martedì, febbraio 04, 2025

Gocce d'inchiostro: Attenta, Cappuccetto rosso - Shoij Kaoru

Mi chiesi se, dalla lettura di un romanzo sconosciuto e dalla conoscenza col suo autore, avessi dovuto vedere, riconoscere o scorgere quei pericoli della mia << intromissione>>. Letture ancora da leggere e vivere, autori sconosciuti che quest’anno desidero conoscere, tracciano un disegno sulla tela della vita da cui traggo piacere e soddisfazione. Alla fine, gran parte di questi sentimenti, esplicati dal momento di congiunzione fra la mia anima e la loro. Quello in cui inaspettatamente, prendono per mano e ti guardano come in attesa di qualcosa. L’attesa è essa stessa piacere di attrazione che, solo dopo averne fagocitato la sua essenza,, averla letta o bevuta nel giro di qualche ora, avrebbe trasmesso qualcosa, e, questo magico momento, quel momento in cui ogni barriera sarebbe stata abbattuta. Si può definire così l’incontro/scontro con un autore che non conoscevo affatto e a cui dico grazie, alla casa editrice Einaudi, per avercelo trasmesso anche in Italia, che da quando la propose sul mercato italiano, lettori che effettivamente hanno esplorato questo territorio sconosciuto si contano disgraziatamente sulla punta di una mano. In questa schiera naturalmente ora ci sono anche io, che nel momento in cui vi entrai, come in una fatiscente dimora, capì come fossi al sicuro; questo è il tipo di storie in cui amo perdermi, e compiere questo passo - primo a dire il vero cui confido si susseguiranno altrettanto passi con la pubblicazione dei volumi successivi, porteranno a qualcosa. Scovare quella giusta via in uno dei periodi più importanti dell’umanità: la giovinezza.


Titolo: Attenta, Cappuccetto rosso

Autore: Shoji Kaoru

Casa editrice: Einaudi

Prezzo: 18, 50 €

N° di pagine: 200

Trama: Tokyo 1969. La giornata di un ragazzo alle prese con le rivolte studentesche, una fidanzata permalosa che ogni due per tre dice di voler «mordersi la lingua e morire soffocata», signore della buona borghesia intente a combinare matrimoni, una dottoressa sexy e una bambina che lo farà piangere di dolore e di gioia. Un torrentizio flusso di parole in cui la polemica del giovane protagonista contro l’ipocrisia del mondo adulto e sempre intrecciata all’ironia e alla comicità. «La bulimia di "cioè", "in altre parole", "come spiegarmi?", "come farmi capire?" è la forma assunta dalla volontà di non cedere alla logica binaria del giusto / sbagliato, la rassegnazione accompagnata da un malcelato piacere nell'inseguire all'infinito un pensiero inafferrabile che è più sensazione che idea. Quando Kaoru si mette alle strette da solo ma è obbligato lo stesso a dare una parvenza di intelligibilità alle sue opinioni, allora ci investe con un profluvio di parole, i periodi si allacciano l'uno all'altro spasmodicamente in un rimando senza fine, i concetti si avvitano su sé stessi come in una spirale perpetua. Ma per nostra fortuna è un fiume di parole che si accompagna a una salutare dose di umorismo tutto sui generis, alla freschezza e all'ariosità di cui dicevamo e a un certo potere ipnotico» (dalla prefazione di Alessandro Clementi degli Albizzi).

La recensione:


Basterebbe disfarsi di questa assurda maniera di pensare e percepire le cose, di tutto questo stupido astenarsi a cercare a tutti i costi la quadratura di un cerchio solo mio.


Kaoru non era il tipo di adolescente che gesticolava violentemente, quanto un ragazzo amabile nei rapporti sociali, quest’ultima così zuppa di un certo tipo di ipocrisia che dà il voltastomaco, un’imperdonabile grumo di volgare opportunismo, la cui anima grigia e mortale, tipiche delle figure salingeriane che appaiono emblematici e imprigionati in una rete di ossessioni reali o meno mentre un muro di impotenza ne impediva qualunque forma di riscatto, si dibatteva in una perenne e costante ricerca di un’identità, un significato nel tentativo di capire cosa ci sia di sbagliato in lui. Certo, trovare un certo piacere in tutto questo, un ritmo piacevole di vita, più tempo per guardarsi attorno, mi parve un utopia il cui autore non ci aveva azzeccato. Eppure, Kaoru è emblema di quelle forme di anacronismo dell’epoca in cui visse il suo autore, quella in cui fu protagonista di alcune rivolte studentesche e militari, in cui il desiderio di abbattere qualunque pezzo di finzione intellettuale, opponendosi alla stupidità degli esami, alla struttura sociale che ha creato questo mostro inumano della competizione tra studenti, è conforme a una realtà aprioristica in cui si tenta di avvicinarsi. E avvicinarsi effettivamente è stato difficile, impossibile come acchiappare l’aria nell’atmosfera, avventurato nei quattro angoli del mondo presentando qualcosa che avrebbe sigillato, in una sorta di eterno scorrere di morte, una certa rinascita.

