Una porta
incastonata in una prigione di mattoni dorati, l'aura di mistero e suspense che
aleggia attorno come fiati di vapore, sono questi alcuni degli elementi che
compongono L'altare dell'abisso.
Romanzo d'esordio del talentuoso Patrich Antegiovanni, approdato da pochissimo
nel mondo dell'editoria che, con questo straordinario e avvincente mistery/
thriller e un'interessantissima intervista, ha prestato un po' d'attenzione a
me e al mio blog.
La sua
storia mi ha lasciato addosso una curiosità appiccicosa, e, in una catena di
eventi, piccoli fatti assurdi, è stata talmente contagiosa che gli oggetti
inanimati sembravano dotati di una qualche magia.
Con questo
nuovo appuntamento della rubrica Due
chiacchiere con l'autore, dunque, una breve chiacchierata in cui mi sono
state regalate tante cose: curiosità, novità sull'opera, e tanto altro.
Avanzando in un tunnel che ha lo stesso sapore dei sogni, in cui la mia anima
ha combaciato perfettamente con quella del protagonista. In un irripetibile
traiettoria sbavata nello spazio, perduta repentinamente quando chiusi con un
debole fruscio una finestra su un mondo.
Ciao, Patrich! E' davvero un onore
averti qui, ancora una volta. Raccontaci un po' di te! Chi è Patrich, nella
vita di tutti i giorni?
Grazie
Gresi, è un onore anche per me tornare nella tua casa virtuale. Vediamo un po’,
chi sono… Per me sono IO, parte di un tutto. La questione è chi sei per gli
altri e questo è molto relativo... come il tutto. Mi spiego, per mia moglie
sono il marito con cui è cresciuta fin dall’università, per mia figlia di quasi
tre mesi sono il padre, anzi per ora sono il giullare che la fa ridere e con
cui giocare, per i miei genitori sono io il figlio oramai troppo cresciuto, per
i nostri cinque gatti sono il distributore di cibo e coccole. Nel lavoro sono
un naturalista, un consulente ambientale e un collaboratore dello studio
bibliografico di mia moglie. L’ho lasciato per ultimo, ma per i lettori sono
l’autore e spero l’amico che li accompagna aiutandoli a evadere dalla realtà e
dallo stress.
Da dove nasce
l'ispirazione? Qual è stato l'elemento scatenante che ti ha indotto a scrivere
questa storia?
Ho sempre scritto, ma non mi ero mai
cimentato con un romanzo, mancava l’inspirazione. Quando nel 2012 io, mia
moglie e tre gatti ci siamo trasferiti dalla periferia di Assisi a Bevagna,
nella valle umbra, spesso mi trovavo a guardare dal giardino, o dalla finestra
la campagna che mi circonda. All’inizio ho notato l’armonia, l’equilibrio e il
lavoro nei campi, ma poi ho scoperto due luoghi interessanti a pochi passi da
casa, due risorgive sconosciute ai più, una è addirittura un lago profondo
tredici metri. Proprio il Lago Aiso, è tristemente famoso nella zona e in
internet per le leggende, è circondato da un alone di mistero, ma è anche un SIC,
ovvero un Sito di Interesse Comunitario dal punto di vista naturalistico
lasciato un po’ abbandonato dall’incuria. Questo lago è citato nella
cartografia antica a volte con il toponimo Aso proveniente dall’Umbro
e sta per ara, altare, in altre carte come Abisso, come tutt’ora lo
chiamano gli abitanti per la credenza che non ha fondo. Per il titolo del
romanzo ho preso spunto proprio dal gioco dei due toponimi. L’altro luogo è
l’Aisillo Fanelli, ovvero una piccola risorgiva che nasconde sotto le sue acque
un luogo di culto romano e forse Umbro lasciato al buon cuore del proprietario.
La prima ispirazione è nata così e poi ci sono i libri antichi con cui
lavoriamo e così dallo studio dell’alchimia antica ha preso forma l’idea di far
diventare una campagna bucolica e idilliaca l’ambientazione di un thriller.
Ad esperienze di vita
realmente accadute, ci sono alcuni episodi del romanzo la cui ispirazione sono
state tratte da un classico?
