sabato, maggio 31, 2025

Gocce d'inchiostro: La figlia di Debussy - Damien Luce

I giorni passano senza che io nemmeno me ne accorga. Oltre la monotonia, la quotidianità in cui sono completamente immersa, mi congratulo con me stessa per l’ostinazione cui perseguito i miei obiettivi. Leggere un discreto numero di letture, e, ogni tanto, accogliere nel mio salotto virtuale autori emergenti che timidamente bussano alla mia porta con nient’altro che l’umile richiesta di regalargli qualche ora del nostro tempo. Fu così che sul finire del mese di marzo, approdò fra gli scaffali della mia libreria un romanzo dalla copertina color affascinante il cui primo impulso fu di divorarne le pagine e custodirne gelosamente il suo contenuto. Praticamente come accade quasi sempre, quando leggo. Abbraccio storie, autori sconosciuti e non, e non rinuncio al proposito di separarmene se non nel momento in cui avrei combattuto la curiosità, le ingiustizie del mondo assurdo in cui ogni tanto mi sembra di vivere. Scrivere una recensione è quasi sempre un impresa per nulla semplice. Crea confusione, combattimento, con la testa zeppa di parole che non vogliono sapere di essere riempite, in balia di sensazioni a cui non sempre riesco a dar voce. Questo è quello che è accaduto con questo testo. Un volume dalla mole alquanto ridotta, che ho letto in pochissimo tempo, e fra le cui pagine si nasconde il nome di un autore che, nel tempo, pronunciando quelle giuste parole, ha infuso vita persino alle cose inanimate. Narrandoci la storia di uno dei più celebri compositori francesi fosse sua. Imprecisa, imperfetta, ignota destinata a divenire massima di vita, istinto e carne.


Titolo: La figlia di Debussy

Autore:  Damien Luce

Casa editrice: Elliot

Prezzo: 17, 50 €

N° di pagine: 141

Trama: "Ogni settimana suonerò un pezzo di Claude Debussy. Sarà il mio modo di decorare la sua memoria, di riviverlo. Ripercorrerò la sua vita passo dopo passo, nota dopo nota". È la primavera del 1918, Claude Debussy muore a Parigi. Claude-Emma, l'unica e amatissima figlia del compositore (cui dedicò i sei brani del Children's Corner), decide di ripercorrere la sua storia attraverso la musica. Ha solo tredici anni. Morirà l'anno dopo di difterite. Damien Luce ricostruisce un diario immaginario di "Chouchou" - come era chiamata affettuosamente dal padre - attraverso cui rivivono le musiche, la vita, le storie personali e quelle di famiglia del musicista, il suo rapporto speciale con la figlia, il clima di paura e disperazione nella capitale francese ai tempi della guerra. Chouchou ricorda di quando era più piccola, quando passava il tempo sotto il pianoforte ad ascoltare il padre, in quella che era la sua "capanna" personale. Nel filo dei pensieri, filtrati da uno sguardo di tenerezza, le ombre della disgregazione si trasformano in luci di gioia in questo poetico e delicato omaggio all'amore celato dietro l'arte musicale del grande compositore.


La recensione:

Fra scrittori c'è quasi sempre un'immediata fratellanza. L' <<io>>, che altrove ha sempre bisogno di affermarsi, di difendersi, fra le pagine bianche di un romanzo si sente tranquillo. Una volta varcata la soglia e la zaffata d'aria calda che tiene fuori il freddo mondo degli altri, non c'è più bisogno di dire chi si è, il mestiere che si faceva o si fa, o meglio urlare alla gente tutto quello che si ha saldamente nascosto. La scrittura a questo proposito è una grande occasione. Murakami Haruki, in uno dei suoi più celebri romanzi, sostiene che quando gli manca qualcosa, pensa immediatamente alla scrittura. Lì è possibile raccogliere tutte le ossa che si vuole, costruire la parte più splendida del mondo, e creare una sorta di battesimo magico che riesca a mettere in contatto questo mondo con quello dell'altro.

La penso anch'io così, quando termino di leggere un romanzo. Non posso dargli torto! Con la scrittura io non mi sento mai sola, mi apro a dismisura e, se non amassi così intensamente i libri e la buona letteratura, dove l'anima di chi scrive sembra combaciare perfettamente con quella di chi legge, anch'io non sarei arrivata alla conclusione che dalla scrittura c'è molto da imparare, molto da cui trarre ispirazione e nutrirsi.

Nella sala d'aspetto della vita ho visto molti scrittori cercando di indovinare le loro storie: riconoscevo quelli che si affacciavano sul mondo per la prima volta, ancora attaccati al mondo di fuori e che si comportavano come se fossero lì per sbaglio; quelli all'inizio di un percorso ancora "impauriti", e quelli già abituati alle negazioni; quelli già arresi e quelli da cui si intuisce che il loro è un percorso appena iniziato.

Ma qual è stata la vera ragione che mi ha portato, per vie traverse, al loro cospetto? Forse c'era qualcosa che avevamo in comune?

In un certo senso una vera ragione esiste.... e le storie che ho letto si, le ho vissute con orgoglio, rimpianti, sorrisi.

La storia di questa ragazza, la figlia di un celebre musicista quale Debussy, semplice, ma interessante - che in una sfilata di figure pubbliche che fanno parte di un paesaggio confuso a cui non si presta particolare attenzione, ha portato alla luce la storia che l'autore si portava dentro. Quasi sempre adoperando parole giuste per raccontarmela, e quasi sempre componendo una melodia particolare che è scivolata nei ricordi luminosi della sua infanzia. Su uno spazio sconosciuto, in una schiera di anime perdute che entrano nella lotteria della vita, in una girandola di musica e parole. Fra i vicoli tortuosi di una città che ha sempre destato il mio fascino, che mi ha trasmesso un piacevole senso di famigliarità. Dove la casa abbandonata della mia coscienza, senza mobili e utensili, riconosceva come unica traccia esclusivamente quella di anime che, nate sotto una cattiva stella, non riescono a sfociare in tutta la loro essenza.

E, dalla soglia morale della loro insoddisfazione, narrandoci la loro storia quasi come una lunga e profonda meditazione su quello che, talvolta, ci riserva la vita. Scritte in quelle che non sono altro che pagine delle loro vicissitudini, ferite ancora fresche che dilaniano l'anima, che si trascineranno fino a quando non riusciranno a liberarsi dal passato; salvarsi affinché possano conoscere, a fondo, il bene e il male e poter così finalmente fuggire nell'unico luogo dove nessuno potrà mai trovarli.

Romanzo che è un accozzaglia di ricordi, e che non indugia sui grandi gesti ma è una dolce litania sussurrata silenziosamente e con rammarico in cui l'autore ha scritto la storia di Debussy, di sua figlia che quando suona, l'uno, scrive l'altro, cercano la vita. Scrivere quelle giuste parole che infondano vita alle cose inanimate non basta e dunque comporre musica come qualcosa di necessario.

Valutazione d’inchiostro: 3

2 commenti:

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