venerdì, marzo 27, 2020

Gocce d'inchiostro: Nanà - Emile Zola

Nella confusione del momento, mai un buon libro è stato così importante, indispensabile per la mia vita. Non che la letteratura, la scrittura non abbiano mai svolto un ruolo fondamentale, ma ora come ora, in verità, mi attirano maggiormente soprattutto nel valutare l’ipotesi di dedicare del tempo a quelle letture che hanno languito sullo scaffale per troppo troppo tempo.
La settimana che sta per concludersi, dunque, mi vide impegnata con le vicende di una giovane donna borghese, le cui vicende si scontrarono con il mio animo semplice ma appassionato e provvidi a relegarmi nel suo cantuccio personale rispondendo alle sue esigenze ed << ascoltandola >> come non avevo fatto finora.
La condizione che imperversa nell’anima della giovane Nanà la dichiararono colpevole sotto molti punti di vista e la condannarono ad imboccare una strada non propriamente giusta. Zola, però, in veste di avvocato difensore, fece di questo romanzo un ritratto naturalista e veritiero in cui aleggiò nell’aria per quasi cinquecento pagine aggiungendo una certa verve alla sospensione condizionale della stessa Nanà.
Il risultato, naturalmente, per una giovane penalista sottratta da una fetta di misery society, provocante, subdola, rozza, a tratti ingenua a tratti domita, non fu certamente clemente. Eppure impossibilitata a non provocare moti di compassione, quasi affetto, per un << reato >> commesso e mai più espugnato. In quanto il ricordo di questa giovane protagonista è al di sopra della condizione che ritrarrà l’autore, specialmente nel credere che una sempliciotta fosse una banalissima seducente attrazione, mentre la sua smodata mancanza di rispetto, di concretezza e rigore e la sua crudele indifferenza verso i riguardi del prossimo, se non per un'unica persona, furono segno di uno spirito insensibile che è stato trattato con quella giusta severità. In quanto incensurata, secondo l’autore meritevole di seconde possibilità. Ma mai libera di quella fedina penale che la macchierà per sempre.
Titolo: Nanà
Autore: Emile Zola
Casa editrice: Newton Compton
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 465
Trama: “Nanà” ha per protagonista una protagonista e per tema uno dei nuclei attorno a cui ruota l’intero progetto zoliano: la carne, ovvero la pulsione e la ricerca ossessiva del piacere. L’affresco orchestrato da Zola si basa, come sempre nello scrittore francese, su un lungo lavoro preparatorio fatto di interviste a prostitute vere e racconti di amici ben introdotti nell’ambiente galante.

