Fu la prima cosa che feci, quando seppi dell'esistenza di Annie Ernaux e André Breton, scrittori francesi amata da molti lettori ma che io non conoscevo affatto fu una bellissima esperienza che mi indusse a guardarmi con gli occhi di un altro, un’altra, il cui sentore era molto simile a quello di altri romanzi letti e vissuti, forse non migliore ma comunque profumato, << accettabile >>, non solo per il tema trattato, ma anche per le viscere profonde in cui mi ha risucchiata, intrappolata, costretta a restarvi sin dal primo momento in cui vi misi piede, dove l’amore per la scrittura funse da surrogato per l’anima semplice ma appassionata dell’autrice. La morte di una persona cara, il movimento costante dei ricordi e la loro risacca disomogenea, mentre l’aria diveniva sempre più oppressiva, spesso irrespirabile, e i miei sentimenti che vacillavano continuamente fra estatico e surreale, con pensieri che si annidavano nella mia coscienza e si squarciavano come nuvoloni grigi e ingombranti di continuo, creando una luce sfolgorante, cangiante, così accogliente e allo stesso tempo morbida di sorprese. Né romanzo né antiromanzo piuttosto arti finzione che riferisce solo fatti e sfugge a qualunque continuità, opere che riportano incontri casuali, aneddoti in luoghi di passaggio, in un marasma di emozioni. Relativi alla scrittura come paradosso del senso, il divenire e l’rimediabile paradosso di un libro che non vuol essere un libro. Perché l’atto dello scrivere, seppur ardente, manca di spirito. Ma non i protagonisti, che assumono aspetti di esaltazione e caduta, uno spostamento remoto nel vuoto, privo di caratteristiche fisiche e morali, che regalano molto di più di quel che sembra, in un intreccio sapiente di apparenza, giustificazione di finali commoventi e rassicuranti.
Titolo: Una donna
Autore: Annie Ernaux
Casa editrice: L’orma
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 99
Trama: Pochi giorni dopo la
morte della madre, Annie Ernaux traccia su un foglio la frase che diventerà
l’incipit di questo libro. Le vicende personali emergono allora dalla memoria
incandescente del lutto e si fanno ritratto esemplare di una donna del
Novecento. La miseria contadina, il lavoro da operaia, il riscatto come piccola
commerciante, lo sprofondare nel buio della malattia, e tutt’attorno la talvolta
incomprensibile evoluzione del mondo, degli orizzonti, dei desideri. Scritte
nella lingua «più neutra possibile» eppure sostanziate dalle mille sfumature di
un lessico personale, famigliare e sociale, queste pagine implacabili si
collocano nella luminosa intersezione tra Storia e affetto, indagano con un
secco dolore – che sconvolge più di un pianto a dirotto – le contraddizioni e
l’opacità dei sentimenti per restituire in maniera universale l’irripetibile
realtà di un percorso di vita.