Le pagine di un romanzo non possono
esprimere emozioni: eppure non è pur vero che riescono a leggere il nostro
cuore? Le pagine di un romanzo, come dice il mio amato Murakami, possono
palpitare e, ad assicurarmi che è così e che in questo momento, proprio a me,
stanno donando un'infinità di sensazioni altalenanti è Notre Dame de Paris.
Coraggioso, forte, fiero, cui ho amato sin dall'inizio del prologo, quando
erano ancora delle immagini sfocate.
Sono trascorse quasi due settimane da
quando in questo romanzo - corposo, ma emozionante e di bell'aspetto - ho
riscontrato solamente sensazioni piacevolissime. Tutto ebbe inizio con
un'incontro casuale e fortuito che, a distanza di poco tempo, ha completamento
rovesciato il mio universo personale. Ero certa che, nonostante i miei
pomeriggi fossero quasi sempre all'insegna del tedio e della monotonia, Notre Dame mi avrebbe
tenuto compagnia per un bel po' di tempo. E con una felicità imprecisata, che
come un buco nel cielo filtra la luce nell'infinito, ho coltivato nel cuore la
speranza che potesse piacermi.
Adesso che ho terminato di leggere di
Frollo, Esmeralda, Gringoire, un sorriso smagliante spunta repentino sul mio
viso. Sotto un cielo fiorito di maggio che ha tremato da solo sotto un manto di
quiete, riporto queste poche righe confidando di poter strappare qualche
sorriso e magari regalare qualche sensazione. Invasa da un marasma di parole
che hanno offerto al mio sguardo curioso l'aspetto di una tempesta repentina
che si è riversata in ogni istante nello squallido angolo della mia esistenza.
Titolo: Notre Dame de Paris
Autore: Victor Hugo
Casa editrice: Newton Narrativa
Prezzo: 9, 00 €
N° di pagine: 549
Trama: L'arcidiacono di Notre Dame, Claude
Frollo, si innamora della celebre danzatrice zingara Esmeralda. Incarica perciò
il grottesco campanaro della cattedrale, il gobbo Quasimodo, di rapirla. Ma il
capitano Phoebus de Chateaupers la trae in salvo e conquista il suo amore.
Frollo uccide Phoebus facendo ricadere su Esmeralda la colpa del delitto.
Quasimodo intanto, commosso da una atto di gentilezza di lei, diventa quasi un
suo schiavo e la conduce a Notre Dame per proteggerla. Dopo una serie di
peripezie, Esmeralda verrà catturata e fatta impiccare sotto gli occhi di
Frollo, che osserva impassibile l'esecuzione. Quasimodo, disperato, ucciderà
Frollo e poi, con il cadavere della donna fra le braccia, si lascerà morire a
sua volta.
La recensione:
- Oh, l'amore! É essere due e non essere
che una persona sola. Un uomo e una donna che si fondono in un angelo. È il
cielo.
La bella cattedrale di Notre Dame divenne
celebre nella meravigliosa Parigi del XV secolo, all'angolo fra la Corte dei
Miracoli e la chiave della Porte- Rouge. Il giorno in cui mi recai in questo
mondo visionario, Notre Dame era illuminata dal livido chiarore di un giorno di
gennaio. Invasa da una folla variopinta e rumorosa che andava alla deriva lungo
i muri. Mettendomi comoda, accavallando metaforicamente le gambe in una tribuna
della Francia del secolo.
Venerabili figure, ammantate d'ermellino,
di velluto, di porpora, in un silenzio greve, degno, basso, fra mille bisbigli
o sussurri circondarono la mia avanzata lenta. Sulla soglia di una storia che
perpetuerà nel tempo in cui echeggerà il nome di questo bellissimo monumento:
la cattedrale. Si sarebbe detto che un filo invisibile e magico avesse attirato
improvvisamente il mio sguardo rivolto alla sala così gremita di fiamminghi. Niente
avrebbe potuto ridestarmi da quest'incantesimo. I miei occhi restavano fissi
lì, e chiunque avrebbe impedito questa mia avanzata; voci, parole, suoni
sarebbero stati motivi di allontanamento.
