Titolo: Nimal kingdom
Autore: Ivano Mingotti
Casa editrice: Nulla Die
Prezzo: 14 €
N° di pagine: 166
Trama: Dino Ferrucci,
millennial della bassa lombarda, al centro di un uragano di piccoli, enormi,
sproporzionati eventi. La sua San Gervasio al Lambro come palco dei tempi
moderni, tra vecchi, dialetto, sigarette rubate, sorelle pazze, antipolitica e
puzza di vacca.
La recensione:
... A me non servono tutte quelle cose. A
me piacciono le poche cose che ci sono qui, che non vanno mai via. Che poi vado
a dormire tranquilla, che so che il giorno dopo sono lì ad aspettarmi. Come si
fa a non voler vivere qui?
"Si possono raccogliere tutte le ossa
che si vuole, costruire la parte più splendida del mondo, ma ciò non basta per
produrre qualcosa che sia vivo. Una storia, in un certo senso, non appartiene a
questo mondo. Per creare una vera storia è necessario un battesimo magico, che
riesca a mettere in contatto questo mondo con quello dell'altro."
Ecco quel che ho letto qualche tempo fa in
un romanzo semplice e apparentemente innocuo, firmato da un autore che ho
conosciuto per caso e che in pochissimo tempo è divenuto mia musa ispiratrice.
Murakami Haruki. Solo molto tempo dopo ho compreso il vero significato di
queste parole, e all'epoca sono riuscita perlomeno a trovarvi un fondo di
verità. La scrittura può dar vita a una serie di racconti. Racconti dell'anima,
spaccati di vita che possono rischiarare un cielo perennemente grigio e ombroso
o attorniarsi di figure la cui aura lucente brilla come un faro nella notte.
Questo inutile e vago discorso per dire
che sono anch'io un amante della scrittura, e come i grandi della letteratura
mi sono messa d'impegno a scrivere, affinché qualcosa andasse al suo posto. Un
tempo sprofondavo nello sconforto. Perché la mia attitudine ad adoperare parole
o frasi estrapolate dal nulla era parecchio scarsa. Se avessi voluto parlare con
qualcuno, ad esempio, di quelle inutili ansie e preoccupazioni che vorticavano
nella mia testa come uno sciame impazzito di api, quando avevo sedici anni, non
avrei avuto nessuno con cui confidarmi. Così stavano le cose.
Per qualche anno mi sono dibattuta in
questi dilemmi. Qualche anno può essere un tempo indefinito.
Da quando ho abbracciato la passione per
la scrittura, ho cercato di attenermi a certe regole. Fissare un punto preciso
affinché non venga sedotta dall'incontrollabile strisciare del mondo. Quando
scrivo mi impongo di essere sempre precisa, chiara, e uno scarso bagaglio di
esperienze alle spalle mi hanno fatto capire tante cose. Autori di vario tipo
si sono presentati alla mia porta a raccontarmi tante cose, sono passati a
farmi visita come se folgorati da qualcosa - un colore, un dettaglio -, e non
mi hanno più abbandonata. Ivano Mingotti rientra in questa piccola cerchia. Ed
è evidente che se ogni anno rivolge a me e al mio blog così tante attenzioni
qualcosa del mio modo di raccontare lo incuriosisce.
Scrivere una recensione, specie in maniera
piuttosto onesta, è terribilmente difficile. E più cerco di essere onesta, più
le parole giuste acquisiscono intensità e lucentezza.
Quello che sto scrivendo adesso è infatti
quanto io tengo ermeticamente intrappolato nella soffitta impolverata della mia
anima. Chi lo sa, magari in un lontano futuro queste parole mi aiuteranno nel
momento del bisogno, scoprendomi di essere riuscita a salvarmi. Salvarmi
dinanzi a un tempo tiranno e spaventoso. Una realtà in cui tardi ci si accorge
che si tratti di un'unica entità continua ..