Nel romanzo sono confluite le conoscenze,
le mie passioni e le persone incontrate nella vita. Come ha detto più volte
Carlo Verdone nelle sue interviste, anche per i miei personaggi ho preso spunti
qua e là da persone realmente conosciute accentuandone alcune caratteristiche e
mantenendo sempre l’equilibrio per farli sembrare reali. Ho scritto e scrivo con
le cuffie e volte ne esce la voce di De André, infatti ho usato una citazione e
alcune frasi parafrasate dalla sua poesia, una sorta di tributo. Qualche anno
fa volevo aprire una piccola casa editrice e pubblicare inizialmente romanzi
dimenticati. Iniziai la ricerca e selezionai tra gli altri “Edmondo o il nuovo
Montecristo” di Dumas e “La Tomba” della maestra del gotico Ann Radcliffe.
Iniziai proprio con la copia del 1888 di quest’ultima opera visto che non la
trovavo in bibliografia. Contattai studiosi della scrittrice e intanto notai
che questo romanzo esisteva solo in francese e in italiano di cui ne era la
diretta traduzione, Vincenzo Guidotti era un famoso traduttore dal francese. Mi
feci inviare da una biblioteca le foto di frontespizio e prefazione della prima
traduzione italiana del 1817 per avere più informazioni, ma nulla e vidi
digitalizzata la prima edizione francese del 1799 nel sito della Biblioteca Nazionale
di Francia dove era indicato Ann Radcliffe come autrice e Chaussier e Bizet
come traduttori della fantomatica versione inglese che proprio non trovavo. Mi
rispose una professoressa universitaria inglese e scovai anche una controprova
dell’accaduto in un dizionario bibliografico francese del 1827-1839. I fatti
erano andati grosso modo così: La famiglia Radcliffe era molto riservata e dopo
il 1797 scomparve mantenendo un silenzio profondo finché la scrittrice morì
intorno al 1810. Alcuni per questo si approfittarono del suo nome, “La Tomba”
in realtà fu scritta da Chaussier e Bizet che vollero passare come traduttori
della nuova opera attesissima dai fan francesi della Radcliffe. Una frode bella
e buona. Non aprii mai la casa editrice, anche se avevo trascritto in un
italiano moderno, comparato con la versione francese, gran parte del testo. Però
anni dopo quando stavo scrivendo “L’Altare dell’Abisso” e volevo descrivere
delle grotte mi ricordai “La Tomba” e presi spunto da quelle caverne.
L'altare dell'abisso è anche un
bell'affresco che parla di amicizie, amori, legami o affetti perduti e poi
ritrovati in cui la morale di ogni racconto è quello di guardarsi dentro per
affrontare i colpi del destino. Quanto sono importanti per te questi
sentimenti?
Hai centrato
parte delle tematiche Gresi, hai appena detto una cosa molta importante:
guardarsi dentro. Sono convinto che all’interno di sé c’è già tutto, esiste la
risposta per ogni domanda come esiste la felicità. Abbiamo già tutto e non c’è
bisogno di andare a cercare fuori nulla. Le amicizie, gli amori, i legami
possono iniziare ed esistere solo se si è nella condizione interna per
accoglierli. Anche Fedro, il protagonista del romanzo vive la sua condizione
interna senza riuscire così ad apprezzare gli affetti, tranne quelli
idealizzati del passato.
I tuoi personaggi
sembrano molto indipendenti. Questa è anche una tua caratteristica?
Come ti
dicevo prima le caratteristiche dei personaggi le ho prese qua e la da persone
conosciute, ma anche da me. E sì, ho sempre adorato l’indipendenza, a venti
anni sono uscito di casa cercando di trovare il mio spazio… lo sto ancora
cercando. Ehehehehe
Le vicende che si
snodano nel tuo romanzo sono ambientate a Bevagna, città per me del tutto
sconosciuta ma che, se ho ben intuito, rispecchia per te qualcosa di
significativo. Come mai questa scelta? Qual è il legame che intercorre tra
questa città e le vicende narrate?