La recensione:
Per i primi quattro anni, i miei ritmi di lettura prevedavano immersioni spericolate nei luoghi più reconditi e sconosciuti dall’intelletto: impiegavo il mio tempo a divorare pagine, parole su parole, e passavo il tempo restante a redigere quelle che non erano altro che le mie vivide impressioni. Su un taccuino mal ridotto e ricco di abbozzi e ghirighori parlo delle mie letture, dei miei libri alla mia anima, mediante quel battesimo magico che mette in contatto il mondo di qua con quello di là, e poi cammino spericolata nei quartieri della mia immaginazione avviandomi dove meglio credo e che più mi aggrava. Finchè il mio stile non sarà affinato, abbastanza solido per essere indipendente, mi attengo rigidamente a quelle tre attività fondamentali – scrivere, leggere, dialogare – tralasciando tutte le altre, ragion per cui al momento ritengo alquanto importante non tralasciare alcun romanzo. O, più precisamente, alcun pensiero riguardante la lettura di un romanzo. Ogni tanto credo non ci sia bisogno di perdere del tempo prezioso dietro opere che, banalmente importanti o meno, insegnano qualcosa. Non mi sono mai sottratta ai miei doveri, e il mio temperamento dovizioso e tenace, il mio fervido impegno, mi fanno sentire calma ed equilibrata come un barlume di luce in mezzo a nuvoloni grigi e ingombri. Così contenta per come sono, anche con Nanà nutrì un piacere incommensurabile nel dare forma e spazio a pensieri inspiegabili.
La sua storia non era differente a quella di altre storie che popolano gli scaffali delle mie librerie, e anche se quella di Zola è un romanzo naturalista di fine ottocento, senza dubbio è una storia originalissima, ambiziosa e a tratti crudele che imbriglia chi legge in un progetto seducente e ricco di sentimentalismo che gli dà il vantaggio di essere molto più vicino nel tempo di quel che si crede ricordando bene, come Nabokov ed altri autori novecenteschi fecero successivamente, la donna non era esattamente considerata. Ho letto numerosi romanzi in cui la donna, simbolo o attrazione carnale, conserva il suo temperamento forte e rigoglioso nel raccogliere alla sua mercè schiere di uomini che raccolgono le sue avance a qualunque costo. Non tanto quanto un salto naturale, piuttosto di sopravvivenza. Oltre alla condizione di miseria in cui dovettero adeguarsi, anche Nanà ci impartisce una lezione simile su come ottenere una certa libertà, con elegante chiarezza, in ogni frase o gesto riportato, come un incantevole ninfa che suscita stupore e ammaliamento. E come non sentirsi coinvolti in tali vicende, che contraddivano le affermazioni del vigore della sua personalità, se non ascoltando ciò che imperversava nei suoi pensieri, anche quando sembrava impossibile potesse esserle riservata un minimo squarcio di felicità, giurando fedeltà all’unica persona che la facesse sentire viva?
Quella di Nanà è una storia che rivaluta la  donna e il suo sentirsi perennemente guasta in un mondo che di giusto non ha proprio niente, nel quale l’autore si spinge ad entrare nei particolari, scandagliando la sua personalità, il suo sentirsi donna, confessando ciò che agli occhi di molti era ermeticamente nascosto, abbattuta su milioni di spalle diverse senza aver mai provato moti di compassione, così tesa e spaventata di restare completamente sola. Ma l’umiliazione di essere usata come oggetto di desiderio, che rievoca le sue attività di spogliarellista, è certamente una delle umiliazioni più cocenti che una donna potesse subire. Eppure in questo modo Nanà confessa i suoi “desideri anormali”, la sua attrazione per i maschi fedeli e non, violenti e spudorati, e poi se stessa, che prima di tutto era madre di un giovane adolescente.
In Nanà sono passati in rassegna i gesti eroici che aveva compiuto durante la sua storia con bellissimi uomini, conti, umili lavoratori. Zola descrive il tutto con parole profuse di sentimentalismo e ragguardevolezza non perché si vergognasse nel descrivere cosa accade ad una coppia, fra le lenzuola, bensì per mettere in risalto ciò che l’avrebbero condannata per sempre. Nanà era e sarà per sempre guardata come una degenerata, una minaccia alla stabilità della vita di una coppia, e per me è stato più che sufficiente, appartenendo al sesso debole.
Un libro così potente e geniale, così impregnato di verità sul significato dell’essere vivi, liberi, rendono grazia a una delle opportunità più fluenti nel panorama letterario: una sfida personalissima nel dare voce a chi non aveva voce. Nel buio, nei cantucci languidi e puzzolenti, ho visto elogiare il corpo, le movenze, i gesti di una donna comune ma infelice che si innalzò su fiumi d’inchiostro che ancora bruciano sulla pelle, mediante << amori >> irruenti, segnati, feroci che spesso distruggono la vita di molti come una punizione eterna. Ho aperto silenziosamente queste pagine di diario macchiate di sangue, in cui sono stati riportati sprazzi di memorie di una vita lontana, passata che inducono a domandarci se proprio allora, nello scintillio di una Parigi ancora sonnacchiosa, abbia avuto origine quella crepa che percorse la vita della protagonista. La sua silhouette si stanziava ancora distintamente. I morsi della fame di un congiungimento spudoratamente carnale, marchiarono il suo animo. Follie, tormenti, pene inflitte a un cuore ancora giovane apparirono come una bomba ad orologeria!
Mi sono domandata come, in un mondo di sogni e speranze recluse, le grida, i desideri impronunciabili di certe ninfette discole, avessero influenzato la vita dello stesso autore. Spinto dalla vana ricerca di una mera presenza lenitiva, spettatore attento, trascinato con astuzia nella farsa di una rappresentazione scenica di chi lo ha sedotto. In un divario fra luce copiosa e angusta ombra. Sciagure e sventure che ci portano dietro per qualche giorno, nell’incertezza di abbandoni incerti e repentini che mi hanno asfissato per qualche giorno.
Un finale un po’ inappagante ma intrigante calerà il sipario su un’analisi prettamente realistica sull’ideale romantico della protagonista, il cui ruolo fa da cornice all’intero romanzo. Nanà comunque è uno dei più clamorosi successi letterari francesi che, nella sua abbagliante grandezza, nella sua straordinaria suggestione mitica, non potrà non spostarsi per sempre nei miei ricordi.

Valutazione d’inchiostro: 4 +

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