venerdì, gennaio 31, 2020

Una porta fra le parole: Piccole donne di Greta Gerwing

Nei primi giorni di gennaio, la storia del mio bellissimo e amato volume rosa delle Piccole donne stanziò nel mio animo per ben due settimane. Le sere successive la lettura dei quattro volumi, quando ancora non riuscivo a staccarmi da Londra né dal magico mondo vittoriano dipinto con fede e rigore dalla Alcott, io ero ancora ferma sui miei passi desiderosa di avere di più. Nei giorni successivi, quando ignoravo completamente la sua esistenza, l’imminente trasposizione cinematografica diretta da una regista che in passato non aveva conquistato pubblico e critica e che io tuttavia ignoravo l’esistenza, mi prese per mano, incuriosita da questa nuova visione, da un trailer apparentemente fedele alla storia del romanzo, come l’annuncio dello stadio accurato di un romanzo esaminato per benino, fedelmente ed emotivamente, essere irriconoscibile nella cerchia di quei film realizzati in passato: lungi dall’assistere al recupero del cuore del romanzo, mi sono rivista in Piccole donne di Greta Gerwig involontariamente in una crescita individuale che mi ha sorpreso e conquistata. Ho osservato il suo montaggio proiettato nella scenografia di paesaggi che sembravano dipinti, sepolti nelle lande incolte di una brughiera lontana e sepolta dal ghiaccio, in cui mi è sembrato di assistere all’inizio di un percorso che le sorelle March avevano inconsapevolmente imboccato e che io non ho potuto fare a meno di seguire.
  Andò a finire che, solo qualche giorno prima che il film uscisse nelle sale cinematografiche, il romanzo, che avevo sistemato sullo scaffale di una libreria troppo piena, conteneva di per sé una storia molta bella e che il film a mio avviso promulga molto bene. Quasi nell’immediato, all’aspetto umile e dimesso di quattro giovani donne e dei dispiaceri vissuti prima che varcassero l’età adulta, e alla sua successiva perfezione, la Gerwing ha costruito le piccole fondamenta di un classico moderno, intelligente e dinamico che ha lasciato un segno del suo passaggio. I continui salti temporali, che evidenziano un certo dinamismo agli eventi narrati, se in un primo momento disorientano, in una manciata di minuti acquisiscono forza e importanza. Dopo una prima metà ricca di eventi e situazioni di diverso genere, sarà più chiaro il lavoro effettuato dalla regista perché la storia realizzata dalla Alcott potesse continuare ad andare avanti da sola, acquisisse una sua figura, realizzando così una sorta di piccola biografia della sua autrice e della genesi del romanzo. Quando si coglierà al volo questo messaggio, mentre la macchina da presa continua inarrestabile a muoversi su paesaggi bellissimi ed indimenticabili, la sua forza ed importanza, che ho sempre acquisito in un certo senso a Jo, alla scrittrice incompresa, accrescerà e si uniformerà persino nel resto dei membri della famiglia March. Un pellegrinaggio sulla forza dei sentimenti, sui legami famigliari, sulle ambizioni, su quelle virtù che all’epoca erano soppiantate dal senso del dovere e da diverse ed inutili istituzioni, come il matrimonio, ad esempio, rievocano ciò che alla Alcott fu sempre scomodo e che aveva detto di aver sempre odiato. Il film, infatti, non intende dire nulla di diverso da ciò, e a mio avviso tale forza è evidenziata dalla stessa regista, che quasi come stile di vita fece delle vicende della famiglia March come sue e, dell’interpretazione psicologica e sociale del romanzo, un insieme di messaggi che a mio avviso sono ben seminati nell’intero film.

mercoledì, gennaio 29, 2020

Gocce d'inchiostro: Ai sopravvissuti spareremo ancora - Claudio Lagomarsini

Il lato spiacevole della faccenda è che, oltre al poco interesse che avevo nutrito nei riguardi di questa storia, i suoi dogmi letterari furono innegabilmente ritracciarti in quelle esagerate delle figure protagoniste. In ogni modo, non mi rimprovero la scelta di aver ceduto anche io a leggere il romanzo d’esordio di Lagomarsini poiché il polverone che fu sollevato da pochi giorni della sua pubblicazione fu piuttosto irritante, ed io desiderai levarmi questo sassolino dalla scarpa.
In questi ultimi pomeriggi di fine gennaio, che vedo sfumare nella luce brillante di fenditure che man mano svaniscono nell’atmosfera, creando come una macchia, una pennellata su di me, Claudio Lagomarsini entrò nel mio santuario magico e qui ci stette per poco tempo, indolente. Era tale la nostra incompatibilità, o piuttosto quella mia, che ho trovato interessante evidenziare in uno sciame di lettori impazziti che hanno amato e vissuto intensamente queste pagine, non partecipare ad altrettanto entusiasmo a qualcosa che a mio avviso non possiede nulla di speciale.
Ho letto in silenzio, attenta, curiosa, e riflettendo fra me confidavo nel cosiddetto momento di svolta. Che stessi mentalmente stabilendo la giusta costruzione di un evento narrativo che, mi rendo conto, sebbene descritto con una certa serietà e profondità, ha definito il ruolo di questo romanzo sciatto non credo di avere le capacità efficienti per definirlo come tale. Non malvagio, orribile o da stroncare impunemente, ma la cui lettura ha sortito in me poco e niente. Dalla sua lettura ultimata, freddi pomeriggi in compagnia della mia amata Donna Tartt non mutarono il mio giudizio. Isolata dal giudizio di altri miei coetanei, turbata nell’aver abbracciato quasi controvoglia qualcosa che non ha cozzato più di tanto col mio spirito. Non dubitando del fascino che ha provocato la sua lettura, ma sopraffatta dal desiderio di non aver riscontrato ciò che più desideravo e di cui il mio cuore sussulta ancora come un animale ferito. Sebbene gli innumerevoli tentativi, non potendo evitare di mostrarne una certa delusione.


