mercoledì, giugno 14, 2017

Gocce d'inchiostro: Notre Dame de Paris - Victor Hugo

Le pagine di un romanzo non possono esprimere emozioni: eppure non è pur vero che riescono a leggere il nostro cuore? Le pagine di un romanzo, come dice il mio amato Murakami, possono palpitare e, ad assicurarmi che è così e che in questo momento, proprio a me, stanno donando un'infinità di sensazioni altalenanti è Notre Dame de Paris. Coraggioso, forte, fiero, cui ho amato sin dall'inizio del prologo, quando erano ancora delle immagini sfocate. 
Sono trascorse quasi due settimane da quando in questo romanzo - corposo, ma emozionante e di bell'aspetto - ho riscontrato solamente sensazioni piacevolissime. Tutto ebbe inizio con un'incontro casuale e fortuito che, a distanza di poco tempo, ha completamento rovesciato il mio universo personale. Ero certa che, nonostante i miei pomeriggi fossero quasi sempre all'insegna del tedio e della monotonia, Notre Dame mi avrebbe tenuto compagnia per un bel po' di tempo. E con una felicità imprecisata, che come un buco nel cielo filtra la luce nell'infinito, ho coltivato nel cuore la speranza che potesse piacermi. 
Adesso che ho terminato di leggere di Frollo, Esmeralda, Gringoire, un sorriso smagliante spunta repentino sul mio viso. Sotto un cielo fiorito di maggio che ha tremato da solo sotto un manto di quiete, riporto queste poche righe confidando di poter strappare qualche sorriso e magari regalare qualche sensazione. Invasa da un marasma di parole che hanno offerto al mio sguardo curioso l'aspetto di una tempesta repentina che si è riversata in ogni istante nello squallido angolo della mia esistenza.
Titolo: Notre Dame de Paris
Autore: Victor Hugo
Casa editrice: Newton Narrativa
Prezzo: 9, 00 €
N° di pagine: 549
Trama: L'arcidiacono di Notre Dame, Claude Frollo, si innamora della celebre danzatrice zingara Esmeralda. Incarica perciò il grottesco campanaro della cattedrale, il gobbo Quasimodo, di rapirla. Ma il capitano Phoebus de Chateaupers la trae in salvo e conquista il suo amore. Frollo uccide Phoebus facendo ricadere su Esmeralda la colpa del delitto. Quasimodo intanto, commosso da una atto di gentilezza di lei, diventa quasi un suo schiavo e la conduce a Notre Dame per proteggerla. Dopo una serie di peripezie, Esmeralda verrà catturata e fatta impiccare sotto gli occhi di Frollo, che osserva impassibile l'esecuzione. Quasimodo, disperato, ucciderà Frollo e poi, con il cadavere della donna fra le braccia, si lascerà morire a sua volta.


La recensione:

- Oh, l'amore! É essere due e non essere che una persona sola. Un uomo e una donna che si fondono in un angelo. È il cielo.

