Penso che ogni storia sia viva. Non perché hanno un suo battito, ma perché sono in grado di respirare. Ci poniamo delle domande, che talvolta fingiamo di eludere, a cui non sempre troviamo le risposte che stiamo cercando.
La storia di Laura, protagonista di un testo che ci è pervenuto mediante questa recente pubblicazione, è quel genere di storia di stampo classico che non mi ha colta del tutto impreparata, poichè leggendo tanti classici sapevo a cosa andavo incontro. Ma a cui ho pensato di buttarmi a capofitto in questi giorni di primavera, dettata dall'immaginazione deliziosamente piacevole, romantica di una giovane donna, piccola grande eroina che, come una delle figlie delle Alcott, sarebbe riemersa come un'immagine nitida e ben definita.
Uno di quei posti in cui desidero vivere, e dove mi sono recata sul finire del mese di aprile, insediamento letterario, profondo, drammatico, introspettivo, poco emozionante ma realistico, che si stanziò dinanzi a me come uno splendido e luminoso sole. Si bada a ciò che avviene attorno, ma ci si sorprende di ciò che accade attorno. E, in uno spaccato di vita forse della stessa autrice, ecco come la sua autrice ha scavato e costruito un posticino tutto suo in cui ho potuto rifugiarmi.Un cantuccio in cui stivai, ammassai le mie supposizioni, confidai i miei più intimi segreti sotto una terra arida, incolta ma ricca di sentimento e ambizioni, che risalgono alle origini delle Piccole donne.
Titolo: Il collegio delle piccole donne
Autore: Henry Handell Richardson
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 256
Trama: 1890. Laura conosce un solo modo per essere libera, ed è scrivere. Nonostante ciò, fatica a trovare le parole con cui iniziare la lettera per la sorellina Pin. Poi, dopo aver preso un respiro, si fa coraggio e le racconta la propria vita al Ladies' College di Melbourne, dove la madre l'ha iscritta perché le fosse impartita l'educazione di una vera signora. Laura non è la figlia modello che lei vorrebbe. Non le interessano vestiti e gioielli; preferisce perdersi tra i fiori del giardino e le pagine di un romanzo. La madre spera che il collegio le dia la disciplina di cui ha bisogno per debuttare in società. Ma quella decisione è l'inizio di un incubo per Laura. Tra le mura della scuola, si sente giudicata dalle compagne e dalle insegnanti, sempre pronte a criticarla per gli abiti dimessi e le dita sporche di inchiostro. Non mancano mai di farla sentire diversa, stupida, sbagliata. Eppure, Laura non si arrende e cerca rifugio nell'unico luogo che la fa sentire al sicuro: la biblioteca. Lì ha inizio una contro educazione rispetto a quella che vorrebbero imporle in aula. Ancora non lo sa, ma è la strada giusta per capire chi è veramente. Perché l'indipendenza passa attraverso gli atti di ribellione di ogni giovane donna. Come tante scrittrici di inizio Novecento, Ethel Richardson ha dovuto firmare i suoi romanzi con uno pseudonimo maschile per essere pubblicata. Con questo stratagemma ha raggiunto il successo ed è diventata una delle autrici australiane più amate, tanto da essere candidata al Premio Nobel per la Letteratura nel 1939.
La recensione:
La vita di Laura sino a quel momento era stata quella di una ragazza normale, come tutte le altre; per mesi e mesi aveva confidato di poter essere lasciata in pace, divertirsi con gli altri fratelli, scorrazzare nel fango o fra i prati verdeggianti come un leprotto incurante però che un giorno la sorte le concedesse uno dei più inaspettati doni. Per la prima volta nella sua vita avrebbe ricevuto una certa istruzione, superiore dei suoi fratelli, e inculate delle regole che forse le avrebbero garantite un buon posto in società.
La cosa che più mi ha colpito fra le pagine del romanzo della Richardson è stato il desiderio ardente di libertà che espugnano le sue pagine, dovuto da forme di prigionia, allontanamento conseguenti a forme di esclusione sociale, alienazione psicologica e potere, avvertiti così intensamente dall’autrice forse perchè vissuti in prima persona, poggiando su un teatro dell’assurdo, su un sistema metaletterario in cui vengono a galla ogni timore più profondo, ogni paura insita nell'ineluttabilità della perdita, in forme di strangolamento e assolutismo in cui si tenta di sgusciare fuori.
