Mi
venne la tentazione di accettare l’offerta di Elena e leggere il suo romanzo,
sul finire di un mese monotono ed estremamente piatto, e da quant’è che ho
concluso di leggere Lo specchio dell’anima le sensazioni che serbo gelosamente
sono ancora vivide e nette. Non avrei mai creduto che un romanzo apparentemente
semplice, una storia comune di vita comune meritasse molta più attenzione di quel
che credevo, e l’incentiva di inerpicarmi fra le sue pagine dopo qualche minuto
era divenuta un’impresa più seria. Una magnifica avventura che investisce sulle
sensazioni, l’emozioni umane e che, poco per volta, mi conquistò completamente.
C’è tanto lavoro stilistico dietro, tanti pomeriggi ponderati nell’intavolare
una storia che potesse avere un senso non solo per l’autrice ma anche per i
suoi lettori, cui ogni parola contenuta è un verso di gloria lirica a cui ho riposto
una certa ammirazione a questa giovane e talentuosa donna che sono davvero
felice di aver ospitato nel mio salotto virtuale. Talvolta vale davvero la pena
compiere qualche sforzo in più per scoprire piccoli gioiellini, opere
sofisticate che effettivamente non possiedono niente di speciale ma attraggano
per il loro essere più interessanti della copertina o di ciò che riporta la
trama.
Elena
Inuso, dunque, ferocemente dotata, ha proiettato su carta un’avventura
estremamente realistica e veritiera che mi piace considerarla come un
poema in remissione. La vita talvolta ci
riserva sorprese, situazioni ed eventi che sfociano in lotte o dinieghi dell’anima
che distruggono ciò che si è gelosamente costruito nel corso del tempo, e che
Elena descrive col suo tratto sofisticato. Mette in discussione qualunque
certezza, qualunque possibilità raggiungendo però il mio cuore cauto ed in
allerta, quel poco necessario per aver prodotto qualcosa dal sapore amaro ma
che dona il piacere di saper cogliere la bellezza che ogni tanto la vita ci
riserva, quasi come un gesto di devozione.
Autore: Elena Inuso
Casa editrice: Leonida
Prezzo: 12, 40 €
N° di pagine: 198
Trama: Il romanzo tratta di due diverse storie: quella di una bambina, Gemma, che affronta il fallimento del matrimonio dei propri genitori cercando di mantenere la gioia di vivere, nonostante la distanza del padre e l’instabilità di una madre profondamente infelice; e quella di una giovane donna, Angela, che prova a distruggere piano piano la sua corazza di ghiaccio permettendo a un ragazzo appena conosciuto di farle scoprire cosa significa amare e fidarsi di qualcuno.
La recensione:
Elena, tuttavia, scrive per se stessa. È un pensiero fisso, come un ossessione, che insieme a un bagaglio intellettuale che ricorda la narrativa contemporanea, appena ha parlato, l’isolamento ristoratore del regime che seguo quando leggo si ridusse a una sorta di dialogo immaginario fra la mia anima e quella dell’autrice. Le prime pagine, infatti, compensano questo legame, che divenne sempre più intenso man mano mi inerpicavo fra le sue pagine, che nemmeno una buona scrittura avrebbe smaltito quei vuoti momenti di sconforto, solitudine nelle stanze remote dell’anima delle protagoniste scegliendo fra tante possibilità per distrarsi: leggere di loro, ascoltare il frastuono dei loro pensieri, visionare un romanzo che per certi versi è stato inavvicinabile, uscire da questo profondo senso di sconforto che aleggia tutt’intorno come fiati di vapore nell’atmosfera, alcuni di quei << sollievi >> quotidiani di cui mi sono crogiolata in una manciata di ore e che mi ha riempito inevitabilmente di penosi ricordi. L’unica soluzione sembrava quella di volgere le spalle a questa vita così crudele ed egoista, che poteva anche rientrare nelle soluzioni, piangere e poi ridere, piangere e ascoltare musica, piangere ed isolarsi a tal punto da non dar peso a niente e nessuno: l’unica soluzione ottimale quando la solitudine sembrava fosse diventata troppo grande persino per loro.
Avendo letto svariati romanzi di questo tipo, ero passata a questa storia con il mio bloc notes preferito a cui avrei venduto pensieri miseri che ancora non riesco a dare forma. E con questa lettura, la scrittura ha funto da balsamo efficace che ha ottenebrato i miei sensi, inabissato qualunque forma molesta, mettendo a dura prova gli incauti sussulti del mio cuore, trovandomi a lottare contro qualcosa che effettivamente non mi appartiene ma che ho sentito come mio.
In media, mi sono beata della presenza di queste donne resistendo alla voglia di scuoterle, di invogliarle a reagire, e fu durante queste emozioni così intense che diventammo amiche, o cementammo un’amicizia che è esistita sin dal principio, condividendo questo frammento di vita apprendendo molti particolari, aspetti che talvolta sono celati ad occhio nudo, stesse situazioni in cui mi sono disgraziatamente trovata a vivere che in un giorno qualunque hanno rovesciato il mio universo personale. Un ancor più legame che inevitabilmente si è instaurato e che ho giudicato confidenziale, di queste donne che si credono adulte malgrado la giovane età o il bagaglio di esperienze, e poi quando l’amore infranse quella bolla di tranquillità e quiete non riuscirono più a vedersi come un tempo.
