giovedì, luglio 14, 2022

Gocce d'inchiostro: L'improbabile fuga di Uriah Heep - H G Parry

Dopo una delusione letteraria inconsapevolmente la nostra anima rifugge in qualcosa che desti la sua attenzione, comunque inatteso, o almeno così sembrò all’inizio, e adesso che comincio a pensarci, non così inattesa, perché questo romanzo era in fila ad altre letture del periodo. Il motivo, dunque, per cui mi trovo nuovamente qui, a recensire l’ennesimo romanzo fantasy, e che mi sorprende a stare seduta nella mia poltrona preferita vicino alla finestra, fu che quando guardai a lungo la sua copertina poi, così, dal nulla, sapevo in un certo senso a cosa andavo incontro. Io che sono una solerte e alacre lettrice di classici avevo già la risposta pronta, e per me è una cosa assolutamente naturale immergersi in un mondo che mi ha incuriosita sin dall’inizio e che esplica nient’altro che il messaggio di scostare il velo del pregiudizio e guardare oltre. Non scappando e lasciandosi assorbire da elementi quali la paura, l’indifferenza, ma affrontando ciò che si trova al di là dello sconosciuto, e che influiscono sui personaggi e su chi legge comparandosi in forme di assoluta follia.
Un’ode ai classici e a Charles Dickens che possiede si elementi classici e che mi ha affascinato sin da quando seppi della sua pubblicazione per il suo essere originale per la presenza di questi viaggi del tempo, le cui radici sono facilmente riscontrabili nel passato, incastrato in una cornice classica. Il mondo era avvolto da una coltre persistente di opacità e cupezza, e le immagini trasmesse non sono state poi così perfette, quanto sempliciotte, banali, amalgamate a un ritmo un po’ lento e sincopato che tuttavia è in relazione allo sciorinare di fatti apparentemente odierni, moderni.

Titolo: L' improbabile fuga di Uriah Heep
Autore: H G Parry
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 22 €
N° di pagine: 516
Trama: Per tutta la vita Charley ha tenuto nascosta un'insolita abilità che sa controllare solo in parte: quella di evocare i personaggi dei libri nella vita reale. Il fratello maggiore Rob – un giovane avvocato con una casa normale, una fidanzata normale e una vita ancora più normale – spera che, col tempo, quel bizzarro segreto di famiglia svanirà, così da non dover più proteggere Charley e il mondo reale l'uno dall'altro. Ma un giorno i personaggi dei romanzi iniziano a combinare disastri in città, minacciando addirittura di distruggere il mondo... e questa volta Charley non c'entra. Qualcun altro, là fuori, ha il suo stesso "dono". Toccherà a Charley e a Rob sventare i suoi piani. Possibilmente prima che venga scritta la parola Fine.

La recensione:

