venerdì, luglio 30, 2021

Gocce d'inchiostro: La canzone di Achille - Madeleine Miller

Quanto sono stata stupida! Visto da una mensola straripante e bellissima, dove mi reco sempre e in assoluto nelle mie giornate, La canzone di Achille era un sogno irraggiungibile, con quei miti greci, quelle leggende, quelle canzoni altisonanti contro il cielo della quotidianità, che chissà per quale motivo mi hanno indotta ad attendere per tutto questo tempo. Alla fine fu lui a chiamarmi: con questo mi riferisco al potere dei libri: la voce di un autore conosciuto e non che gracchia dalla libreria, una copertina bellissima e scintillante,  un mondo di sangue e orrore che si conquista col sangue. Uno splendore, in pratica, dove niente è lasciato al caso, si snoda mediante una matassa che è stata costruita dai più grandi poeti greci, di cui questo romanzo è una combinazione di amori, saggi, letture avide e incolmabili che a mio avviso non hanno intaccato l’anima stessa del romanzo originale bensì accresciuto la sua validità. Tutto questo per dire, che ho aspettato troppo finchè La canzone di Achille giungesse nel mio cerchio personale. E ora che era giunto, se ne andò troppo presto. Fra sorpresa e ammaliamento per questo isolotto di guerre, rivolte, amori illeciti ma forti e indomabili in mezzo a un mare catartico e sporco di sanguinamenti, stragi e polvere e del miracolo che, nel nostro piccolo, questa lettura sortirà ad ognuno di noi.

Titolo: La canzone di Achille
Autore: Madeleine Miller
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 382
Trama: Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l’orrore. E seguite invece il cammino di due giovani, prima amici, poi amanti e infine anche compagni d’armi – due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna.

mercoledì, luglio 28, 2021

Amori di carta: Elizabeth Jane Howard

Conoscere e approfondire un autrice come Elizabeth Jane Howard fu una vera e propria gioia: una grande, bella conoscenza, approfondita nel corso del tempo mediante la lettura di romanzi letti nel giro di due anni, con un corredo di immagini dalle svariate tinte, colori sgargianti, proiettate tendenzialmente nell’arco di vita in cui visse la stessa autrice, quasi una piccola città da esplorare, in cui ho camminato da cima a fondo, entrare e uscire da una storia a un’altra, stare ben esposta da un parapetto letterario a guardare l’orizzonte e cercare di interpretare la faccia di qualche passante, che in una manciata di pagine diverranno delle persone. La stessa Howard, per me, nonostante sia vissuta oramai cent’anni fa, è reale. La sua presenza domina prepotentemente dinanzi al mio cerchio, viaggia in mezzo a isolotti della mia anima conferendo allo sguardo la bellezza di uno spettacolo dai bagliori soffusi, naturali, che mi scivolano davanti, tutti immersi nel silenzio.
I romanzi della Howard sono quel genere di letteratura che è/verrà ricordata nel tempo non tanto per il suo valore materiale, quanto la potenza di una voce femminile capace di far cantare l’anima d chiunque. Conservata come una reliquia sacra, in mezzo a gente che non sa che farsene dello sfarzo e del lusso senza le migliori ricchezze morali i cui fili d’oro sono intrecciati così bene che ne decorano una trama armoniosa e semplice, dal forte potere rasserenante. 

Ogni personaggio howardiano è stato forgiato a immagine e somiglianza dell’autrice, che ha parlato seriamente, quasi vivacemente e ciarlera al mio cuore, tagliando l’aria satura di tensione e oppressione con rapidi fendenti. L’atto dello scrivere qui ha richiesto grande abilità, disinvoltura e una certa intimità con i personaggi che una potente arma come la Guerra non offre, per cui abilmente affonda questa lama nelle viscere di chi legge, a cui stavolta non ho potuto non riconoscerne i meriti e accettare questa condizione. L'influenza della Howard è stata per me incredibile. Fa parte di un unico cosmo, un mondo bellissimo che sogno e confido di poterci vivere, e che oggi stonano con la natura distruttiva della vita, e così invece di leggere una semplice biografia ho pensato agli innumerevoli motivi che spinsero la Howard a pensare, scrivere e comportarsi in questo modo, pensando alla scrittura come quel magnifico surrogato che, una volta racchiuso attorno a sé, la rese più ricca e sorprendente di quel che credeva. Girovagando fra i meandri bui e oscuri del suo animo, trasportata in una splendida concezione umanistica e individuale in cui non nascondo ho desiderato viverci.
Uno squarcio di vita della stessa autrice, che conferisce un'idea piuttosto chiara del passato in quanto si amalga perfettamente al presente, in un carosello di immagini ed episodi che si riversano sotto cieli grigi di rammarico, ricordi o memorie perdute. Niente di impossibile da sradicare, ma di inaspettatamente bello ed intenso che mi ha attesa lì, invisibile, maturando in queste pagine, pronto ad esplodere, un processo a ritroso di cui la mente si aggrappa mediante l'oblio, l'arte imprescindibile delle parole, con il suo vasto corredo di illusioni, esortazioni, moti invisibili del cuore umano. La cosa che mi ha resa impreparata è stato il concetto di amore che la Howard stessa visse senza alcuna esperienza, che coincise col concetto di ingenuità, semplicità del fanciullo, salvata da una situazione insostenibile, nonostante le innumerevoli battaglie di mantenere intatta la sua identità. Lasciandosi andare alla deriva mentre gli anni passavano, senza però mai insistere pur di affermare il suo diritto di essere donna, compagna, moglie. 
Amo la Howard e i suoi romanzi forse perché esplicano qualcosa di nascosto ma veritiero, richiamano costantemente il passato, i personaggi fanno parte di una storia ma non nel mondo reale. Mi piacciono le storie che ammettono di essere storie realistiche, che sebbene in situazioni completamente inventate esplicano frammenti di verità, nient’altro che la verità. Chiari riferimenti alla vita di Elizabeth Jane Howard, immagino. Nonostante non ne sia certa, ogniqualvolta mi approccio alla lettura di un suo romanzo, che evidenziano una certa forza di volontà, una certa voglia di vivere ma anche di sguazzare nel fango, contornati da brevi sorrisi o splendide sorprese. Ma come non leggere Elizabeth Jane Howard?