Titolo: Ai sopravvissuti spareremo ancora
Autore: Claudio Lagomarsini
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 420
Trama: Un giovane è così costretto a tornare nel paese d’origine per vendere la casa di famiglia; è un ritorno doloroso così come lo è il ritrovamento di cinque quaderni scritti molti anni prima dal fratello maggiore Marcello. Leggendoli per la prima volta, il ragazzo, ormai uomo, ripensa all’estate del 2002 quando i due fratelli vivevano ancora insieme, con la madre e il compagno della donna, soprannominato Wayne. La loro casa era stretta tra quella della nonna materna e quella di un uomo, soprannominato il Tordo. Nei quaderni, Marcello racconta molte cose di quell’estate: le cene all’aperto, le discussioni furibonde tra il Tordo e Wayne, la relazione amorosa tra la nonna e il Tordo, il rapporto conflittuale tra la madre e la nonna. Fra i vari episodi riportati nel diario, uno in particolare sarà quello che scatenerà la serie di eventi che porteranno all’inaspettato e drammatico epilogo.

lunedì, gennaio 27, 2020

Il velo opprimente di Auschwitz: the day of remembrance

Di recente cerco di essere sempre più spesso a spasso con i tempi. Io e questo piccolo angolino virtuale rubiamo momenti di monotonia e tedio scorrazzando in giro senza alcuna vera e propria meta, con qualunque posizione che mi permetta di criticare o vedere ciò che mi circonda. Ovviamente c’è una bella differenza fra il prendere in prestito qualcosa ed usufruirlo a tuo piacimento. Ma sapevo che se non avessi dato una scossa, nella mia vita e in questi piccoli angoli di paradiso, sarebbe stata più che altro questione di fortuna.
Da quand’è che le truppe dell’Armata Rossa liberarono i campi di concentramento di Auschwitz, negli studi scolastici, alla radio e alla televisione, questo giorno è particolarmente commemorato assieme al forte messaggio che si trascina da anni e anni. Non se ne ricordano gli elementi più belli ma quelli più crudi, in cui i giorni in cui ciò ebbe una scossa positiva si contano sulle dita di una mano.

Un post più di un altro non credo farà poi tanto la differenza. Se sarà lungo o breve, coinciso o prolisso non ha poi importanza. Se farà male o brucia sulla pelle, se prude o fa il solletico non me ne accorgo nemmeno. Desideravo conferire un piccolo contribuito nel ricordare questo giorno così importante. Quindi non ho esitato nel realizzare questo post, più di tanto.
Socchiudendo gli occhi, ecco verificare ed estrapolare dal mio subconscio quei romanzi che attingono da queste disgrazie e che, una volta sicuri della loro posizione, aumentarono lentamente e in modo graduale la forza di tale pressione. Ispirata così da questo “evento”, mi sono lanciata alla riscossa, come un uccello d’inverno, mettendoci tutto l’impegno e la forza che c’era bisogno pur di mettere in discussione qualunque parvenza di felicità o gaiezza. E ciò è avvenuto estrapolando qualche romanzo, qualche lettura perfetta, pur di commemorare questo preciso periodo, che io purtroppo devo ancora scoprire.

sabato, gennaio 25, 2020

Gocce d'inchiostro: Anna Karenina - Lev Tolstoj

Ci sarebbe molto da dire su un romanzo del calibro come questo, che ha disegnato, in sole due settimane, un poster fatto a mano ma dai colori vivi del sangue che mi è stato affisso irrimediabilmente nel cuore, al posto di qualche bel gagliardo autore americano ancora da scoprire; il poster è rimasto lì fissato per un certo periodo, e credo ci resterà ancora per qualche altro tempo. Finché qualche altra opera non subentrerà, qualche altro autore allieterà il mio cuore con messaggi tutti suoi, ho sempre timidamente desiderato rileggere, dopo ben dieci anni, ritornare da Anna e il suo amato Vronskji perché ciò che avevo riscontrato quando ero appena entrata sulla soglia dell’età adulta, nel 2010, e lungo l’orlo di un crepaccio da cui inconsapevolmente avrei visto la luce, con poche e semplici parole, distrusse, disintegrò il mio cuore, e solo per questo ci vollero solo trenta giorni pur di riprendermi; impadronirmi, dunque, della mia vecchia e sgualcita opera, vivere e respirare l’aria malsana di una Pietroburgo che inesorabilmente si avvia lungo la distruzione, sebbene il sentimento di dolcezza e tenerezza che scaldano l’animo, stonano con la natura austera e solenne della storia, con passo deciso, mi impose dinanzi a una distinzione fra classi che nel romanzo è proiettata su una percezione più astratta della vita. Mediante l’irreprensibile lotta, tenace e crudele fra due mondi opposti, che ripristinano e distruggono allo stesso tempo le cose.

Titolo: Anna Karenina
Autore: Lev Tolstoj
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 1107
Trama: “Qual è il vero peccato di Anna, quello che non si può perdonare e che la fa consegnare alla vendetta divina? E’ la sua prorompente vitalità, che cogliamo in lei fin dal primo momento, da quando è appena scesa dal treno di Pietroburgo, il suo bisogno d’amore, che è anche inevitabilmente repressa sensualità; è questo il suo vero, imperdonabile peccato. Una scoperta allusione alla sotterranea presenza nel suo inconscio della propria colpevolezza è il sogno, minaccioso come un incubo che ritorna spesso nel sonno o nelle veglie angosciose, del vecchio contadino che rovista in un sacco borbottando, con l’erre moscia, certe sconnesse parole in francese. Ed è l’immagine minacciosa di quel brutale contadino, conservatasi indelebilmente nella sua memoria, che le riappare davanti e la terrorizza alla vista di quell’altro vecchio contadino, un qualsiasi frenatore, che passa sul marciapiede sotto il suo finestrino curvandosi a controllare qualcosa; ed è quel vecchio a farle improvvisamente comprendere cosa deve fare: distruggere quella vitalità, e cioè distruggere se stessa per espiare la sua colpa”.

