Non ci sono mosche né zanzare fra le
pagine di Pippi calzelunghe, l’aria magica, surreale e malinconica
che si respira odora di fiabesco, come piccole pastiglie dolci/amare al gusto
di eucalipto perché riposto in un unico luogo, una casa deformata sulla cima di
una collina, il cui profumo penetrante pulì le mie cavità nasali ogni volta che
inspiravo. Pippi Calzelunghe, stabilitasi sulle fronde di questo albero maestro
nel bel mezzo della campagna di un piccolo luogo immaginario, fu l’unica ad
aver discosto una tendina invisibile che mediante affetti o legami osserva il
mondo circostante.
Il mondo ritratto dall’autrice in questo
splendido romanzo, mi è sembrato bizzarro non tanto quanto un posto assurdo
quanto un posto reale, un presidio urbano che accolse migliaia di lettori di
qualunque sesso o età, progettato da una mente acuta e perspicace che non
tollerava il fatto che i bambini non potessero essere tali, cosa che invece
rese questa lettura magnifica e indimenticabile. Un pittoresco viaggio <<
da poltrona >> i cui svariati episodi delineano la vera e propria
identità di una piccola grande donna, mediante la quale è stato possibile
tendere l’orecchio. Ascoltare un frastagliato respiro, in cui si cerca di
immaginarla protetta nella sua amata Villa conchiglia osservando minuscole
scenografie di una galleria di immagini, suoni e colori che riesumeranno un
frammento di vita che si credeva perduto.
Titolo: Pippi
Calzelunghe
Autore:
Astrid Lindgren
Casa
editrice: Salani
Prezzo:
15, 90 €
N° di
pagine: 316
Trama: "Un
tempo avevo paura di rimanere in casa da sola, ma ora non più, perché Pippi è
con me" ha scritto ad Astrid Lindgren una bambina giapponese. "Pippi
Calzelunghe" è un libro conosciuto in tutto il mondo e tradotto in 54
lingue, di cui l'ultima dell'elenco è lo zulù. Anche voi troverete in Pippi una
compagna forte, allegra, furba e ricchissima; vive sola a Villa Villacolle e
non ha paura di niente: sta benissimo anche senza genitori, perché così nessuno
le dice quando è ora di andare a letto o le insegna le buone maniere, che non
servono a nulla se non si è veramente generosi. E Pippi, appunto, lo è. Leggete
le sue avventure e vi sentirete, come lei, tanto forti da sollevare un cavallo. La recensione:
Di questa stramba
e vivace ragazzina sapevo poco e niente. Era una splendida giornata, quando la
giovane Pippi, con un corollario di lentiggini, le treccine, un paio di calze
lunghe e colorate e un paio di scarpe più grandi del suo piede, mi propose di
accompagnarla per vivere l’ennesima spericolata avventura. Partenza dopo cena
in un weekend tranquillo, diretta chissà dove. In sua compagnia, avrei visto il
mondo con gli occhi di una ragazzina di dieci anni. Non più di questo target,
ma assolutamente incuriosita ed emozionata di aver vissuto un’esperienza
letteraria, l’ennesima, avvincente e straordinaria. Qui, quante persone si
erano fermate! Tante donne altolocate, tanti uomini ricchi e acculturati che
andavano a ispezionare casa sua con un certo cipiglio, un certo dissenso,
conoscitori di forme individuali che Pippi ancora ignorava. Allora chi sarebbe
stato così coraggioso da guidarla lungo la retta via? Io, naturalmente, che nel
momento in cui mi scelse sapevo che non sarebbe stata una semplice scelta. Forse
un tentativo per accrescere il ritmo, movimentare giornate già frenetiche, ma
così formidabile tutto questo da indurmi a respirare con lei. Letteralmente. Perché
Pippi, sebbene non possieda poteri magici, ma solo una certa forza, mi offrì
qualcosa che ha una sua magia. Forse quella che la stessa autrice volle
trasmettere, in primis a sua figlia, poi al suo pubblico: un’idea di libertà
che cozza con le convenzioni sociali imposte. Il fanciullo era costretto a non
poter sentirsi come tale, se braccato continuamente. Perché il tempo non gli
avrebbe restituito ciò che avrebbe perduto. Tutte le qualità, tutti gli assetti
tipici della fanciullezza. Ogni dovere da cui era necessario sottrarsi per
essere tali.
Quella di Pippi Calzelunghe è un viaggio indirizzato prettamente ad un pubblico giovane, ma non appena la si conosce e si intraprendono certe manovre d’approccio, comprendi come non era Pippi ad essere strana, ma la gente che la circondava. Forse inadatta per l’epoca che visse, perfettamente idonea al secolo in cui vivo, sorpresa di vedersi proiettata in un mondo che non ho sentito nemmeno io così accattivante, ma che ha generato disappunto, forme di incomprensione che avrebbero potuto essere comprese ma che restano sullo sfondo. È un tema questo, così delicato che l’autrice ha toccato così bene, in cui le note del nostro animo sono state accarezzate dal suo tocco spiccatamente gentile e vivace. Preservando l’idea di questa stramba fanciulla nel tempo il cui ricordo non è svanito nemmeno a distanza di tempo.