lunedì, luglio 26, 2021

Gocce d'inchiostro: La valle dell'Eden - John Steinbeck

Anche i miei viaggi precedenti con questo autore hanno tenuto in vita quella scintilla di benessere, alimentato quel fuoco ardente che ha tenuto a bada i miei sentimenti; ma i risultati sono stati a dir poco discutibili. Mi sono imposta la mia partecipazione nel mondo steinbeckiano in qualunque luogo in cui non vi ho ancora messo parte, e di letture ancora da leggere e vivere comprati solo recentemente ne ho accumulato un discreto numero da leggere o vivere quando ne sentirò il bisogno. La mia anima splende quando incorre in questa tipologia di letture, valica qualunque confine. Ha libero accesso su ogni fronte, tornando poi al presente più forte di prima e più agguerrita a conoscere questa fetta di storia che l’autore si tenne dentro.
John Steinbeck, giornalista e critico letterario, sul finire degli anni 60 comprese che per andare a fondo del problema dell’America, della sua gente, bisognava immergersi nel pantano comune e poi ritornare a galla per se stessi, più forte di prima poiché si è persa quella vanità, quell’inerzia che guadagna la compagnia o il regimento. Se si tocca il fondo è possibile risollevarsi, risalire più in alto e provare a giocare, avvertire quel senso di solidarietà perduta, quasi come quella di una celeste compagnia di Angeli. Giungere in questa valle avrebbe dunque equivalso ad ascendere ad un emporio letterario di cui nessuno può seguirci, ma squarciando il velo delle apparenze, al di là dei dettagli, delle differenze, della diffidenza. Quasi Steinbeck volse trovare se stesso, sbocco psicologico quanto professionale della vita dell’autore, prigioniero di un Io malinconico, tetro, insoddisfatto. Si ha più timore della gentilezza, di atti di comprensione di quanto se ne dovrebbe avere della violenza, quasi pronti a commettere un sacrificio prima della morte. Allegoria disperata che ci induce a portare sulle spalle il fantasma di un essere magnifico, ma maligno e malinconico che sbircia nei nostri pensieri.
 
Titolo: La valle dell’Eden
Autore: John Steinbeck
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 762
Trama: Nel paese di Nod, a est del giardino dell’Eden, dove la progenie di Caino andò a vivere secondo la leggenda biblica e che nel romanzo di John Steinbeck corrisponde simbolicamente alla valle percorsa dal fiume Salinas nella California settentrionale, si intrecciano le storie di due famiglia, gli Hamilton e i Trask. Protagonisti della saga, che va dalla Guerra civile alla Prima guerra mondiale, da una parte il vecchio Samuel Hamilton, immigrato dall’Irlanda; e, dall’altra, Cyrus Trask insieme ai figli Adam e Charles, e ai nipoti Aron e Caleb, gemelli nati dalla misteriosa Cathy Ames, reincarnazione di Eva e di Satana allo stesso tempo, emblema del male nel mondo, con il quale tutti nel corso della lunga vicenda devono misurarsi.

sabato, luglio 24, 2021

Gocce d'inchiostro: Le desolazioni di Devil's Acre - Ransom Riggs

Sul finire della lettura di una saga racconto alla mia anima l’esperienza, le modalità che mi indussero a comprenderne i motivi per cui vi abbia soggiornato per tutto questo tempo, a un passo dall’entusiasmo e dalla frenesia generale. È sempre così: concludere una saga sortisce in me quasi sempre effetti negativi. Non credo esistano cure o prescrizioni farmaceutiche, in questo caso, ma dopo una manciata di mesi, dopo aver smaltito << la sbornia letteraria >> mi sento meglio e vivo con la consapevolezza che quella lettura, quel romanzo potrà divenire nuovamente mio quando mi pare e piace. Insomma, una delle mie più alacri attività è la rilettura. E ciò in passato mi ha indotta ad attingere a forme sofisticate di silenzio, frastagliate o contornate che credevo perdute. In ogni caso di questo capitolo finale serberò ogni cosa, ogni frase, gesto o parola, e persino nel mentre ripongo queste poche righe la luce della consapevolezzo veglia luminosa su di me. Spiegazione? Sono gli autori stessi a rendere noi lettori in questo stato. Frustati dell’epilogo finale di un percorso letterario durato anni, non accettano ne accolgono l’idea di dover porre il punto finale. E come non approfittare della nostra esistenza per conferire maggiore rispetto a quelle figure, che in una manciata di pagine erano divenute persone?