La bella cattedrale di Notre Dame divenne celebre nella meravigliosa Parigi del XV secolo, all'angolo fra la Corte dei Miracoli e la chiave della Porte- Rouge. Il giorno in cui mi recai in questo mondo visionario, Notre Dame era illuminata dal livido chiarore di un giorno di gennaio. Invasa da una folla variopinta e rumorosa che andava alla deriva lungo i muri. Mettendomi comoda, accavallando metaforicamente le gambe in una tribuna della Francia del secolo.
Venerabili figure, ammantate d'ermellino, di velluto, di porpora, in un silenzio greve, degno, basso, fra mille bisbigli o sussurri circondarono la mia avanzata lenta. Sulla soglia di una storia che perpetuerà nel tempo in cui echeggerà il nome di questo bellissimo monumento: la cattedrale. Si sarebbe detto che un filo invisibile e magico avesse attirato improvvisamente il mio sguardo rivolto alla sala così gremita di fiamminghi. Niente avrebbe potuto ridestarmi da quest'incantesimo. I miei occhi restavano fissi lì, e chiunque avrebbe impedito questa mia avanzata; voci, parole, suoni sarebbero stati motivi di allontanamento.
Per una visitatrice come me autori di calibro come Victor Hugo sono l'incontro obbligato con la letteratura medievale e la prima impressione è stata meravigliosa. Come ogni cosa, anche la bella Parigi di cui ci parla Hugo ha avuto un suo modo di presentarsi, di farsi vedere al suo meglio. Quello di Hugo la cattedrale di Notre Dame. Lo specchio che riflette l'anima di chiunque, rappresentazione unanime iniziata con acclamazione; eterno flusso e riflusso del consenso popolare. Lettori di ogni razza e età arrivano e risiedono lì e in verità non ci sarebbe bisogno di vedere altro, perché la cattedrale è il concentrato di tutto quel che il romanzo di Hugo ha da far vedere di sé: la sua efficienza, la sua sporcizia, il suo disordine, il suo essere più grande di quel che già è, di inutilità e di miseria.
Io, data la mia condizione di lettrice avida e curiosa, non potevo esimermi da questo viaggio e, come tanti altri visitatori in precedenza, lavoratori frustrati con la calvizie incipiente, medici stressati dai ritmi frenetici e agitati, arrivai nella splendida Parigi del XV secolo da un portale segreto: le pagine di un libro, da un accozzaglia di frasi e parole che lasciano un segno del loro passaggio. E' da lì che, all'inizio di gennaio del 1482, arrivarono anche gli egiziani. E, in particolare, lei: Esmeralda. Avvicinata da tutti, creatura così tanto bella che Dio l'avrebbe preferita alla Vergine e l'avrebbe scelta per madre e avrebbe voluto nascere da lei se lei fosse esistita. Voluttuosa, dispensatrice inconscia di passioni. La cui immagine brucia nella testa di chiunque, tenebrosa e crudele come il cerchio nero che perseguita a lungo la vista dell'imprudente che ha fissato a lungo il sole. Non c'era niente da fare. I parigini non potevano evitare di essere sedotti, semplicemente guardandola. Allo stesso modo io non potei evitare di farmi sedurre dalla sua bellezza andando a vederla, ascoltarla, con la sua fidata compagna, con i piedi nudi e un manto di capelli color ebano, dalla parte sbagliata e impreparata dalla sua bellezza.
Come una bambina persa da mille immagini di gioia, di grazia e tenerezza, che si affollano attorno alla cittadella della mia coscienza, divenendo e trasformandosi in qualcosa di meraviglioso, la storia della bella Esmeralda è divenuta ricca di magnificenza. Strumento di grazia che ha colmato il mio cuore di un assurda felicità. Pulsazione del cuore che vibra di una forza profonda e sensibile, ma accarezzata da un angelo e pizzicata da un diavolo. Notre Dame mi si è presentata come quel posto che avevo immaginato: rumorosa, animata, viva. Con imponenti e grosse colonne da cui mi sono circondata, come un enorme zampa che ha percorso il suolo col suo frenetico passo. In un marasma di febbre e follia giunti a un livello così alto d'intensità che il mondo esterno pareva una specie di visibile, palpabile, spaventosa apocalisse.
