martedì, ottobre 04, 2022

Gocce d'inchiostro: Le ferite originali - Eleonora C. Caruso

La storia era molto simile a quella di altri romanzi, che nella mia lunga carriera di lettrice, ho vissuto adempiemente. Dunque, più o meno come l’aspettavo, forse ancora più concepibile nella sua straordinaria particolarità. Niente di così sconvolgente o inammissibile, come riporta la quarta di copertina, ma qualcosa che in un certo senso mi toccò nell’anima, dato che non ero sicura di poterne essere travolta, figuriamoci di condividere il peso delle atroci sofferenze che gelosamente custodisce nel suo animo Christian. Qualche immagine, qualche ricordo, qualche sprazzo di felicità, qualche momento di condivisione, così per scrutare ogni assetto della sua anima, per me completamente esposto: una landa desolata in cui sono approdata che mi ha risucchiata in un’atmosfera oppressiva, ossessiva in cui si avanza a tentoni in forme antropomorfe di rammarico, tristezza, avversione. Qualcosa di apparentemente irreale in quanto coincide con lo stato d’animo del protagonista, creatura che si muove in questo disgraziato mondo col desiderio insopprimibile di essere compreso, capito. Curiosa di conoscerlo e di leggere il romanzo più chiacchierato del 2018, ecco che ho abbracciato quest'opera consapevole che alla fine, in un modo o nell’altro, ne sarei uscita guasta, attendendomi l’irrimediabile e l’inconcepibile.


Titolo: Le ferite originali
Autore: Eleonora C. Caruso
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 19 €
N° di pagine: 352
Trama: "Ci sono vite ordinarie, è giusto che ci siano, ma la tua no, la tua vita è pazzesca, è strana, è inspiegabile, è straordinaria. Tu sei fatto per raccogliere gli stimoli più estremi, tu sei destinato a un sentimento vario, universale, colossale, a esplorare quello che significano in ogni sfumatura il sesso, il dolore, l'amore." Siamo a Milano, negli anni di Expo. Dafne ha venticinque anni, studia Medicina, è benestante, graziosa e giudiziosa, e ha un tale bisogno di essere amata da non voler capire che la sua relazione sta andando in pezzi. Davide è uno studente di Ingegneria fisica al Politecnico, vive in periferia, ha la bellezza timida e inconsapevole di chi da bambino è stato grasso e preso in giro dai compagni di scuola. Dante ha quarant'anni, è un affascinante uomo d'affari, ricco e in apparenza senza scrupoli, capace di tenerezza soltanto con la figlia Diletta. Dafne, Davide e Dante non lo sanno, ma tutti e tre hanno in comune una cosa: stanno con lo stesso ragazzo. Si tratta di Christian: ex modello, bellissimo. Seduttivo, manipolatore, egocentrico, Christian ha in sé i mostri e la magia: è bipolare, e alterna picchi di irrefrenabile euforia a terrificanti abissi depressivi, trascinando nel suo mondo spezzato anche Julian, il fratello adolescente, per cui prova un affetto eccessivo, quasi soffocante. Christian catalizza e amplifica come un prisma i desideri di Dafne, Davide e Dante, e le vite di questi quattro personaggi finiscono per intessersi così fittamente che nemmeno al momento della verità - e alla caduta che ne consegue - riusciranno a slegarsi. Regina delle fanfiction e già acclamata dalla critica per l'esordio Comunque vada non importa, Eleonora C. Caruso in questo romanzo conferma il suo grandissimo talento letterario affondando senza timore, e con la voce di una vera scrittrice, in una materia densa, oscura, palpitante - la vita, che deve pur essere qualcosa di più della somma di ciò che abbiamo perduto.

La recensione:

Non possiamo scegliere cosa ci tiene in piedi. A volte devi pensare a una cosa soltanto, cioè non crollare. 

