martedì, agosto 04, 2020

Gocce d'inchiostro: L'orso e l'usignolo - Katherine Arden

Un tempo non credevo possibile che potessi farmi influenzare dai pareri entusiasti di altri lettori. Solitamente non mi lascio coinvolgere; restia a ciò che è così tanto osannato, che conosco solo per sentito dire, sto lontana da qualunque forma di marcheting. In quest’ultimo periodo, però, mi sono letteralmente attaccata al fantasy. Ho sentito l’esigenza di farmi trasportare da una marea di novità, attualità letterarie, forme sofisticate di evasione, che hanno accarezzato la mia anima con estrema cura. Con i libri della Bardugo è andata esattamente così, e, recentemente, con una saga che non credevo potesse reclamare anche la mia attenzione. Ed in realtà, non ne sapevo nemmeno della sua esistenza. Ma io sono una lettrice impavida, che non si intimidisce di niente e nessuno, che di gran lunga preferisce rifugiarsi fra classici e letteratura moderna o formazione. Eppure, non devo mai preoccuparmi di rubare del tempo prezioso a compagni di carta e inchiostro di cui fanno parte in quello stormo di letture che languiscono sullo scaffale da un po'; pigliano e spiccano il volo. Non importa quando. E quando accolsi la lettura de L’orso e l’usignolo non credevo che la sua lettura potesse incantarmi, ammaliarmi, sedurre a tal punto da strapparmi da un mondo di cui non mi sento completamente integra. Leggerlo, infatti, mi ha permesso di giudicare il fantasy sotto una nuova prospettiva e comprendere come, non tutti i romanzi di questo tipo si rivelano dei veri e propri buchi nell’acqua.
Ed ora che il mio desiderio si è avverato, ho conosciuto la Arden, non desidero nient’altro che proseguire imperterrita lungo questo cammino. Intontita dai numerosi eventi, meravigliata nell’aver esplorato un mondo assolutamente incantevole e fiabesco.

Titolo: L’orso e l’usignolo
Autore: Katherine Arden
Casa editrice: Fanucci
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 304
Trama: In uno sperduto villaggio ai confini della tundra russa, l’inverno dura la maggior parte dell’anno e i cumuli di neve crescono più alti delle case. Ma a Vasilisa e ai suoi fratelli Kolja e Alesa tutto questo piace, perché adorano stare riuniti accanto al fuoco ascoltando le fiabe della balia Dunja. Vasja ama soprattutto la storia del re dell’inverno, il demone dagli occhi blu che tutti temono ma che a lei non fa alcuna paura. Vasilisa, infatti, non è una bambina come le altre, può “vedere” e comunicare con gli spiriti della casa e della natura. Il suo, però,è un dono pericoloso che si guarda bene dal rivelare finchè la sua matrigna e un prete da poco giunto nel villaggio, proibendo i culti tradizionali, compromettono gli equilibri dell’intera comunità: le colture non danno più frutti, il freddo si fa insopportabile, le persone vengono attaccate da strane creature e la vita di tutti è in pericolo. Vasilisa è l’unica che può salvare il villaggio dal Male, ma per farlo deve entrare nel mondo degli antichi racconti, inoltrarsi nel bosco e affrontare la più grande minaccia di sempre; l’ Orso, lo spaventoso dio che si nutre della paura degli uomini.



