Una manciata di giorni dopo l’ultima lettura
del maestro dell’horror, Stephen King, cui mi sto appassionando giorno dopo giorno
sempre più, mi trovai dinanzi a una copia digitale di L’incendiaria. Romanzo inerente
all’ennesima sfida di lettura indetta su Facebook, a cui partecipo da qualche
anno a questa parte, e lì per lì incuriosita da questa nuova – nuova per me -,
opera dell’autore. Pensai addirittura trattasi di una sorta di messaggio, quasi
l’autore volesse mandarmi qualche segnale, un barlume di conoscenza o verità
che avrebbe cambiato le cose. Quali cose? Questo salotto letterario vedrà
sicuramente qualche altro romanzo dell’autore, comparire qui, sporadicamente e
non. Sebbene di romanzi che desidero leggere ce ne sono a bizzeffe, sebbene la
mia bella pila della vergogna è quasi del tutto scomparsa. È una situazione
assai comune, che è avvenuta tante altre volte in passato. Anche questa volta
ho percorso una strada che sulle prime mi ha impedito di scorgere la luce. E poi….
Poi mi ha indotta a calarmi del tutto nel presente, in un meccanismo costante
di necessità abbracciando il Male quasi come un tentativo da cui scovare una
via di fuga, con la mera consapevolezza tuttavia si possa incappare in qualcosa
di oscuro e ignoto.
Autore: Stephen King
Casa editrice: Pickwick
Prezzo: 10, 90 €
N° di pagine: 480
Trama: «Tu sei un'incendiaria, tesoro. Proprio come un grosso accendino Zippo.» E quella volta le era sembrato così divertente che aveva riso. Adesso, però, non sembrava più tanto divertente. Un uomo alto dalle spalle larghe e una bambina dai capelli biondi si tengono per mano nell'oscurità: padre e figlia in fuga nella notte. Sulle loro tracce c'è una macchina verde, con a bordo degli sconosciuti disposti a qualunque cosa pur di catturarli. Dodici anni prima, quell'uomo alto, Andy McGee, era ancora ventenne, uno studente squattrinato del college che si era offerto per un misterioso esprimento psicologico che gli avrebbe fruttato duecento dollari. Non sapeva che in quell'occasione avrebbe conosciuto Vicky Tomlison, l'amore della sua vita, anche lei prestatasi come cavia. Non immaginava che quella sperimentazione, orchestrata da un'organizzazione governativa chiamata «La Bottega», avrebbe scatenato in lui e in Vicky facoltà paranormali latenti. E nessuno dei due credette poi ai propri occhi quando Charlie, la loro bambina, diede fuoco al suo orsetto con un semplice sguardo: il frutto del loro amore era dotato di una forza straordinaria e incontrollabile, la pirocinesi, ossia la capacità di incendiare oggetti - e persone - con il pensiero. Ora Charlie ha otto anni e i suoi genitori le hanno insegnato a controllare quel potere distruttivo. Ma gli agenti senza scrupoli della Bottega, venuti a conoscenza del suo «talento», vogliono orientarlo verso il male, usando la bambina come un'arma, con conseguenze potenzialmente disastrose per l'umanità. Non hanno fatto i conti con il coraggio di un padre, pronto a tutto pur di salvare sua figlia. Né hanno calcolato che anche una bambina può provare la sottile soddisfazione della vendetta.
La recensione:
Quando feci alloggio nel piccolo spazio grigio in cui soggiornarono Charlie e Andy l’aria sembrava satura di zolfo. Le allucinazioni di cui Andy sembrava essere protagonista, di cui l’autore snocciola mediante una storia che turba le nostre coscienze, inducono ad annaspare in mezzo a carcasse umane che si tengono per mano. Metafora di libertà mancata, sopravvalutata che impedisce ogni cosa poiché causa di un esperimento folle a cui ci si lascia andare con rassegnazione. La paura era connessa all’emozioni. La ricerca della propria identità come una corsa inarrestabile che stride con la capacità dell’uomo di sopravvivere dinanzi al pericolo. La telecinesi e le sue componenti razziali e superiori, che sfidano le leggi straordinarie i cui ideali sono merce da salvare, liberandoci dalla retorica e dal falso idealismo.
