La storia di
un amuleto magico e del suo temibile segreto, un avventura folle, avvincente e
sorprendente che mi hanno coinvolta non completamente ma come desideravo, non
solo nel corpo ma anche nel mio intero essere. Come se mi fossi appassionata
dopo tanti anni ad un fantasy che languiva sullo scaffale da qualche tempo. Perché, in un certo
senso, è da qualche tempo che il romanzo di Stroud stanziava sullo scaffale,
come una sentinella attenta ma ammonitrice… E adesso? Che cosa mi ha indotta a
cimentarmi fra le sue pagine?
Se vi va,
scopritelo nella recensione qui sotto. Da nessun punto di vista, nessuno è più
pentito di me per non averlo letto prima. E l'unica spiegazione plausibile
concerne il semplice fatto che non mi sentivo attratta. Ciò che è nato fra me e
i personaggi di Stroud corrisponde, romanticamente parlando, a uno scambio di
idee. E anche se per poco tempo, un disvelamento spirituale ci ha fatto incontrare
come due satelliti solitari persi nell'immensità del cosmo.
Titolo: L'amuleto di Samarcanda
Autore: Jonathan Stroud
Casa editrice: Tea
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 449
Trama: Il millenario jinn Bartimaeus, il demone che costruì le mura
di Uruk, Karnak e Praga, che parlò con re Salomone, che cavalcò per le praterie
con i padri dei bisonti, viene improvvisamente richiamato dal mondo degli
spiriti ed evocato a Londra. Una Londra tetra e cupa dove la magia consiste in
un'unica capacità: quella di evocare e asservire demoni, i quali, loro malgrado,
obbediranno a ogni ordine del mago che li tiene in suo potere, Bartimaeus deve
compiere una missione difficilissima: rubare l'Amuleto di Samarcanda al
terribile e ambizioso Simon Lovelace.
La recensione:
La libertà è
un illusione. C'è sempre un pezzo da pagare.
Per
giudicare un romanzo fantasy una buona lettura di questo calibro bisogna innanzitutto
trovare una buona postazione, un luogo dal quale è possibile seguire inosservati
i movimenti di ogni funnambolo di questo scenario allestito da un abile
scrittore di anime e scovare dove fossero quei punti salienti che giudicassero
e dileniassero quella linea di demarcazione che scinde il buono e il cattivo.
L'ideale sarebbe stato acquattarsi in una stanza di fronte all'appartamento di
Nicholae, dove avrei potuto monitorare i suoi movimenti e il flusso delle
persone in entrata e uscita. Sarebbe stato meglio poter seguire il flusso
imprevedibile dei suoi pensieri, ma, da sola, non potevo garantire una sorveglianza
scrupolosa, e dunque affiancarsi a qualcuno sarebbe stata una gran fortuna.
In
giro, con me, in perlustrazione, vi fu il jinn Bartimaeus, demone che costruì
le mura di importanti città, interloquì con re Salomone, coraggioso e testardo
che abbracciò l'atto di essere incastrato da un ragazzino di soli undici anni
esplorando fino in fondo tutte le possibilità. L'ostinazione, infatti, è uno
dei tratti distintivi di chi lo ha evocato. Nathan. Orfano di madre e padre, sballottolato
da una casa a un'altra, abile prestigiatore e piccolo furfante.
Quando
non ha da studiare o girovagare per strada, Nathan sperimenta lunghi ed enigmatici
incantesimi. Ed è così che, il jiin Bartimaeus, fu allontanato dal suo sonno.
In realtà non dovrebbe essere così: i romanzi fantasy che ho letto nella mia carriera
di lettrice non ritengono sia più adatto impersonare come figura principale di
una storia un demone. Magari per qualche paginetta, pur di dare una certa
suspense, ma ne L'amuleto di Samarcanda,
la magia sola e unica sarebbe stata troppo poco soddisfacente per non avvincere il lettore come si deve. Jonathan
Stroud a questo proposito delinea un quadro moderno, originale e stupefacente
in cui la magia è il fulcro primordiale mediante cui si muovono le cose. Catapultandoci
in una Londra magica ed evanescente, sullo sfondo scintillante del Tamigi, in
mezzo a un ammasso di grigio di magazzini e moli. Incessanti lotte fra bene e male,
fra sprazzi di pensieri, istanti di vita in cui la realtà è una sorpresa noiosa
e impolverata. Priva di ambiguità, come una pagina bianca ancora da riempire.
Forse
non è stato il miglior modo possibile per accogliere la storia che Stroud si
porta dentro, ma adesso che lo so, adesso che ho conosciuto tutti loro, mi sono
lasciata andare al suono melodioso, sincopato, talvolta smorzato delle sue pagine,
mentre la metà attiva del mio cervello si abbattè sui miei pensieri più stravaganti.
Proprio
così! Ho spaziato con la mente senza concentrarmi su un oggetto specifico. Ho lasciato
vagare i miei pensieri come quando si sciolgono i ghiacciai in un grande lago,
libera di osservare il tutto e di fare quel che più mi piaceva. Ed è in questo
stato d'animo che ho così ascoltato la melodia sprigionata dalle pagine de L'amuleto di Samarcanda. Mi ha accarezzato
la testa, parlando al mio cuore rintracciando nella memoria chissà quale
reliquia sacra, annebbiata dalle atmosfere di un paesaggio spoglio, talvolta nebuloso
talvolta solitario.
L'amuleto di Samarcanda è il primo
volume di una trilogia che proseguirò certamente con la lettura del secondo
volume. La sua storia ha funto da diversivo a letture più impegnative, situazioni
assurde e inverosimili, che tuttavia si sono sposate con la mia anima sognatrice
e romantica. Suggerendo una tipologia di racconto che trascina via nel suo
tumultuoso torrente inonandoci completamente sia nel corpo sia nella mente. Mi
sono imbarcata in una storia in cui sapevo di dovermi aspettare poco, e che alla
fine mi ha marchiato col suo segno indelebile. Ha lasciato una traccia del suo
passaggio, sebbene non mi ha trascinata sulla vetta del necessario con l'urgenza
imprescindibile di coinvolgere completamente.
Quel
genere di racconto che ho sentito sussurrare attraverso la mensola della mia
libreria da tempo, in cui sono divenuta un tutt'uno con i suoi bizzarri personaggi
che, fra coppie di maghi e demoni, conducono ad una catena di eventi a reazione.
Ritraendo se stessi, tutto quello che li circonda, in avvincenti incontri, nel
cuore della notte. Quando la città e i suoi abitanti devono ancora staccarsi dalle
braccia di Orfeo, quando tutto è ancora puro. Pulito.
Un
fantasy innovativo, semplice e avvincente, nonché una sequenza di immagini
frenetiche in un caleidoscopio di situazioni critiche. Un ragazzino che ruba
per vendetta; un demone simpatico e scrupoloso che vestirà i panni di angelo
custode; un uomo tormentato dai rimorsi del suo passato. La sua bellezza, al
termine della sua lettura, sta nel domandarsi
come un romanzo apparentemente semplice e innocuo nasconda una così avvincente avventura.
Valutazione
d'inchiostro: 4 e mezzo
Autore di cui sento parlare spessissimo e benissimo.
RispondiEliminaDavanti alla tua recensione, davanti alla tua valutazione, capisco perchè!
E pensare, che languiva sullo scaffale da anni. Finalmente mi sono decisa a leggerlo, e adesso infatti sto proseguendo col secondo ;)
Elimina