Da lontano, come un osservatrice attenta e scrupolosa, non avrei mai pensato che, privandomi della coscienza e lasciandosi condurre dal flusso incontenibile di un nuovo viaggio, protetta da tutte le avversità del mondo, sarei arrivata con le parole dall'altra parte. Sdraiata su una morbida poltrona o su un letto un po' troppo ingombrante, in compagnia di una viaggiatrice lasciata sola nell'immensità di una terra ancora del tutto sconosciuta, sognatrice, e poco comprensiva, incerta di girovagare a bella posta nei luoghi in cui avrebbe potuto riconoscersi osservando, talvolta ammaliata e incuriosita, l'incredibile sete di vita di una giovane donna: la sua. Innamorata della vita, ma incapace di poterla vivere appieno. Oppressa e rinchiusa come in una gabbia, di cui queste pagine sono esaltazione alla libertà, tema di cui altri autori come Thomas Hardy, Jane Austen, Charles Dickens, Elizabeth Gaskell espugnarono nelle loro opere così bene e da cui, da queste pagine, Laura non chiede di essere amata, ma di essere ricordata, racchiusa come un petalo in una parte di queste dimore, nelle quali non molti ammettono di sentirsi accolti, ma che sopravvivono nella memoria di chi legge come piccole macchie d'inchiostro su una pagina bianca. Si direbbe quasi che, inebriati dalla magia della loro essenza, i lettori che riescono a scorgere qualche traccia di sé comprendono che in fondo in storie di questo tipo c'è quasi sempre un fondo di verità e che dalle nostre esperienze talvolta non c'è alcuna via d'uscita.
Queste sono le motivazioni per cui abbraccio con certo entusiasmo storie di autori morti, deceduti da secoli e secoli, poiché, nel loro percorso spesso irto di ostacoli, illuminano giornate frenetiche e stancanti facendomi capire di essermi nuovamente e imperdonabilmente smarrita nel labirinto delle loro parole. Forse tutto questo sarà dipeso dal fatto che, nella profonda solitudine di un anima condannata a inseguire meramente la felicità, ho colto il vero valore di ciò che abbiamo e di ciò che avremmo potuto avere. Compiere delle scelte, inerpicarsi lungo una strada che possa garantire un certo nutrimento non solo per il nostro fisico ma anche per il nostro intelletto, il nostro futuro, quando la luce che irradia il nostro cuore è persino troppo luminosa per noi stessi. Così terribilmente difficile. Eppure, Laura è stata capace di compiere e ottenere tutto ciò che ha sempre desiderato, per cui aveva sempre confidato. Perlomeno, in questo primo volume.
In un periodo intenso ed estremamente laborioso, da Elena ho potuto interpretare il linguaggio segreto delle parole, ogni meccanismo che tiene su un complesso sistema di idee o simbolismi utili alla crescita spirituale ed emotivo, comprendendo cosa voglia dire essere istruiti, specialmente all’epoca.. Scrutandola in ogni sua mossa, scomparendo fra gruppi di anime il cui destino è ancora incerto. Le cui vicende sono avvolti in una bolla di consuetudine, in stanze luminose o squallide stanze, che allietarono il mio soggiorno come un ospite desiderato da tempo.
La storia di Il collegio delle piccole donne l'ho vista silenziosamente arrivare nel mio e-Reader, con una copertina che dice tutto e niente, protagonisti cui avrei preferito avessero un po' più di spessore, ma che mi hanno dato molto. Con loro ho potuto accedere nei meandri oscuri del loro cuore, e fatto prendere consapevolezza di come talvolta sia incredibile ciò che ci riserva la vita: talvolta splendida e sana, talvolta marcia.
Una storia che è un vagito, il primo, di un cammino ancora incerto, intessuta mediante una trama che ha vasti echi alle storie classiche inglesi che amo leggere e che, in questi giorni di inizio maggio, mi ha piacevolmente soddisfatta. Una storia semplice, genuina che mi ha concesso di ascoltare la storia che la sua autrice si portò dentro e che, dopo tanto tempo, troverà un suo posto nel mondo. Prigioniera, inerme, a cui non ho saputo resistere.
Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo
Non conosco; ottima recensione, grazie
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