Disgraziatamente per me, non vi ho soggiornato per troppo tempo, sebbene il mio fosse un intento con ogni onore possibile, versato inaspettatamente come un liquido incandescente nel mio cuore, principalmente perché sono convinta che questo è davvero un classico per eccellenza. Dotato di un sottile incanto, una forte somiglianza con quei romanzi di stampo vittoriano che, riflettendoci, è un insegnamento di vita, piccolo ma peculiare e morale che ci rende unanimi nell’osservare le peripezie di questa adolescente come quello sprazzo di vita in cui vi è ricamato il nulla. Assomiglia allo stesso filo d’inchiostro col quale l’autrice ci avvolge nella bellezza di un sogno ricco di idee e parole finite. Forse è qualcosa che ha a che fare con l’amore, intenso non nel vero e proprio senso del termine bensì nell’atteggiamento peculiare di ammirazione e ammaliamento nell’aver potuto comprendere tutto questo prima del tempo, così moderno, nel quale l’uomo è nel momento più vulnerabile della sua vita. Sempre manovrato da un abile marionettista, spinto dalla voglia di rinascere, sfuggire da un mondo che concede poco e niente.
Ed è così che, alla fine, mi sono lasciata contagiare dal temperamento entusiasta e vivace di Pippi. Incuriosita dalla sua storia, entusiasta di averla conosciuta e stretto amicizia, prima oziando tutto il giorno poi esplorando il mondo circostante come un fine conoscitore di svariati argomenti, non solo di chi stanziava per qualche momento sotto le sue ali ma anche di chi ha fatto parte dell’infanzia di Pippi, del modo diverso di osservare le cose mediante immaginazione, del piacere e la frustrazione di accettare quella sfida che ci insegna come, per svariati motivi, talvolta è necessario esporsi per risparmiarci l’umiliazione di essere delusi.
Quella di Pippi Calzelunghe è un viaggio indirizzato prettamente ad un pubblico giovane, ma non appena la si conosce e si intraprendono certe manovre d’approccio, comprendi come non era Pippi ad essere strana, ma la gente che la circondava. Forse inadatta per l’epoca che visse, perfettamente idonea al secolo in cui vivo, sorpresa di vedersi proiettata in un mondo che non ho sentito nemmeno io così accattivante, ma che ha generato disappunto, forme di incomprensione che avrebbero potuto essere comprese ma che restano sullo sfondo. È un tema questo, così delicato che l’autrice ha toccato così bene, in cui le note del nostro animo sono state accarezzate dal suo tocco spiccatamente gentile e vivace. Preservando l’idea di questa stramba fanciulla nel tempo il cui ricordo non è svanito nemmeno a distanza di tempo.
Disgraziatamente per me, non vi ho soggiornato per troppo tempo, sebbene il mio fosse un intento con ogni onore possibile, versato inaspettatamente come un liquido incandescente nel mio cuore, principalmente perché sono convinta che questo è davvero un classico per eccellenza. Dotato di un sottile incanto, una forte somiglianza con quei romanzi di stampo vittoriano che, riflettendoci, è un insegnamento di vita, piccolo ma peculiare e morale che ci rende unanimi nell’osservare le peripezie di questa adolescente come quello sprazzo di vita in cui vi è ricamato il nulla. Assomiglia allo stesso filo d’inchiostro col quale l’autrice ci avvolge nella bellezza di un sogno ricco di idee e parole finite. Forse è qualcosa che ha a che fare con l’amore, intenso non nel vero e proprio senso del termine bensì nell’atteggiamento peculiare di ammirazione e ammaliamento nell’aver potuto comprendere tutto questo prima del tempo, così moderno, nel quale l’uomo è nel momento più vulnerabile della sua vita. Sempre manovrato da un abile marionettista, spinto dalla voglia di rinascere, sfuggire da un mondo che concede poco e niente.
Ed è così che, alla fine, mi sono lasciata contagiare dal temperamento entusiasta e vivace di Pippi. Incuriosita dalla sua storia, entusiasta di averla conosciuta e stretto amicizia, prima oziando tutto il giorno poi esplorando il mondo circostante come un fine conoscitore di svariati argomenti, non solo di chi stanziava per qualche momento sotto le sue ali ma anche di chi ha fatto parte dell’infanzia di Pippi, del modo diverso di osservare le cose mediante immaginazione, del piacere e la frustrazione di accettare quella sfida che ci insegna come, per svariati motivi, talvolta è necessario esporsi per risparmiarci l’umiliazione di essere delusi.
Valutazione d’inchiostro: 4
Ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te 😊😊
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