Non sono tante le caratteristiche che mi accomunano
a Fedro, il protagonista, ma anche io tra Bevagna e Foligno ci sono finito per
caso. Con mia moglie venivamo d’Assisi e cercavamo un posto dove vivere, ci
siamo innamorati di questo borgo e della sua campagna. Dopo il trasferimento i
primi tempi era tutto una scoperta, la gente è molto genuina e iniziai a
informarmi del luogo e delle leggende. Come spesso succede chi nasce in un
territorio non sente l’energia o non vede ciò che viene visto e sentito da chi
ci vive da poco tempo, ciò che è normalità per l’uno diventa la novità e una
risorsa per l’altro. Fui così incuriosito e ammaliato da Bevagna, come dalla
sua gente e dalla sua storia, nei secoli è passata da centro di culto per gli
Umbri alla grandezza nel commercio fluviale che visse nel periodo Romano fino
ad arrivare al piccolo borgo di stampo medioevale quale è oggi. L’Altare
dell’Abisso è nato dallo studio del territorio, della sua natura, delle
eccellenze eno-gastronomiche e delle sue particolarità intrinseche. La
curiosità mi ha portato a indagare e a scoprire che alcune di queste erano
uniche, infatti molto di ciò che ho scritto è reale, romanzato come ovvio.
Tutto ciò ha creato un legame forte tra me e il territorio.
Come nasce Fedro e come
si è sviluppato nel corso del tempo?
Fedro nasce
da un identikit… proprio così. Dopo aver avuto l’idea e deciso di scrivere il
romanzo ho iniziato con le schede personaggi a partire dal protagonista. Ma
come mostrare al prossimo una persona di cui non si conosce il volto? E così ho
scaricato da internet un software e ne ho disegnato l’identikit, poi in un file
separato ho scritto la storia di Fedro, ha parlato per la prima volta e siamo
diventati così intimi che nel pieno del romanzo mi sembrava di incontrarlo
nelle strade o di vederlo affacciandomi alla finestra.
La
storia di Fedro, figura di carta che in poco tempo confezionerà una storia con
scarti provenienti dal mondo reale, è arrivata come una folgorazione oppure è
stata frutto di un lungo lavoro?
Secondo me scrivere un romanzo è un matrimonio
alchemico tra elementi, o come dicevano in passato tra il fisso e il volatile,
la parte maschile e quella femminile. Quindi a partire da una scintilla
iniziale, l’idea principe, è seguita una fase di ricerca e un lungo lavoro di
progettazione che mi ha portato alla prima stesura e così via…
Se potessi scegliere un
personaggio del romanzo su cui scrivere una storia a parte, su quale cadrebbe
la tua scelta e perché?
Credo Saverio e veramente già ci avevo pensato.
Saverio è il ragazzo conosciuto all’inizio della storia da Fedro e che
diventerà la sua spalla. È una persona intelligente, con forti passioni e
di una vigorosa passione, ma soprattutto nel suo essere anche un po’ troppo
genuino risulta sempre divertente e lo sa visto che usa spesso l’umorismo come
arma. Credo che sia un personaggio che potrebbe dare degli ottimi risultati se
messo alla prova di una storia tutta sua.
A quale personaggio ti sei affezionato di più? E con quale hai avuto
maggior attrito?
Vediamo, vediamo. Con tutta sincerità costruendoli ho avuto
attriti con tutti i personaggi principali e proprio per il fatto di essermi
scontrato con ognuno di loro alla fine li ho apprezzati per diversi aspetti. Da
Amalia a Kunda, da Sara ad Ada fino ad Adalgisa e alle mamme di Fedro ed
Amalia, le donne del romanzo forse hanno avuto un filo più di attenzione, sarà stata
cavalleria o difficolta nell’entrare nei ragionamenti dell’altro sesso, chi lo
sa? Ehehehehehehe
Hai trovate delle
difficoltà nell'evolvere la personalità dei protagonisti? O, scrivendo,
avveniva in maniera del tutto naturale?
Come ti dicevo, prima di farli muovere, insomma
dargli vita ho dovuto conoscerli io per primo con gli identikit e scrivendo le
loro storie nelle schede personaggio. Ci sono eventi delle loro vite che conosco
solo io e non sono entrati nel romanzo, ma hanno aumentato il feeling. Questa
conoscenza, alla fine reciproca, è stata molto difficoltosa.
Hai riscontrato qualche
difficoltà a scrivere alcune scene? Se si, quali sono state?