mercoledì, gennaio 22, 2020

Gocce d'inchiostro: Potere alle parole. Perchè usarle meglio - Vera Gheno

Nel piccolo santuario dove amo rifugiarmi, dove riposano beatamente amici di carta e inchiostro vissuti e non, sul finire del mese di gennaio ho trovato un piccolo ma interessantissimo volume, che si stanziò dinanzi a me in un momento di grande incertezza. Si trattava di una nuova pubblicazione sfornata dalla casa editrice Einaudi, di un saggio interessantissimo sul potere che si attribuisce al linguaggio e al suo essere funzionale in un mondo che lentamente sta regredendo sempre più.
I saggi non li considero il mio porto sicuro: sul campo della narrativa, che sia contemporanea o non, mi trovo egregiamente a mio agio, e allora cerco nella quotidianità qualcosa che possa appagarmi come desidero. Sperando che la lettura di Potere alle parole si rivelasse un’esperienza alquanto simile, questo fu l’inizio di un viaggio concitato ma emozionante, astruso ed interessante nel suo modo di condivisione, che rivela un certo amore per la sua autrice per la parola scritta ma anche un certo tipo di frustazione. Accontentarsi di qualcosa di meno grandioso dell’esilio che ci siamo imposti, remare su un isolotto con il quale ci siamo trincerati per tutto questo tempo, vivere modestamente nel proprio fallimento, è la dignitosa contamplazione di una tragedia. Da buona estimatrice delle parole, Potere alle parole conferisce alcune delle più importanti risposte che spesso, una lettrice attenta e curiosa come me, si è posta nel suo modo di affacciarsi nel mondo Ma la scelta di certe parole restituisce una certa identità, e senza identità non vi è carattere o passione. E affinando così lo sguardo su questo aspetto, la Gheno affina il suo sguardo nel senso della realtà di chi le adopera con una certa maestria. Obbligando chiunque, persino il meno istruito ad ascoltare. Impantanarsi in qualunque forma, struttura, significato che possa mettere a contatto le nostre anime.


Titolo: Potere alle parole. Perché usarle meglio.
Autore: Vera Gheno
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 176
Trama: Che cosa penseremmo del proprietario di una Maserati che la lasciasse sempre parcheggiata in garage pur avendo la patente? E di una persona che, possedendo un enorme armadio di vestiti bellissimi, indossasse per pigrizia sempre lo stesso completo? Queste situazioni appaiono improbabili: eppure, sono esempi dell’atteggiamento che molti hanno nei confronti della propria lingua: hanno accesso a un patrimonio immenso, incalcolabile, che per indolenza, o paura, imperizia, usano in maniera assolutamente parziale. Anche se l’italiano non ha bisogno di venire salvato, né tantomeno preservato, è pur vero che dobremmo amarlo di più, perché è uno strumento raffinatissimo, ed è un peccato limitarsi a una frequentazione solamente superificale. Perché conoscerlo meglio può essere, prima di tutto, di grande giovamento a noi stessi; più siamo competenti nel padroneggiare le parole, più sarà completa e soddisfacente la nostra partecipazione alla società in cui viviamo.

La recensione:

In appena una manciata di ore sono accadute tante cose, o sembravano essere accadute, così tante cose – perché in realtà non era accaduto nulla d’importante – che invece di stanziare nella mia confort zone, cominciai a gironzolare qua e là, fra le pagine di un saggio breve ma dal contenuto intenso e significativo, dappriama come un sonnambulo, errando senza meta sul tappeto bianco ma scintilante di parole che sono state messe di traverso. La Ghena, in un certo senso, ci rivela i segreti più intimi pur di raddrizzarle, intorno al mio piccolo satellite, poi tornando sui miei passi fino al punto da dove il panorama bellissimo di Potere alle parole potessi ammirare. Ho sentito in lontananza l’eco, la voce dolce e melodiosa della sua autrice, che in un certo senso mi ha condotta in un giro di parole ma fatto anche sprofondare nella piega della loro anima. Mi ci sono approcciata stupefatta, orgogliosa di aver messo da parte qualunque remora, qualunque indugio pur di trovarne una giusta giustificazione: il romanzo custodiva un segreto. Questa raccolta di pensieri scritta secondo i piani emotivi più credibili e coinvolgenti, questa forza nel trasmettere un messaggio sotto certi aspetti ignorato, affinando le compenze utili pur di renderlo migliore, ha nondimeno un gigantesco importantissimo significato. Come si arriva a questa conclusione? Semplice, guardandosi attorno come antropologhi pronti a studiare qualunque forma di vita. E il suo magnetismo sta proprio nel suo segreto.Nell’importanza che si attribuiscono a queste pagine, per molti irrivelanti per altri forma di gran respiro. Vuole essere un modo semplice per preservare la lingua, purchè le parole abbiano un senso e possa attribuirgli un’identità. E dovrebbe essere l’individuo a renderlo visibile, conforme ai suoi bisogni, che rinnega la realtà circostante e non accetta il cambiamento.
Non posso dire altro. Le pagine con cui sono state vergate Potere alle parole non hanno bisogno di dire altro. Ci sono, nel suo insieme, un paio di momenti vuoti. C’è un momento vuoto in cui l’autrice si dilunga perlopiù nell’esaminare “scientificamente” l’uso del linguaggio in un contesto sociale in cui comunicazione e telespettatore etrano a contatto. L’aria di essere un saggio serio, affidabile, un avversario ostinato con cui guerragliare, se vogliamo osare …. Potere alle parole è tutto questo. Con certezza non sapremo mai se, in realtà, questo aspetto, questo nuovo modo di vedere sia basato su un concetto fondato o solo sulla fantasiosa espressione di una giovane donna che fece della scrittura, delle interpretazione delle parole uno stile di vita, un modo per sopravvivere, ma certaente esplica perfettamente ciò che ha desiderato ardentemente: comprendiamo quale sia il cemento che tiene salda ogni cosa. La Gheno però si è limitata a raccontare la sua esperienza, sia di editor sia di lettrice, e nel bene e nel male fa quello che fanno un po’ tutti quelli che credono o desiderano ampliare il sapere. Immagino le motivazioni! Non riesco a non immaginare. Si dà il caso che ho deciso di abbracciare la scrittura proprio per interpretare meglio il mondo che mi circonda.
Quella in cui sono sprofondata è una zona affascinante e molto molto vicina a dove mi trovo, che mi costrinse a restarne ammaliata. Non una critica né un componimento letterario, bensì una certa competenza trasversale che è stata messa in pratica con coraggio e trasporto di cui la sua autrice ha trasgredito alle regole della “normalità” ponendosi domande su cui dovremmo avere delle risposte. Non sui suoi colleghi autori, bensì su  qual è il significato intrinseco per l’autrice. Come le parole stesse divengono masse di vita, beneficio per l’anima di uomini o donne comuni, appassionati di letteratura e scrittura, e che fece di questo saggio una constatazione, scritta con una certa frustazione e rassegnazione, di qualcosa che è potente, continua, minacciosa, reale. Derivati da letture frenetiche, appassionate, o da semplici osservazioni o riflessioni profonde, dal magnetismo che esse esercitarono e che cozzarono col nostro essere.

