Fu il Caso a farci incontrare. A fagocitare, in una manciata di ore, anche questo romanzo, la cui lettura ho rimandato per anni e di cui io stessa mi reputo responsabile del nostro incontro/ scontro. Queste pagine hanno funto da antidoto per chiunque, specie per chi è sprofondato in un limbo da cui non se ne scorge la luce, e mediante la lettura di parole che in un momento imprecisato della sua vita lo salvarono, il viaggio come rifocillazione terrena e non ci aiuta a prendere quella giusta direzione.Padrone di un tesoro di inestimabile bellezza, scovato tempestivamente in un epoca che sta avanzando in un lento declino, abile profanatori di teorie e critiche, desideroso di un'indipendenza fisica e morale che non tutti possiedono. Tanti, come me in questi primi giorni dell’anno, metaforicamente parlando partono lasciandosi alle spalle una realtà che non soddisfa nella sua massima integrità. Tanti si sono lasciati alle spalle monumenti, tombe, leggende, ricordi bellissimi e tantissimi fantasmi racchiusi in meno di cinquecento pagine che oggi altro non sono che un viaggio nella vita. Gran belle esperienze di vita nelle quali sono molto pochi coloro che vi vogliono abitare e posti in cui non si è mai soli.Ogni sera tra le rovine di un cuore giovane racchiuso nella gabbia toracica di una massa di carne instabile e alquanto malconcia ho visto la sagoma di un un uomo, un professore la cui anima non ha aderito perfettamente alla mia ma ci è andato molto vicino.
Titolo: Uno scià alla corte d’Europa
Autore: Kader Abdolah
Casa editrice: Iperborea
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 365
Trama: Orientalista all’Università di Amsterdam, Seyed Jamal ritrova il diario di viaggio di uno scià che a fine ’800 lascia la Persia e con un infinito stuolo di principi, funzionari e mogli dell’harem intraprende il suo Grand Tour alla scoperta dell’Europa. Armato di curiosità e ironia, Seyed si unisce alla carovana del re e come una moderna Sherazade, fondendo realtà storica e fiaba orientale, narra le mille e un’avventura di questo viaggiatore d’eccezione, despota crudele e ingenuo, colto e infantile, facile preda del Grande Gioco europeo per il controllo del Medioriente, sovrano di un regno millenario e retrogrado a confronto con il progresso vorticoso che cambierà il mondo e plasmerà il nostro presente. Accolto come un vecchio amico dagli zar e dalla regina Vittoria, con cui condivide la via del tramonto in un decadente rituale di corte, lo scià attraversa la Germania di Bismarck e la Francia repubblicana, incontra Tolstoj, il padre di Stalin, Debussy e Monet, testa l’aspirina della Bayer e sperimenta le scoperte di Siemens e di Pasteur, capisce la portata rivoluzionaria della catena di montaggio e delle industrie inglesi, e assiste impotente alla ribellione di Banu, sua moglie prediletta, che ha letto, pensato e sognato troppo per non cercare in questo viaggio una fuga verso la libertà. Ma lo smarrimento dello scià di fronte al formarsi dell’Europa moderna si riflette in quello di Seyed per la crisi dell’Europa attuale, dove la Storia, con la stessa inesorabilità, lungo lo stesso tragitto seguito dal re persiano, conduce ondate di profughi intrecciando sempre più i destini di Oriente e Occidente, e dove uno scrittore rifugiato come Kader Abdolah, che con la «magia dell’immigrazione» si è ricostruito un’identità, cerca nella letteratura nuovi territori di incontro.
La recensione:
Attorno a me c’è una terra splendida e il futuro di un uomo impelagato in vicende che hanno a che fare col viaggio: il viaggio come espediente per guardarsi dentro, in cui la parola scritta sarebbe divenuta scrigno segreto in cui contenere o riversare qualunque cosa. Emozioni, sentimenti, sogni dotati di una invidiabile continuità.
Vicino a me, mentre leggevo questo testo, c’era un uomo, un professore appassionato di storia, di lettere e parole, che fece dell’arte delle parole un buon proposito per insistere. Dotato di un certo prestigio intellettivo, insistendo nel voler trascinarsi nella composizione di parole che, in un momento particolare della sua vita, funsero da medicina, antidoto, combinazione di una miscela di svariato genere in cui, fra passato e presente, il ricordo sarebbe divenuto vivido, fulgido, sfavillante. La scrittura a questo proposito assume forme più solide: non è vero ciò che dicono i più istruiti o i più eruditi. L’arte del narrare, la passione spregiudicata per la lettura coincide con il viaggio dello spirito, nella possibilità di volgere le spalle a un presente insopportabile ma necessario per comprendere la nostra identità, ricavando qualcosa che possa mostrarsi << originale >>. Esperienza personale che ho vissuto e che mi ha condotta nel tempo.
