mercoledì, giugno 03, 2020

Gocce d'inchiostro: Vita e destino - Vasilij Grossmann

Comprendo perfettamente i motivi perché Vita e destino sia stato considerato come quella lettura comparabile a Guerra e pace di Lev Tolstoj. Perché, sebbene il capolavoro dello scrittore ottocentesco russo non l’ho ancora letto, ho accondisceso al desiderio di leggere questo mastodontico romanzo senza nemmeno cercare di capire se questa lettura facesse o meno al caso mio. Se fosse necessario spendere del tempo prezioso nella lettura di un romanzo difficile, ma bellissimo e necessario, uno scontro bellico nel quale si perde completamente la cognizione del tempo, nel quale la ragione per cui ho desiderato rimanerci è stata una certa intimità che ha sedimentato inconsapevolmente nel mio cuore per la triste consapevolezza di aver dovuto combattere pur di ristabilire una certa forza, un certo predominio, col medesimo vigore di un tempo.
Ed ecco che anche io sono sopravvissuta a questa permanenza, a questa faida mastodontica e indistruttibile, - dato che io non ci penso due volte a contrastare niente e nessuno -, accettando di lasciare le storie che devo ancora leggere e vivere, che necessitano di essere lette da tantissimo tempo, per rinchiudermi come un piccolo bozzo in un mondo di vetro, trasparente e diafano in cui non vi è posto per la desolazione, la comprensione, alcuna requia. Ho respirato meglio in mezzo a persone unite dalle stesse fatiche, gli stessi dolori, popolani di un mondo a cui sono state rotte le catene, reali e indistruttibili.
Vita e destino è una storia che resterà impressa nel mio cuore non tanto perché narra dell’ennesimo scontro brutale nazista e sovietico, avvenuto sotto cieli azzurri e freddi, bensì perché si ripete sempre e ovunque in soffocanti urla di protesta, di denuncia, di rivalsa, fra lo schioccare delle pallottole, polvere densa, corpi marci e putrescenti, in una sequela di immagini che sono l’essenza della vita stessa.



Titolo: Vita e destino
Autore: Vasilij Grossmann
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 750
Trama: << “Il libro segue con ottocentesca, tolstojana generosità molteplici destini individuali spostandosi da Stalingrado ( città doppia: simbolo di difesa e libertà contro la violenza nazista e insieme luogo – emblema dell’Urss staliniana; solo nella “ casa di Grekov” si vive secondo onore e senza gerarchie ) ai lager sovietici e ai mattatoi nazisti, da Mosca ( le stanze del potere, le celle della Lubjanka ) alla provincia russa. E raccontando la “ crudele verità “ della guerra, le storie intrecciate di eroi e traditori, automi di partito ed esseri pensanti, delatori, burocrati, intriganti, carnefici, martiri, personaggi fittizi e reali, inframmezzando la narrazione con numerosi dialoghi ( di ascendenza, questi, dostoevskiana ), Grossman continua a interrogarsi sull’essenza di sistemi che uccidono la realtà – di conseguenza anche gli uomini – falsificandola, sostituendola con l’Idea. Al posticcio e menzognero “bene” di Stato lo scrittore può opporre soltanto, per quanto ardua e apparentemente impossibile in tempi disumani, la bontà individuale, rivendicando – sommessamente, ma con tenacia – l’irripetibilità del singolo destino umano. Giacchè “ Ciò che vivo non ha copie … E dove la violenza cerca di cancellare la varietà e differenze, la vita si spegne “ >>.




La recensione:


Il tempo è lo spazio trasparente in cui gli uomini nascono, si muovono e scompaiono senza lasciare traccia.. Nel tempo nascono e scompaiono anche le grandi città. Il tempo le crea e il tempo le distrugge.