Valutazione d’inchiostro: 4+

lunedì, gennaio 20, 2020

Gocce d'inchiostro: La luna è tramontata - John Steinbeck

Quasi inconsapevolmente, dopo il ritorno a casa da una giornata lavorativa intensa e stancante, decisi di leggere La luna è tramontata di John Steinbeck e lo divorai in un sorso, le pagine scorrevano sotto i miei occhi come sabbia fine sul palmo della mia mano e le sue parole in un sogno. (La mia piccola e intatta copia stanziava su uno scaffale stracolmo da qualche tempo, qualche mese prima che il fatto si compiesse; allora era già chiaro che la sua lettura sarebbe stata alquanto concisa purchè me la trascinassi per qualche giorno, e così lo avevo acquistato sbarazzandomi di qualunque dubbio o perplessità: insomma, il primo approccio con l’autore). Ieri pomeriggio, dunque, colsi al volo l’occasione mentre la mia bella Anna Karenina, il suo tormentato amore, che ho sempre segretamente amato, da dove riposano silenziosamente mi stessero scrutando in malo modo. Ma niente toglie al bellissimo romanzo di Tolstoj il suo tempo; già stasera tornerò nuovamente a muovermi nella Russia di fine ottocento.

La luna è tramontata, comunque, reguardisce messaggi così belli ed importanti che girano ognuno su un unico tema: l’individuo è un combattente, un soldato, una milizia, che è nato per combattere e contrastare qualunque avversità. Ma desideroso anche di affetto, emozioni, parole gentili che esamineranno insieme, a gruppi di personaggi, una serie di disegni non propriamente divini ma che fecero di questo romanzo una sorta di propaganda. Lezione morale che ognuno di noi, persino l’uomo moderno, dovrebbe perseguire.



Titolo: La luna è tramontata

Autore: John Steinbeck

Casa editrice: Bompiani

Prezzo: 10 €

N° di pagine: 159

Trama: Seconda guerra mondiale. Un piccolo paese della Norvegia viene occupato dall’esercito tedesco senza che gli abitanti riescano a capire la gravità della situazione e senza che possano organizzare qualche forma di opposizione. Dopo lo shock iniziale la piccola comunità imparerà una lezione fondamentale: la forza dell’individuo si basa sull’unione del gruppo. Dopo aver assistito a violenze e tradimenti dell’invasore, si farà strada e si consoliderà lo spirito di indipendenza e rivalsa del gruppo. Prima con sporadiche esecuzioni dei soldati occupanti, poi con una guerriglia sistematica e organizzata, la comunità dimostrerà agli altri e a se stessa che nessuno è vinto finchè non si arrende.

sabato, gennaio 18, 2020

Un'attrazione rischiosa: sconti Adelphi 2020

Il mese di gennaio è il mese delle sfide. Io lo vivo in questo modo. Innumerevoli eventi, novità o sorprese varie subentrano come niente fosse. Fra le altre cose, è così anche per quanto riguarda la letteratura. Le case editrici, le novità editoriali pronunciano l’augurio di un buon anno frantumando così qualunque idea o parvenza di trattenimento. Trattenersi a non dover acquistare nulla, smaltire le pile gigantesche di romanzi che attendono sugli scaffali da troppo tempo, e allungando ancor di più le possibilità di nuove scoperte.

La casa editrice Adelphi, dunque, firma la sua avanzata nel 2020 con un numero redarguevole di romanzi scontati a prezzi a dir poco accessibili, in cui io avanzo di gran carriera con la mia immancabile agenda e il batticuore perchè desiderosa e ossessionata di tutto rispetto. Mancano alcuni romanzi dei miei autori preferiti, libri famosissimi ma mai letti, fra gli scaffali della mia libreria, pur di completarne la bellissima collezione, ma resistere a certe attrattive è davvero difficile.
Questo post infatti espugna la ragione per cui a certi tipi di richiami è difficile volgere le spalle: vorrei soprattutto enumerare quei titoli che presto o tardi mi accaparrò, con una certa calma e moderazione. E’ un paradiso terrestre in cui amo viverci. Che idiota sarei a non approfittarne?!?
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Primo di questa lista, alcuni dei romanzi della mia amata Nèmirovsky. Questi sono alcuni degli innumerevoli volumi che mancano dalla mia collezione, tutti accomunati da un marasma di sensazioni forti e altalenanti che abitano nei tumulti del cuore umano, non soltanto come la sua autrice li visse sulla pelle, ma come lei stessa contribuì a produrre fra gli esseri umani.