Per una visitatrice come me autori di
calibro come Victor Hugo sono l'incontro obbligato con la letteratura medievale
e la prima impressione è stata meravigliosa. Come ogni cosa, anche la bella
Parigi di cui ci parla Hugo ha avuto un suo modo di presentarsi, di farsi
vedere al suo meglio. Quello di Hugo la cattedrale di Notre Dame. Lo specchio
che riflette l'anima di chiunque, rappresentazione unanime iniziata con
acclamazione; eterno flusso e riflusso del consenso popolare. Lettori di ogni
razza e età arrivano e risiedono lì e in verità non ci sarebbe bisogno di vedere
altro, perché la cattedrale è il concentrato di tutto quel che il romanzo di
Hugo ha da far vedere di sé: la sua efficienza, la sua sporcizia, il suo
disordine, il suo essere più grande di quel che già è, di inutilità e di
miseria.
Io, data la mia condizione di lettrice
avida e curiosa, non potevo esimermi da questo viaggio e, come tanti altri
visitatori in precedenza, lavoratori frustrati con la calvizie incipiente,
medici stressati dai ritmi frenetici e agitati, arrivai nella splendida Parigi
del XV secolo da un portale segreto: le pagine di un libro, da un accozzaglia
di frasi e parole che lasciano un segno del loro passaggio. E' da lì che,
all'inizio di gennaio del 1482, arrivarono anche gli egiziani. E, in
particolare, lei: Esmeralda. Avvicinata da tutti, creatura così tanto bella che
Dio l'avrebbe preferita alla Vergine e l'avrebbe scelta per madre e avrebbe
voluto nascere da lei se lei fosse esistita. Voluttuosa, dispensatrice
inconscia di passioni. La cui immagine brucia nella testa di chiunque,
tenebrosa e crudele come il cerchio nero che perseguita a lungo la vista
dell'imprudente che ha fissato a lungo il sole. Non c'era niente da fare. I
parigini non potevano evitare di essere sedotti, semplicemente guardandola.
Allo stesso modo io non potei evitare di farmi sedurre dalla sua bellezza
andando a vederla, ascoltarla, con la sua fidata compagna, con i piedi nudi e
un manto di capelli color ebano, dalla parte sbagliata e impreparata dalla sua
bellezza.
Come una bambina persa da mille immagini
di gioia, di grazia e tenerezza, che si affollano attorno alla cittadella della
mia coscienza, divenendo e trasformandosi in qualcosa di meraviglioso, la
storia della bella Esmeralda è divenuta ricca di magnificenza. Strumento di
grazia che ha colmato il mio cuore di un assurda felicità. Pulsazione del cuore
che vibra di una forza profonda e sensibile, ma accarezzata da un angelo e
pizzicata da un diavolo. Notre Dame mi si è presentata come quel posto che
avevo immaginato: rumorosa, animata, viva. Con imponenti e grosse colonne da
cui mi sono circondata, come un enorme zampa che ha percorso il suolo col suo
frenetico passo. In un marasma di febbre e follia giunti a un livello così alto
d'intensità che il mondo esterno pareva una specie di visibile, palpabile, spaventosa
apocalisse.
Tutto questo non è stato altro che una
visione splendida sulla quale il reale si è alternato al fantastico. Su una
finestra che lascia intravedere attraverso le sue maglie rotte un pezzo di
cielo e una luna coricata in lontananza su un guanciale di soffici nubi, così
potente e appariscente. Umile e modesto per fama di far ingelosire la Venere di
Botticelli. Di queste fattispecie ne ho letto davvero poco, e indossando un
mantello che mi ha donato sicurezza e - credo - rispettabilità ho fatto perdere
volutamente le mie tracce in un imbuto di pietra in cui sono confluiti tutti
gli aspetti geografici, politici e morali di un paese. Tutto ciò che è linfa,
tutto ciò che è anima di una nazione, che filtra incessantemente ammassandosi
goccia a goccia, secolo per secolo.