 

Titolo: Le desolazioni di Devil’s Acre
Autore: Ransom Riggs
Casa editrice: Rizzoli
Prezzo: €18
N° di pagine: 528
Trama: Jacob e Noor ce l’hanno fatta, sono misteriosamente riusciti a fuggire prima che l’anello di V collassasse. L’ultima cosa che Jacob ricorda di avere visto, mentre tutto sprofondava nel buio, è un volto spaventoso, raccapricciante, conosciuto: il volto di Caul, il perfido fratello di Miss Peregrine, tornato infine dal regno dei morti. Le predizioni più terrificanti dell’antica profezia cominciano ad avverarsi e l’intero mondo Speciale rischia di essere spazzato via. La base per organizzare la linea di difesa è Devil’s Acre, ma quando Jacob e Noor vi giungono lo trovano infestato da una serie di calamità. “Desolazioni” le chiamano le ymbryne: dal cielo cadono ossa, piove sangue, nevica cenere; e l’aria vibra del grido di battaglia di Caul. Per sconfiggerlo, i ragazzi dovranno affidarsi solo al loro coraggio e alle capacità di mangialuce di Noor, incaricata di ristabilire un futuro di libertà e pace.

giovedì, luglio 22, 2021

Parole di troppo: romanzi lunghi per lettori oziosi

Il post con i consigli di letture per lettori indaffarati, a mia grande sorpresa, ha raggiunto un risultato discreto, e spinta dall'entusiasmo generale ho pensato di consigliare anche qualche titolo per chi, come la sottoscritta, ama i cosiddetti mattonazzi. Le mie preferenze, talvolta, manipolano i miei piani. Stilo TBR solo per svago o divertimento, ma quando la voce gracchiante di un autore sussurra dalla soglia di una libreria troppo piena è davvero impossibile non coglierne la sua chiamata. Sono una lettrice che non si lascia intimidire da niente e nessuno, quindi oggi vago sul sicuro. La procedura, sempre la stessa. Gli autori conosciuti e non, ma il responso un po’ diverso.
Voi amate i cosiddetti mattonazzi, o preferiti i romanzi più corti? Ma ecco quegli amici che, nel corso della mia esistenza, mi hanno tenuta impegnata per qualche giorno, ma le cui tracce sull’anima sono un tatuaggio bellissimo e irreversibile.



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Primo fra questa lista, come non citare il capolavoro di Herman Melville. L’unico romanzo di questa lista che disgraziatamente non ho ancora letto, ma fra i propositi di lettura di questo mese.


Titolo: Moby Dick
Autore: Herman Melville
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 703
Trama: Un uomo e un mostruoso cetaceo si fronteggiano: è il conflitto più aspro, accanito e solitario mai immaginato, è la storia di ogni anima che si spinga a guardare oltre l’abisso. Moby Dick è un gigantesco capodoglio, candida fonte di orrore e meravigliosa; Achab è un capitano che, ossessionato da follia vendicatrice, lo insegue fino all’ultimo respiro; Ismaele, un marinaio dall’oscuro passato imbarcato sulla baleniera Pequod, è il narratore e, forse, l’eroe della tragedia. Sullo sfondo, il ribollire sordo e terribile dell’oceano, il vociare cosmopolita dell’equipaggio, le descrizioni anatomiche delle balene e i puntuali resoconti di caccia. Così, pagina dopo pagina, i personaggi del dramma diventano i protagonisti di una nuova epica, con il fascino ambiguo e controverso di un destino contemporaneo.

martedì, luglio 20, 2021

Gocce d'inchiostro: Al paradiso delle signore - Emile Zola

C’è stato un grande trambusto. Risa e schiamazzi, che in un certo qual modo hanno contagiato anche me. La mia partecipazione mi mise di buon umore, e leggere di un opera che corteggiavo da qualche tempo fu quell’incentivo per inoltrarmi in una Parigi bellissima e scintillante come quella descritta. Era tutto esattamente come l’ero immaginato, suadente, magico, e mi sembrava di commettere peccato il non poterci entrare, ma alla fine tale momento giunse. La procedura fu la stessa: dovevo solo aspettare il momento in cui la sua storia mi chiamasse: le vetrine splendenti adornati da abiti, merletti e taffetà, l’aria insana di squallore e insoddisfazione generale che si respira fra le sue pagine, nella febbrile attività lavorativa, sembrava donare calore, conforto. Il tutto con la precisione e la regolarità di un congegno meccanico che poggia su un intero popolo di donne alla logica dei suoi ingranaggi.
L’ennesima sfida indetta mi condusse in questo fatiscente e ridondante fragore. Gran parte smaltito dalla follia generale, ma di cui alcune tracce restano. Lo sento, lo so. Nonostante il tempo che inesorabile prosegue nel suo lento scandire. Tutto così vero e moderno che ci si integra come elementi di un unico essere.