giovedì, gennaio 16, 2020

Gocce d'inchiostro: Ninfee nere - Michel Bussi

Come amo i romanzi di narrativa contemporanea, vedo e colgo nell’immediato ciò che non attingono all’idea di bello o indimenticabile per i miei gusti. Al mio giovane occhio, certi romanzi sembrano integrarne altri. In camera mia, sulla mia poltrona preferita, quando mi imbatto nella lettura di nuove opere mi accingo in punta di piedi: il romanzo di Bussi, da un bel po' di tempo, vorticava attorno al mio cerchio in particolare in un momento più rigoglioso e cruciale della settimana. Un’indicazione della mia natura istintiva e introspettiva che mi ha lasciato per certi versi con un marasma di sensazioni altalenanti, ma con l’idea di aver acquisito una profonda comprensione dell’universo di Michel Bussi. Comprensione che, disgraziatamente per me, non è stata conforme alle mie attitudini letterarie.
Io, che con la mia decrescente curiosità di conoscenza per gli inutili omicidi che popolano continuamente i romanzi gialli, che si distacca impunemente davanti a certi tipi di situazioni, davanti a un romanzo come quello di Ninfee nere mi aiutò a farmi più scaltra. Io che ero certissima che i miei dubbi avessero fondamento, in un momento di frenesia e insoddisfazione, questo romanzò apparì come una copia dei romanzi di Agatha Christie, o giù di lì, creatura indipendente, qualcosa di simile, per la quale nutrì una certa predisposizione.
Pur quanto il risultato non abbia superato la sufficienza, non fu nemmeno quel romanzo giallo che odiai intensamente: lo sapevo, l’avrei dovuto dedurre, le cui aspettative furono distrutte non appena compresi l’andamento della storia. Tuttavia la tangibile pienezza quotidiana che cozza con un effetto scatenante, la fluida irregolarità del tempo che è il miglior fondamento della vita di ognuno di questi personaggi insieme reggono nella realizzazione di un’illusione, una fantasia di specchi nel quale avrà un certo fondamento la pittura, vera e fondamentale per ognuno di loro.
Questo, tuttavia, lo sapevo già, e acconsentendo così a farmi intrigare dalla prosa secca ma intrigante dell’autore, ho accettato il prezzo da pagare nel leggere una storia carina ma non bellissima il cui sipario calerà su un momento culminante dell’intero romanzo. L’epilogo di una allegoria brutale innescata da una serie di avversioni, e le innumerevoli conseguenze a cui si andrà incontro.

 Titolo: Ninfee nere
Autore: Michel Bussi
Casa editrice: E/O
Prezzo: 16 €
N°di pagine: 394
Trama: A Giverny in Normandia, il villaggio dove ha vissuto e dipinto il grande pittore impressionista Claude Monet, una serie di omicidi rompe la calma della località turistica.  L’indagine dell’ispettore Sèrènac ci conduce a contatto con tre donne. La prima, Fanette, ha 11 anni ed è appassionata di pittura. La seconda, Stèphanie, è la seducente maestra del villaggio, mentre la forza è una vecchia acida che spia i segreti dei suoi concittadini da una torre. Al centro della storia una passione devastante attorno alla quale girano le tele rubate o perse di Monet ( tra le quali le Ninfee nere che l’artista avrebbe dipinto prima di morire ). Rubate o perse come le illusioni quando passato e presente si confondo e giovinezza e morte sfidano il tempo. L’intreccio è costruito in modo magistrale e la fine è sorprendente, totalmente imprevedibile. 

domenica, gennaio 12, 2020

Gocce d'inchiostro: Sette minuti dopo la mezzanotte - Patrick Ness

Non ce l’ho fatta, quel primo giorno dell’anno, a non cedere alla curiosità, a non vedere la trasposizione cinematografica di un romanzo di cui ho sentito parlare molto molto bene, ma complice la noia e il tedio che sopraggiungono in giorni come questi, fra una buffata e un’altra, uno sbadiglio e un’altro, sono ufficialmente entrata nel mondo di Patrick Ness. Nella casa dei miei suoceri, fra il torpore di un plaid grande e confortevole, Sette minuti dopo la mezzanotte si stanziò repentinamente come il Mostro che assiduamente farà visita al piccolo Connor. Avrei potuto ignorarne la presenza, ma sia il film sia il romanzo soddisfarono le mie aspettative. Nessuno mi aveva chiesto niente. Dal momento in cui presi la decisione di sentire come mia questa <<nuova >> storia, non osai indugiare più di tanto. Fuori dal mondo che amo, dove finalmente ho installato la mia personalissima casupola, tendo ogni tanto a lasciare che la curiosità prevalga su tutto. No, di Patrick Ness non avevo chiesto niente. Questa opera, a sua volta, non dice nulla di nuovo da altre letture lette da me in passato, ma che, per la purezza, la semplicità, il carico di emozioni che sovrastano ogni cosa è stata una di quelle letture più linde, drammatiche, moraliste che ho letto indirizzato ad un pubblico prettamente giovane, progenie di una miscela di emozioni adulte che vanno al di là delle stesse parole.
Quando si dice la capacità degli autori di far adattare qualunque lettore....Ammutolita per certi versi, emozionata dall’altra ho così ascoltato la storia che rese omaggio alla disegnatrice, prematuramente scomparsa. Luoghi comuni, si, eventi banali, no. Opera dallo spessore molto più grande di quel che si crede che, mentre la si legge, scandaglia il nostro animo.


Titolo: Sette minuti dopo la mezzanotte
Autore: Patrick Ness
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 222
Trama: Il mostro si presenta sette minuti dopo la mezzanotte. Proprio come fanno i mostri. Ma non è il mostro che Conor si aspettava. Il ragazzo si aspettava l’orribile incubo, quello che viene a trovarlo ogni notte da quando sua madre ha iniziato le cure mediche. Conor si aspettava l’entità fatta di tenebre, di vortici, di urla … No, Questo mostro è un po’ diverso. E’ un albero. Anitco e selvaggio. Antico come una storia perduta. Selvaggio come una storia indomabile. E vuole da Conor la cosa più pericolosa di tutte. La verità.