Diverse, la prima che mi viene in mente è anche la
prima che mi ha fatto penare. Sembrerà più semplice rispetto ad altre, ma con
tutta onestà ho trovato più difficile descrivere il magazzino di Saverio, il
vecchio fienile ristrutturato piuttosto che il Ravana Ganga tra le montagne del
Kashmir, capisco che chi legge questa intervista ora cadrà dalla sedia nel
sentire nominare un luogo di culto Indù parlando di Umbria, ma non voglio
svelare più del dovuto e rovinare così la sorpresa. Ho trovato difficoltà nelle
scene ambientate nella piazza dell’altare e nel finale, l’ho riscritto più
volte forse perché anche io ero combattuto sulla scelta che avrebbe preso Fedro
e non diciamo altro.
C'è un episodio che ti
ha particolarmente colpito?
Veramente più di uno, il primo a cui penso è
l’assalto dei quattro cobra, tre reali e uno indiano in casa di Fedro, adoro il
finale di quel capitolo. Ma anche il tentato suicidio e la raccolta della
rugiada secondo la tecnica descritta nel antico tomo Mutus Liber del
fantomatico autore Altus e poi le fughe nei sotterranei di Fedro con i getti
d’acqua nella piana. Gresi entrerei più nel dettaglio, ma non voglio essere
così sadico da rovinare certi colpi di scena al lettore, perdonami.
L'arte può essere di
grande ispirazione, ma quanto c'è di personale nei momenti vissuti nel libro?
Inconsciamente
forse abbastanza, consciamente molto poco a parte il mio bagaglio culturale e
le ricerche da cui ho preso a piene mani.
L'illustrazione della
copertina ha un significato particolare?
È nata da
una foto.
Quando
dovevo scrivere l’incipit del capitolo quattro dove ho descritto il centro
storico di Bevagna come fosse un fiume ho girato per il paese con la macchina
fotografica scattando foto di particolari, tra cui una grande finestra antica
con una vetrata di quadrati di vetro a piombo e un’inferriata robusta ben
saldata alla pietra calcarea del muro. Studiando la foto ho pensato ai secoli
di segreti celati ai passanti e quando dovevo sviluppare una copertina mi sono
ricordato ed è diventata la finestra sui segreti e i misteri raccolti nel
libro. A questa foto ho applicato un effetto fuoco, altro elemento fondamentale
del romanzo insieme all’acqua, il fuoco che non brucia, il fuoco alchemico.
Infine ho aggiunto un effetto vetro rotto visto che il lettore può rompere il
vetro piombato della finestra e bearsi dei segreti contenuti. Così è nata la
copertina… forse sono da ricovero hahahaha
Quali sono i tuoi autori preferiti?
Allora vuoi proprio farmi passare per un paziente
psichiatrico. Hahahahahahaha
Ho scritto il romanzo con degli A4 in vista, in ognuno di
questi fogli c’era e c’è ancora la foto e la firma di uno degli autori con cui
ho iniziato ad adorare scrittura e lettura. Stupita? Non mi sono mai creduto
alla loro pari, volevo che mi fossero d’ispirazione. E già, ho chiesto ai volti
di Hugo, Dumas, Dickens, Tolstoj e Dostoevskij di essere la mia musa. Che
pazzia, però un briciolo di loro me lo hanno passato. Dopo, negli anni sono passati
molti scrittori che ho apprezzato spaziando nei secoli e nei generi, si va da
Tolkien a Martin, da Verne a Salgari, dalla Radcliffe a Poe, dalla Christie a
Moravia, da Verga a Steinbeck, da Orwell a Eco, da Golding a Baricco, da
Collins a Sue, da Zola a Balzac, da Huxley a Capote, da Hesse a Marquez e
ancora potrei andare avanti a lungo e ti ripeto quelli citati sono solo una
parte e gli autori non citati sono altrettanto importante per me, ma vorrei
aggiungere anche altri scrittori che si sono occupati e si occupano di tematiche
diverse, non romanzi, ma saggistica e che per me sono molto fondamentali parlo
di Dawkins, di Darwin, della Carson, di Ajahn Sumedho, di Ajahn Chah, Tich Nath
Han, Kalu Rinpoche e anche qui tanti altri.
