne fosse la motivazione, sarebbe stato chiedere troppo.
Nel mio Kobo vi sono assemblati un centinaio di ebook, una novantina sicuramente, che conducono in svariati luoghi, in nuove forme di vita, che si presentano perlopiù come << guide >> da centellinare o assaporare lentamente. I love Dick fu esattamente quel prezzo che ho pagato nell’aver procrastinato la lettura a data da destinarsi, a muovermi impunemente nei meandri più oscuri dell’Io, spiegandoci per tutto il resto i motivi per cui l’autrice concepì questa storia. In preda a una specie di euforia, senza far nulla per tenerla a freno, riponendo mediante parole dalle quali si evince una certa solitudine di fondo, speranze, desideri che sebbene hanno sforato il mito dell’accettabile o proponobile rendono più attivo chi lo osserva.
Il potere che hanno irradiato queste pagine, in un accozzaglia di parole esilaranti, sagaci, deliranti e sofisticate, si solidificò in un mondo che resta completamente intatto, immobile come un dispositivo strano e perverso utile a conoscere qualcuno che è letteralmente immerso nel mistero. Scritto ai bordi di svariati autori, sebbene dalla cadenza e il linguaggio personalissimo, in quanto la scrittura è stato l’unico elemento che ha conferito istinti irrefrenabili, interpretando diversamente, assecondando qualunque impulso o sensazione.
Titolo: I love Dick
Autore: Chris Kraus
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 300
Trama: Filmmaker sperimentale di trentanove anni, Chris è sposata con Sylvère, docente universitario di cinquantasei anni. Appassionata d’arte di cattiva qualità, che secondo lei rende molto più attivo chi la osserva, Chris, diversamente da Sylvère, non si esprime in un linguaggio teorico. È abituata perciò ad attenersi ad un perfetto silenzio quando Sylvère si avventura nei suoi discorsi sulla teoria critica postmoderna. Non facendo più sesso, i due però non evitano affatto di parlare. Praticano anzi una rigorosa << decostruzione >> a modo loro. In altre parole, si raccontano tutto. Dopo ave trascorso l’intero anno sabbatico di Sylvère in un cottage sperduto tra le montagne a un’ora e mezza da Los Angeles, una sera i due cenano in un sushibar di Pasedana con Dick, critico culturale inglese e buon conoscente di Sylvère. Durante la cena, mentre i due uomini discettano sulle ultime tendenze del postmoderno, Chris si accorge che Dick cerca di continuo il suo sguardo, e non può fare a meno di sentirsi eccitata da quell’inaspettata attenzione.




La recensione:

Non siamo degli estranei che decidono quanto di questo spaccato di vita a tratti imbarazzanti e a tratti cinematografico osservaranno prima di spostare lo sguardo su un’altra finestra.

