Dell’autrice, esattamente un anno fa, lessi un romanzo, Amy e Isabel, con il quale presi confidenza nell’immediato. Fare pace con il silenzio che sovrastava i miei pensieri, essendo già abituata a questo tipo di letture, enunciano a mio avviso un certo potere stilistico che mettono in contrapposizione anima e cuore. Spesso per merito dello stesso autore o autrice, o dell’attitudine che si riservano a certe pagine, per cimentarsi completamente in queste storie è come leggere un resoconto della vita di ognuno di noi. Le immagini restano ancora vivide nella nostra testa, specie quando dovetti metterle per iscritto. Uno schermo bianco e silenzioso emise un folgorante splendore. Cosa avrei dovuto aspettarmi dall’ennesima lettura di una delle autrici più lette di questo periodo? Questa è una raccolta di racconti che furono concepiti con l’idea di raccontare la vita di una serie di svariati personaggi, che si intrecciano nel mondo di una donna sgorbutica e inavvicinabile, Olive Kitteridge. E per il resto, purtroppo nulla? Qualche momento di pura noia, situazioni ed eventi che non trascendono nulla di straordinario ma in un certo senso abbelliscono un quadro già povero ma non inesprimibile che non potei fare a meno di pensare che questa sarebbe stata una buona occasione per amare ancor di più la sua autrice, anziché semplicemente apprezzarla e ricordarla con tenerezza.
Autore: Elizabeth Strout
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 383
Trama: In un angolo del continente nordamericano c'è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull'Oceano Atlantico c'è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È lì che vive Kitteridge, un'insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell'animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull'altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: «Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi».
La recensione:
Smarrirsi in certe situazioni non è un’impresa poi così difficile. L’anima di un romanzo non sempre coincide con la tua, nonostante si analizzano le differenze che intercorrono fra sogno e realtà, vero e fasullo, distaccandoci quasi dal resto del mondo, riflettendo sui registi stilistici che l’autrice adoperò per raccontarci, forse raccontarsi?, distinguendosi in effetti dal resto del mondo creando un buon prodotto commerciale in un’ampia gamma di pensieri, eventi, rendendoci conto che il tema affrontato non c’entrava niente col resto del libro, che distruggendo dall’interno non diede spazio ad alcun ragionamento. Fraintendere, dunque, un progetto letterario come questo fu per me sorprendente, ma è grazie a certi errori che si cresce, si fa esperienza, comprendi come riparare certi danni.
Non ho attribuito un giudizio negativo a Olive Kitteridge semplicemente perché da sempre mi attraggano le storie drammatiche, perché esse riescono ad accarezzare la mia anima semplice ma appassionata con estrema cura, soprattutto perché riesco ad avvertire maggiormente cosa e chi mi circonda,
Elisabeth Strout scrisse questo primo libro da cui ne seguì un altro, che non credo però mi premurerò a leggere. La sua lettura mi ha lasciata col cuore immerso in una patina putrescente, appiccicosa, che lascia una vaga piattezza sospesa nell'aria, ma soprattutto forme di vita sbiadite e quasi prive di colore. Per sapere chi è la donna che tiene saldo questo legame fra figure che si incontrano nella lotteria della vita senza alcuna parvenza di conoscenza, perché è questo il fulcro dell'intero romanzo, è necessario scovare quelle forme "malate" che impediscano il suo lento processo. Tutto questo per dire, che a dispetto delle mie intuizioni, Olive Kitteridge mi ha ridotta a pezzi, con i suoi contorti meccanismi e ruoli che hanno avuto un'importanza tutta loro. Il labile confine fra possibile e impossibile, l'amore di una madre per una figlia, mi pose dinanzi all'ascolto del racconto forte e intenso dei protagonisti, frammenti forse della vita della stessa autrice, del suo concetto di amore e legami perduti. Questo romanzo è infatti un esame attento e dinamico, quasi una lunga riflessione e confessione, concetti che divengono una quintessenza che si fonde e si disperde al punto tale che non esiste un'immagine perfetta, costante nel tempo ma solo una lunga serie di apparizioni, modi di sopravvivenza. Uno squarcio di vita che conferisce un'idea piuttosto chiara dei sentimenti intrinsechi che animano spesso l'animo in quanto si amalga perfettamente al presente, in un carosello di immagini ed episodi che si riversano sotto cieli grigi di rammarico, ricordi o memorie perdute. Non bello ma intenso che mi ha atteso li, invisibile, maturando in queste pagine un processo catartico di cui la mente si aggrappa mediante l'oblio, l'arte imprescindibile delle parole, con il suo vasto corredo di illusioni, esortazioni, moti invisibili del cuore umano. La cosa che mi ha più stupita e conquistata è la forza dei sentimenti, così destabilizzanti, che coincisero col concetto di ingenuità e semplicità del fanciullo, impossibilitata a salvarsi da situazioni insostenibili, nonostante le innumerevoli battaglie di non poter mantenere intatta la propria identità. Un romanzo drammatico, che non mi ha particolarmente colpita ma che teme nell'essere un’anima dannata in mezzo a tante altre, con moti di profonda solitudine. Impossibilitata a non affezionarsi, a cogliere forme di particolare riflessione che mi hanno colta impreparata in quanto il loro sguardo è molto più di quel che sembra: non il ritratto di una semplice storia di donne bensì l'impossibilità di vedere e sentire la realtà circostante al di là di ogni cosa, ogni forma o conseguenza.
Valutazione d’inchiostro: 3
Non conosco, mi spiace non ti sia piaciuto; grazie per la recensione
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