venerdì, gennaio 10, 2020

Gocce d'inchiostro: Il calore del sangue - Irène Némirovsky

Scorsero rapidamente le pagine di questo piccolo ma bellissimo romanzo, alla luce fioca di un abajour, in un primo momento in cui sembrava non essercene bisogno. Bisogno? Assolutamente si. Fino ad ora sono rimasta sorpresa, colpita, attanagliata dalla potenza di certe emozioni, certe sensazioni difficili da gestire e non prive di conseguenze: innumerevoli sono stati i prezzi da pagare. Ma adesso non è il momento di parlare di questo. Ora è il momento di parlare dell’ennesima straordinaria, emozionante lettura di questo appena iniziato 2020. Leggere, fermarmi anche solo per riflettere, se non per riporre i miei pensieri al riguardo, è stato davvero impossibile. Ma le parole si combinano in forme che acquistano poi un certo significato. Quale? Sono stata meno di ventiquattro ore con la Nèmirovsky, ma molto più vicina di quel che credevo. Della sua tragica e drammatica esperienza, a parte lei stessa, ha avuto un mucchio di tempo per studiare ciò che la circondava. Poiché nel lungo e pallido cammino intrapreso non c’è nulla da criticare che una scrittura intensa e incisiva non potesse non nascondere e che, non ho potuto non ricordare e rievocare con la precisione di un pittore, con l’eccitata e meticolosa esperienza di un amante di figure geometriche, poiché in compagnia di una donna che ha stimolato in me la sua presenza e che io non ho potuto non assorbire.
Nulla di quell’ampia e spessa patina di sentimenti, contraddizioni sulla quale, pagina dopo pagina, si imprimerà il sigillo della sua dirompente forza evolutiva, nulla della sua singolare configurazione come donna, moglie, madre, scrittrice che il mio cuore custodisce da tempo. Ricorda. Pondera.

Titolo: Il calore del sangue
Autore: Irène Nèmirovsky
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 155
Trama: "Ci sono romanzi brevi più densi di emozioni e di vicende di certi romanzoni da ottocento pagine e passa. Ed è esattamente il caso di “Il calore del sangue”. Questa volta Irène Nèmirovsky punta il suo obiettivo non già sul milieu dell’alta borghesia ebraica in cui è cresciuta, né su quello dei ghetti dell’Europa orientale, bensì sul piccolo, angusto, gretto mondo della provincia francese. Il quadro è, in apparenza, di quieta, finanche un po’ scialba agiatezza campagnola: la figlia di due ricchi proprietari terrieri che sta per sposare l’erede di un’altra famiglia in tutto e per tutto simile, un bravo ragazzo, come si dice, innamorato e devoto. Eppure bastano poche note stridenti ( che l’autrice è abilissima a insinuare fin dalle prime pagine ) per farci intuire che dietro la compatta, liscia superficie di perfetta felicità agreste – in cui sembra che ogni sentimento si sia come pietrificato – si spalancano voragini inospettate: nessuno, insomma, è al riparo dalla passione, dalla violenza, persino dal delitto, quando è spinto e travolto dal “calore del sangue”.

mercoledì, gennaio 08, 2020

Danzando su carta: 17°

E’ difficile credere, che dopo l’avvento del Natale e persino della Befana, per chi è un amante dei libri e della buona letteratura, qualche nuova/vecchia opera non entri a far parte di scaffali sempre più colmi. Eppure è esattamente quello che sembra, sebbene di post in cui annovero un discreto numero di romanzi, che per caso o per fortuna sono entrati a far parte del mio santuario magico, non se ne vede da un po'. Ci sono storie meravigliose, dietro ogni romanzo, che conferiscono veridicità, concretezza a ciò che faccio. Ci sono occasioni fortuite, che impunemente ti costringono a comportarti ed agire in un certo modo. Ci sono state di mezzo le feste, qualche regalo da parenti piuttosto generosi, e un buono inaspettato della Vodafone, che conferiscono un quadro piuttosto significativo di una bella pila di romanzi, che francamente non vedo l’ora di leggere. Tenendo d’occhio i miei propositi, ho così intelligentemente colto la palla al balzo e allora ho dato voce a quella piccola vocina che in passato mi spingeva ad accaparrarmene di una copia. Ci credevo, allora, eppure era un istinto che non soddisfacevo mai. E ora è finalmente giunto il suo momento, il momento in cui mi scopro sempre felice, entusiasta, esaltata. Io e i libri. Che combinazione perfetta! Mi regalano libri, ed il gioco è fatto.
Questa bella pila, dunque, accoglie il nuovo anno col botto. Oh si, assolutamente! E sebbene avrei preferito portarmi a casa molti più romanzi di quel che si crede, non mi preoccupo più di tanto e godo di questo magnifico momento in cui nuovi amici, nuove storie sono entrate a far parte di me. Piccoli tasselli di un anima sognatrice ma ambiziosa. E pur di presentarvi quel che vi è al suo interno, la rubrica Danzando su carta è stato l’unico espediente migliore per fare ciò.


Titolo: Piccole donne. Meg, Jo, Beth e Amy
Autore: Louisa May Alcott
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 28 €
N° di pagine: 948
Trama: Divenuta subito un classico, la storia di Jo, Meg, Amy e Beth ha avvinto intere generazioni. Questo volume presenta il ciclo completo dei quattro romanzi, da leggere tutti d’un fiato.

lunedì, gennaio 06, 2020

Gocce d'inchiostro: I ragazzi di Jo. Quarto volume di Piccole donne. Meg, Jo, Beth, Amy

Adesso non ci sono più alcune domande, che come uno sciame di api impazzito vorticarono per una manciata di giorni nella mia testa. A rispondermi non ci fu nient’altro che la sua autrice, una nobile ma umile donna inglese, che nel palmo della sua mano raccolse tutti quei sogni che ogni donna aspira pur di migliorarsi, rinascere, giungendo ad un punto in cui divenne così difficile da distinguerlo dai sogni. Da una persona altruista e gentile come la Alcott non potevo non aspettarmi che grandi cose, e di cose ne sono avvenute anche se non propriamente grandi, con me e i medesimi personaggi, angelici, sempliciotti, altruisti e socievoli, imponendoci un codice di condotta non meno rigida di quella che si impose a se stessa. Ed è stato effettivamente così nell’intera produzione dell’autrice, di cui questo volume raccoglie ben quattro volumi, e che I ragazzi di Jo ne sancisce un allontanamento temporaneo. Mi piace riservare un trattamento speciale alle mie piccole donne, donargli attenzioni e premure che dono quasi sempre ai miei romanzi anche se in maniera più semplice, riempiendo il mio cuore di affetto e gratitudine.
La curiosità ha vinto, anche questa volta, sulla ragione. Mi ha indotta a lasciarmi qualunque cosa alle spalle, e buttarmi a capofitto fra le pagine di una storia o saga famigliare che custodirò gelosemente nel mio cuore. E’ bastato semplicemente che io mi lasciassi andare. Nient’altro. Lasciarsi andare al calore e al conforto di un abbraccio, la certezza di un luogo che ti faccia sentire protetta e al sicuro, rischiarata dalla luce armoniosa nei cuori dei protagonisti, che con destro incontro risponderanno ai miei bisogni.



