Il regime della scontistica prevede un discreto manipolo di gente che, attratti dall’ultima tentazione gettata sul mercato, vengono trascinati in una giostra di sensazioni altalenanti in cui rovesciano qualunque intervento di precludere ogni loro desiderio o istinto. Come una brutta malattia, affamati di novità, sembrano i superstiti di una razza persa e disorientata che esula qualunque rapporto che abbia al centro il risparmio.
Un tempo anche per me era difficile conciliare cuore e stomaco, ragione e sentimento, finché mediante uno studio attento sul mio sé, sulla mia coscienza, mi dimenticai cosa volesse dire spendere impunemente e senza alcun ritegno, ma acquistare perché necessario. Nel caso dei libri, che non hanno una scadenza, di tentazioni o desideri da voler coniare come una sorta di profezia al mio benessere, il mondo d’inchiostro è unico superstite a certi assalti. E di storie che vorrei sentir parlare o che meritano di essere evocate, di prendere vita, ce ne sono tantissimi e proporre una nuova sfilza di libri, specialmente in questo periodo di sconti è una profezia, un ammonimento, o una semplice constatazione dell’immutabilità della vita che è sempre gioia e violenza, piacere e tortura? Forse, ma nel grigiore del mondo, i libri sono quella luce che illuminano la mia vita, anche nei momenti più bui. Forme atipiche di incomprensibile felicità, il cui eco resta rinchiuso nelle stanze polverose del mio spirito.

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Primo romanzo, primo testo in cui la sua autrice è ancora rinchiusa in una dimensione personalissima in cui la scrittura divenne forma di esplicazione, desiderio, segreti in cui l’anima di chi legge si allinea a quella di chi scrive. E il tutto rinchiuso in forme di straordinaria bellezza, che squarciano il velo dell’impossibile, donano un senso ad ogni cosa. Ebrea d’origine vinse, metaforicamente parlando, l’incessante lotta che appartenne a lei e lei soltanto, e anche questo ennesimo testo, opera postuma di Suite francese, dà ampio spazio alla costruzione di quel meccanismo magico in cui si poggiò ogni cosa. Diede respiro e forma a quella piccola sfera privata dell’autrice, in cui sono rinchiusi i respiri di un’intera generazione.
Titolo: Tempesta in giugno
Autore: Irène Némirovsky
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 339
Trama: «Irène Némirovsky» ha scritto Pietro Citati «possedeva i doni del grande romanziere, come se Tolstoj, Dostoevskij, Balzac, Flaubert, Turgenev le fossero accanto e le guidassero la mano». Per tutti coloro che dal 2005 (anno della pubblicazione di Suite francese in Italia) hanno scoperto, e amato, le sue opere, questo libro sarà una sorpresa e un dono: perché potranno finalmente leggere la «seconda versione» – dattiloscritta dal marito, corretta a mano da lei e contenente quattro capitoli nuovi e molti altri profondamente rimaneggiati – del primo dei cinque movimenti di quella grande sinfonia, rimasta incompiuta, a cui stava lavorando nel luglio del 1942, quando fu arrestata, per poi essere deportata ad Auschwitz. Una versione inedita, e differente da quella, manoscritta, che le due figlie bambine si trascinarono dietro nella loro fuga attraverso la Francia occupata, e che molti anni dopo una delle due, Denise, avrebbe devotamente decifrato. Qui, nel narrare l'esodo caotico del giugno 1940, e le vicende dei tanti personaggi di cui traccia il destino nel suo ambizioso affresco – piccoli e grandi borghesi, cortigiane di alto bordo, madri egoiste o eroiche, intellettuali vanesi, uomini politici, contadini, soldati –, Némirovsky elimina tutte le fioriture, asciuga e compatta; non solo: ricorrendo alla tecnica del montaggio cinematografico, limitandosi a «dipingere, descrivere», sopprimendo ogni riflessione e ogni giudizio, conferisce a questo allegro con brio un ritmo più sostenuto – e riesce a trattare la «lava incandescente» che ne costituisce la materia con una pungente, amara comicità.