La prima volta che sono entrata nelle viscere di questa storia e la sua autrice mi ha spedito nelle maglie segrete di un amore possessivo, sofisticato, in un tipo di esperienza in cui ognuno di noi può riconoscersi, ho imparato come talvolta si scoprono cose in cui l’atto dello scrivere è l’unico modo per mantenere un certo contatto, fuggendo dalla libertà. La luna del mio cuore ha così potuto splendere, comunicazioni più abietti hanno svelato una parte nascosta dell’Io.
Chris Kraus mi ha indirizzato alla lettura di questo bel progetto facendomi letteralmente annaspare senza alcun motivo nei dinieghi di una vita che ci innalza ad una certa integrità erotica. Un disvelamento dell’anima che è frutto di perversioni, incontri / scontri in cui l’amore non è inteso come quella forma di salvezza e a cui tutti aspirano bensì qualcosa che coinvolgono nella sua interezza. Interpretando così con un certo criticismo, una melanconia che spiazza in qualunque momento.
Interpretare queste sue esperienze mi ha fatto quasi rimpiangere il momento in cui l’autrice aveva bussato alla mia porta ed io gli volsi le spalle. Dovevo ascoltare ciò che aveva da dirmi, perché ciò che ha riportato in queste pagine non è nient’altro che un fascio di pensieri, un accozzaglia di idee, spunti, ritorsioni sessuali che non nego quanto sia stato difficile collocare – se si sia trattato di un memoraire, un saggio o un semplice testo esegeta – dalle mille sfumature, dai mille colori che evidenziano ciò che è terribilmente oscuro, lì dove avrebbe potuto esserci luce o luminosità. Questa è una vera e propria ritorsione dell’anima. Quella che ci riserva la Kraus è spontanea e biografica. Questo in breve il succo di questa storia. Un semplice incontro, un’attrazione sessuale mai consumata, l’individuo ritratto come animale desideroso di certe necessità ma anche di tante tante attenzioni. Di dolcezza, di solitudine, di tendenze forti e necessarie che riscontrandole in queste pagine mi hanno letteralmente trascinato in svariate alture, nel filo spinato di una narrazione colta, sofisticata, seducente, ammaliante, che ha smussato e tagliato. Mi ha tirata giù come un drink bevuto tutto in una volta, dall’inizio alla fine: ero pronta a scommettere che la sua autrice sarebbe stata in grado di trascinarmi fino a scoprire una parte del mio animo a cui non ho dato tanto peso, e che io ho accettato come scommessa perché desiderosa di scoprire qualcos’altro … Questa è una di quelle forme in cui l’anima si ritrae completamente in se stessa. Si ritorce contro, e scruta ogni cosa meticolosamente, attentamente, tagliando quell’invisibile linea del possibile e mettendola in discussione … questa è una trancia, una dolcezza. L’unica parte meccanica di tutto il processo è l’atto di riporre nero su i bianco i sentimenti, l’emozioni che si agitano dentro. Una pressa e uno stampo, la macchina dal meccanismo artificioso ma originale che districa ogni nodo di un intera matassa.
Accidenti! Sembrerebbe un processo complicato che un lettore colto e avido di storie troverebbe complicato per arricchirsi, perché richiede tanta manodopera: un processo lungo ma volontario, in una sequela di situazioni o avvenimenti che la Kraus ha coordinato perfettamente. Le storie che trattano di sesso, che esso sia descritto in maniera del tutto opaca, annebbiata, esitante, immerso in una luce intensa che circonda il tutto in un alone invisibile ma reale, uno straripamento che sfianca, nella maggior parte dei casi provocano moti di repulsione o diniego. I love Dick tuttavia esorcizza il male della vita dando sfogo nell’arte, subissandola mediante scrittura, avvertendo il fascino del piacere, dell’atto fisico, del corpo come oggetto estremamente superbo e pretenzioso, nel quale è stato piuttosto evidente la passione della Kraus per questa figura misteriosa, il cui fascino nascosto immagino sia stato l’elemento scatenante di ogni cosa. Aprirlo e svelare tutta la sua essenza, intrisa in una patina appiccicosa di infelicità e insoddisfazione, ha avuto lo stesso effetto scatenante che solitamente sortiscono romanzi potenti e indimenticabili. I love Dick rientra esattamente in questa categoria, per la tradizione, la stessa passione, il coraggio, le ambizioni violente e sensazionali che mi hanno spinta a restare immersa in una bolla di soffocante possessività, mancata libertà, minacce invisibili, nel quale ho scoperto come la scrittura è dotata di una certa potenza, una certa forza per aver seguito e <<perseguito >> un viaggio ambizioso, rocambolesco, scoprendosi in ogni forma imperfetta o astrusa, capace di parlare con grande precisione, intelligenza, parsimonia nonostante l’autrice stessa si definì una persona infelice.
Questa, in soldoni, una storia femminista che chiama a sé crucci, dilemmi, ossessioni, possessioni dell’anima che a mio avviso richiede una certa abilità molto maggiore delle altre storie del canone… Questa è quella che io banalmente ho definito come uno << schiaffo >> per quelle donne che negli anni hanno combattuto per l’acquisizione di diritti o libertà d’espressione. L’autrice, saldamente ancorata alle sue idee impure e contorte, fu estremamente legata per resistere, sforzandosi di tirare avanti nell’idea di non prendere in considerazione la donna come massa instabile ma volontaria anziché di supporto. E I love Dick fu una sorta di sfogo incontrollabile che “cancella “ anni di lotta, ribellione, assalti sociali affinchè qualcosa potesse funzionare, ma perde la testa nella forza devastante di questa bomba… Una bomba però, che, a mio avviso, nonostante questa divagazione femminista, in pagine di diario che di primo acchito sembrano un soliloquio fra l’autrice e la sua coscienza, ha fatto breccia in me come se fosse mia. Ed è così che sono rimasta e non andata, se solo avessi potuto scoprire qualcosa in più al riguardo: questo terribile enigma, il pregare un Dio che non ci ascolta, vagare lungo la riva dell’assurdo affinchè non ci si senta più soli.
I love Dick ha il pollice opponibile, il carattere distintivo di una forma di libertà che sta alla radice umana. Si pone in grado di fabbricare teorie, supposizioni, che, in proporzione all’idea di fare, si rivelano molto più grandi di quel che sembra. Complicato, a tratti destabilizzante, ma che ha una volontà tutta sua, una struttura mobile complessa ma sofisticata, che coincise nel momento in cui l’autrice si affacciò dalla finestra del suo animo per esaminare e supportare certe credenze. Attuando un lavoro modernissimo, originale, di grande qualità che ha richiesto una certa conoscenza di alto livello, un’ abilità maggiore del normale. Cucito bene come un guanto, a cui l’autrice si aggrappò alla sua espansività come un malato si aggrappa a ogni sintomo di guarigione, per piccolo che sia, che si è inflitato, inaspettatamente, fra le stanze lucenti della mia anima.

Ho paura di parlare e desidero sprofondare in te, e poi le parole saltano fuori, a modo loro.


Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti:

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