I romanzi che hanno come tema
centrale l’amore per i libri, esaltano la letteratura come unica risorsa di
sostentamento, sono quella fonte inesauribile di piacere da cui spesso attingo
pur di mettere a posto qualcosa dentro di me. Mi infilo comodamente in mezzo a
carcasse di anime inquiete, forti e indomabili, combattenti di una cruciale e
irruenta guerra che non lascia alcuna via di fuga. Io li definisco piccoli
tesori, queste scoperte, e le mia coscienza si bea quando si imbatte in
letture di questo tipo. Se ho avuto un eccesso di letteratura, parole messe di
traverso e poi abbandonate lungo la corrente di un fiume, non ha propriamente
importanza; ciò che conta è che in un certo senso hanno aperto uno squarcio
sull’anima. Con il romanzo di Janet Skeslien Charles, pur quanto i suoi buoni
propositi erano piuttosto ovvi, non ho riscontrato quella particolare magia
che, quasi come priva di volontà, non mi ha accolta con un certo calore, un
certo affetto. Mi è sembrato un romanzo troppo freddo, quasi cinico, per
concretizzare l’idea di amore, memorie, reminescenze che comparvero sulla
scena, in attimi di vita qualunque, non invitandomi ad entrare piuttosto a
restarne in disparte. Ho bussato alla porta della American Library confidando
in un lauto benvenuto. In parte così è stato. E nonostante il suo è stato un
risvolto inaspettato e poco confortante, è stato comunque interessante starci al
suo interno. Si tratta comunque di un romanzo che esalta la letteratura, e non
solo per gli innumerevoli romanzi che sciorina così bene. Ma anche per quelle
poche immagini che mi hanno irretito al punto di non sconfortarmi, perché in
parte delusa di non essermi sentita vicina.
Titolo: La biblioteca di Parigi
Autore: Janet Skeslien Charles
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 17, 90 €
N° di pagine: 400
Trama: Parigi, 1940. I libri
sono la luce. Odile non riesce a distogliere lo sguardo dalle parole che
campeggiano sulla facciata della biblioteca e che racchiudono tutto quello in
cui crede. Finalmente ha realizzato il suo sogno. Finalmente ha trovato lavoro
in uno dei luoghi più antichi e prestigiosi del mondo. In quelle sale hanno
camminato Edith Wharton ed Ernest Hemingway. Vi è custodita la letteratura
mondiale. Quel motto, però, le suscita anche preoccupazione. Perché una nuova
guerra è scoppiata. Perché l’invasione nazista non è più un timore, ma una
certezza. Odile sa che nei momenti difficili i templi della cultura sono i
primi a essere in pericolo: è lì che i nemici credono che si annidi la
ribellione, la disobbedienza, la resistenza. Nei libri ci sono parole e
concetti proibiti. E devono essere distrutti. Odelie non può permettere che
questo accada. Deve salvare quelle pagine, in modo che possano nutrire la mente
di chi verrà dopo di lei, come già hanno fatto con la sua. E non solo. La biblioteca
è il primo luogo in cui gli ebrei della città provano a nascondersi: cacciati
dalle loro case, tra i libri si sentono al sicuro, e Odelie vuole difenderli a
ogni costo. Anche se questo significa macchiarsi di una colpa che le stritola
il cuore. Una colpa che solo lei conosce. Un segreto che, dopo molto tempo,
consegna nelle mani della giovane Lily perché possa capire il peso delle sue
scelte e non dimentichi mai il potere dei libri; luce nelle tenebre, spiraglio
di speranza nelle avversità.
La recensione:
Si parla di libri … del
contatto intrinseco che sorge, spontaneamente, fra uomo e metaletteratura,
tuffandoci in un epoca che non è più la nostra. Indietro, indietro nel tempo,
fino a uno degli scontri più cruciali e accesi della Storia. Un periodo in gran
parte rievocato da testi, trasposizioni cinematografiche, remak, e so bene
anche che i ricordi a volte sono bugiardi. Bisogna studiare a fondo pur di rievocare
fedelmente la realtà. Tuttavia credo di sbagliarmi nel dire questo, quando
parlo del romanzo d’esordio di Janet Skeslien Chalers, perché il romanzo
conserva intatta quelle atmosfere di quegli anni, al punto di riprovare le
sensazioni che molta gente dovette provare in quel momento, e non penso che
queste sensazioni possano mentire. Qualunque cosa l’autrice avesse voluto
estrapolare dalle soglie del tempo, l’istinto mi dice che ha dato poco peso al
senso << romantico >> delle vicende. La sua genesi avvenne molto
cautamente, e quando cominciò a scrivere non potè più fermarsi fin quando
qualcosa dentro di lei non andò al suo posto. La biblioteca di Parigi, si
distingue da altri romanzi del genere, per una buona e fedele introspezione dei
personaggi, descrizione di luoghi in cui mi è sembrato di poterci camminare,
mentre invece sedevo concentrata sulla mia poltrona preferita, e quando la
matassa degli eventi cominciò a districarsi dinanzi ai miei occhi il romanzo
aveva già una personalità ben definita. Non voglio dire che questo sia stato l’elemento
che mi ha indotta a non assegnargli un voto più alto, ma dovuto semplicemente
dal fatto che i libri – i veri e propri protagonisti – non hanno una sua anima.
Non so perché, è difficile da spiegare, ma non si va mai al di là del semplice
fatto che la letteratura sia la salvezza, ciò che avrebbe mutato gli eventi. Proiettato,
tale amore, in drammi di svariato genere: quelli interiori, i più tormentosi, e
quei repentini cambiamenti che
costellano la vita di tutti. Non solo quella di Odelie, ma di ogni singolo
personaggio.