I romanzi fantasy, gli young adult sono spesso fonte di inesauribile piacere. Per me e la mia anima semplice, che ama scorrazzare in salotti classici, inglesi e vittoriani, certe letture non sono che l’inizio di una giostra di sensazioni in cui posso divertirmi, gironzolare quando e quanto mi pare e piace. Certe volte, però, capita che tali sensazioni non sono facilmente riscontrabili perché seppur intrecciati ad elementi classici, e dunque richiamano costantemente il passato, ci impediscono di guardarci con gli occhi degli altri, in quanto i personaggi di questa storia sono parodie di noi stessi, con uno strascico di sogni e storie impossibili. Fu così che, i primi giorni di luglio, mi videro infilarmi nel grembo apparentemente potenziato di una storia che sembrava fosse una dichiarazione d’amore ai lettori, ai libri, alla letteratura classica e godermi l’occasione di accaparrarmi una copia digitale. Questa Improbabile fuga di Uriah Heep mi diede così tanto alla testa, che misi da parte qualunque remora, qualunque pregiudizio, facendomi esaltare abbastanza da venirne come primo acchito invitata a varcare la soglia di questo mondo apparentemente classico la cui cornice disgraziatamente non pone alcuna differenza fra presente e passato in cui si parla di magia, ma un tipo di magia quasi inesistente, nel senso che è messa in pratica solo quando le parole, ben adoperate e col giusto suono, sprigionano una melodia che rendono vivi ogni cosa. Sapevo che una trama così bella, affascinante, ammaliante mi avrebbe fatto pagare caro il prezzo, prima o poi. Amo i classici, Dickens, la Londra vittoriana di fine Ottocento così evanescente e fumosa. Qua si parla di letteratura dickensiana e di viaggi del tempo, cos’avrei voluto avere di più? Mi ero fiondata ben consapevole che i difetti avrebbero soppiantato i pregi, nonostante il wordbulding e il ritmo sono ben collegati, in quanto assumono caratteristiche tipiche un romanzo classico ma imperfetto, frettoloso, confusionario, semplicistico, quasi banalotto. È bastato aprire un libro per essere risucchiati in una realtà che sembra perfettamente concorde alla nostra, per evocare figure di carta e inchiostro che, così come appaiono, scompaiono. Restano sullo sfondo e non spiccano nel bel mezzo di un coro di voci e suoni assolutamente uguali.
A questo punto l’atto del narrare non diviene più così difficile. Le informazioni ricevute erano così scarse, gli avvenimenti che si sono susseguiti così ripetitivi, monotoni di cui non ne ho compreso la loro origine né la fine, tornare nella mia vecchia camera da questo viaggio, un viaggio che avrebbe potuto rivelarsi indimenticabile, nonostante fossi ancora circondata da Robert e Charlie, il cui tono così piatto e monocorde mi deluse. Che peccato!
Fra le viscere di questa storia, l’esordio di H G Parry non spicca né riesce a districarsi perfettamente in una trama che principalmente fu generata per esplicare i motivi per cui gli antagonisti dickensiani siano stati realizzati con queste fattezze, ma nel romanzo avvolti nel mistero poiché non saranno date risposte, per poi descrivere un viaggio che anziché apparire meraviglioso mi indusse a volgere il mio interesse su altro. Quasi la stessa autrice aveva inscenato una certa relazione con David Copperfield e il fascino e il mistero che si cela dietro questa figura, che tuttavia non regge ne coinvolge.
In una manciata di giorni ho fatto veramente fatica a muovermi nel bel mezzo di questa genesi rocambolesca che ha le parvenze di un classico, di un romanzo d’avventura, e tutti i tentativi di agganciare un barlume di fascino e ammirazione svaniti nell’atmosfera come fiati di vapore che si disperdono nell’atmosfera. Smorzando questa ricerca scrutando a fondo un mondo che avrebbe potuto essere classico ma che non differisce dal presente, per non parlare del posto in cui avrei voluto non finisse: nel dimenticatoio.
Le pagine frusciavano cariche di promesse. Suoni, rumori, voci, sussurri sembravano completamente diversi dalla trama. Come un ricordo lontano, avrei potuto custodirlo gelosamente nel palmo della mia mano, di cui io stessa avrei combattuto pur di proteggerlo. Due fratelli come tanti altri, uniscono le forze per adescare le folli gesta di un pazzo che avrebbe voluto … francamente ancora non ho ben compreso quale fosse il suo obiettivo! – al punto da non appassionarmi come desideravo quanto salti repentini e ripetitivi nel tempo.
L’improbabile fuga di Uriah Heep infatti è stato quel genere di lettura in cui vi ho infilato il naso impunemente, in cui sono stata catapultata in una realtà che ha una parvenza classica che tuttavia non basta purchè la sentissi come mia, in cui i libri però sono cibo per l’anima. La letteratura, Dickens, quel luogo sicuro in cui depositarsi che, scritto a fatica con immaturità stilistica, non ha rinfocolato il mio spirito, attingendo a memorie in cui non è possibile non rintracciare la voce acuta della sua autrice.
Heatchlciff, Jane Austen, Frankenstein, Dracula saranno evocati secondo le leggi della natura del leggere ad alta voce che avrebbe dovuto evocare un certo ammaliamento, quasi una magia, figure non evanescenti e d’inchiostro quanto persone in carne e ossa in cui il contatto fra lettore e autore è stato alquanto povero, l’anima per nulla smossa dal tocco semplice di un’altra mente che legge. Sensibile a modo suo e sperimentale, ma anche confusionario e noiosetto, il cui ricordo non lascia un dolce sapore quanto una piccola fiammella che svanisce non appena si chiude il romanzo e lo si ripone sullo scaffale.
La mia anima avrebbe potuto essere macchiata d’inchiostro indelebile. Così non è stato, e ciò ha comportato una certa frustrazione. Rispuntavano personaggi, comparivano figure di cui ho letto tanti anni fa, la natura e il tempo bloccati nel preciso istante in cui le parole avrebbero dovuto prendere vita, quasi la stessa storia e i personaggi desiderosi di conferire messaggi. Persi in un labirinto di parole il cui filo conduttore non ha una sua vera origine, un suo perché, non spiccano in una realtà in cui la finzione si mescola a personaggi che avrebbero potuto essere reali, tangibili.
L’improbabile fuga di Uriah Heep è un chiaro omaggio a quelle storie di cui lettori avidi e appassionati amano trascorrere giornate che non sanno più di solitudine, con la perenne speranza che i suoi amici d'inchiostro possano divenire in carne e ossa. Qualcosa per cui valga la pena colmare quel senso di vuoto e incompiutezza, e affrontare la giornata con un sorriso stampato sulle labbra. Disgraziatamente così non è stato, in cui l'atto del leggere non diviene così un modo romantico per varcare la soglia di nuovi ed inesplorati mondi - in cui vi sono nascosti sogni, certezze. Dove è possibile percepire ogni cosa. La bellezza, il vento, il tacito richiamo di cose non dette o lette. Quanto una condanna di cui ho pagato il caro prezzo.

Valutazione d’inchiostro: 3+

4 commenti:

  1. Mi spiace sia andata male, grazie per la recensione

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  2. Non solo hai recensito il libro in modo egregio ma hai descritto in modo eccellente la delusione letteraria. A me sta capitando proprio con il libro che sto leggendo: grande trama di base, idea insolita e geniale... Ma non mi sta bastando. La verità è che non mi sta lasciando niente, non sono coinvolta e non c'è nulla di ciò che credevo di trovare. Un vero peccato, spero che con la prossima lettura vada meglio a tutte e due ❤️

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