 Titolo: Al paradiso delle signore
Autore: Emile Zola
Casa editrice: Newton Compton
Prezzo: 4, 90 €
N° di pagine: 410
Trama: Un romanzo che esplora lucidamente l’universo femminile, un testo che dà la misura del talento rappresentativo e dell’acutezza dello sguardo sociale del grande narratore francese. La vicenda della giovane provinciale Denis, che, approdata timidamente a Parigi, riesce a evitarne le insidie e a domarne i mostri solo in virtù della sua integrità e della sua dolcezza, non ha nulla di edulcorato né di consolatorio: è invece, per energia di scrittura  e profondità di analisi, il diagramma di un destino femminile che si realizza nel quadro di una società opulenta e spietata mantenendo intatti la sua dignità e il suo spessore.

domenica, luglio 18, 2021

Gocce d'inchiostro: Il golem - Gustav Meyrink

Di questo romanzo non sapevo nemmeno la sua esistenza, che poi forse è il vero << potere >> per cui questa lettura mi ha affascinato nell’immediato. A un certo punto mi dissi fra me e me che questo era l’ennesimo segno del destino, l’uomo che mi aveva condotta all’insana ricerca di un’identità tutta nostra, aveva lo stesso fabbisogno di un comune essere umano. Il golem possiede quelle carte in regola per indurti a sprofondare in un vano crepuscolo di sogni, da cui la stessa luna ci rimembra la sua luminescenza acquosa, sprofondare nel regno dell’incoscienza. Quasi calamitata da una voce che affiora da qualcosa che non resco ancora a dare fondamento, conferendoci nient’altro che l’idea di essere intrappolati in un mondo in cui bisogna abbandonare ogni resistenza, sottomersi pur di soffocare qualunque impulso domandoci chi siamo effettivamente. Imbevuto di formule esoteriche, di dottrine risalenti allo Yabbaldh, quella cioè che interpreta la natura dell’universo e dell’essere umano, l’uomo è un essere senziente in relazione con la natura e pur di sopravvivere è necessario raggiunga svariati scopi.


Titolo: Il golem
Autore: Gustav Meyrinch
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 320
Trama: Un uomo scambia il suo cappello, nel Duomo di Praga, con quello di un certo Athanasius Pernath, e rivive come in un sogno l’esistenza di costui. A questo inizio casuale si aggancia la vicenda del Golem, il robot avanti lettera cui una parola infilata tra i denti conferisce una vita provvisoria, tanto più violenta perché in lui si concentra una forza che ha solo poche ore per scatenarsi.

venerdì, luglio 16, 2021

Le parole giuste: romanzi brevi per lettori indaffarati

Di romanzi brevi ma profondi la letteratura vanta svariati titoli, e se il numero di pagine è alquanto ridotto è un parametro del successo, una conquista personale per quei lettori la cui vita frenetica gli impedisce di sedersi su un comodo divano e riposare silenziosamente con un buon libro. Sono sicura che quando giunge questo momento ciò innesca un effetto catartico per la loro anima, e credo incentivi il loro volere a poter valicare qualunque sfida o progetto. Da lettrice onnivera ma testarda, ho sempre mantenuto un contegno severo e ordinato durante la maggior parte della mia vita letteraria nell’elogiare quella che considero alta letteratura. Sui social, nel mio blog, mi premuro a stilare una scaletta di progetti che perseguo a giorni alternati da ben più di cinque anni, arrancando a fatica, muovendomi ora con sicurezza e forza. Capitano però momenti in cui la vita ci riserva sorprese inaspettate, e durante pomeriggi che in altri tempi avrei dedicato ad ore di intensa lettura, ora convergono in corse spericolate fra una ricetta e un’altra, una prescrizione e un’altra, non riuscendo sempre a leggere quelle che sono i miei romanzi più amati: i mattonazzi. Ed ecco che ho trovato semplicemente utile scrivere l’ennesimo post libroso che non giudichi o valuti un libro in generale, bensì consigli un discreto numero di romanzi che dalle figure esili e dalle copertine colorate gracchiano dalla mensola di uno scaffale fin troppo pieno per ricevere nient’altro che in cambio un po’ della nostra attenzione. Del tempo a cui dedicarsi, che mi ricordano come anche io talvolta ho bisogno di romanzi brevi che mi permetta di viverli sulla pelle in un'unica seduta. E mentre ripongo queste poche righe, riferisco quei romanzi che non ci guardano con aria di rimprovero ma sono un invito a spalancare porte di inestimabile bellezza. Invogliano il lettore a non timorare di niente e nessuno, collocandolo nel cerchio di quel girone regolare che non ha più la parvenza di una tragedia.

