mercoledì, luglio 03, 2024

Gocce d'inchiostro: I divoratori di libri - Sunyi Dean

Anche questa storia, l’ennesima storia che parla - o forse no? - di libri, mi deluse moltissimo. Il marketing di questo libro è incredibilmente fuorviante e questo sfortunatamente ha inasprito le mie impressioni iniziali, al punto che è impossibile dargli un parere corretto. Il migliore che queste poche righe possano trapelare secondo le mie competenze, la mia esperienza. Si stava su una bella dimora moderna americana, in un paese sperduto, se non fosse che l’idea principale è che dovesse essere ambientato in epoca vittoriana, ma la cui presenza di alcuni elementi tecnologici dopo qualche pagina, quali videogiochi o biciclette, mi ha fatta storcere un pò il naso. E vari tipi di << espedienti >> in cui la narrazione oscilla fra salti temporali continui, fra passato e presente, nulla di così originale quanto prevedibile e statico, incoerente e illogico, raccontato << al contrario >> non rendendolo affascinante bensì fastidioso. Dopo una delusione letteraria inconsapevolmente la nostra anima rifugge in qualcosa che desti la sua attenzione, comunque inatteso, o almeno così sembrò all’inizio, e adesso che comincio a pensarci, non così inattesa, perché questo romanzo era in fila ad altre letture del periodo. Il motivo, dunque, per cui mi trovo nuovamente qui, a recensire l’ennesimo romanzo fantasy, e che mi sorprende a stare seduta nella mia poltrona preferita vicino alla finestra, fu che quando guardai a lungo la sua copertina poi, così, dal nulla, sapevo in un certo senso a cosa andavo incontro. Io che sono una solerte e alacre lettrice di classici avevo già la risposta pronta, e per me è una cosa assolutamente naturale immergersi in un mondo che mi ha incuriosita sin dall’inizio e che esplica nient’altro che il messaggio di sopravvivere. Ma come? Divorando i libri. E pur quanto l’idea sembrava allettante, non propinandoci niente in cui questa magia è stata palpabile lasciandosi assorbire da elementi quali la diffidenza, l’indifferenza, concretizzando nella delusione più totale.

Titolo: I divoratori di libri

Autore: Sunyi Dean
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 24 €

N° di pagine: 324
Trama: Nascoste in Inghilterra e Scozia vivono sei antiche Famiglie di divoratori di libri. Ultimi della loro stirpe, i membri vivono ai margini della società, nutrendosi di carta stampata e mangiando volumi di ogni genere ed epoca, e così facendo ne assimilano i contenuti. Tra di loro nascono sempre meno bambini, ma Devon Fairweather ne ha avuti ben due; solo che Cai, il secondo, non è un divoratore di libri, è un divoratore di menti: non consuma le storie, ma i cervelli e i ricordi degli umani. Prima che il piccolo possa trasformarsi in un flagello per la sua stessa famiglia, e non solo, Devon scappa, e trova rifugio proprio tra gli umani, in cerca di una cura per l'appetito di Cai mentre gli procura di che sfamarsi. Ma non ha più molto tempo: la Famiglia la reclama, e intanto ogni mente di cui il figlio si nutre gli porta via un pezzo della sua interiorità.

La recensione:

I libri sono uno delle attrazioni più allettanti per chi ama la carta. La letteratura, la scrittura, qualunque risma di bianco e nero che possa trasmettere una buona storia e che, se poi definita tale, domina le nostre vite. Le condiziona a tal punto da manipolarci. Le parole, se non usate correttamente, possono ammalarci. Adescarci in condizioni in cui inevitabilmente si contraggono malattie da cui sembra non esserci alcuna cura.

I divoratori di libri appartiene a questa categoria e il marketing sollevato come un polverone nei riguardi di questa storia è incredibilmente fuorviante, che sfortunatamente ha inasprito le mie impressioni iniziali, al punto che è impossibile dargli un parere corretto. Il migliore che queste poche righe possano trapelare secondo le mie competenze, la mia esperienza. Ogni storia, tuttavia, merita di essere letta e poi raccontata, o, come piace definire a me, riportata. Ma delle volte è il modo in cui è raccontata, il modo in cui è messa su che ci si accorge come le sue condizioni di vita vacillano su una fune. Il suo boato prorompente, all'inizio altisonante e caotico, aveva sovrastato ogni dubbio e perplessità, ma quando finalmente mi inoltrai fra le sue pagine compresi come le sue condizioni di vita poggiasse su un marchingegno letterario fin troppo debole, scarno. E, persino il tema designato, quello cioè dei divoratori di libri, completamente inesistente. Inappropriato e inopportuno nel contesto scelto, espediente attraverso cui mi feci fuorviare dall’idea che, da grande amante dei classici e della parola scritta, questa storia potesse essere una bella opportunità. Quanto uno specchietto per le allodole per chi ama i romanzi e spera di incappare fra le pagine di una storia che espugni l’amore per i libri, la letteratura, nonché stratagemma di marketing per indebolire i cuori più pulsanti.

