
Mi piacciono i romanzi
famigliari e decido di inserirli nelle mie letture, nel mio percorso
letterario, e di farmi trasportare a tal punto da non riconoscere la realtà
dalla finzione. Nella grande stanza in cui vivo, quel santuario magico in cui
vi custodisco i miei figli di carta, quasi reliquie sacre che custodisco
gelosamente, non c’è mai tempo per procrastinare. Se un romanzo, un autore
insegnano qualcosa è perché in quel dato momento siedono in silenzio per
insegnarci qualcosa. Talvolta con stupore non vedo cosa io e il suo autore
abbiamo in comune, perché proprio quella determinata storia sia quella giusta
al momento giusto. Mi dico che sta anche qui il potere dei libri. E l’ultimo
grande momento accade con un romanzo che per anni corteggiavo, dalla soglia
incredibilmente piena di una libreria bellissima e colorata, convinta di avere
dinanzi a me qualcosa che si sarebbe collocato fra le letture migliori dell’anno.
Quella della Westover è senza alcun dubbio un romanzo commovente, intimistico,
drammatico ma che la sua lettura mi ha lasciato addosso un forte senso di
oppressione. La scrittura comprende chi non ha mai avuto e cosa avremmo potuto
avere da discorsi astratti, desideri repressi, moti involontari dello spirito,
se non che ci si appresta a ritrarre quella che è la nostra famiglia. Ma come
ogni famiglia, anche quella dell’autrice non fu perfetta, e questo romanzo lo
dimostra conferendoci un peso sul cuore che mi sono trascinata addosso per
tutta la durata della lettura. Una falda nell’anima che ha gravato sulla mia
coscienza forse con fin troppa enfasi, ma che, al di là del dolore, delle
persecuzioni, di quei moti istintivi di comprensione ed empatia, non ha
affondato le sue radici nel mio cuore. Poco travolta ma non coinvolta,
intestardita a conoscere la verità delle tradizioni, degli affetti, scovare
qualcosa che ci faccia comprendere chi siamo realmente. Non importa da chi o
cosa nasci. Importa l’amore, il coraggio, l’orgoglio che riservi nel
raggiungere i tuoi obiettivi. Persino se incappi nel rischio di restare
isolata.
Titolo:
L’educazione
Autore:
Tara Westover
Casa
editrice: Feltrinelli
Prezzo:
11 €
N°
di pagine: 378
Trama:
Tara, la sorella Audrey e i fratelli Luke e Richard sono nati in una singolare
famiglia mormona delle montagne dell’Idaho. Non sono stati registrati all’anagrafe,
non sono mai andati a scuola, non sono mai stati visitati da un dottore. Sono cresciuti
senza libri, senza sapere cosa succede nel mondo o cosa sia il passato. Fin da
piccolissimi hanno aiutato i genitori nei loro lavori: in estate stufare le
erbe per la madre ostetrica e guaritrice, in inverno lavorare nella discarica
del padre, per recuperare metalli. Fino a diciassette anni Tara non aveva idea
di cosa fosse l’Olocausto o l’attacco alle Torri gemelle. Con la sua famiglia
si preparava alla sicura fine del mondo, accumulando lattine di pesche
sciroppate e dormendo con uno zaino d’emergenza sempre a portata di mano. Il clima
in casa era spesso pesante. Il padre è un uomo dostoevskiano, carismatico
quanto folle e incosciente, fino a diventare pericoloso. Il fratello maggiore
Shawn è chiaramente disturbato e diventa violento con le sorelle. La madre
cerca di difenderle, ma rimane fedele alle sue credenze e alla sottomissione
femminile prescritta. Poi Tara fa una scoperta: l’educazione. La possibilità di
emanciparsi, di vivere una vita diversa, di diventare una persona diversa. Una rivelazione.