La bellezza di una storia cela talvolta qualcosa di speciale, quando la voce gracchiante dell'autore aleggia ancora nell'aria e l’anima non è ancora piena, quando la distinzione fra tenebra e luce non è poi così netta. E, per qualche momento l'uomo, si scopre, involontariamente, a compiere profonde riflessioni su tutto ciò che riguarda la vita. Innumerevoli contrasti fra ciò che è vero e ciò che è falso, tra ciò che offusca e ciò che rischiara, come prigionieri ognuno confinati nel proprio spazio, senza la possibilità di andare da nessun'altra parte.
In questo momento di pace eterna, dove la città sembrava meditabonda, silenziosa, concentrata su di sé, ecco come l’autore di questa piacevole storia scriveva lettere indirizzate a nessuno in particolare, fermi ai bordi della sua anima, come un brusco scarto di sensibilità che spiegasse qualcosa sull’individuo. Cose che possedeva già sotto la pelle, ma che non sapeva dire.
E, pur di scrollarsi di dosso la tristezza dei suoi giorni, indirizzava i suoi pensieri verso un unico e fondamentale argomento: qualè il vero significato del viaggio? Quanto si può apprendere da ciò, e quanto si può fantasticare sulle vite altrui dall'osservazione di un dettaglio o un gesto?
Essere vuoti come un guscio, desiderosi di essere riempiti da qualcosa, in una realtà che è un grande tuffo, è davvero logorante. Viaggiare, dunque, identificarsi e stabilire dei rapporti col prossimo è la linfa vitale dell'anima. E' una rinascita di un nuovo sole, come quello della Creazione, mentre alcune forme oscure escono da un'oscurità cosmica per svanire completamente come per dare speranza, sulla soglia della vita e della morte.
E la scrittura diviene corpo: corpo da riempire, da guarire. Sarcofago di storie, di esperienze, di sentimenti, di pensieri ed emozioni che con la passione che si riserva, giorno dopo giorno, hanno probabilmente qualcosa da esprimere. Quella di Uno scia alla corte d’Europa è una storia molto carina, ambiziosa, un'esperienza sulla vita, che tenta di attribuire un senso in cui tutto ciò che è narrato non è frutto di fantasia, di genio creativo, quanto proveniente da un mondo in cui la scrittura avrebbe esplicato ogni cosa. Dove tutto è precario; la certezza e l'incertezza divengono enormi masse congenite.
Trascina in un luogo meraviglioso facile da vedere, con la tangibilità di alcune immagini: decine di migliaia di persone rivolte all'acqua, ai piedi delle scalinate, dei templi, delle case o dei palazzi, in mezzo a canti, preghiere, suoni di campane. Il tutto e il niente, la luce e l'ombra, il suono e il silenzio. Con un viandante che diviene poi fiore. La sua anima cresce e dà frutti e i suoi vizi lavati via dalla fatica del viaggiare, che reclama la nostra attenzione. E che Abdolah riesce magistralmente a descrivere e che vibra di potenzialità simbolica.
Da una scrivania zeppa di scartoffie, osserva quello che si lascerà alle spalle. Interprete di anime, scrittore di storie e parole di cui è possibile sentirne ancora l'eco, libero dai sensi di colpa, quasi felice, dipana silenzioso la storia dei suoi viaggi come una miriade di spiriti radunati che raccontano bisbigliando la loro storia, invocando l'arrivo di molti altri spiriti, molte altre storie. Un uomo pieno di desideri, amante della letteratura e della parola scritta, che lentamente avanzava verso il lungo abisso della distruzione. Radicato nella vita, ma sognatore, che pian piano galleggia nell'aria come una piuma. La sua è una storia che ci parla di viaggi come espediente di rinascita e rivela segreti utili per capire il mondo e, strutturato alla maniera delle testate giornalistiche, fa sorgere le riflessioni più profonde dell'animo umano. Non guardare più il mondo circostante da un caleidoscopio - un piccolo gesto, ed ogni cosa appariva bianco -, mettere fine agli alti e bassi affinché ritorni tutto alla normalità o abbia un suo equilibrio sembra non bastare. Così quando vive il presente senza piani, senza troppe aspettative, ora dopo ora, giorno dopo giorno, mettere in ordine le emozioni, rendono felice. Viaggiare divenne così qualcosa di fondamentale. Poiché esalta, rinvigorisce, ma soprattutto, fa vivere. Giungere in un posto nuovo, in un paese sconosciuto, è un'esperienza irripetibile. Un'iniezione di adrenalina, un innamoramento che riempie di emozioni. Dona felicità. Un mezzo di crescita spirituale, come un compagno di avventure tra le avverse stelle.
Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo
Sembrava interessante, peccato il voto basso; grazie per la recensione
RispondiEliminaA te :P
EliminaCiao Gresi, il romanzo che hai proposto mi incuriosisce per il mix tra realtà storica e fiaba orientale. Un bel viaggio rimanendo comodamente seduta in poltrona :)
RispondiEliminaEsattamente ;)
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