Primo di questa lista, la trama di vita di un uomo che effettivamente non possedette nulla di speciale, opera che stabilisce i connotati fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che ha importanza è ciò che ne ha meno. Stargli dietro è stato estremamente facile, dominato da un doloroso mal riuscito sforzo di fabulazione in cui la stessa autrice è partecipe sia come scrittrice sia come visitatrice.


Titolo: La leggenda del trombettista bianco
Autore: Dorothy Baker
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 16 €
N°di pagine: 236
Trama: New York, anni venti. Tra i club dalle insegne luminose e gli ampere degli studi di registrazione, quello di Rick Martin è un nome che viene pronunciato con rispetto, quasi sottovoce. Degli altri musicisti si dice che si, sono bravi, ma non sono certo lui, come se il suo talento fosse il metro di paragone per quello degli altri. Sul suo conto girano tante storie: fin da giovanissimo ha sempre frequentato i neri, anche se è bianco, per questo è così indisciplinato; per imparare a suonare marinava la scuola e andava a esercitarsi in una chiesa abbandonata. È stato nientemeno che il grande Art Hazard a insegnargli i segreti della tromba. Voci, dicerie, leggende. Ma chi è davvero Rick Martin?

mercoledì, luglio 14, 2021

Gocce d'inchiostro: L'assassinio del commendatore - Murakami Haruki

Viaggiare con i tuoi autori preferiti per una manciata di giorni, che costeggiano il tuo spirito con immenso piacere, ti inducono quasi sempre ad addentrarti in un luogo, in un tunnel punteggiato da personaggi bizzarri e quasi ridicoli. Il mondo era sempre lo stesso: privo di deformità, in cui il tempo è quella bestia che si dovrebbe domare pur di interpretare cosa o chi ci circonda, caduta in uno stato di confusione, risucchiata da un enorme mulinello dall’origine sconosciuta. Starci lontano è stato davvero impossibile perché io non volevo distanziarmi, e mentre ripongo queste poche righe penso di credere di sapere quali siano i motivi per cui quest’enigmatico autore giapponese eserciti come un magnetismo su di me. Ho bevuto l’acqua del mondo metaforico e attraversato il fiume che separa l’essere dal nulla non sapendo ciò che avrebbe comportato, e se dovessi mettermi nella condizione di giudicare non credo sarei in grado perché ogni esperienza murakamiana sprigiona del potere. Perché una delle specialità di Murakami Haruki è di allontanarci da qualunque forma di ragionevolezza diventando esseri imprecisi, informi. E così, cogliere quel piccolo frammento che evidenzia quel tipo di metafora che metta a posto qualcosa dentro di noi. Bisogna solo saperne cogliere l’essenza.
La mia anima risplende quando si imbatte nel bel mezzo di macchie di questo tipo, che pur quanto si cerchi di dare svariate pennellate, ti induce a trincerarti e a scacciare qualunque metafora si nascondi nell’ombra. Come in un paesaggio nuovo e nitido, saper cogliere quella metafora stupenda che possa conferire vita.


Titolo: L’assassinio del commendatore
Autore: Murakami Haruki
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 856
Trama: Una borsa con qualche vestito e le matite per disegnare. Quando la moglie gli dice che lo lascia, il protagonista di questa storia non prende altro: carica tutto in macchina e se ne va. Ha trentasei anni, un lavoro come ritrattista su commissione e la sensazione di essere un fallito. Così inizia a vagabondare nell’Hokkaido, finchè un vecchio amico gli offre una sistemazione: la casa di suo padre, il grande pittore giapponese Amada Tomohiko, rimasta vuota da quando questi è entrato in ospizio in preda alla demenza senile. Il nostro protagonista accetta e si trasferisce lì, ma un inquietante quadro nascosto nel sottotetto e una misteriosa campanella che inizia a suonare tra gli alberi nel cuore della notte gli fanno capire che la sua vita, anzi la sua realtà, sono cambiate per sempre.

lunedì, luglio 12, 2021

Una porta tra le parole: Sabrina vita da strega

Nell’ottobre del 1996 sul canale internazionale di Italia 1 trasmettevano, ogni pomeriggio dopo pranzo, una serie televisiva che ha letteralmente fatto storia: nella sua piccola isola ha dimostrato come leggerezza e immaginazione non sono necessariamente sinonimi di frivolezza e inutilità, ma progredire, arricchirsi ed evolversi in qualcosa di straordinario. Questo straordinario è stato per me Sabrina vita da strega, che alla soglie dei ventinove anni ho desiderato riesplorare realizzando come inconsapevolmente era ciò che più desideravo: leggerezza. Con un periodo intenso come questo, in cui il mio umore oscilla a seconda degli incauti sbalzi temporali, non copiando alcuna forma di pessimismo o melodramma vari, di cui nessuno può farcene una colpa, dove tutto è ammissibile, dove qualunque forma di vita sembra essere stata risucchiata via. Non per me, che sostituisce questo stato d’impasse in distrazioni varie. Le letture, immancabili, ma anche la visione di tanti telefilm. Recentemente sono stata in piacevole compagnia di Wanda e Vision, a inizio anno con Daphne e Simon. Questo mese di aprile, invece, sono tornata fra i banchi di scuola di un liceo che credevo di aver dimenticato, dove la gente non si lascia influenzare da chi siamo o quale sia il nostro colore di pelle, ma sgomita per diventare una persona migliore. Perlomeno ciò è cui aspira Sabrina Spellman. A quei tempi, il mio modello d’ispirazione.