Dunque per me una grandissima delusione, da cui inconsapevolmente la mia anima rifugge in qualcosa che desti la sua attenzione, comunque inatteso, o almeno così sembrò all’inizio, e adesso che comincio a pensarci, non così inattesa, perché questo romanzo era in fila ad altre letture del periodo. Il motivo, dunque, per cui mi trovo nuovamente qui, a recensire l’ennesimo romanzo fantasy, e che mi sorprende a stare seduta nella mia poltrona preferita vicino alla finestra, fu che quando guardai a lungo la sua copertina poi, così, dal nulla, sapevo in un certo senso a cosa andavo incontro. Io che sono una solerte e alacre lettrice di classici avevo già la risposta pronta, e per me è una cosa assolutamente naturale immergersi in un mondo che mi ha incuriosita sin dall’inizio e che esplica nient’altro che il messaggio di scostare il velo del pregiudizio e guardare oltre. Non scappando e lasciandosi assorbire da elementi quali la paura, l’indifferenza, ma affrontando ciò che si trova al di là dello sconosciuto, e che influiscono sui personaggi e su chi legge comportandosi in forme di assoluta follia. La storia di Demon, madre surrogata di due figli di cui uno era completamente perduto, era limitata al suo ruolo di madre senza però alcuna profondità, alcuna complessità quanto macchietta posta in una marasma di svariati generi letterari in cui non è comprensibile le motivazioni per cui agiscono, si muovono, da cosa deriva questo potere di cui sono dotati, cosa è possibile ottenere o com’è possibile ripristinare gli elementi. Fonte di inesprimibile dispiacere, per me e la mia anima semplice, che ama scorrazzare in salotti classici, inglesi e vittoriani, certe letture non sono che l’inizio di una giostra di sensazioni in cui non posso divertirmi, gironzolare quando e quanto mi pare e piace. Certe volte, però, capita che tali sensazioni non sono facilmente riscontrabili perché seppur intrecciati ad elementi classici, e dunque richiamano costantemente il passato, ci impediscono di guardarci con gli occhi degli altri, in quanto i personaggi di questa storia sono invisibili, con uno strascico di sogni e storie impossibili. Fu così che, i primi giorni di giugno, mi videro infilarmi nel grembo apparentemente potenziato di una storia che sembrava fosse una dichiarazione d’amore ai lettori, ai libri, alla letteratura e godermi l’occasione di accaparrarsi una copia digitale. Questi Divoratori di libri mi diedero così tanto fastidio, che misi da parte qualunque gesto di commiserazione o magnamicità, facendomi innervosire abbastanza da desiderare di abbandonare al più presto questo mondo apparentemente classico ma modernissimo la cui cornice disgraziatamente non pone alcuna differenza fra presente e passato in cui si parla di magia, ma un tipo di magia quasi inesistente, nel senso che è messa in pratica solo quando le parole, ben adoperate e col giusto suono, sprigionano una melodia che rendono vivi ogni cosa. Sapevo che una trama basata sul nulla, su l'imprescindibile, sull'inconsistenza, avrebbe fatto pagare caro il prezzo, prima o poi. Amo i classici, Dickens, la Londra vittoriana di fine Ottocento così evanescente e fumosa. Ma, soprattutto, amo i libri. La letteratura e la scrittura. E pur quanto qua si parla di letteratura e di storie, i suoi difetti hanno soppiantato qualunque parvenza di buono o accettabile. mediante cui il worldbuilding e il ritmo sono collegati, non assumendo nemmeno le caratteristiche tipiche dei romanzi per ragazzi quanto lento, confusionario, banalotto. 

Blasfemia per chi ama le storie, quelle vere con la s maiuscola, quei lettori così avidi e appassionati che amano trascorrere giornate che non sanno più di solitudine, con la perenne speranza che i suoi amici d'inchiostro possano divenire in carne e ossa. Qualcosa per cui valga la pena colmare quel senso di vuoto e incompiutezza, e affrontare la giornata con un sorriso stampato sulle labbra. Disgraziatamente così non è stato, in cui l'atto del leggere non diviene così un modo romantico per varcare la soglia di nuovi ed inesplorati mondi - in cui vi sono nascosti sogni, certezze. Dove è possibile percepire ogni cosa. La bellezza, il vento, il tacito richiamo di cose non dette o lette. Quanto una condanna di cui ho pagato il caro prezzo.

Valutazione d’inchiostro: 2

2 commenti:

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