Cerchio magico per chiunque decida di
avventurarsi, per poi sparire in minuscoli pezzettini, in questa meravigliosa
avventura. Fiumana di vizi, mendicanti, poesia, romanticismo in cui la
filosofia è massima di vita per molti. Rifugio o medicazione dell'anima di
uomini soli, danneggiati e contriti. L'uomo si vede bisognoso d'affetto, in
quanto la vita senza tenerezza e senza amore altri non è che un ingranaggio
arido, crogiolante, stridulo. In una miscela disomogenea di uomini, donne,
bestie, età, sesso, salute, malattia, confusione e sovrapposizione in un unico
tutto.
Ho avuto come l'impressione di vivere in
un nuovo mondo, ignoto, inaudito, deforme, strisciante, brulicante, fantastico.
Un fumo nero si era diffuso fra me, i personaggi e gli oggetti, intravisti
nella bruma incoerente di un incubo, nelle tenebre dei sogni che fanno
vacillare ogni contorno, aggrinzire ogni forma, dilatando le cose come chimere
e gli uomini come fantasmi.
La realtà aveva conferito un immagine
completamente diversa, urtando i miei occhi, demolendo pezzo dopo pezzo tutto
lo spaventoso romanticismo di cui credevo di essere circondata. Era melma
quella che toccavano le suole delle mie scarpe, erano ladri la gente che mi
affiancava, che non rischiava l'anima ma la vita. Un gigante a mille teste e
mille braccia si era fissato in una forma eterna, visibile, palpabile. Con
parole che sono state messe di traverso, nella corrente di un fiume
inarrestabile e impetuoso, raggruppandosi, combinandosi, amalgamandosi, scendendo,
salendo, rovinando al suolo, ammassandosi nel cielo.
Ho letto questa storia in un principale
momento della mia vita. Sino a poco tempo prima, non conoscevo il significato
della parola amore. Ingenua, romantica e sognatrice sempre. Incontri inaspettati
talvolta possono davvero cambiare la nostra vita, persino un banale romanzo
come questo: mi ha rinvigorito, donato una gioia incontenibile che è trapelata
da ogni dove, padrona di un destino di cui non ne conoscevo nemmeno
l'esistenza. Quasimodo ed Esmeralda. Figure cupe e infelici che mi hanno fatto
risplendere di luce. Fatto fiorire con melodie, cadenze inattese, frasi
semplici cosparse di note taglienti e sibilanti, in cui predomina l'armonia, in
morbide ondulazioni d'ottave.
C'è stato in tutto questo un non so ché di
particolarmente vertiginoso, potente ed inebriante dal quale è stato davvero
difficile concepirne un'idea precisa. Adesso che ho terminato il romanzo, mi
domando: che ne ha fatto il tempo, che ne hanno fatto gli uomini di questa
meraviglia? La storia del gobbo Quasimodo e della bella Esmeralda risuonerà
nelle mie orecchie per tanto tempo, sulla soglia di un epoca che si sta
avviando verso la distruzione. Una tempesta emotiva, visiva che alla fine è
solo un rumoreggiare che alita dolcemente sul nostro collo. Contemplazione
estatica con la quale il lettore vede i suoi più reconditi desideri realizzarsi
nel silenzio di un vasto uditorio. Viaggiatrice, osservatrice, esploratrice che
ha ascoltato ogni singola parola di questa storia, persa nel bel mezzo della
folla nascosta dagli sguardi furtivi di gente curiosa e avida.
Non guardare la faccia, fanciulla. Guarda
il cuore.
Il cuore di un bel giovane è spesso
deforme. Vi sono cuori ove l'amore non si conserva.
Valutazione d'inchiostro: 5
Mi hai stregato con questa recensione ^_^ E' uno di quei libri che vorrei leggere da sempre, ma che neanche ho nella mia libreria. Devo rimediare, assolutamente!
RispondiEliminaLeggilo, Maria! È davvero bellissimo ☺
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