Titolo: Piccole donne. Meg, Jo, Beth, Amy
Autore: Louisa May Alcott
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 28 €
N°di pagine: 948T
rama: Divenuta subito un classico, la storia di Jo, Meg, Amy e Beth ha avvinto intere generazioni. Questo volume presenta il ciclo completo dei quattro romanzi, da leggere tutti d’un fiato.


La recensione:


Non importa quello che può accadere al tuo corpo, conserva l'anima limpida, il cuore sincero verso coloro che ti amano e fa il tuo dovere sino alla fine. 

Qualche giorno prima che giungessi alla fine di questo splendido viaggio, se non prima, preparai me stessa con lo stesso stato d’animo con cui accolsi ancora una volta le Piccole donne, e quest’oggi, quando finì di leggere I ragazzi di Jo, mormorai addirittura fra me frasi che ho salmodiato sempre, in un modo quasi mistico, negli istanti in cui sopraggiunse gennaio; il “dovere” mi impone a dare precedenza ad altre letture.Solo allora, al suono di un campanello d’allarme che ne preannunciò la brusca partenza, aggiunsi a queste pagine l’esortazione di una giovane lettrice che fa delle parole il suo pane quotidiano. << Vivi, e respira con loro! >>
Le March abitavano ancora nella fatiscente villa dei genitori, quando mi imbattei ne I ragazzi di Jo, ma nemmeno per un istante concepì il pensiero di allontanarmici, nelle case di altre famiglie con altri eventi. Ma, se avessi continuato così, la mia vita non avrebbe avuto più senso. Come faccio a saperlo? Semplice, perché di romanzi o opere da leggere e vivere ne ho una dozzina, di tempo a disposizione ben poco, e  come un monito tonante rievocano l’inconfondibile vacuicità del tempo e i i suoi effetti. Se avessi continuato così, se avessi soddisfatto il mio istinto a voler restare fra le mura domestiche di casa March, sarei finita in un fosso dove non sarebbe stato facile uscirne vivi. Già dove sono adesso non sono tranquilla. Mi trovo nella condizione di scegliere. In un bivio, fra due imprescindibili concetti: il restare o l’andare. La grande, eroica lotta fra ragione e sentimento è qualcosa di insito in me, che talvolta si affaccia da un angolo minuscolo della mia anima…. E guarda dove finisco quasi sempre! E’ qui che volevo essere, e ora che ogni cosa si è conclusa, cosa fare se non cercare il significato più prondo che celano l’esistenza legittima di queste pagine? Un mondo puro, angelico, semplice, diretto, introspettivo, drammatico, crudele ed ingiusto, ecco quello che ho visto in due settimane in questo meraviglioso volume, e che non avrei abbandonare affatto!
La purezza dello spirito, una visione quasi fastidiosa di una realtà perennemente soggetta a cambiamenti mediante la fede, la rendenzione, l’emissione dei peccati, descritti con parole semplici, è un disegno tutt’altro che difficile ma virtuoso e vistoso, situato impunemente sotto l’attacco brusco del mio abbraccio, un quadro prettamente veritiero abbastanza difficile da nascondere. E ogniqualvolta lo osservo, rimembro il momento in cui me ne accaparrai una copia, quel paesaggio bucolico, luminoso, di vita quotidiana evocava per me non soltanto la turbolenza di certe situazioni che macchiarono di impurità certe sue parti ma che possiede un chè di affascinante. Tutta la catena di affascinante, tutti i pericoli che smaschereremo assieme alle donne March e tutti i rischi inizieranno e si concluderanno nella mitezza di uno squarcio di vita comune, che si allacciano agli eventi narrati nei volumi precedenti.
E quale, dunque, se non quello da cui avrà inizio ogni cosa? Il preludio ad approcciarsi a qualcosa a cui bisogna portare pazienza, osservare con bontà d’animo o cortesia necessaria. La nostra anima intavolerà un’acerrima discussione in cui prevaleranno i sentimenti, la forza delle emozioni, unico appiglio per non apparire soltanto superiori pur di comprendere l’umiltà, la bontà d’animo che vi è nascosta in ognuno di noi.
Valutazione d’inchiostro: 4

sabato, gennaio 04, 2020

Gocce d'inchiostro: Piccoli uomini. Terzo volume di Piccole donne. Meg, Jo, Beth, Amy

Questi sono i posti in cui desidero vivere, e dove mi sono recata sul finire dell’anno e tornata nuovamente l’anno entrante. Gli ultimi giorni del mese di dicembre mi hanno vista in compagnia dei primi due volumi di questa bellissima raccolta. Quest'oggi, un altro insediamento letterario, profondo, drammatico, introspettivo, emozionante di persone comuni, guidate dalla fede, dalla speranza che possa esserci un mondo migliore, si stanziò dinanzi a me come uno splendido e luminoso sole. Due volumi prima, la sua autrice mi aveva spiegato quanto quattro semplici donnine, attanagliate dai dolori che talvolta la vita ci riserva ( semplificata e condensata in storie comuni, ordinarie ), piccole grandi combattenti che hanno acquistato dalla stessa un bagaglio di esperienze ad un certo punto caddero nel momento in cui meno ce lo aspettavamo. Si bada a ciò che avviene attorno, ma ci si sorprende di ciò che accade attorno.
In uno spaccato di vita di una delle quattro sorelle, Jo per l’esattezza, si diramano le vicende di questi altri piccoli uomini, che scaveranno e costruiranno un posticino tutto loro.Un cantuccio in cui stivai, ammassai le mie supposizioni, confidai i miei più intimi segreti sotto una terra arida, incolta ma ricca di sentimento e ambizioni, che risalgono alle origini della stessa Alcott.