Fu in un pomeriggio terribilmente noioso e
afoso di metà giugno, con il cielo terso che sembrava volesse trasmettermi un
senso di pace interiore e un sole spaventoso che si spandeva in una ghirlanda
di rame liquido, che Nimal
Kingdom arrivò sul mio lettore ebook, con una copertina originale e
molto divertente, una storia apparentemente banale ma profonda, un montaggio di
vicende realistiche colme di sentimentalismo.
Sono trascorse una manciata di minuti da
ché ho terminato di leggere il romanzo, e dal primo momento in cui lessi le
prime pagine il seme della curiosità ha affondato le sue radici e ha cominciato
a crescere. I miei occhi color cioccolato, infatti, che seguivano febbrilmente
i caratteri stampati, non riuscivano a scrollarsi se non quando giungevo alla
fine del capitolo. Dino Ferrucci, sensibilissimo simpaticone, in grado di
combattere e ribellarsi usando le parole come armi, mi narrò la sua storia
quasi come un lungo e profondo esame di coscienza. Scritte in quelle che non
sono altro che pagine di diario, che si trascineranno fino a quando esalerà il
suo ultimo respiro, per poterlo così finalmente fuggire nell'unico luogo dove
né il cielo né l'inferno potranno mai trovarlo.
Non esattamente la cosa giusta da fare. Di
sicuro ha reso più leggero un fardello più grande di lui, ma cosa fare purché
il mondo non si avvii verso il nulla? Mascherato
da consuetudine e zotico suprematismo. Se ci penso, penso che quello
di Dino è stato un gesto coraggioso. Mettere a tacere la voce gracchiante della
sua coscienza è un buon modo pur di allontanarsi dalla landa deserta in cui
inevitabilmente è sprofondato. Qui il silenzio, la solitudine sono depositati
come fango morbido. Sogni di giovani o vecchi svaporano nell'atmosfera come
fiati di vapore, come un acquazzone estivo che passa su una strada piena di
negozi e si allontana senza lasciare nulla sul terreno. Tutt'attorno, una
debole luce diffonde i suoi raggi pallidi come resti di memorie lontane. Una
piccola folla circonda le mura di un paesino disperso nel centro della
Lombardia. Una piccola cerchia di cittadini, gente comune che, ignari della
futilità del mondo, avvertono la supremazia di una realtà che presto sarebbe
diventata loro. Un abisso oscuro tra ciò di cui cerchiamo di essere
consapevoli, e ciò di cui siamo realmente.
Per quanto il righello della vita sia
lungo, non arriveremo mai a misurarne la profondità. In queste poche righe
Ivano ha mostrato una certa immagine. Condensata in un romanzo, un testo
letterario semplice, che è una piccola opera d'arte. Uno spaccato di vita in
cui ognuno di noi può riconoscersi, come una linea tracciata nel mezzo. E che,
senza inutili preamboli, mi ha donato persino qualche insegnamento.
Fonte inesauribile di pensieri, sogni,
speranze e delusioni, sospesi nell'aria stagnante, impossibili da annullare del
tutto. Memoria di una vita rubata di un giovane adolescente, nonché confessione
sussurrata dalla soglia morale della sua insoddisfazione. Timoroso di sbagliare,
vivere, amare.
Se volete un opera letteraria alquanto
realistica e veritiera, fareste meglio a leggere quella scritta da Ivano.
Perché talvolta certi romanzi sono necessari per comprendere affondo la società
che ci circonda; oggetto di ribellione per una serie infinita di soggetti e il
terreno ideale per l'indagine accurata del rapporto fra l'esistenza e la sua
rappresentazione fra uomo e vita.
Questa storia finisce così com'è iniziata.
Sbucata dal nulla, vissuta in pochissime ma piacevolissime ore, rivolta alla
mia anima come monito verso coloro che continuano a costruire solide barriere
attorno a se stessi.
Galleggiando lievemente, portata dalla
corrente impetuosa di parole che ho potuto sentire come mie.
Valutazione d'inchiostro: 4
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