Quei pomeriggi soleggiati in compagnia di questa simpatica adolescente e del suo gatto, Salem, erano il mio unico passatempo, dopo aver svolto i miei ligi doveri, distruggendo qualunque forma di ostacolo a questa inesorabile marcia, spazzando via qualunque monotonia che mi avrebbe impedito di costruire il frenetico. Nel magico mondo di Sabrina si assiste alla sua crescita personale, ci sono svariate situazioni che, proiettate nella monotonia generale, non dicono niente di nuovo: una normale adolescente che vive la sua vita come tante altre ragazze della sua età. Una sedicenne che mai avrebbe immaginato potesse essere messa fuori dall’ordinario. Interi sciami di streghe e maghi sarebbero contenti di accogliere una << nuova >> streghetta.

Il numero di puntate, la brevità degli episodi, il ritmo incalzante, la curiosità che invade l’anima di chi guarda con occhi tendenzialmente nuovi, furono processi naturali che colgono gli aspetti essenziali della serie. In senso lato, Sabrina potrebbe apparire insulsa, quasi ridicola. Ma, in senso stretto, è quell’antieroina che paga inconsapevolmente un dazio – quello dell’essere strega – lavorando e raffinando quest’arte in incognito. Non proprio in solitudine, ma grazie all’aiuto delle sue zie,  e tenuta salda al mondo dei mortali con scopi governativi con cui è continuamente ricattata e tenuta sotto controllo. Processi che scandagliano il suo essere ragazzina/ donna che affinerà il suo carattere, il cui effetto scatenante sconvolgerà irrimediabilmente la sua vita.

Chi non conosce ancora Sabrina non posso che invitarlo a farlo, al più presto. Il suo potere, la sua verve ci indirizzano in un processo in cui le violazioni dei diritti dei suoi poteri magici sono sotto le sue responsabilità. Ragione in più per affinare querst’arte.

Il mondo ricorda calorosamente Sabrina. La ringrazia per averci tenuto compagnia quando eravamo ragazzini, bambini, adolescenti e, perché no, persino adulti, colpendoci nel profondo non tanto per i temi trattati, per com’è Sabrina e da ciò che è e per cui la discosta dal resto del mondo. Bensì dalla leggerezza, la profondità di alcuni temi che, nonostante presi sotto gamba, non hanno un’importanza secondaria. Miscelati a una buona dose di riso, sarcasmo, ironia, talvolta ridicolaggine, ma che designano quella che sarà l’iniziazione di una dinastia di streghette di cui faranno di Sabrina un emblema, un icona, di cui è impossibile non concordare per la folgorante carriera cinematografica che Sabrina ha ottenuto nel corso degli anni.

E anche questo è stato uno dei motivi per cui, a distanza di quasi quindi anni, senza alcun indugio o vergogna, ho desiderato farvi ritorno. La famiglia, i legami, gli affetti sono al centro di tutto, il tutto contornato da qualcosa di misterioso in cui la magia non può sempre essere l’unico incalzante rimedio. Forma atipica di felicità, che pur quanto ci si affanni ti coglie quasi sempre impreparata.

sabato, luglio 10, 2021

Gocce d'inchiostro: Un bosco di pecore e acciaio - Natsu Miyashita

A destare la mia attenzione fu il silenzio. Questo romanzo ha riposato sulla soglia di una finestra luminosa dall’aria luminosa e vaporosa in un costante fracasso a cui la mente ci ha fatto l’abitudine già da un pezzo. Poi, improvvisamente, quella parte di me che resta all’erta anche quando l’altra riposa si rese conto che stava succedendo qualcosa di nuovo e si allarmò. Il rumoroso, insolito spettacolo messo in scena in questi giorni fu indetto da un’autrice giapponese che, fra il quieto e l’ordinario, offrì al mio sguardo la struttura di un’esoscheletro letterario che necessita di una rifinitura ma che nonostante tutto ha raggiunto il mio cuore. Una minuscola barchetta si stanziava dinanzi alla frastagliata cresta di un monte roccioso, lontanissimo da me, immerso nella luce, la cui anima presto o tardi si sarebbe levata nell’etere fra le voci altisonanti di altre voci, altri suoni.