Titolo: Piccole donne. Meg, Jo, Beth, Amy
Autore: Louisa May Alcott
Casa editrice: Oscar Vault
Prezzo: 28 €
N°di pagine: 948
Trama: Divenuta subito un classico, la storia di Jo, Meg, Amy e Beth ha avvinto intere generazioni. Questo volume presenta il ciclo completo dei quattro romanzi, da leggere tutti d’un fiato.

La recensione:

La semplice vera bontà è il migliore capitale su cui basare gli affari della nostra esistenza. Essa infatti dura anche quando la fama e la ricchezza si dissolvono ed è l’unico patrimonio che passiamo portarci dietro quando lasciamo questo mondo.

Entro le quattro mura di una umile ma fatiscente casa domestica di una città che da sempre desta il mio fascino, come tutti quei romanzi ambientati in tale luogo, esistono, o per meglio dire, sono esistite, rigide distinzioni di classi e razze, sacrificate dalla guerra e legittimate dalla vita. Eppure, nella modesta casupola di una strada alberata e luminosa mi imbattei in una ragazza, che avevo già incontrato e che adesso conosco abbastanza bene, e che si sentì talmente responsabile verso la sua famiglia, verso se stessa che la vocazione di mantenere intatta la sua integrità, la sua forza, così piena di impurità, e così vicina a me, nel complesso, mi indirizzò nuovamente dove ero appena stata qualche giorno fa con giovani ed affabili donnine – affabili, certo, ma molto molto ingenue a tal punto da sentire come mie le loro vicende per aiutarle a comprenderle cosa non andava in questo. Poi, man mano che accumularono un certo tipo di esperienze, occupando un fondo di verità ma incertezza su un futuro prospero e tranquillo, sparì qualunque idea o parvenza di purezza nella sua più totale complicità. Ma ben presto le cose si aggiusteranno, e anche se padrona di questo enorme palazzo è una donna comune che fece tuttavia della scrittura una certezza in un mare di acque impure ed impetuose, le vicende che intercorreranno fra me e le sorelle March si mossero finchè divennimo un tutt’uno.
Le ambizioni. L’ impetuoso abbraccio di una passione, che in poco tempo diverrà un modo per sopravvivere. Desideravo conoscere i Piccoli uomini, che dalla trama drastica buttata giù nel volume precedente, c’erano loro. Ragazzini, adolescenti, bambini, che hanno risposto e non risposto alle mie aspettative.Da amante della storia di Jo, Beth, Amy e Meg non sapevo assolutamente nulla di loro, ne avevo mai sentito parlare ampiamente, non osai perdere altro tempo, per paura che la magia intrappolata in queste pagine svanisse del tutto. Fuori dalle mura March – dove finalmente le storie di questi piccoli uomini si intersecarono a una delle sorelle March – mi sono lasciata completamente andare lasciando che queste figure si occupassero di me, della mia vita e di ciò che esso avrebbe comportato. Nessuno mi aveva chiesto qualcosa, ed io non voglio nulla in cambio se non sapere cosa ci avrebbe riservato il Fato.
La terza lettura di questo bellissimo librone non possiede nulla di speciale a dispetto dei volumi precedenti, pilastri effettivi e fondamentali della mia vita. Eppure, è una storia così linda, immacolata, irreprensibile sotto per certi aspetti, ma non sotto altri, progenie di una generazione di piccoli o grandi lettori che da questi personaggi potrebbero imparare o apprendere tante cose.  Generalizzando, facendio delle vicende di ognuno di loro uno squarcio dell’animo in cui ognuno di noi può rispecchiarsi, presentarsi a seconda di ciò che ci riserva il giorno da cui ci si sente bene, speranzosi e fedeli, colmi di responsabilità a qualunque costo.

L’amore è un fiore che sboccia dovunque, compie i suoi dolci miracoli sfidando il gelo dell’autunno e la neve dell’inverno e torna a rifiorire, turgido e fragrante durante il corso dell’anno rendendo felice chi lo dona e chi lo riceve.


Valutazione d’inchiostro: 4 

giovedì, gennaio 02, 2020

Romanzi su misura: Dicembre

Spontaneamente, cerco di coinvolgere il maggior numero possibile di lettori e lettrici, ogni qualvolta termino di concludere qualche romanzo.
L’anno nuovo non maschera il mio desiderio di voler leggere tanti altri libri, conoscere o scoprire tanti autori, e, a voler essere precisi, dare un certo spazio ai classici e alla letteratura vittoriana.  Le mie sensazioni istintive mi hanno indotta ad accogliere questo 2020 con la lettura di un romanzo che disgraziatamente non avevo mai letto, Piccoli uomini, ma di cui le Piccole donne hanno chiuso un sipario sorprendente e soddisfacente.
L’usanza di un riepilogo senza riserve, alla luce nascente di un nuovo giorno, e di un nuovo anno, durante il periodo di festività, è l’unico che mi permetta di parlare di quelle letture effettuate e concluse nell’arco di trenta giorni. Così, ecco il risultato di numerevoli pomeriggi di dicembre, con addosso il mio immancabile plaid, una tazza fumante, il libro posto a mò di leggio e una piccola palla di pelo che si ciba di calore ed affetto, che mi ha vista recarmi in tanti posti. Fra viottoli tortuosi ai margini di ruscelli affluenti, che passano prima in una direzione poi in un’altra. Mai lontani dal mio personalissimo cerchio, con il mormorio sommesso del suo creatore in cui, fra nebbioline azzurrognole all’ombra di alberi e siepi, hanno riscaldato il mio cuore di una luce calda e confortevole.



Romanzi su misura in digitale:


In atmosfere che trasudano surrealismo, magia, ho riscontrato giovani uomini o donne legati alla paura di essere se stessi in un mondo ombroso ma ricco di sentimentalismo, che mettono in gioco le coscienze di ognuno di noi e il nostro modo di entrarci in relazione.
Valutazione d’inchiostro: 4









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