L’incendiaria allietò un weekend all’insegna della solitudine e del relax, di cui mi ha reso contenta ed entusiasta della sua compagnia, coinvolgendomi a tal punto di conoscere più a fondo i figli di carta dell’autore. Seduta alla scrivania, con il mio immancabile bloc-notes, osservo questo foglio bianco intrappolato in una sfera virtuale dall’aria luminosa e vaporosa, pensando a cosa scrivere. In effetti, è parecchio difficile mettere in ordine le idee. Perché sino a quando si vestono i panni di osservatore attento e scrupoloso è davvero facile non porsi criteri, giudizi, piuttosto pareri a caldo che evaporano poi nella luce stagnante. Ma a me non è mai piaciuto lasciar andare via ciò con estrema facilità; perciò, credo che scrivere sia il miglior surrogato per evocare tutto questo. Descrivere il caso che si fa beffe di moti di inesplicabile inettitudine o stoltezza e parlo con la mia anima. Mi guardo allo specchio e so che, anche se potrebbe volerci del tempo, qualcosa arriverà. Arriveranno le parole, ogni domanda avrà una sua risposta. Ogni romanzo che leggo vede poi un processo di assimilazione che romanticamente parlando tiene in stretto contatto questo mondo con quello di là. Non lascio mai andare, perlomeno non subito, quella data storia se non prima l’ho compresa. In questo caso, non è stato difficile. Tutto sommato sapevo a cosa andassi incontro, e non ci fu bisogno di formulare neppure l’interrogativo, ma sarà di certo qualcosa di semplice ma che non vorrò mi scivoli addosso. Perlomeno non adesso, le cui parole non proprio luminose e straordinarie mi riporteranno nel mondo dei vivi.
Ho camminato lungo una strada, dinanzi a due figure nascoste nel buio il cui vocio delle loro voci si espanse in tutta il perimetro circostante, ma chiunque si sarebbe fermato, e ascoltato con espressione grave le loro urla. Sembrava proprio che stessero confessando qualcosa di terribile e che avrebbe cambiato le sorti del mondo. Perlomeno le loro
Anch'io mi ero fermata a lungo dov'erano, e li guardavo negli occhi. Andy si rivolgeva principalmente alla gente, ma, ciò di cui non era consapevole è che si rivolgeva a un centinaio di migliaia di lettori a lei invisibili. Il suo tono era quello di una piccola donna non avvezza a farlo, eppure sembrava estremamente sincera. Quel qualcosa di repellente che avvertivo mentre parlava a quattr'occhi con il resto del mondo era ben celato in una parte remota e inaccessibile della sua persona. Il suo eloquio ebbe un potere di persuasione particolare.
Cosa avrei dovuto fare se non ascoltarla? Ogni avvenimento sembrava di viverlo in prima persona. Questo è stato l'elemento scatenante. E nelle vicende che hanno composto queste pagine, che sembrano alquanto complicate, praticamente lo erano, il movente non sarebbe stato così semplice. Tutto dipendeva da ciò che effettivamente desideravo vedere; non c'era nient'altro. Era radicato nelle radici della violenza, delle passioni umane, nell'odio, nel dolore, e tutto ciò che contava veramente era estrapolare queste radici. Scavare indipendentemente dalla paura. Scavare ancora e ancora fino all'estremità di queste radici. In questo modo ogni cosa sarebbe divenuta più chiara. Così sono andate le cose dipinte nel mondo Kingiano. Sarei stata stupida se pensavo che mi sarei facilmente liberata di quel senso di apparente complessità, che attanagliò le mie viscere per tutta la durata della lettura. Ho vagato nelle tenebre alla ricerca di un’uscita, e alla fine qualcuno si tolse persino la vita senza averle dato alcuna importanza.
Il motivo per cui scrivo tutto questo è dovuto dal fatto che, fra le pagine di L’incendiaria, ho letteralmente perso il senso dell'orientamento, non ho compreso appieno il principio che regola le cose. Nella mia testa ci sono solo uomini forti e avvenenti, damigelle romantiche e quasi sempre in pericolo. Ci capisco molto poco di paura. Non capisco nemmeno il motivo per cui il mio interesse sia accresciuto solo adesso, eppure mi sono sempre posta interrogativi sulla sua provenienza e natura. E questo è stato uno dei motivi che mi ha condotta dritta dritta fra le fredde braccia delle tenebre.
Ascoltando le parole del suo povero padre, Andy, dentro di me a poco a poco sentivo crescere la collera. Una collera che mi tolse il fiato. Entrambi si rivolgevano al mondo intero, ma in realtà è a me che si sono rivolti. Non ci sono dubbi che avranno avuto innumerevoli ragioni, così terribilmente mostruose e tortuose, eppure perché non ribellarsi? Non usare il conforto di un amico, un parente lontano per allontanarsi da questa landa deserta in cui era sprofondata?
Valutazione d’inchiostro: 4
King non fa per me; ottima recensione comunque; grazie
RispondiEliminaA te 😊😊
Elimina