La recensione:
Ricordo con quanto impegno avevo cercato questo romanzo. Due volte? Tre volte? La versione digitale era al momento quella che desideravo maggiormente. Il mese di agosto fu quel mese in cui mi decisi di cimentarmi nell’ennesima lettura per ragazzi, e che a tutti gli effetti avrebbe dovuto incantarmi. Ciò l’ho ricavato e constatato da ciò che la sua autrice mi ha sussurrato dolcemente all’orecchio. Non c’era niente di particolarmente scandaloso che indicasse un certo riserbo nei suo riguardi, eppure negli ultimi tempi il fantasy è stato quel ponte di comunicazione che mi ha indotta a giudicarlo diversamente. Un mondo distorto, magico, ambientato nella bellissima e gelida Russia. La fabula che si intreccia a vicende di vita odierne, mondane. Una specie di beneficio per l’anima, dolce ma allo stesso tempo amaro, che ho divorato nel giro di qualche giorno. Ho accolto la storia di Vasilja nel mio cantuccio personale con un entusiasmo che ho riversato con gli anni ad altri romanzi del genere. E questo di per se è stata una cosa positivissima. Ancora non so cosa o chi sia stato, ma quando ho deciso di sfondarne la porta, varcare la soglia di questo straordinario mondo, per me è stata pura e vera estasi. Ci sono stati momenti, durante il corso della sua lettura, in cui mi sono sentita attanagliata dal freddo abbraccio di una storia che effettivamente non dice niente di nuovo, ma è metafora di estirpazione di qualunque forma maligna, che pone intrinsicalmente le sue radici in quelle famigliari. La lotta incessante fra Bene e Male incarnati in storie, leggende, elementi folcloristici che sono anche portatori di disgrazie.
Ecco cosa storie di questo tipo inducono a fare. Una ragazza dal destino incerto, le cui sorti sono soffocate dalle gesta di un Fato crudele ed egoista, pronta a contrastare ogni cosa, straordinariamente folle e coraggiosa ad abbattere qualunque avversità. La sua, infatti, è il racconto di un viaggio che ebbe luogo sul finire di un mese afosissimo, conturbante, disturbante, esuberante, quando si ammainò la bandiera della normalità a mezza asta e le usuali attività procedevano spedite il loro corso. Affascinata dai connotati presenti nel romanzo della Arden, del concetto di favola che si intreccia alla normalità, alle tradizioni, a qualunque forma di etnia presente, nel quale mi sono riconosciuta. Per quasi tutto il processo di lettura mi sono riconosciuta nel temperamento ribelle, coraggioso, forte, a tratti selvaggio di Vasja, sentendomi bene per una manciata di giorni. Perché lei, come me, ha conosciuto il dolore come forma sofisticata di crescita, e se adesso non ci pensa due volte ad affrontare il prossimo credo sia più che naturale! Come mai è proprio lei la << predestinata >> a dover ordinare i diversi elementi, mentre la sua famiglia avanza in uno stato di vero e proprio marciume, sinceramente non lo so. So solo che osservando il tutto, credo che Vasja abbia subito fin troppe sciagure per poter aggiungervi dell’altro.
Eppure quella de L’orso e l’usignolo è il primo atto di tre rappresentazioni letterarie che gira, e confido girerà, nel mio personalissimo universo per ancora qualche tempo. In mia compagnia, Vasja è stata quella guida perfetta per ascoltare quella che nient’altro è che il simbolo di forti origini russe, estirpato da leggende o previsioni. Un opera ammaliante, avvolgente dal ritmo lento e sincopato che evidenzia come la vita è quel processo contorto, spesso crudele, che è spesso bestia di svariate motivazioni. Provocazioni che coinvolsero un numero spropositato di personaggi, figure che rappresentano esattamente la diffidenza, l’inconsapevolezza di ciò che si fa superficialmente.
Una lettura a dir poco bellissima che come i romanzi di formazione che mi piacciono tanto o i classici, non mi ha lasciato in pace nemmeno per un istante. Un richiamo costante al passato, alle tradizioni russe che non pretende niente di eccezionale sennonchè ottenere la salvezza interiore mediante sforzi sovraumani per non saltare alla gola, strozzarci, quasi abatterci. Forme di vita incisive su un muro di visioni, simboli, contorsioni dell’anima da cui la stessa Vaja si è impegnata a difendersi, proteggersi, dando persino la vita pur di rispettare il suo impegno. Nulla che potesse dunque esprimere onoreficienze, cerimonie, ammirazioni. Quella descritta dalla Arden l’ho letta come una sorta di sinfonia che il tempo e lo spazio mi ha lasciato, inconsapevolmente. Ed io non ho potuto fare a meno di leggerla. Ascoltarla. Intepretarla. Nonostante ci sono voluti alcuni anni per andarci, i cui ricordi sono incisi sulla lavagna della mia coscienza. E lì resteranno, per tanto tempo.
Sopravvissuta dinanzi a quelle avversità che volevano contrastare il nostro incontro e alla paura di non poter essere compatibili, ho vissuto questo romanzo con rimpianto: il suo processo di lettura doveva accadere tanto tempo prima, sebbene la catena degli eventi che ha determinato il nostro incontro mi ha costretta ad accettarne la sorte. L’orso e l’usignolo, infatti, è quel romanzo d’iniziazione talmente bello e indimenticabile che ci restituisce una storia folcloristica, esoterica e che collima elementi di mistero e magia. Una lettura che mi ha donato un infinità di sensazioni altalenanti, che come un dolce richiamo ha attirato la mia attenzione, sullo sfondo di una Russia fredda e gelida turbata dalle forti vicissitudini di uomini incappucciati o spettri inquieti.
Inno alle tradizioni, alle leggende, alle favole, alle storie sussurrate nel cuore della notte, nonché continua ricerca di scovare una via di salvezza in un marasma di oscurità, L’orso e l’usignolo è un avvicendarsi di elementi gioiosi, avventurosi, dal ritmo lento e sincopato, nonché rivisitazione della cultura russa che nella sua semplicità cela del potenziale.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

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