Ascoltare storie di questo tipo in un periodo non particolarmente entusiasta ha generato tuttavia un certo piacere nell’aver goduto così tanto a leggerla che non ho potuto fare a meno di notare che Lo specchio dell’anima ha messo a contatto il mondo di qua con quello di là. Momenti di sconforto e solitudine incrementati da questioni di età, amorose, scelte ingiuste ed egoistiche in cui è stato inevitabile chiedersi se la sua autrice si sarebbe prestata a sperimentare qualcosa che convergesse sul fronte opposto, a impersonare quel Fato che subentrando avrebbe svolto un ruolo fondamentale. Per quella che era destinata ad essere un racconto sofisticato che è uno squarcio nell’anima di chiunque. Davvero bello e indimenticabile, una stella nascente nel firmamento italiano che brilla per fascino e destrezza. Quasi una principessa che nel momento più inaspettato si è congiunta al suo principe. Questo spiega il sapore amaro, quasi agre delle sue pagine, gli innumerevoli sentimenti che hanno inondato il mio cuore con estrema cura.
Amore e vita. Che cosa cavolo ci faccio ad riporre queste poche righe? Cosa dovrei trasmettere? Non avrei dovuto forse cambiare rotta, prendere una nuova strada? Cosa aggiungere a ciò che è stato detto da Elena? Da quando ho concluso e riposto il romanzo in una finestra virtuale dall’aria vaporosa e luminosa, mi sono posta domande e il pomeriggio freddo trascorso in sua compagnia è stata un’ottima occasione per leggere e vivere sulla pelle questa storia di vita, dolore e rinascita. In cuor mio, la mia anima sognatrice e romantica era consapevole di come questa storia non fosse estranea ai ricordi. Credo una visione distorta di ciò che attanaglia l’anima della sua autrice, un piccolo tesoro romanzato le cui pagine mi hanno attratta rapidamente.
Come Gemma e Rosalba, alla fine, sono sopravvissuta: ho letto di loro e vissuto sulla pelle queste loro esperienze osservando il tutto come qualcosa di splendido e bellissimo. Mi è piaciuta l’idea di queste donne apparentemente forti ma fragili, questo pellegrinaggio solo e sfortunato, che le innumerevoli punti di domande e le loro incomprensioni mi fecero solo un gran bene. Poiché la sua autrice insiste molto sull’armonia, sulla lentezza di ogni gesto, sul non fare alcun sforzo ma lasciarsi trasportare dalla risacca disomogenea del tempo e della speranza, essendo consapevoli che i vari momenti di sconforto servirono anche a interpretare meglio la vita. Espediente per conoscere meglio se stessi e tenere sotto controllo l’emozioni. Tutto questo già mi aveva convinto, e mi bastava. Non avevo bisogno di altro, né di storie di tradimenti o passioni sopite, che tuttavia ho visto spiccare fra una mandria di autori sconosciuti e poco talentuosi che fece di questo suo figlio di carta un tentativo di farsi conoscere e conoscere se stessa. Interrogandosi sulla natura infruttuosa dell’essere, sempre angosciato dall’incertezza della risposta, guardandosi attorno, vedendo il mondo in ogni sua forma. Il mondo appare così indistinto, lontano da sé, come qualcosa a cui è stato costretto a separare. Infinitamente più grande di loro, vulnerabili come una piccola onda che, intimorite dalla vastità dell’oceano, sognano soltanto di essere come un’onda più grossa, più maestosa per non essere schiacciata dalle altre onde. E, in tutto questo, il perpetuo senso di insoddisfazione che aleggia tutt’attorno come fiati di vapore.
Interpretare questo romanzo non è stato semplice, viaggiatrice oramai lontana da questa dimensione che tuttavia ha letto questa storia come portandosi dentro qualcosa di completamente fuori dagli schemi. Strumento in cui si è cercata la conoscenza di se, la conoscenza del proprio IO.
Rosalba, piccola grande donna, Gemma, Angela, vedono se stesse come qualcosa di lontano e diverso da se. Mezzi di distruzione contro gli attacchi esterni, sommerse da un torrente di sogni e incubi, alla ricerca della fonte originaria del proprio Io, di cui è necessario impadronirsene. Aver saputo leggere di loro, sole e distinte, separate da tutti, in un mondo variopinto, raro e misterioso, in cui il cielo sembra fluire lentamente contro un fiume, mi ha permesso di muovermi facilmente con queste figure come se impregnate di luce. E, confessione, sfogo, dalla soglia morale della loro frustazione, Lo specchio dell’anima è un romanzo intriso di una certa malinconia che, permettondomi di fuggire dalla realtà circostante, è stato nient’altro che una pausa nel tormentare senza posa lo spirito. Effimero stordimento contro le insoddisfazioni insensate che talvolta la vita ci riserva. Spiccando come una figura possente e ammaliante, meravigliosamente poetica e sentimentale.
Valutazione d’inchiostro: 4
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