Titolo: Un bosco di pecore e acciaio
Autore: Natsu Miyashita
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 209
Trama: Una palestra vuota, un grande pianoforte aperto e le dita di un uomo che toccano i tasti facendone uscire una melodia dolce, una melodia che è un fremito di rami e uno stormire di fronde, un odore di bosco sul far della sera. Tamura ha diciassette anni e in piedi, solo, nella palestra deserta, ascolta rapito quei suoni. È una folgorazione. L’uomo non è un pianista, ma un accordatore. Sta chino sul pianoforte con i suoi attrezzi e si piega sulle viscere di legno dello strumento per trarne una musica che a Tamura parla di un mondo lontano, dei boschi della sua infanzia di cui ha una lancinante nostalgia. È l’inizio di una passione, e di un’ossessione. Tamura frequenta la scuola per accordatori e inizia a lavorare sodo: studia materie difficilissime e dedica ogni momento libero alla ricerca di quel suono magico che aveva udito un giorno nella palestra della scuola. Un suono in grado di evocare un mondo intero, il bosco in cui i suoi odori, la luce filtrata dal verde, il vento tra le foglie, l’acqua sotto le radici, il canto di una ghiandaia e il languore nel cuore del protagonista. Un suono familiare che però gli sfuggirà a lungo, non riuscendo egli ad accordare legno e corde nel modo esatto. Perché per saper accordare la musica è necessario avere un talento e quel talento è qualcosa di similissimo all’amore.

giovedì, luglio 08, 2021

Un'attrazione rischiosa: sconti Bompiani 2021

Le case editrici, talvolta, sembrano congiurare alle tue spalle, tutte insieme. Ti mettono a nudo, in difficoltà, ma in particolare ti inducono a consultare quelle letture che mancano fra gli scaffali di librerie strapiene ma che sono seguaci di uno splendido meccanismo di magia e dominio. Sono una lettrice da molto tempo, credente, persecutrice di uno sfogo, un obiettivo dell’anima che coincide con l’importanza della mia esistenza, di cui i romanzi sono una parte estremamente saliente di questo meccanismo. Gli autori, le pagine profumate ancora di inchiostro, il desiderio di immergersi in una nuova storia… i lettori compulsivi hanno << grandi problemi >>, me ne rendo conto, ed io stessa comprendo quanto si tratti di una malattia di cui non ho scovato alcuna cura. È tutto estremamente realistico, magico. Eppure leggere, comprare nuovi libri è quella << ricetta segreta >> di cui si ha bisogno purchè tale missione sia portata a termine. E su questa scia, la casa editrice Bompiani offre un vasto catalogo di romanzi in edizione tascabile a prezzi ottimali e vantagiosi. E mi dico, mentre ripongo queste poche righe, che sebbene io non ne abbia poi così bisogno, so che non potrò farne a meno perché ciò è quello che più mi piace, quel luogo segreto in cui vi trovo rifugio.

La casa editrice Bompiani, dunque, firma la sua avanzata nel 2020 con un numero redarguevole di romanzi scontati a prezzi a dir poco accessibili, in cui io avanzo di gran carriera con la mia immancabile agenda e il batticuore perchè desiderosa e ossessionata di tutto rispetto. Mancano alcuni romanzi dei miei autori preferiti, libri famosissimi ma mai letti, fra gli scaffali della mia libreria, pur di completarne la bellissima collezione, ma resistere a certe attrattive è davvero difficile.
Questo post infatti espugna la ragione per cui a certi tipi di richiami è difficile volgere le spalle: vorrei soprattutto enumerare quei titoli che presto o tardi mi accaparrò, con una certa calma e moderazione. E’ un paradiso terrestre in cui amo viverci. Che idiota sarei a non approfittarne?!?

martedì, luglio 06, 2021

Le TBR: richiami dell'anima 3°

Il problema delle TBR, mi dico spesso, non è tanto quanto il numero esorbitante di letture che ospita questo salotto virtuale, ma che se la vita mi regala sorprese inaspettate che scombussolano del tutto il mio universo personale concede un po’ di leggerezza a quelle regole ferree che solitamente mi impongo all’inizio di un nuovo progetto. La mia anima si divide così immediatamente in due diverse fazioni, perché entrambe vogliono essere soddisfatte: i romanzi in wishlist, le nuove pubblicazioni e, soprattutto, quelli che languiscono sullo scaffale da tanto tempo …. E così, da tre mesi a questa parte, ho preso consapevolezza di come sedersi alla scrivania e scrivere l’ennesimo post a tema mi diverte, nonostante sono consapevole di non saperlo rispettare. Non saperlo, esattamente, poiché i libri sono tentazioni, luoghi imperiali che tengono assieme un bellissimo meccanismo e di cui il lettore è padrone e detentore di un certo magistro. E poiché supremo, può decidere se adempiere o meno ai suoi << doveri >>. Risiede in un posto tutto suo nella blogsfera e amministra ciò che più gli piace con dovizia, dando per scontato se alla fine otterrà certi risultati. Da qui il bello nell’aver ideato quest’ennesimo post, da qui la frequenza di postare i primi giorni del mese l’ennesima lista di propositi libreschi, e la repressione di qualunque forma << maligna >> che mi distolga dai miei propositi.