Assieme a Kaoru, ho tentato di discostarmi da tutto questo, procedendo, con la sua bicicletta, in un paesaggio pianeggiante, retto, affinché i suoi tentativi di divenire migliore non fossero vani. Perchè allungandosi all’infinito, dilatandosi, accogliendo tutto dentro di sé e spiccando il volo, rimbalzando e poi bloccandosi, sortiscono effetti in cui se al principio ogni cosa può sembrare banale, inconsistente, ma importante perché netto il confine universale tra il desiderio di poter realizzare le proprie aspirazioni e la paura del cambiamento. Cambiamento mosso da gente che è fedele all’autoritarismo, a un corpo di élite cospiratorio e conservatrice in cui il mondo in cui si vive, la voglia di crescere, affina il potere e la forza o la fiducia che dovrebbe alimentare il tutto.

Kaoru non disse di non poter spiccare il volo con la sua bicicletta, ma che era necessario trovare una strada secondaria nel bel mezzo di questo male individuale. La giovinezza era qualcosa di nocivo per chi si corruccia col prossimo, senza alcun motivo, che potrebbe essere qualcosa di separato dalla nostra vita che al momento del disinganno o delle rinunce del passato, può essere proiettato in un futuro prossimo in cui diviene indivisibile, intaccato alla personalità di ogni essere vivente. Scovando una cura, uno sprazzo di felicità che abbia a che fare con un meticoloso processo interiore, che covando da dentro, fra principi di competizione alla sopravvivenza da cui ci si dovrebbe scrollare di dosso tutto questo, questa forma inviolabile di oscurità acquisisce importanza. Quale? La consapevolezza che ogni persona della mia età, o meno, nel suo passato si è sentito << imprigionato >> da qualcosa, specialmente se guardando in faccia la realtà si spinga a combattere a rispondere o fronteggiare qualunque battaglia creatasi << dal basso >>, così spontanea e concreta. E, la giovinezza, pronta a consumarci nelle più ardenti forme dello spirito, disinganno mediante cui si tenterà di tornare in seno alla società, in modelli di vita che, se rispettati, potranno reggersi in piedi da soli. Sradicando qualunque antiquato concetto o forma di sapere, la figura dell’intellettuale che si rispecchia in un luogo in cui perde forza e vigore.

A sentire parlare di tutto questo mi parve di aver fatto un tuffo nel passato. Poi pensai che esisteva un altro romanzo in cui questo tema della giovinezza fosse evidente e mi chiesi cosa avevo visto, sino ad ora, nella vita di intricati personaggi che non avevano voluto sapere di riscatto o rinascita. Non capì che quella che è ritratta in Attenta, Cappuccetto rosso era qualcosa di estremamente sensibile che, prima, J Salinger aveva ritratto nel suo splendido Il giovane Holden, poi il mio amato Murakami Haruki tracciato mediante una sottilissima linea in una raccolta di racconti, che è genesi della sua produzione artistica e letteraria. Nell’insieme, diretti lungo una strada da cui il termine giovinezza detiene una certa importanza, implica potenzialità, la sensazione di essere profusi di forze astratte che perirono qualunque causa di avere degli obiettivi. Una realtà che costringe ai giovani di deformarsi, trincerarsi in forme di impasse che sono facilmente rintracciabili nel protagonista, alter ego dell’autore, che coincise con l’impossibilità di Kaoru a non aver potuto scovare una valida risposta su come risolvere certi problemi. Difficoltà di una certa importanza che coincidono con l’incapacità dell’uomo di accettare il cambiamento. E l’esclusione, la solitudine, il sentirsi incompleti, è uno dei principi fondamentali su cui ruota questo splendido romanzo.

Non ho potuto non provare un certo fascino, quello stato di ammaliamento che di solito certi romanzi instillano nella mia coscienza, io che di romanzi di questo tipo ne divoro uno dopo l’altro, come se fossero Nutella. Poiché questo fascino era misto a un tipo di cupezza, quella del cuore di un giovane adolescente ma maturo, in cui ci si sente impossibilitati a fare alcunchè, dinanzi ad una prospettiva devastante e gigantesca, nascosta in forme oscure da cui dipende l’esistenza, sfuggendo al controllo individuale perchè dominato dalla stessa. Affinchè l’uomo potesse sbocciare, lasciare il bozzolo di un seme che solo con una certa cura avrebbe potuto divenire splendido fiore, bisognava perseguire sino in fondo un principio di educazione democratica che abolisse qualunque suddivisione: gli amati dagli odiati, gli esiliati dagli rimpatriati, non fondando principi sul piacere da cui essi traggono giovamento per l’anima. Dilettanti di ferro costretti al silenzio e ad eseguire uno stile di vita che abbia una facciata brillante che tuttavia virano dinanzi a svariati rischi: quello di piombare in un feticismo ridicolo.

La comunità, il paese sono rivolti sentimentalmente a situazioni che mirano al sovvertimento della quiete. all’impossibilità di vivere meglio, nello sforzo sovrumano alla ricerca della felicità e dell’amore da cui Attenta, Cappuccetto rosso esplica mediante un certo potenziale, espresso in una dolcezza inquieta, breve e incompleta il cui titolo, il colore, rosso, è riferimento alle quattro divinità animaliste della tradizione cinese che impartisce quei principi solidi mediante cui dovremmo muoverci, vivere mediante una goffa ma pertinace analisi individuale.

Verboso, incuneato nell’istinto o nel dubbio di domandarsi continuamente cosa è giusto o cosa è sbagliato, schierandosi per quegli ideali che mirano esclusivamente al benessere del cittadino, di chi fa dell’istruzione una forma di libera espressione.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

1 commenti:

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