C'è un momento della giornata in cui ti sembra di trovare più
ispirazione per poter scrivere?
Guarda molto onestamente ho scritto al mattino, al
pomeriggio e alla sera, non ho mai scritto di notte semplicemente perché spengo
il computer alle sette/otto di sera, però appunti ne ho presi anche di notte.
Dipende da quando ho tempo e arrivano le idee.
Una volta intessuta la trama, qual è il passo successivo nella creazione
della storia e dei personaggi?
Come ti dicevo ho seguito un percorso diverso. Ho
iniziato avendo in mente due scene e degli studi sul territorio, poi sono
passato alle schede personaggio per ognuno dei principali e alcune sono di dieci
pagine A4, poi ho stilato un’idea di scaletta e sotto con la scrittura. Dopo la
prima stesura ho riscritto più e più volte i vari capitoli affinando così la
scaletta. Alla fine ho consegnato tutto a un editor freelance ed eccomi qua.
Quali sono state le sfide che hai dovuto affrontare, durante la stesura
del romanzo?
Molteplici, dalla mancanza di tempo, alla frustrazione,
alla stanchezza mentale… A volte dopo aver scritto un pomeriggio intero mi sono
sentito in una pace mistica, ma mentalmente spossato. Poi a volte mi sono incaponito
con il significato delle parole e mi sono anche bloccato sulla scelta di un
verbo o di un sostantivo.
Si dice che scrivere è
trovare l'equilibrio tra il lato quasi trascendentale della storia e la
capacità di non lasciarsi prendere troppo la mano, purché non siano i
personaggi a travolgere completamente. Anche tu la pensi così?
Sono
perfettamente d’accordo. Durante la scrittura a volte ho dovuto lasciare il
romanzo per non rischiare di essere travolto dagli eventi e dai personaggi
quando chiudevo gli occhi o mi affacciavo alla finestra di casa.
C'è qualcosa che cerchi di
ottenere dalla scrittura? E, se si, perché scrivi?
All’inizio
ho utilizzato la scrittura insieme alla musica come una sorta di forma
meditativa ed è ancora così, in un secondo momento ho capito che volevo
comunicare, intrattenere e indagare l’animo umano.
Come ti senti quando scrivi?
Sento la pace interiore della meditazione, infatti entrambe
sono due modi di vivere il presente estraniandosi da passato e futuro.
Quali sono, secondo te, gli aspetti positivi e negativi della scrittura?
La sensazione che hai mentre scrivi e dopo aver scritto è
molto positiva. Di negativo vedo poco a meno che non si consideri negativo la
costanza.
Della pila di libri che hai sul comodino, ce n'è uno che stai
apprezzando particolarmente?
Proprio
ieri sera ho terminato di leggere un thriller ben fatto: Il Profumo. Guarda è
un esempio lampante che quando scrivi devi utilizzare tutti e cinque i sensi. Süskind
attraverso le pagine ti fa leggere con il naso e una volta che ragioni come il
protagonista capisci le sue scelte, gli odori e anche gli omicidi.
C'è un romanzo che ti sarebbe piaciuto scrivere e che invece è stato
qualcun altro a scrivere?
Magari uno solo…. Mi viene subito di dirti il Signore
degli Anelli, ma poi pensandoci dico che se lo avessi scritto io non sarebbe
stato il capolavoro che è, perché oltre alla bravura e alla costanza di Tolkien
ha contribuito il fatto che lui era un linguista e quindi quel fantasy era
nelle sue corde. Provare il Silmarillion per credere.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Scriverai ancora?
Certo, non
ho mai smesso, oramai uso la scrittura creativa anche rispondendo a una mail, sono
un tossicodipendente da trama Eheheheheh Poi ho già iniziato il continuo di
L’Altare dell’Abisso, non posso far poltrire i personaggi, mi chiedono di
mostrare la loro storia.
Ad un lettore, ad una
lettrice che non ha ancora letto il tuo romanzo, quale consiglio gli daresti
per farlo?
Lo prego
solo di approcciarsi a lui senza pregiudizi e di
lasciarsi trasportare dagli eventi con la speranza di toccarlo nel profondo.
Grazie, Patrich, per questa
bellissima chiacchierata! 😊📚
Grazie a te per il tempo trascorso
insieme!
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