Tutto questo non è stato altro che una visione splendida sulla quale il reale si è alternato al fantastico. Su una finestra che lascia intravedere attraverso le sue maglie rotte un pezzo di cielo e una luna coricata in lontananza su un guanciale di soffici nubi, così potente e appariscente. Umile e modesto per fama di far ingelosire la Venere di Botticelli. Di queste fattispecie ne ho letto davvero poco, e indossando un mantello che mi ha donato sicurezza e - credo - rispettabilità ho fatto perdere volutamente le mie tracce in un imbuto di pietra in cui sono confluiti tutti gli aspetti geografici, politici e morali di un paese. Tutto ciò che è linfa, tutto ciò che è anima di una nazione, che filtra incessantemente ammassandosi goccia a goccia, secolo per secolo.
Cerchio magico per chiunque decida di avventurarsi, per poi sparire in minuscoli pezzettini, in questa meravigliosa avventura. Fiumana di vizi, mendicanti, poesia, romanticismo in cui la filosofia è massima di vita per molti. Rifugio o medicazione dell'anima di uomini soli, danneggiati e contriti. L'uomo si vede bisognoso d'affetto, in quanto la vita senza tenerezza e senza amore altri non è che un ingranaggio arido, crogiolante, stridulo. In una miscela disomogenea di uomini, donne, bestie, età, sesso, salute, malattia, confusione e sovrapposizione in un unico tutto.
Ho avuto come l'impressione di vivere in un nuovo mondo, ignoto, inaudito, deforme, strisciante, brulicante, fantastico. Un fumo nero si era diffuso fra me, i personaggi e gli oggetti, intravisti nella bruma incoerente di un incubo, nelle tenebre dei sogni che fanno vacillare ogni contorno, aggrinzire ogni forma, dilatando le cose come chimere e gli uomini come fantasmi.
La realtà aveva conferito un immagine completamente diversa, urtando i miei occhi, demolendo pezzo dopo pezzo tutto lo spaventoso romanticismo di cui credevo di essere circondata. Era melma quella che toccavano le suole delle mie scarpe, erano ladri la gente che mi affiancava, che non rischiava l'anima ma la vita. Un gigante a mille teste e mille braccia si era fissato in una forma eterna, visibile, palpabile. Con parole che sono state messe di traverso, nella corrente di un fiume inarrestabile e impetuoso, raggruppandosi, combinandosi, amalgamandosi, scendendo, salendo, rovinando al suolo, ammassandosi nel cielo.
Ho letto questa storia in un principale momento della mia vita. Sino a poco tempo prima, non conoscevo il significato della parola amore. Ingenua, romantica e sognatrice sempre. Incontri inaspettati talvolta possono davvero cambiare la nostra vita, persino un banale romanzo come questo: mi ha rinvigorito, donato una gioia incontenibile che è trapelata da ogni dove, padrona di un destino di cui non ne conoscevo nemmeno l'esistenza. Quasimodo ed Esmeralda. Figure cupe e infelici che mi hanno fatto risplendere di luce. Fatto fiorire con melodie, cadenze inattese, frasi semplici cosparse di note taglienti e sibilanti, in cui predomina l'armonia, in morbide ondulazioni d'ottave.
C'è stato in tutto questo un non so ché di particolarmente vertiginoso, potente ed inebriante dal quale è stato davvero difficile concepirne un'idea precisa. Adesso che ho terminato il romanzo, mi domando: che ne ha fatto il tempo, che ne hanno fatto gli uomini di questa meraviglia? La storia del gobbo Quasimodo e della bella Esmeralda risuonerà nelle mie orecchie per tanto tempo, sulla soglia di un epoca che si sta avviando verso la distruzione. Una tempesta emotiva, visiva che alla fine è solo un rumoreggiare che alita dolcemente sul nostro collo. Contemplazione estatica con la quale il lettore vede i suoi più reconditi desideri realizzarsi nel silenzio di un vasto uditorio. Viaggiatrice, osservatrice, esploratrice che ha ascoltato ogni singola parola di questa storia, persa nel bel mezzo della folla nascosta dagli sguardi furtivi di gente curiosa e avida.

Non guardare la faccia, fanciulla. Guarda il cuore.
Il cuore di un bel giovane è spesso deforme. Vi sono cuori ove l'amore non si conserva.


Valutazione d'inchiostro: 5

2 commenti:

  1. Mi hai stregato con questa recensione ^_^ E' uno di quei libri che vorrei leggere da sempre, ma che neanche ho nella mia libreria. Devo rimediare, assolutamente!

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