Una volta che giunsi alla porta di Christian, qualcosa dentro di me si mosse. Compresi che i romanzi di narrativa italiana, checché spesso stia alla larga poiché fonte d’inesorabile delusione e inappagamento, non bisogna giudicarli completamente così. Esistono delle eccezioni, piccole perle in cui il tempo trascorso in loro compagnia diviene piacevole, quasi divertente, e allo stesso tempo c’è il gusto di essersi presa gioco del suo autore o della sua autrice, mostrando che … anche questa volta avevo preso una bella cantonata.
Non fu fortunatamente il caso di Le ferite originali, romanzo più chiacchierato del 2018, la cui lettura tuttavia giunse nel mio salotto virtuale tardi, molto tardi per i miei standard, ma che, circondato da quell’aura di diffidenza cui accolgo spesso questo tipo di letture, l’hype cristallizzato dietro una storia che apparentemente non possedeva niente di che, tuttavia riuscì a dominarmi e non lasciarmi influenzare da alcunché, ringraziando la mia buona sorte per aver incrociato la Caruso nel mio cammino, per prendere infine congedo dopo qualche giorno di intensa lettura. Questa era la fine – o l’inizio? -, del risultato di una fitta rete di emozioni, sentimenti generati da altri sentimenti da cui per tutta la vita si è atteso di scovare quella scintilla, quel climax, quella rivelazione. Risucchiato in un universo dolente in cui si avverte un malessere profondo, sorretto da uno stile ponderato e controllato in cui il presente avrebbe cozzato col passato, così insopportabile e spaventoso.
Il passo successivo sarebbe stato inevitabile, e l’unica cosa importante sarebbe stata quella di saper scegliere il momento giusto. Quale? Quella in cui finalmente Christian avrebbe compreso che la verità era celata dietro forme di incertezze, bugie, realtà distorte e immaginarie che hanno camuffato qualunque forma di bellezza, indotto ad aprire e far pulsare incessantemente ferite che non si sono mai rimarginate, quanto pulsato atrocemente in qualunque momento, quando meno se lo sarebbero aspettati. Qualunque segnale di comprensione sarebbe sembrato inequivocabile, in pratica avrebbe scongiurato a chi legge di muoversi, temendo però che dietro a così tanto dolore fosse celata la tragedia, l’irrimediabilità. Proprio adesso che Christian stava << conoscendosi >>, proprio adesso, che nel più improbabile dei momenti, quando solo qualche pagina fa traboccava di fiducia, forza e rigore, quasi tronfio del senso del proprio potere, sprofondando in nuove, logoranti forme di incertezza. Perché tutta a un tratto avrebbe dovuto fidarsi? Che motivo c’è di credere che l’amore avrebbe potuto essere veritiero, spontaneo, naturale senza chiedere nulla in cambio. Ma cos’aveva Christian, portatore di queste ferite originali? Perché mai, mediante la sua voce dolce e sensuale, talvolta imperiosa talvolta frastornante, avrebbe valicato i cieli celesti dell’inammissibile?
Le ferite originali è un romanzo che porta dietro un bagaglio di riflessioni, ipotesi che sono soppesate e valutate, sopraffatti dal terrore e dalla gioia, come uno schiavo davanti alla visione della propria libertà. Durante il corso della lettura, la mia mente era altrove, lontana da qui, a camminare in questa landa deserta, libera e sola d’interpretare il mondo della Caruso, costruire una vita che aveva iniziato a spegnersi nel momento in cui emesse le prime parole, e, più in là, quelle che gli antichi chiamano Fato, e come un grande eroe Christian dovette soggiogarsi. Non avrebbe avuto scelta, e questo romanzo esula qualunque forma di possibilità. Ma solo perché consapevole, irrimediabilmente impegnato a lottare contro qualcosa di più grande di lui. Così gradatamente persuasivo, cedendo almeno alla necessità che ogni cosa sia fatta, ma non privo di forme archetipe di paura.
Il tempo trascorso fra le pagine di questo romanzo non è stato sprecato futilmente, quanto impiegato nell’esame attento di una creatura << antropomorfa >> che mi catapultò in una città che è culla di sogni e speranze represse. Lungo una strada in cui la febbrile speranza che non fosse troppo tardi cozzava col desiderio di comprensione: Christian e i suoi amici, nonostante il dolore che evocavano, erano fin troppo distanti, troppo lontani dalla mia anima. E, nel mentre aspettavo silenziosamente il momento giusto in cui mi sarebbero piombati addosso, leggere ciò che si porta dentro fu più complicato di quel che credevo. Un osso più duro della prima teoria concepita a inizio lettura, un enigma inestricabile anche per il più talentuoso dei principianti. Questo << impaccio >> fu per me motivo di conseguenza di un processo di lettura non sempre brillante, che ho visto muoversi talvolta a fatica, nel controllo di nervi e ossa di figure recise dal tempo: e per quanto io sapevo, sarebbe stato impossibile resistervi sperando che la felicità che inconsapevolmente si rincorre non sarebbe più stata utopica. Invece questa forma archetipa di normalità, la Caruso non la raggiungerà mai, perlomeno Christian non la otterrà mai, e appena giunsi all’epilogo sentì il mio animo oscurarsi maggiormente, come se la notte premesse attraverso i pori della mia carnagione rosea, salendomi addosso con un peso terribile e nel contempo la testa sembrava espandersi, vagare qua e là, senza aver trovato quel luogo in cui avrebbe potuto risiedere, gonfiandosi d’aria quasi stesse per staccarsi dal corpo e allontanandosi fluttuando. Avanzai silenziosamente, alacremente, sino a quando non giunsi alla fine, ma il risultato mi stramazzò. Non mi soddisfece come desideravo. Perlomeno non completamente.