Ho un ricordo particolarmente
vivido. Riguarda un momento imprecisato della mia vita, quando accettai di
pagare a una somma esorbitante una storia. Non dimenticherò mai la prima volta
che avvertì sulla pelle il brivido dell’eccitazione provocata dalla lettura di
un romanzo che, all’epoca, aveva fatto parlare parecchio di sé. La mia fervida
curiosità, il mio interesse nei riguardi della letteratura cresce giorno dopo
giorno mediante la possibilità di rifugiarmi in mondi ancora inesplorati. La biblioteca
di Parigi doveva fungere allo scopo. Doveva essere quel tipo di storia, giunta
al momento giusto, e di cui avevo fortemente bisogno. Purtroppo non è stato
così, sebbene la sua è una storia che stampata su un’innocua pagina bianca
vivrà certamente più a lungo di chi la legge.
Il pomeriggio in cui accadde il
fatto in questione, mi trovavo in una situazione di precaria incertezza. In un
periodo non molto dissimile da questo, con pile e pile di romanzi ancora non
letti che aspettano solo il momento propizio per cui io possa impossessarmene,
il romanzo della Charles mi apparì come quella perfetta distrazione che avrebbe
dovuto regalarmi piacevolissime ore in sua compagnia.
La malinconia che rievoca il
tema del ricordo, la formazione culturale che avrebbe dovuto arricchire quella
fascia limitrofa di popolo francese, protagonisti che vedono i libri come
appigli di sopravvivenza fisico anziché morale, una passione sterile che cresce
man mano, avrebbero potuto avere una loro << voce >>. E l’ozio e il
tedio, che generalmente scaturiscono da certi tipi di letture, presto o tardi
mi avrebbero stancato per la sua improduttività. Quel grumo di diffidenza che
aveva albergato, sin dal principio, nel mio animo, arrivò al punto che la
lettura de La biblioteca di Parigi
rappresentò una condanna. Scrivo << condanna >> perché, dopotutto,
stavo soddisfacendo una mia curiosità letteraria, e l’idea di concedergli un
occhio di riguardo disgraziatamente fu il prezzo che dovetti pagare.
D’altra parte non voglio
esagerare. Anche se alla fine fra me e i personaggi della Charles non ci sia
stato un vero e proprio contatto, io e la sua storia ci rivelammo un po’
distanti, il più vivo ricordo che ho della sua lettura è l’intensità delle
parole. Sono stata invasa da un flusso incontenibile di parole nel quale il mio
cuore ha inevitabilmente emesso un battito, non essendo completamente
assuefatta, ma confuso in un unico spiazzo di grigiore, polvere e scrittura,
come se appartenenti alla stessa magia. I libri come intimi amici, le letture
come ponti d’esplorazione, le condizioni inadatte per sopravvivere e che si
sovrapponevano agli stili di vita mondana e semplice, convergettero in un unico
scenario in cui la distanza si accorciò, debolmente, ma mi indusse a muovere i
primi passi in uno squarcio di storia di cui non ne sapevo assolutamente l’esistenza.
Questa American Library era per me del tutto sconosciuta, e grazie alla sua
autrice e a questo romanzo ho imparato il segreto della sopravvivenza. Interpretato
svariate frasi di sostentamento. Non credo sia stato facile arricchire il
proprio bagaglio culturale con le innumerevoli ricerche prodotte dalla sua
autrice. La Charles però ricorda come i libri sono mondi inesplorati che legano
uno svariato gruppo di persone, in posti in cui la notte si confonde col giorno
ma non così scuro da non poter vedere tutto ciò che ci circonda.
Sono stata contagiata dal tono
drammatico, malinconico, quasi nostalgico nel momento d’iniziazione alla vita
drammatica e infelice propiziata da Odelie, e tutto mi è sembrato però
estremamente freddo, impregnato di quella assurda tragicità tipica dei romanzi
di guerra con la quale la fugacità di un misero atto di redenzione investiva
inevitabilmente anche l’atto più insignificante. Pagine bianche che mettono a
nudo ogni personaggio, gente che non ha volto né nome da nessuna parte. Fantasmi
intrappolati in epoche e luoghi in cui essere nessuno è più onorevole che
essere qualcuno. Parigi, protagonista indiscussa del romanzo, diviene qui non
solo rappresentazione scenica del romanzo ma anche sfondo di una sfilza di
soggetti e situazioni simboliche. Una successione di tappe del cammino di svariate
figure, che appaiono misteriose e imperscrutabili e che vagano lungo la riva
dell’insoddisfazione, cercando la possibilità di riscattarsi e redimere la
propria anima.
Un romanzo di transizione per
chi ama i libri e la letteratura, che rappresenta l’oggetto d’attrazione per
una serie infinita di personaggi nonché terreno ideale per l’indagine accurata
del rapporto fra l’esistenza e la sua rappresentazione fra letteratura e vita. Un
vaso di Pandora contenente verità fondamentali che pochi individui sono in
grado di comprendere, e che io non ho accolto con quel calore che confidavo di
provare. Poiché nel rispolverare questo frammento di storia non mi sono sentita
unanime ai suoi personaggi. Sebbene la sua architettura letteraria sia
perfetta, una prosa musicale che disgraziatamente non si è accordata alle note
del mio cuore.
Valutazione d’inchiostro: 3
Libro interessante, ottima recensione
RispondiEliminaGrazie! Poi mi dirai, allora ☺️☺️
EliminaBellissima recensione! Spero di leggerlo <3
RispondiEliminaGrazie ❤️☺️
EliminaCiao! Io adoro tantissimo i libri per parlano di libri 🥰
RispondiEliminaLa tua recensione è molto bella e mi hai invogliata a leggerlo! Inizio a segnarlo in Wishlist! :)
Grazie! Attenderò aggiornamenti, allora 🤗🤗
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