Quando ci si imbatte in letture come queste ci sono quasi sempre delle difficoltà. Gran parte di ciò che vortica nella mia testa, pensieri che non hanno un senso se non per me stessa, mi consumano – letteralmente – poiché sorge la cruenta spontaneità, per non dire necessità, come succede tante altre volte, di andare a raccogliere le idee, durante un momento di assoluto silenzio, solitudine, nel quale il romanzo appena terminato mi appare come quella strada appena percorsa dalla quale io ne sono uscita stravolta. Nelle vecchie mura della mia casa, tranquillamente stanzio nella mia poltrona preferita o sul mio letto con personaggi di cui poi mi innamoro o denigro impunemente, la maggior parte gente umile che affronta la vita con forza e un certo coraggio. Ho imparato molto da queste figure, quando mi sono imbattuta. E, dopo aver ascoltato la voce pulsante del mio cuore, ho imparato parecchio nel momento in cui ho deciso di vivere un’esperienza straordinaria come quella di Vita e destino. Oppressiva, irritante, drammatica, destabilizzante, ammaliante, seducente, fondata in una grigia, buia disperazione dell’anima di un uomo, che fra silenzi più sovraeccitanti dell’autunno, udì fremiti, vide lacrime versate che solcavano visi smunti, la gioia furiosa della vita. La pazienza e la precisione che ci è voluta per collegare in modo sicuro una lotta per la sopravvivenza alla sopravvivenza che, in un periodo cruciale per la storia, molti hanno compreso la differenza fra il vivere e l’esistere. Perché, pur quanto si viva un esistenza penosa e insignificante, il pensiero di una morte violenta terrorizza. Dilaniamenti dell’anima che turbano e che, specialmente quando cala la notte, si staccano ferite del cuore e del cervello, affiorano lacrime ardenti che bruciano ancora sul viso. Bisognerebbe conquistare il diritto di essere diversi, sentendo, pensando, vivendo ognuno a proprio modo. E affinchè tale diritto venga conquistato, pur di estenderlo o conquistarlo è necessario unirsi in piccole comunità che non siano però dettate dalla razza o da Dio, da un partito o dallo stesso senso della vita.
Ciò che accadde in Vita e destino è una testimonianza nuda e cruda della tenace e cruenta resistenza di una lotta contro chi difese se stesso con la sofferenza umana, la brama di libertà. L’autore partecipò personalmente a tale faida, e il suo fu un processo di maturazione personale in cui la speranza, tradita e senza alcun miglioramento dal regime comunista, mise in discussione il genocidio dei legar nazisti con quello dei gulag sovietici, denunciando le affinità fra nazismo e comunismo sovietico, evidenziando quel bisogno impellente di libertà – così invicibile da sopprimere qualunque forma totalitarista.
Nascosto sotto edifici distrutti, fra il fragore dei fucili e la polvere da sparo, fu mentre combattè il regime nazista, dove partecipò spontaneamente a uno scontro riservato esclusivamente  nella lotta ad un male inavvicinabile e  predominante, che come una sentinella che si isolò dalla gente comune, fece di questo romanzo una vivida testimonianza di un frammento di storia che poggia su aspetti politici, teorici e che rifugiano dal singolo e riconoscono solamente l’insieme. Grossman misurò il tempo e tutto ciò che ne determinò, intrappolando queste pagine  in squarci di disperazione che opprimono, piombano addosso di colpo, deformando da dentro come la pressione dell’oceano deforma i mostri degli abissi. In un orchestra di fiati e archi che suonano una melodia triste e sognante di un valzer, da sempre amato, in uno stato totalitario in cui la violenza è talmente grande che smette di divenire strumento ma oggetto di culto ed esaltazione mistica e religiosa.
Leggere questo romanzo mi ha indotto a giungere alla conclusione che nella Stelingrado di Grossman non avrebbe mai potuto scoppiare una rivoluzione per sradicare le forze sovietiche, naziste, della reazione e dell’avidità furiosa. La guerriglia dei soldati, pur quanto forte e inavvicinabile, era davvero inutile contro una superpotenza gigantesca come quella del Terzo Reich che non si sarebbe fermata dietro a niente e nessuno per difendere il principio di libertà. Poiché non ha saputo contribuire allo scoppio di una rivoluzione al predominio di una certa libertà, l’unica speranza per poter vivere. Questo avrebbe segnato la fine di esili e il vero inizio della vita.
Mi sono avvicinata di soppiatto alla figura di questo famigerato ribelle russo, in una città di cui ancora non ne conosco la presenza, con una certa curiosità. La mia vita e la sua, per qualche tempo hanno coesistito: la guerra sembrava un passatempo per i fanatici, implacabile per chi andava a cibarsi nel suo immenso alveare. Mentre nei pressi qualcuno ha deciso di raccontare questa storia, fra la vita e la morte, memorabile tutt’oggi per i suoi scritti che puntano alla sopravvivenza anziché al preziosismo. Lo scompiglio generale che imperversò dentro la sua anima, furono riversate in pagine i cui pensieri non hanno potuto coprire il frastuono di atti di eroismo o durezza in cui la guerra ha morso tutti con i suoi denti. Immobilizzato in un ambiente cupo, minaccioso, ombroso, come un bellissimo quadro.
Come spronata da una qualche forza anomala, ho letto Vita e destino con stupore, estrasi dall’entià di questo << leader >> russo, dominato dalla guerra e dalle fazioni politiche, inebriata dalla nobile arte della letteratura da cui vi ricavò beneficio per la sua anima. Le tormentate passioni morali di un uomo che cammina fra la vita e la morte.
Non è stato facile comprenderlo. Non è stato facile inerpicarsi fra le sue pagine, così complicate, enigmatiche, introverse, malinconiche, bellicose, a cui ci penserò per tutta la vita con una certa ammirazione e una certa amarezza. Sebbene le diverse difficoltà, ho avanzato con regolarità senza fermarmi nemmeno per un istante, se non per registrare ogni sua mossa, riporre pensieri sul mio immancabile bloc notes. Il trionfo della scrittura che ha vendicato l’insuccesso dell’avventuriero e dell’ebreo. La sua vita divenuta materia sbiadita ma memorabile, destinata a recitare nel mondo una comparsa, amara e insipida.
Vasilij Grossmann si era preso la briga di emettere un certo ululato, che per molti è stato destabilizzante. Per quanto mi riguarda, è stato a dir poco portentoso, uscito dal rumore stesso della notorietà, montato fino a raggiungere le crepe del mio cuore. La storia di uomini comuni le cui gesta indimenticabili non credo desidererò rivivere, perlomeno non adesso, che mi hanno spinta, guidata nell’impossibilità, nell’irrequietazza di una faida che è davvero impossibile dimenticare.

Il mio bene coincide con il bene di tutti, il mio bene non serve a me soltanto, ma a ogni altro uomo. E facendo il mio bene, mi metto al servizio dell’umanità intera.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

4 commenti:

  1. Onestamente non conoscevo questo titolo, ma il tuo giudizio alto mi spinge a dargli un'occasione. Di solito, d'altra parte, abbiamo gli stessi gusti letterari!

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  2. Güzel bir inceleme olmuş 😊 kaleminize sağlık Gresi 😊

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