Seduta alla scrivania, dinanzi a un computer ronzante ma funzionante, penso a Eleonora Caruso nella sua casa a Milano, seduta dinanzi alla sua scrivania, in circostanze simili alle mie, nell'atto di scrivere una delle sue più chiacchierate opere, e all'improvviso mi interrompo per buttar giù queste poche righe al margine di una storia che ha una sua anima, l'amaro sfogo di una donna che si servì nient'altro che di parole che trapelano sofferenza, un'arcana capacità di scrutare l'anima altrui, percependo correnti nascoste sotto ogni situazione umana.
Ma cosa fare quando ti guardi attorno e constati come la tua vita sia così inutile e inappagante, sei sdraiata sul tuo morbido letto e non ce la fai a non vedere i romanzi una via di fuga? Una porta che porta dritto dritto alla felicità? Mi rendo conto di quanto sembrino smielate, inutili queste parole, e così tutto quello che ci resta è rimuginare, lasciando che i nostri pensieri vaghino come meglio gli pare. Sensibile, romantica, lo sono sempre stata, e se riesco ad aggrapparmi a qualche parola, a un personaggio, a una scena di un libro, più spesso mi sorprendo a pensare quanto Le ferite originali manca esattamente di questo. Ricordi che assalgono, sensazioni in cui diviene impossibile distinguere la realtà dalla finzione ma che non travolgono, sconvolgono, in un mondo visibile in bianco e nero. Nel momento in cui ci si ferma a pensare ci si riconosce per chi effettivamente siamo: uomini che camminano e cha hanno passato la vita attraversando a piedi la città. Ripercorrendo luoghi dove negli anni si ha parcheggiato il proprio corpo, in luoghi che ben o male riconoscono una parte di noi stessi.
Fra pensieri sparsi, cuciti, con la paura di ciò che potrebbe succedere se ci si lascia andare, codificati in una litania di fatti, eventi concreti tradotti in situazioni concrete, in modo tale da dargli un giusto viatico verso il luogo dove le parole devono andare, Le ferite originali detiene una certa potenza ma non consuma letteralmente da dentro. Immagini, significati toccano ma non per più di qualche minuto, sembrano qualcosa da cui è impossibile scovare la felicità. Grido disperato di un uomo incompreso, lanciato dalla soglia della sua insoddisfazione morale, qui riportate come una terribile oppressione morale.
Una prosa che suona però triste, povera, ma appassionante e seducente, scritta con frasi che sono state ripescate dal di dentro, da dentro l'anima dell'autrice, con quell'accumulo di ricordi e percezioni che l'autrice si continua a portare nel corpo e che quasi sempre ci lasciano boccheggiare. In cosa si nasconde la sua suprema essenza? Certamente nella potenza di voci che, irrimediabilmente, penetrano nel cervello, ma non abbacinano con estrema cura l’anima.
Proiezione egoistica del desiderio di un anima semplice ma solitaria e appassionata, che nasce ma non giunge mai a piena maturazione. Una dolcezza velata di tristezza e sconforto che va a cercare sentimenti nascosti nel suo intimo, che tuttavia credeva perduti. La storia di un uomo, di cui la mia anima si è cibata in un periodo particolare della mia vita, che ha cominciato a rappresentarsi una mattina di un soleggiato lunedì di metà agosto.
In un mondo le cui immagini hanno il colore acceso del sangue, da cui si tenta di fuggire grazie ai piaceri carnali, urlando dinanzi all'ignoto, lanciandosi all'assalto dei propri dolori, pur di illudersi di non sentirsi più solo. Quasi un modo per esorcizzare le paure, affacciandosi alla finestra di un mondo che non mi appartiene e che non ho potuto fare a meno d'identificarmi. Ma ritratto godibile che ci induce a guardarci nel più intimo del nostro essere. Indirizzato non solo a me, a un'unica destinataria, ma anche al fantasma della stessa Caruso, denudandosi davanti ai fantasmi del passato che attendono avidamente.

Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo

4 commenti:

  1. Bella recensione; peccato che non ti sia piaciuta la storia, ma puo capitare

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  2. Bellissima recensione, anche se la lettura non ti ha convinta completamente... Hai convinto me. Assolutamente da avere, amo le storie di questo genere. Forse non saranno il massimo dell'originalità sotto alcuni aspetti, ma in fondo cosa c'è di male se mi piacciono sempre? ❤️

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    1. Assolutamente niente! Spero lo leggerai così ci confronteremo 🤗🤗🥰

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