lunedì, gennaio 27, 2025

Gocce d'inchiostro: L’uomo che voleva essere amato e il gatto che si innamorò di lui - Thomas Leoncini


Questo saggio, così come tanti altri che leggo e con cui mi piace intrattenermi, fu un immenso calderone di quisquilie e spossatezza, morte e dacadimento e la sua importanza rispecchia la stranezza, le sfide che ogni tanto dobbiamo affrontare. Il potere di queste sfide, alla fine, è celato nel modo in cui tentiamo di affrontarle: chi barricandosi dietro una corazza forte e invincibile, chi invece si lascia attecchire non provandoci nemmeno a sfidarla. In entrambi questi casi, mettendoci alla prova, scolpiti nella mente di chi legge, come una profezia, o un ammonimento. O semplicemente la constatazione dell’immutabilità della vita che è sempre gioia e violenza, piacere e tortura. Accanto a scene di vita non sempre piacevoli, quanto spaventose e sofferenti, esistono anche quelle di grande serenità, accanto a boia che tengono in mano asce che incutono terrore, macchine che possono radere al suolo intere città, ma in cui danzano ballerine dai corpi sinuosi, nel bel mezzo di certe macerie fioriscono fiori dallo stelo forte e rigoroso. Questo purtroppo non è stato il caso di questo testo, il tutto sotterrato nei grandi sorrisi di pietra, sotto gli occhi socchiusi delle innumerevoli maschere che ci mostra la vita.

Titolo: L’uomo  che voleva essere amato e il gatto che si innamorò di lui

Autore: Thomas Leoncini

Casa editrice: Sperling & Kupfer

Prezzo: 17, 90 €

N° di pagine: 198

Trama: La felicità è il superamento delle difficoltà, dei problemi, è quell'intervallo in cui tutto torna alla legge naturale dell'equilibrio tra gli opposti. Christian è un ricco broker immobiliare, guida una Porsche e vive in una sontuosa villa. Quando conclude un ottimo affare, a cui aspirava da tempo, non si sente come sperava e si trova a chiedersi: il denaro, l'ambizione e il successo sono davvero la chiave per la felicità? È così che, seguendo misteriosi bigliettini anonimi che qualcuno gli fa trovare, l'uomo intraprende un cammino fisico e spirituale in una riserva naturale in cui incappa quasi per un segno del destino. A fargli compagnia, un gatto rosso, ribattezzato Joshua, che sembra non volerlo lasciare solo in questa avventura. Immerso in una natura pacifica e piena di meraviglie nascoste, Christian incontra un ex manager che ha trovato conforto nella solitudine, una misteriosa monaca, un giovane che vive con gli animali, e altri personaggi tra il sacro e il profano che lo faranno riflettere su quella perfezione che ha sempre tentato di inseguire e non ha mai raggiunto davvero. Quel viaggio, che qualcuno ha voluto per lui, lo aiuterà a comprendere il vero significato della vita e della felicità.

La recensione:

I << maestri >> che ci impartiscono lezioni sulla vita, quelli che, dopo aver fagocitato o assorbito qualche nozione sulla crescita spirituale, lo spiritismo, e scrivono libri, romanzi o saggi, pur di impartirci o propinarci delle lezioni, affinché possiamo trarne esempio o ispirazione, non fanno per me. Fanno per me i saggi di crescita personale, quelli che ci impartiscono un processo di crescita personale, in cui l’individuo - messo a nudo - in un dialogo incessante tra sé e la sua anima, scandaglia ogni cosa del suo Se, mettendolo a confronto. Come un animale, in cerca di forme di sostentamento, apprende quelle piccole nozioni che, messe in relazione col prossimo, lo inducono a cambiare, comprendere o capire.

Da qualche anno mi sono appassionata alla lettura dei saggi, dei libri di crescita personale, in quanto io stessa ho avviato un processo di crescita, di rinascita, in cui il passato era un buon surrogato per fare o attingere ispirazione. La vita di ognuno di noi è un caos continuo di gesti, azioni alla rinfusa, di esperienze positive o negative, che in uno scambio continuo, sono il bandolo della matassa di persone, posti, e vicende che mi hanno portata piuttosto lontana dall’obiettivo iniziale, proseguo ancora lungo questa strada, e giorno dopo giorno è un continuo processo di crescita, di lezioni che la vita mi impartisce. Eppure senza questa ricerca del mio sé, oggi non sarei la persona che sono adesso.

Attingo ciò che ho imparato o appreso, dalla quotidianità, in piccoli rituali o abitudini in cui riesco ad essere produttiva e consumatrice di << effetti >> necessari per la mia anima, e ciò che ne ricavo è l’insieme di quei piccoli passi che in passato ho avuto timore di compiere… Il resto viene da sè, o quasi, e, inutile girarci intorno, la mia vita, senza certi testi, sarebbe squallida. Sono un raddrizzamento dello spirito, una deviazione.

Il romanzo, se così lo si può definire, di Thomas Leoncini, doveva impartirci medesime lezioni e sortire medesimi effetti. Salendo a bordo di una piccola chiatta, in compagnia di un uomo e un gatto di cui francamente mi domando ancora quale sia stato il loro ruolo effettivo, mi sedetti comodamente in attesa … in attesa di qualcosa. L’ennesimo sbocco sull’anima, che nel bene o nel male avrebbe propinato qualcosa E qualcosa questo testo, le cui onorificenze sono state riconosciute persino dal Papa, ha trasmesso, non però alle mie orecchie sorde, forme di inconsistenza, vacue, prive di spessore, entità, amorfo come la nebbia di cui saranno circondati costantemente i pensieri del protagonista. Inconsapevole di essere soggetto a un saggio, che nel bene o nel male avrebbe dovuto possedere qualcosa di significativo. La visione del nostro sé che si discosta dal guscio del nostro corpo, scuotono qualcosa nel nostro intimo. Quello che avevo davanti non era un saggio, un testo introspettivo, che si presentò diverso da altri saggi che ho letto in passato, quanto una serie enciclopedica di nozioni filosofiche apprese dalla sacra Bibbia. da Copernico o da qualunque saggio di crescita personale, che avrebbe potuto indurci a riscovare un certo equilibrio. Essere abbastanza forti da non abbandonarsi passivamente al dolore, quanto contrastarlo in ogni modo, scovando qualunque forma di salvezza. 

E sebbene avessi previsto la delusione, non mi aspettavo però che in questo saggio non potessi guardarmi allo specchio, scovare un piccolo se, una me lontana, remota, quella più ingenua, che si poneva dinanzi ad ogni cosa con un bagaglio di illusioni, quanto una serie di nozioni moraliste in cui non gli si riserva del rispetto quanto insoddisfazione. Perché non basta scrivere, propinarci delle mere conoscenze filosofiche, spirituali, per << convincere >>, trasmettere qualcosa, un messaggio, muovere l’uomo mediante il gesto fatale di non poter scegliere, quanto divenire eterodiretto… E’ questo il messaggio nascosto che ci impartiscono i saggi? Non credo proprio, e se i primi giorni di gennaio tentai di convincermi fossi stata lieta della sua presenza, nel tempo che ho potuto fagocitarlo e digerirlo ho compreso come da questa ricerca di un sapere inconoscibile, l’ennesima, non ho ricavato niente. Alcuna nozione specifica o effetto che abbia influito su di me, immenso calderone di quisquilie e spossatezza, morte nefasta dello spirito.

Valutazione d’inchiostro: 2

2 commenti:

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