Titolo: Il paradiso delle signore
Autore: Emile Zola
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 518
Trama: Due trame si intrecciano in questo << poema dell’attività moderna >>: l’inarrestabile ascesa dell’imprenditore Octave Mouret grazie al successo commerciale del suo grande magazzino di stoffe “Il Paradiso delle Signore” (Au Bonheur Des Dames “); e la delicata vicenda della giovane Denise, umile commessa che grazie alla sua fermezza riuscirà a conquistare il datore di lavoro.

domenica, luglio 04, 2021

A libera strofa: la letteratura indipendente

Non ci avevo mai pensato. A cosa ho pensato durante questi lunghi anni di lettrice? Posso solo dire che ogni giorno è detentore di esperienze o situazioni che in un modo o nell’altro ti aiutano a crescere, ti aprono gli occhi e ti inducono ad osservare il mondo sotto svariati punti di vista. E di questo sono sicura, che scrivo l’ennesimo post a tema libri che è tuttavia un consiglio spassionato di quegli autori che fecero delle loro opere, dei loro paradigmi forme di arte e indipendenza. Se non li avessi letto credo sarei stata al soglio degli ignoranti, nel senso che ignoravo o avrei ignorato quante belle opere di Virginia Woolf, Nathalien Hawthorne e molti altri mi sarei persa… ma il potere dell’ignoto, la conoscenza ha da sempre destato la mia curiosità. E chi sono io per stare al soglio dell’ignoranza? Perché ignorare certe forme bellissime di espressione? Perché stare sull’uscio della storia? Ed ecco che certe letture mi hanno aiutato a capire cosa sono io. Qual è questa forma di Io insita in ognuno di noi. E quest’oggi tengo fede a ciò consigliando qualche opera, qualche autore che in un coro di voci forti e altisonanti la sua voce ha prevalso su tutto.

Primo di questa lista, come non citare quel romanzo, saggio o critica letteraria che non è un prodotto finito, ma il processo, il divenire del pensiero in tutte le sue tortuosità. Una serie di gesti agitati che vietano la compiacenza, la sicurezza, la chiusura mentale, avvolti quasi in una cortina di mistero, solitudine e insoddisfazione, che si stanza in un grande e magnifico periodo del secolo. 


Titolo: Una stanza tutta per sé
Autore: Virginia Woolf
Prezzo: 7€
Casa editrice: Newton Compton
N° di pagine: 156
Trama: Nell'ottobre del 1928 Virginia Woolf viene invitata a tenere due conferenze sul tema "Le donne e il romanzo": E' l'occasione per elaborare in maniera sistematica le sue molte riflessioni su universo femminile e creatività letteraria. Il risultato è questo straordinario saggio, vero e proprio manifesto sulla condizione femminile dalle origini ai giorni nostri, che ripercorre il rapporto donna - scrittura dal punto di vista di una secolare esclusione, attraverso la doppia lente del rigore storico e della passione per la letteratura. Come poteva una donna, si chiede la scrittrice inglese, dedicarsi alla letteratura se non possedeva "denaro e una stanza tutta per sé"? Si snoda così un percorso attraverso la letteratura negli ultimi secoli che, seguendo la simbolica giornata di una scrittrice del nostro tempo, si fa lucida e asciutta riflessione sulla condizione femminile. Un classico della scrittura e del pensiero.

venerdì, luglio 02, 2021

Romanzi su misura: Giugno

Il numero spropositato di letture che entrano ed escono dalla porta invisibile di questo spazio letterario, con un piccolo taccuino dalla costa dorata e una penna per prendere appunti, monta scarabocchi, sghiribizzi, pensieri sparsi da cui tiro fuori recensioni che talvolta non hanno un senso logico se non per me stessa. Da sotto questa cortina di parole, inchiostro ancora fresco, tiro fuori un bendiddio con cui ho valicato una serie di mondi di cui avrei voluto farci parte in eterno. Mischiare la mia inutile esistenza a quella di personaggi che esistono solo nella mia testa, che dimostrano l’apparenza illusoria del colore acceso di cui si tingono le mie giornate, prendono una forma e rendono il tutto più bello e confortevole. Una condizione, uno stile di vita che adotto oramai da anni e che rendono me più felice.  E poi, perché non inseguire la felicità in un mondo in cui sembra non essercene?

Quello di cui ho bisogno sono nient’altro che pagine stampate che per me sono mondi inesplorati, porte magiche che una volta entrataci non vorrei mai più abbandonare, alcuni che conoscono a memoria, altri che mi hanno regalato bellissime sensazioni dicendo fra me e me che di storie sorprendenti non se ne ha mai abbastanza. Ed ecco che anche in questo sesto mese dell’anno, perseguo questo cammino con una certa soddisfazione continuando a perseguire scopi, progetti, obiettivi annuali che ricordano chi sono e cosa sono. Ognuno di loro racconta una piccola storia, evidenzia un piccolo frammento della mia anima. Parla di ciò che più mi piace, e mi fa stare bene.
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